AFFIDABILE – una riflessione sul termine

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AFFIDABILE – una riflessione sul termine
di Giuseppe Maddaluno

Una persona, un’Associazione, un Gruppo che garantisca estrema correttezza e dedizione ad un’idea, ad un Progetto anche limitata nel tempo o per periodi medio-lunghi. Questa può essere una definizione di “Affidabile” anche se occorre precisare che l’affidabilità, a meno di volersi riferire ad un rapporto fideistico di sottomissione psicologica, è in relazione ad una reciprocità assoluta con tutti gli altri soggetti. Svolgo esempi semplicistici come quello di Caino ed Abele: entrambi – fratelli – avrebbero dovuto fidarsi l’uno dell’altro, ma poi sappiamo come è andata; oppure quello di Letta e Renzi, un caso più recente ma significativo ancor più dell’elaborazione che vado facendo sul termine “Affidabile”. Il termine in ogni caso viene utilizzato a sproposito per delineare il comportamento di persone che non garantiscono la “fede” in un Progetto che può essere anche “segreto” e legato ad un Gruppo che gestisce temporaneamente un Potere. Affidabile vede il suo contrario in Inaffidabile, che è dunque colui che non risponde ai requisiti minimi richiesti per appartenere ad un Gruppo, ad un’Associazione avendo troppo spesso idee che si distinguono da quelle “generali” tendenti all’ottenimento di particolari vantaggi ed al mantenimento di una linea. Negli ultimi casi, a prescindere dalle valutazioni che gli “esperti” vanno facendo sul limite del “non vincolo di mandato”, né Mauro né Mineo risultano affidabili per portare a compimento un Progetto come quello sulle riforme istituzionali che presentano, a parer mio (e non solo), molti elementi di discutibilità operativa e costituzionale. Già in precedenza su questo argomento ho espresso un parere (che indubbiamente vale poco) affermando che un intervento sul Senato andava fatto ma che il rischio di esagerare e poi di non trovare soluzioni efficaci è molto alto. Lucio D’Isanto in un intervento pubblicato stamattina spiega perché il Senato rappresenta un “doppio” istituzionale; ma la soluzione proposta rischia di costruire un Senato che non abbia alcun senso in assoluto, ancor più se non eletto. Quanto ai costi (che è poi principalmente e demagogicamente il motivo per cui questi interventi vengono proposti, per accontentare il “popolo” che “lo richiede a gran voce”) basterebbe, per un ben più alto “risparmio”, intervenire legislativamente su tutti i fronti amministrativi, abolendo tutti i “benefit” che fanno dei “parlamentari” nazionali e regionali dei “privilegiati”. Affermare questo da parte mia mi garantisce la “nomina” ad inaffidabile “ad honorem”. Ma se la patente di “affidabile” mi garantisce anche il mantenimento della coerenza ed il superamento di qualsiasi ipocrisia per l’ottenimento di vantaggi personali, ritengo di potermene vantare. A coloro che pensano di conoscermi (e forse non mi conoscono o sono “smemorati” come tanti altri nostri connazionali) vorrei sottolineare che avrei potuto non solo ambire ma ottenere dei vantaggi se avessi fatto a meno di “ragionare” liberamente ed essere perciò “inaffidabile” per il Potere. Ho fatto quello che la mia testa mi suggeriva e non ho quasi mai corrisposto ai “desideri” di chi anche provvisoriamente comandava: il mio “percorso” istituzionale è stato “non lineare” ma posso guardarmi allo specchio senza avere desideri autodistruttivi. Ad ogni modo soprattutto coloro che guardano alla realtà nella quale insieme ad altri agisco e dalla quale insieme ad altri parlo (sarà “bolso” il mio dire ma non è “biforcuto” ed interessato) farebbero meglio a conoscere la nostra “storia” prima di inoltrarsi in discussioni che si basino esclusivamente su quel che leggono “hic et nunc”. Dunque, chiarisco una volta per tutte (ma sono disponibile ad impartire “ripetizioni”) che la non affidabilità e la forza critica che utilizziamo non comprende la volontà di uscire dal PD ma di continuare ad essere caustici nei confronti di una classe dirigente che ha assunto senza ancora meritarselo il ruolo di “rinnovatrice”.

(g.m.)

NON SONO UNA PERSONA NORMALE

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“NON SONO UNA PERSONA “NORMALE”; suppongo, però, che nessuno fra quanti mi leggono possa dire di essere “normale” nè io ritengo di poterlo mettere in dubbio. Fin qui, mi pare, mi vado inoltrando in uno sterile “sofisma”. Ed io, dunque, nè per esaltare nè per offendere e tanto meno per mostrare e mantenere equilibrio posso dire di alcuno che sia persona “normale”. E non giurerei, ponendo la mano sul fuoco, possano essere considerate “normali” le macchine, gli automi, dotate ciascuna di esse di elementi unici anche quando sono prodotte in serie per motivi sia umani che meccanici. E la mia, come la vostra, unicità è legata in modo inscindibile alle innumerevoli uniche e varie esperienze vissute in modo diretto o indiretto.. il mondo in cui viviamo oggi è lontanissimo da quello in cui agivamo negli anni della nostra infanzia e della giovinezza; è abbastanza lontano anche da quello in cui eravamo trentenni o quarantenni, e cinquantenni: ora siamo nella fase del “sessantennio” verso la sua fine. Abbiamo più da ricordare che da sperare per noi; ma non ci fa difetto la progettualità perché, anche se non ci è stata data l’esperienza diretta della guerra e della desolazione ne abbiamo raccolto gli elementi ed i valori positivi e non li abbiamo mai dilapidati soffocandoli con una miscela di disvalori quando a tanti sembrava lontana la fase dell’impegno sociale e civile e venivamo intontiti attraverso i mass media con le città da bere e da vivere allegramente, con la creazione di illusioni per i poveri costretti a rifugiarsi sempre più davanti alla “scatola magica” delle televisioni commerciali. Ecco, se penso ad una normalizzazione penso all’inebetimento dei consumatori di programmi televisivi sempre più ammiccanti e di bassissimo livello culturale, quelli che appartengono con una formulazione molto cult chic alla produzione “nazional-popolare”.
Gli anni progressivi di una crisi incessante che ha seminato e prodotto miseria distribuendola in modo iniquo e quasi sempre con gli stessi recapiti: ai ricchi maggiori ricchezze, ai poveri maggiore miseria; quegli anni ci stanno addosso come una coperta di bollente pece che non vuole staccarsi.
Provate a leggere i settimanali “leggeri” fatti per menti semplici ed aspiranti voyeurs che abbiano bisogno di nutrirsi di storielline amene e piccanti che le consolino o le facciano gioire di rimando godendo semmai della felicità o delle tragiche vicende altrui, meglio se noti e ricchi. Provate a seguire qualcuno di quei programmi che si occupano delle feste e dei ritrovi “vip” o, semplicemente, se vi trovate a passare, ad affacciarvi alla porta di uno di questi locali ( come ho fatto io, tre anni orsono al Twiga Beach Club*, locale solo per gente facoltosa di Forte dei Marmi ) ed allora scoprireste che, lì, come hanno continuato a dirci per anni per umiliarci ulteriormente, la crisi non si è affacciata e che quei signori lì considerano noi “straccioni” degli “sfigati” e invitano i nostri figli, anche quelli ben diplomati e laureati, a lavorare per loro, garantendo munifiche mance. Altro che “brioches”. Anche questi “vip” non sono persone normali; il loro tempo ha ritmi diversi da quelli che, ad esempio, mi appartengono. Ed è anche nel “tempo” che ci si diversifica: il tempo dello studio, quello della socialità, quello ancora della “curiosità”. Esso si sviluppa nell’azione culturale ed in quella politica e spazia nella società. Questo è il mio tempo che fa di me una persona “unica”, “speciale” non “normale”. Così come uniche speciali e non normali sono tutte le altre persone ivi comprese le tante che in apparenza hanno poco da raccontare. Cercherò, da persona “non normale”, di raccontare le tante storie di donne ed uomini “non normali” in questo BLOG.
Joshua Madalon

* nel 2012 ero Presidente di Commissione Esami di Stato a Marina di Massa ed ospite pagante della Casa per Ferie La Versiliana a Fiumetto – avevo fra i candidati dei “fortunati” giovani che lavoravano nella struttura che era gestita da Briatore e quindi ero bene informato. Un “misero” docente, lieto ed orgoglioso di non essere una persona “normale”, non avrebbe mai potuto accostarsi al Twiga Beach Club.

POLITICA PASSIONE E PASSIONE POLITICA – UNA RISPOSTA (spero non l’ultima) di Lucio D’Isanto

RENZI BEAN   Caro Lucio forse non sono ancora riuscito a chiarire che nella mia concezione il Partito, quando si occupa di questioni politiche, locali, nazionali o internazionali, lo deve fare con la massima apertura; ed infatti al Circolo PD Sezione Nuova San Paolo chi voleva partecipare lo poteva fare a prescindere dalla sua adesione, discutendo se voleva, ascoltando se lo desiderava ed in ogni caso poteva esprimere in totale libertà il suo pensiero, avvertendo democratica accoglienza. Quel che non accetto è il fatto che chicchessia “una tantum” potesse partecipare a scegliere la leadership del Partito. Non condivido per niente che i militanti ed i partecipanti, iscritti o meno, alla vita di un Partito (che rispetti il dettato costituzionale – art.49) possano essere messi da parte da gruppi organizzati al di fuori di essi. Al mio Paese questo ha aspetti inquietanti. Non penso sia inutile questo dibattito per cui spero che vi siano altri contraddittori su questo ed altri temi. Un abbraccio, caro Lucio Caro Giosuè, onde por termine a questa infinita (ma, a mio parere, sempre fervida e stimolante) discussione, ti rispondo per l’ultima volta (limitatamente a questo circoscritto tema) prendendo atto che non siamo d’accordo e che nessuno dei due riuscirà a convincere l’altro (fermo restando che leggerò comunque con rispetto e attenzione la tua eventuale risposta). Non partecipare alla vita delle associazioni politiche non è ritrarsi – ovviamente a mio modesto parere – in una “turris eburnea” (l’avorio, oltre tutto, è stato, per motivi di scarsità ed ecologico-animalisti, sostituito da materiale sintetico di pari efficacia). Nella democrazia “tout court” (da me sintetizzata nella classica forma: “una testa-un voto”) la partecipazione alla vita di un partito non dà alcun titolo di preferenza al cittadino che partecipa alla vita dei circoli, delle sezioni, delle cellule etc. etc. rispetto a chi non vi partecipa attivamente. Ciò proprio perchè tutti i cittadini dovrebbero avere ugual peso nelle decisioni riguardanti la vita nazionale. Fuori di questa concezione – ovviamente, “penso” – non c’è democrazia. La partecipazione “organica” alla vita di uno stato “unicamente” attraverso queste organizzazioni è infatti stata teorizzata e applicata dai regimi non democratici. Essa era alla base dell’ideologia statolatrica pseudo Hegeliana dello stato fascista o di un partito unico le cui funzioni si fondevano con quelle dello stato (i partiti comunisti degli stati a “socialismo reale”, non per nulla il vero leader della nazione, in URSS, era il segretario del partito e non il primo ministro). In democrazia la partecipazione alla vita di un partito è solo uno dei tanti modi di partecipare alla vita della “Res publica” e chi partecipa in modi diversi non per questo si ritrae in una “turris eburnea”. Certo una democrazia del XXI secolo dovrebbe dare molto più spazio – per esempio – a forme partecipative quali i disegni di legge a iniziativa popolare (previsti anche dalla nostra costituzione ma svuotati nell’a! ttuazione pratica pur essendo il parlamento a doverli poi votare) o al referendum propositivo e a quello consultivo e – soprattutto – senza previsione di “quorum” (non previsto da quasi nessun’altra democrazia) perchè chi non si reca alle urne, se è perfettamente legittimato all’astensione, rinuncia però a dire la sua su un problema della “Res Publica”. Altra questione fondamentale è quella della libertà di informazione. Giustamente Hannah Arendt, critica verso la forma storica in cui si era realizzata la democrazia occidentale, diceva che in una vera democrazia deve essere fondamentale una “previa completa informazione”; nel nostro caso, oltre agli esempi precedenti da me fatti, te ne farò un altro: l’adesione alla Moneta Unica (leggasi anche Pensiero Unico) era o no una questione fondamentale per la nostra vita? Ed essa è stata discussa sui media circa tutte le conseguenze che avrebbe portato per la vita di tutti i giorni di tutti noi? Magari era una decisione necessaria e obbligata, ma sarebbe stato giusto illustrarla in tutti i suoi aspetti e dare un pò di voce a chi (e ne erano tanti) era contrario? Detto questo per me è volterrianamente fondamentale (secondo la lettura giusta del filosofo engagée data dallo Starobinski) che ognuno “curi il proprio orto”, cioè che dia il suo contributo, grande, piccolo o piccolissimo, come può, vuole o sa fare secondo le proprie possibilità. Io, nel mio piccolo, da funzionario pubblico ho sempre cercato di dare una interpretazione delle norme in senso non ottuso e il più possibile snellente, ho autenticato volontariamente e gratuitamente le firme necessarie per presentarsi alle competizioni elettorali a tutti i partiti, soprattutto a quelli meno forti e che ne avevano più bisogno ed anche se la loro ideologia era lontana dalla mia; poi, una volta in pensione, mi sono fatto promotore di alcune piccole battaglie mediatiche su due problemi che interessavano alcuni cittadini, in un caso ci sono riuscito e in un altro no. Queste cose non sono “turris eburnea” ma partecipazione democratica alla vita pubblica. Chi vi partecipa tramite la vita interna di una parte politica è anch’egli benemerito ma “come” e non “più” degli altri! Altrimenti non avremmo “una testa-un voto” ma qualcosa di profondamente dissimile dalla democrazia tout court! Con immutati affetto e stima, tuo Lucio!