POLITICA PASSIONE E PASSIONE POLITICA – UNA RISPOSTA (spero non l’ultima) di Lucio D’Isanto

RENZI BEAN   Caro Lucio forse non sono ancora riuscito a chiarire che nella mia concezione il Partito, quando si occupa di questioni politiche, locali, nazionali o internazionali, lo deve fare con la massima apertura; ed infatti al Circolo PD Sezione Nuova San Paolo chi voleva partecipare lo poteva fare a prescindere dalla sua adesione, discutendo se voleva, ascoltando se lo desiderava ed in ogni caso poteva esprimere in totale libertà il suo pensiero, avvertendo democratica accoglienza. Quel che non accetto è il fatto che chicchessia “una tantum” potesse partecipare a scegliere la leadership del Partito. Non condivido per niente che i militanti ed i partecipanti, iscritti o meno, alla vita di un Partito (che rispetti il dettato costituzionale – art.49) possano essere messi da parte da gruppi organizzati al di fuori di essi. Al mio Paese questo ha aspetti inquietanti. Non penso sia inutile questo dibattito per cui spero che vi siano altri contraddittori su questo ed altri temi. Un abbraccio, caro Lucio Caro Giosuè, onde por termine a questa infinita (ma, a mio parere, sempre fervida e stimolante) discussione, ti rispondo per l’ultima volta (limitatamente a questo circoscritto tema) prendendo atto che non siamo d’accordo e che nessuno dei due riuscirà a convincere l’altro (fermo restando che leggerò comunque con rispetto e attenzione la tua eventuale risposta). Non partecipare alla vita delle associazioni politiche non è ritrarsi – ovviamente a mio modesto parere – in una “turris eburnea” (l’avorio, oltre tutto, è stato, per motivi di scarsità ed ecologico-animalisti, sostituito da materiale sintetico di pari efficacia). Nella democrazia “tout court” (da me sintetizzata nella classica forma: “una testa-un voto”) la partecipazione alla vita di un partito non dà alcun titolo di preferenza al cittadino che partecipa alla vita dei circoli, delle sezioni, delle cellule etc. etc. rispetto a chi non vi partecipa attivamente. Ciò proprio perchè tutti i cittadini dovrebbero avere ugual peso nelle decisioni riguardanti la vita nazionale. Fuori di questa concezione – ovviamente, “penso” – non c’è democrazia. La partecipazione “organica” alla vita di uno stato “unicamente” attraverso queste organizzazioni è infatti stata teorizzata e applicata dai regimi non democratici. Essa era alla base dell’ideologia statolatrica pseudo Hegeliana dello stato fascista o di un partito unico le cui funzioni si fondevano con quelle dello stato (i partiti comunisti degli stati a “socialismo reale”, non per nulla il vero leader della nazione, in URSS, era il segretario del partito e non il primo ministro). In democrazia la partecipazione alla vita di un partito è solo uno dei tanti modi di partecipare alla vita della “Res publica” e chi partecipa in modi diversi non per questo si ritrae in una “turris eburnea”. Certo una democrazia del XXI secolo dovrebbe dare molto più spazio – per esempio – a forme partecipative quali i disegni di legge a iniziativa popolare (previsti anche dalla nostra costituzione ma svuotati nell’a! ttuazione pratica pur essendo il parlamento a doverli poi votare) o al referendum propositivo e a quello consultivo e – soprattutto – senza previsione di “quorum” (non previsto da quasi nessun’altra democrazia) perchè chi non si reca alle urne, se è perfettamente legittimato all’astensione, rinuncia però a dire la sua su un problema della “Res Publica”. Altra questione fondamentale è quella della libertà di informazione. Giustamente Hannah Arendt, critica verso la forma storica in cui si era realizzata la democrazia occidentale, diceva che in una vera democrazia deve essere fondamentale una “previa completa informazione”; nel nostro caso, oltre agli esempi precedenti da me fatti, te ne farò un altro: l’adesione alla Moneta Unica (leggasi anche Pensiero Unico) era o no una questione fondamentale per la nostra vita? Ed essa è stata discussa sui media circa tutte le conseguenze che avrebbe portato per la vita di tutti i giorni di tutti noi? Magari era una decisione necessaria e obbligata, ma sarebbe stato giusto illustrarla in tutti i suoi aspetti e dare un pò di voce a chi (e ne erano tanti) era contrario? Detto questo per me è volterrianamente fondamentale (secondo la lettura giusta del filosofo engagée data dallo Starobinski) che ognuno “curi il proprio orto”, cioè che dia il suo contributo, grande, piccolo o piccolissimo, come può, vuole o sa fare secondo le proprie possibilità. Io, nel mio piccolo, da funzionario pubblico ho sempre cercato di dare una interpretazione delle norme in senso non ottuso e il più possibile snellente, ho autenticato volontariamente e gratuitamente le firme necessarie per presentarsi alle competizioni elettorali a tutti i partiti, soprattutto a quelli meno forti e che ne avevano più bisogno ed anche se la loro ideologia era lontana dalla mia; poi, una volta in pensione, mi sono fatto promotore di alcune piccole battaglie mediatiche su due problemi che interessavano alcuni cittadini, in un caso ci sono riuscito e in un altro no. Queste cose non sono “turris eburnea” ma partecipazione democratica alla vita pubblica. Chi vi partecipa tramite la vita interna di una parte politica è anch’egli benemerito ma “come” e non “più” degli altri! Altrimenti non avremmo “una testa-un voto” ma qualcosa di profondamente dissimile dalla democrazia tout court! Con immutati affetto e stima, tuo Lucio!

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