LA “FORMA” E’ “SOSTANZA”

di Giuseppe Maddaluno

 

Quando nel 1994 venni eletto al Consiglio Comunale di Prato, nell’ entrare nella fastosa ed augusta Sala del Consiglio andavo vivendo uno dei momenti più belli e solenni della mia esistenza. Un luogo magico e storicamente composito diventava parte della mia vita: in poche altre parti del nostro Paese c’è un luogo come questo. Ed è per la sua Cultura e per la sua simbologia che merita di essere punto di orgoglio dei pratesi che – forse ancora in tanti, in troppi – ignorano di possedere questo scrigno di tesori e di Storia. E fa davvero male sentire da parte di una neofita – che dovrebbe essere orgogliosa di essere fra gli “eletti” – come la signorina Silvia La Vita – avviare polemiche inutili e pretestuose (tirare in ballo “indagati” e “poteri forti”) per giustificare la sua “mise” inopportuna ed irriguardosa. Questo suo argomentare è purtroppo sinonimo dello scarso rispetto nei confronti delle Istituzioni mascherato da giustizialismo improduttivo in una fase nella quale la “campagna elettorale” è finita e bisogna prendere le misure per partecipare al Governo della città sia nella Maggioranza e tanto più nell’Opposizione. Bisogna lavorare sui territori insieme alla gente sia quella che ti ha votato così come quella che non ti ha votato e non addentrarsi in sterili inutili polemiche. Nella Sala del Consiglio si entra con rispetto come in un Santuario laico e ci si abbiglia in modo decoroso. Ovviamente, occorre avere la sensibilità adatta per comprendere questo invito e, temo, in questo caso sarà difficile essere compresi.

http://iltirreno.gelocal.it/prato/cronaca/2014/06/19/news/prime-schermaglie-in-consiglio-coi-grillini-colpa-dei-pantaloni-corti-1.9452748

LE DONNE DI EVALUNA – (LE DONNE DELLA CATTEDRALE DI GISELLA MODICA)

di Giuseppe Maddaluno

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Il 1° giugno su questo Blog scrivevo un post il cui titolo era “Le nuove passeggiate (si fa per dire) nei Campi Flegrei”: http://www.politicsblog.it/?p=257 Nella parte conclusiva inserivo un “rinvio” ad un nuovo post: “Ed allora saluto Veronica, Emma ed Ylenia. Vado via ma la giornata “frenetica” non è mica finita!”. E sì, perché quella giornata mi avrebbe riservato nuove sorprese. Torno a casa solo per rinfrescarmi e riparto subito in Metropolitana fino Montesanto, da dove mi dirigo, attraverso la Pignasecca, verso Piazza Dante, Port’Alba e Piazza Bellini. La mia amica Angela Schiavone mi ha invitato mentre ero ancora a Prato ad un incontro presso la Libreria Evaluna, una libreria modernissima gestita da donne. La città è come sempre brulicante di vite, soprattutto di giovani. Port’Alba è piena di quei classici baracchini colmi di volumi di ogni tipo e dimensione fra i quali ci puoi trovare (ma devi saper cercare ed avere tempo e pazienza) anche delle vere e proprie “chicche” preziose. Piazza Bellini è piena di giovani seduti ai tavoli quasi a coprire la stessa strada ed intorno alle vestigi archeologiche della Neapolis greca. Non conosco Evaluna; sono un turista napoletano che manca da questa città regolarmente da più di quaranta anni (ho frequentato le prime classi del ginnasio al Vittorio Emanuele II che è appena più giù in via San Sebastiano) e faccio fatica ad intravedere alle spalle dei tavolini e dei gazebo dei localini l’insegna che contraddistingua quel che cerco. In effetti non c’è nulla che appaia come una “libreria”; chiedo e mi indicano un locale che è più che apparentemente un bar, un pub, un caffè. Vi entro e dopo aver attraversato un primo spazio mi dicono di scendere delle scale ma non vedo altro che tavolini, sedie e banchi di mescita ben attrezzati. Faccio fatica infatti a capire che attraversando una parte più stretta si arrivi poi ad uno spazio non ampio anche per la presenza di poltrone e sedie, oltre ad un tavolo non troppo grande dove si notano scaffali pieni di libri. C’è già qualche persona, soprattutto donne, ma non vedo ancora l’amica che mi ha invitato. La stanza è piccola e si sviluppa in lunghezza più che in larghezza ed il soffitto è basso. Anche per questo fa molto più caldo; qualcuno chiede di aprire una porta a vetri che affaccia su di un cortile interno dal quale capisco che si esce poi verso San Pietro a Majella. E’ un cortile pieno di gente e di attività: c’è addirittura una troupe che sta girando un qualcosa che non riesco a decifrare e che ha bisogno (lavorerà in registrazione audio “diretta”) di silenzio per cui ci chiede di richiudere la porta a vetri per farci arrostire ancora: anzi più che chiederlo uno di loro provvede autonomamente. Fra l’altro la stanza ormai si è quasi completamente saturata di gente (i maschi scarseggiano) ed io mi siedo su una poltrona rimanendo in camicia per lenire il caldo umido asfissiante. Angela non viene ancora ma è molto interessante l’argomento che quattro donne si apprestano a trattare; donne protagoniste le presentatrici critiche commentatrici così come le protagoniste stesse del libro “Le donne della cattedrale”. Si tratta di un gruppo di donne che “in vario modo” nel 2001 hanno partecipato all’occupazione della Cattedrale di Palermo; sono senzatetto che avevano occupato il giorno di San Valentino la sede del Municipio in Piazza Pretoria e da questo dopo 104 giorni erano state sloggiate “a colpi di idranti e manganellate sulle ginocchia”. L’autrice, Gisella Modica, presente all’evento ha operato con taglio antropologico sul corpo vivo delle protagoniste ascoltandole per anni e facendo emergere dai loro racconti tutta la drammaticità di una vita ai limiti dell’indigenza e della miseria ma ricca di profondi e concreti valori. Le donne vengono rappresentate in modo indiretto attraverso l’incontro con Mara una ragazza dei quartieri alti (via Liguria) di Palermo alla ricerca della sua identità attraverso episodi ed incontriche la segneranno irrimediabilmente nel corpo e nell’anima. Siamo nel 2001, nella seconda metà di luglio del 2001, e Mara decide con un colpo di testa (non ascolta la madre) di andare a Genova dove si svolge il G8. Ne tornerà traumatizzata irrimediabilmente dopo aver partecipato come vittima agli scontri che si verificarono. E a Palermo si getterà nella mischia degli impegni sociali, frequentando molte donne protagoniste nel centro sociale “Labzeta”, nei quartieri più difficili come la Kalsa. Incontrerà donne la cui Cultura è costruita essenzialmente nella “vita” e non c’è posto da protagonisti per gli uomini che vi fanno davvero una bruttissima figura di incapaci come accade per l’uomo di Debora (“E’ masculu chistu?”). Mara è alla ricerca del “senso” della sua vita ed anche per questo si rifà alla canzone di Vasco ma senza quell’attesa che il cantautore pur inserisce nei suoi versi. L’introduzione viene fatta da Serena Guarracino del centro Archivio delle Donne e del direttivo della Società Italiana delle Letterate. Oltre l’autrice, Gisella Modica, scrittrice e femminista palermitana, cui toccano le conclusioni, intervengono Floriana Coppola autrice di testi poetici e collage di poesia verbovisiva, e Nadia Nappo del Collettivo Adateoriafemminista rivista online e membro del movimento delle Donne in nero. Mentre ascolto arriva Angela insieme ad una sua giovane amica ed in coda al dibattito ci intratteniamo con l’autrice Gisella Modica che ci sigla con una dedica il suo libro. Negli ultimi anni mi appassiona sempre più il taglio antropologico dell’analisi della società e mi piace questa tecnica della narrazione attraverso la quale far emergere le dinamiche sociali anche le più aggrovigliate e controverse. Il libro di cui riporto la copertina è di scorrevole fattura ed è in grado di far emergere ulteriori curiosità nei confronti dell’autrice e del variegato mondo delle donne palermitane “in prima linea” che si sono incamminate e che non si sono mai fermate. La serata che si concluderà poi con il viaggio di ritorno con Angela (Schiavone) e Gabriella (Romano) che mi riaccompagnano a Pozzuoli, è ancora lunga: il traffico all’ora di quasicena è intenso e caotico nel centro storico e sulla Tangenziale. Si parla dell’iniziativa del giorno dopo da me descritta già in un altro post “Baia 10 maggio” http://www.politicsblog.it/?p=134 .

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