JEAN VIGO, REGISTA ANARCHICO E LIRICO FRANCESE
Jean Vigo nasce nel 1905 da Miguel Vigo, detto Almereyda, un politico e giornalista anarchico che, negli ultimi anni della sua vita, adotterà uno stile di vita ricco e dispendioso, abbandonando gli ideali della gioventù. Tuttavia, siccome Almereyda dava fastidio ad alcune persone potenti, verrà portato in un carcere e, lì, assassinato.
Jean Vigo, da bambino viene costretto a continui spostamenti dai genitori, che a volte lo portano anche alle loro riunioni politiche. Una volta arrivato in età scolare, viene affidato ad un collegio, dove si adottano misure molte restrittive per la disciplina dei bambini, collegio e misure che ispireranno poi il suo primo lungometraggio Zero in condotta.
La prima opera degna di rilievo del regista francese è invece A proposito di Nizza, un documentario sulla vita della nota città turistica francese, che mette a confronto, in maniera a volte ironica e scherzosa, a volte triste e amara, le differenze sociali vigenti in quel luogo.
Dopo questo documentario, Vigo realizza Zero in condotta, film, come si diceva prima, ambientato in un collegio francese di quegli anni; per questo film, il regista attingerà, oltre che ai propri ricordi, anche a quelli raccontatigli dal padre.
Nel film fu adottato il metodo della ripetizione di alcune parole per ovviare alle difficoltà di dizione dei bambini, che non riuscivano a pronunciare bene alcuni lemmi,mentre per quanto riguarda il pensiero di Vigo, esso non è sempre facile da riconoscere lungo tutto il film, e spesso l’ azione è oscura; inoltre, il film presenta moltissimi difetti tecnici: mancanza di chiarezza ed azione, di ritmo, assenza di copione, recitazione scadente, sonorizzazione idem.
Tutto questo, però, viene controbilanciato dall’ autenticità di fondo della sceneggiatura, dall’ unità profonda del montaggio, e dall’ ottimo apporto della musica, che alzano di molto la qualità del film.
Una volta uscito nelle sale, il film ricevette parecchi commenti negativi dalla critica ed ebbe problemi anche con la censura, soprattutto quella di provenienza cattolica, finché non si giunse addirittura alla proibizione di esso nelle sale.
Nonostante la censura, però, il film riuscì ad arrivare in Belgio, dove Vigo era molto amato ed apprezzato.
Gli intenti del film, almeno nelle intenzioni, non erano scopertamente sovversivi e rivoluzionari: scriveva Vigo, infatti: “non ho intenzione di accompagnarvi in un mondo da rifare, come le guide di Cook portano i turisti nei vicoli tubercolotici dei quartieri poveri e pittoreschi.”
Da alcuni critici venne fatto anche un parallelo tra Vigo e Celine, in senso artistico, suggerito dal fatto che da poco era uscito Viaggio al termine della notte dello scrittore francese.
Dopo qualche tempo, Vigo comincia a girare un film ambientato nel mondo del circo, per poi abbandonarlo poco dopo e per passare ad un film sul nuoto, La natation de Taris, film che gli sarà utile per girare il suo successivo, ed ultimo, lungometraggio, L’Atalante.
Questo film narra la storia di una giovane coppia di sposini che decide di andare a vivere sulla barca di lui, un tale Jean, un giovanotto laborioso e scontroso. Juliette, la sua compagna, si sente però attratta dalle lusinghe della città e decide, un giorno, di fuggire dalla barca per scoprire questo nuovo mondo.
Vedendo il proprio padrone continuamente intristito da questo avvenimento, il padre Jules, un suo aiutante di bordo, decide di andare in cerca della donna, trovandola alla fine in un negozio cittadino e riportandola sulla barca, poiché era rimasta delusa dalla vita in città, ed anche lei sentiva la mancanza del suo sposo.
A questo proposito, c’è da dire che Vigo ha saputo fare di Juliette un personaggio coerente, che attraversa vari stati esistenziali (dall’ ingenuità alla lussuria, per giungere poi alla maturazione), a differenza della Juliette dell’opera letteraria che ha ispirato il film, che era un personaggio più piatto e spento.
Per quanto riguarda l’analisi delle singole scene, possiamo dire che il momento della riattivazione del fonografo è molto importante per far riacquistare fiducia a Jean e che, durante le riprese, anche i gatti sembrarono facilitare le riprese, ponendosi in cerchio intorno ad esso.
Inoltre, notiamo che c’è un certo mimetismo tra il personaggio del Père Jules e il mozzo che, in una scena, ripete addirittura le sue stesse parole in una stessa situazione, senza neppure averle ascoltate.
Uno dei difetti del film, rispetto alla sceneggiatura originale, è la mancanza di unità scenica, che produce numerose e fastidiose pause lungo il suo corso; inoltre, gli attori di “L’Atalante” sono quasi tutti di qualità mediocre, con gli estremi tra Louis Lefèvre, che era un attore totalmente incapace e goffo, e Michel Simon, che invece era un grande caratterista ed un uomo di spiccata personalità.
La malattia, però, durante le riprese del film, non dava tregua a Vigo, ed alcuni suoi amici dovettero sostituirlo al montaggio ed alle riprese di alcune scene, mentre, per quanto riguarda le scelte di marketing, temendo un fiasco al botteghino, i produttori cambiarono il titolo in “La chaland qui passe”, ed inserirono una canzoncina melodrammatica a fare da traino (per la cronaca, la versione francese del successo italiano “Parlami d’amore Marilù”): la critica tuttavia lo accolse benevolmente, anche se qualcuno disse che era un po’ malato e torbido.
Vigo, però, già sette mesi prima dell’uscita del film, si era messo a letto per una setticemia streptococcica di origine influenzale: nonostante la malattia grave, comunque, il regista trovava spesso la forza di sorridere e di fare addirittura degli scherzi ai suoi familiari.
Alla fine Vigo, stremato dalla malattia, morì, nel 1934, mentre la moglie Lydou cominciò a delirare per il dolore: dopo la sua morte la critica, come spesso succede in questi casi, si profuse in lodi sperticate per lui, mentre, alcuni tempi dopo, la censura applicò numerosi tagli a “L’Atalante”, inclusa la scena in cui il Pere Jules si metteva una sigaretta nell’ombelico.
Alcuni critici, qualche tempo dopo la sua morte, cominciarono ad inserire Vigo nel filone surrealista, insieme ad Eluard e Dalì, mentre, al botteghino, La chaland qui passe faceva mezzo fiasco, nonostante i cambiamenti operati: così, i produttori decisero di riprendere il titolo di L’Atalante e di reinserire le sequenze tagliate.
Una delle critiche più importanti, al film, fu quella di Nino Franck, uno stimato critico passato ai collaborazionisti, che tacciava i film di Vigo di carenza di qualità riguardo ai dialoghi.
Comunque, per quanto concerne le influenze artistiche del regista, il padre Almereyda esercitò sicuramente una grande influenza sentimentale su Vigo, mentre lo scrittore Jean De Saint-prix esercitò un’influenza strettamente filosofica su di lui.
Le simpatie politiche di Vigo, invece, andavano in parte al movimento comunista, in parte a quello socialista ed in parte a quello anarchico: questo eclettismo politico lo costrinse spesso a violente discussioni coi militanti comunisti suoi conoscenti.
MARCO SETTIMINI- LO SPETTATORE DELEUZIANO, IL CORPO E IL FANTOCCIO SPIRITUALE NE L’ATALANTE
Secondo il critico Marco Settimini, nel cinema esiste una specie di centro idealizzato ed una immagine del soggetto che non smette di costruirsi in continuità: “esemplarmente”, scrive Settimini, “in La natation par Jean Taris di Vigo la m.d.p. si fa coinvolgere in maniere esplicita nel rapporto tra l’acqua e la corporeità del nuotatore, immergendosi in piscina per seguire la danza del corpo del nuotatore medesimo.”
Grande, inoltre, osserva che in La natation e Zero in condotta il corpo viene mostrato in tutta la sua purezza infantile, in contrasto con l’orrida impurità adulta. Con L’Atalante, invece,viene mostrato un corpo più sensuale, un corpo che può attrarre e sedurre, ma anche respingere, distruggere, sconvolgere.
In Vigo c’è una volontà didattica e pedagogica insieme ad una creativa, in cui si scambiano realismo e poeticità; l’erotismo, invece, non è scabroso, ma è, in un certo senso, atmosferico, ovvero appena avvertito tra le scene del film.
Con L’Atalante, sostiene Settimini,siamo sommersi da manichini, pupazzi, specchi ecc. che rendono quasi lo spettatore simile ad uno di questi oggetti, quasi un dispositivo, mentre un altro tema interessante è quello dell’acqua: la visione del mondo di chi sta a terra, infatti, si contrappone fermamente a quella di chi naviga (nell’acqua il movimento si crea tra due movimenti; sulla terra, tra due punti fermi).
In Vigo, come anche in tanti altri artisti francesi, il Tempo non è quello normale, cronologico, ma quello simultaneo, in cui degli attimi sembrano durare ore: a questo proposito, si avverte anche che con L’Atalante c’è il tentativo stravagante e paradossale di contenere l’universo in continua espansione-movimento.
Infine, l’elemento della luce è altresì importante, in quanto, secondo Settimini,” essa si fa movimento puro, pura luce; ed è una luminosità che non può smettere di circolare, e che definisce forme luminose nella sua dinamicità”, creando, a volte, un “dualismo tra paesaggio lunare e paesaggio solare, che intercomunicano nel grigio”.
Roberto Volpe