MA COSA E’ QUESTO “AMORE”?

Federica Nerini

Cara Federica, grazie. E’ da qualche tempo che pensavo proprio ad indagare le ragioni di un sentimento così ricco e profondo che è elemento fondamentale per gli esseri viventi. Non ci riuscivo forse per pudicizia senile forse per una vita sempre piena di ovvietà quotidiane; sei riuscita a sintesi con questo tuo articolo. Non sai ancora che odio le smancerie, quelle degli altri che osservo con infinito sospetto ma allo stesso tempo rifuggo per “par condicio” dall’utilizzarle con chi ho di fronte. Rifuggo appunto per cui eventualmente taccio. Non posso tacere invece con il tuo impegno; in questi giorni siamo impegnati entrambi sullo stesso terreno di battaglia ma su fronti apparentemente opposti. Grazie per quello che farai. Il mondo è tuo ed è dei giovani che vorranno “davvero” cambiarlo.
G.M.

Poveri in riva al mare

“L’AMORE AI TEMPI DELLA GENERAZIONE 2.0”
di Federica Nerini

“Poveri in riva al mare” è uno dei quadri più comunicativi ed immediati, riguardante il periodo “blu” del pittore catalano: Pablo Picasso. L’incomunicabilità e la staticità dei componenti della famiglia sono l’emblema dell’incomprensione, che sta attraversando la nostra Società odierna. Solo una parola bisogna annotare in fretta, dopo averla dipinta sopra i muri e i tetti delle case: “immobilismo”. Solitudine, chiusura, melanconia, dolore, disperazione, angoscia, terrore, paura e inettitudine: questo è lo spettro inquietante, che si proietta verso il nostro futuro. Insicuri difronte ai giorni venturi; indifesi nei confronti di un presente cupo, spento, senza sogno, fantasia e aspettativa. Noi siamo tutti inermi come foglie semi-morte, che saranno gettate al suolo, aspettando il primo maestrale.
Tra tutti i sentimenti, quello che deve essere difeso con la stessa foga del cavaliere, che salva la principessa su una torre infuocata è: l’ “amore”. L’amore non è un’arte, ma è una condizione intensa di perdizione dell’apparato sensoriale, una destabilizzazione del sistema razionale, un’estasi mistica generata da situazioni non-programmate, uno stato di incoscienza psichico, una migrazione dell’anima personale, una totale donazione estranea, e un piacere infinitamente desiderato in tutto l’arco della vita. L’”a-mors” è ciò che ci fa sentire “vivi”, ma anche “morti” allo stesso tempo; è ciò che ci fa disperare come i bambini piangenti, quando non vengono più coccolati e adorati, perché ogni uomo ha il bisogno e il diritto di essere amato, almeno una volta nella propria esistenza.
L’essere umano è consapevole di se stesso, della propria persona, della brevità della vita, del senso di vuotezza del nulla, del vivere senza averlo voluto, e sa che prima o poi, come in un sogno tutto questo finirà. Quindi la “brevitas” temporale è troppo incessante per vivere la vita da soli, così cerchiamo l’altro per pura necessità e mero istinto narcisistico. Siamo reattivi solo per sconfiggere la solitudine, una delle condizioni più brutte ed imperdonabili che l’anima deve sopportare. “Solo un Dio ci può salvare”, non abbiamo più forza per sopravvivere ormai. Ci lasciamo sopraffare dal vento, che diventerà freddo e ci distruggerà pian piano. Quest’ è l’amore: lasciarsi attraversare incondizionatamente, perché noi siamo deboli di fronte all’immensità della sua vastezza.
“Il conoscersi” è alla base del sentimento umano dell’amore: noi pensiamo di essere liberi, di vivere svolgendo azioni che appartengono alla nostra persona, mentre agiamo secondo cuore, inconscio e irrazionalità. Dobbiamo quindi sovrastare le barriere invalicabili dell’isolamento e fonderci simbioticamente con l’altra istanza appartenente alla coppia amorosa, solo per l’illusione di gioire affogando nel piacere di un attimo fugace. Ma allora se l’amore genera felicità e piacere, perché la maggior parte delle coppie combatte contro l’infelicità e la menzogna? Perché poche storie d’amore si basano sulla fedeltà e il rispetto? E perché si parla sempre di sogno d’amore e mai di realtà? Sfido chiunque a rispondere senza sfiorare la paranoia.
L’amore è uno dei più alti sentimenti cristiani, e alla base di tutto c’è un verbo: “dare”. Cosa significa dare? Lo psicanalista Erich Fromm, nel suo libro “L’Arte di Amare” a tal riguardo scrive: “La risposta sembra semplice, ma in realtà è piena di ambiguità e di complicazioni. Il malinteso più comune è che dare significhi «cedere» qualcosa, essere privati, sacrificare […] Dare è la più alta espressione di potenza. Nello stesso atto del dare, io provo la mia forza, la mia ricchezza, il mio potere. Questa sensazione di vitalità e di potenza mi dà gioia. Mi sento traboccante di vita e di felicità. Dare dà più gioia che ricevere, non perché è privazione, ma perché in quell’atto io mi sento vivo”.
“Amare” per sentirsi “vivi”, questo è il terreno fertile su cui costruire il futuro, magari dando tutto ciò che di vivo si ha in corpo, solo così possiamo raggiungere la splendente felicità. Ma allora c’è speranza di ristabilire e di ricostruire il sentimento amoroso, cercando di crederci come abbiamo fatto in passato? Spero di sì, perché gli uomini solitari devono gioire prima o poi. Tutti, in un modo o nell’altro, aspettano insistentemente di essere abbracciati ed amati. D’altronde, parafrasando Lucio Dalla: “A modo mio avrei bisogno di carezze anch’io”…