NASO LUNGO E PEDALARE

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Sì, è vero. Quel grillo (la minuscola è d’obbligo visto i tempi, per evitare di essere confusi) parlante potrei essere io o tanti (tanti, sempre di più, ma non lo si vuole capire: IO non diserterò le urne, lo si ricordi). E quel ragazzotto bellino, simpatico, carino, convincente nelle sue “bugie” (ma il naso che cresce alla fine le rivelerà e vanificherà i progetti) che alcuni chiamano PINOCCHIO potrebbe avere altra faccia, come ad esempio quella del leader PD e Presidente del Consiglio per grazia napoletanica ricevuta.

EPIFANIE – CAPRICCI DI BAMBINI parte 1

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EPIFANIE – CAPRICCI DI BAMBINI parte 1

“APERTO TUTTE LE DOMENICHE” era scritto su un lungo ampio striscione che sovrastava tutte le vetrine del negozio di cartoleria dove di solito mi recavo per fotocopiare alcuni miei documenti. E così entrando mi venne da fare una battuta; era mercoledì e chiesi come mai fossero aperti visto che dallo striscione avrei potuto credere che “solo” le domeniche dovessero essere aperti. Mentre attendevo pazientemente che il lavoro per me fosse completato, con la coda dell’occhio vidi sgattaiolare dietro le mie gambe qualcosa di simile ad un cagnolino o ad un gattino e, preoccupato di pestare la bestiolina, mi girai mantenendomi fermo sulle gambe e notai che si trattava di una bambina forse di cinque forse di sei anni che mi osservò con uno sguardo espressivo e fondamentalmente intriso di una nobile tristezza. “Ciao” rivolgendomi a lei “come ti chiami?” Sguardo apparentemente confuso ed indagatore, poi nel vuoto. Si accoccolò lungo il bordo del banco. “Arianna, dove sei?” una voce di donna matura “stai con noi!” forse una zia, una nonna o chissà cosa d’altro, ma non di certo una madre. Arianna non si muove e rimane là sotto. Cerco di parlarle ma senza avere alcun riscontro. “Arianna, vieni via da lì. Dobbiamo andare via.” La bambina rimane lì e viene poi portata via quasi a forza ma di sicuro di mala voglia dal negozio, anche se di certo non aveva alcun interesse particolare a rimanervi più a lungo. Uscendo vedo Arianna con la donna ed un altro uomo andar via in una Renault. Si appoggia con tutto il viso sul vetro dell’auto nella parte posteriore e lo sguardo è sempre pieno di quella tristezza che mi aveva colpito. Ribelle ma perché mai? I bambini molte volte appaiono a noi adulti come anime bizzose ( a Napoli il capriccio dei bambini si chiama “nziria”) semplicemente perché nessuno di noi ha effettiva memoria delle ragioni profonde che sottendono a quel particolare modo di esprimersi che hanno in risposta a quesiti che non sanno porre ed a risposte che per ignoranza degli adulti non riescono ad ottenere da loro. Ed è di fronte a questo lampo di coscienza che emergono tanti altri episodi significativi.
Se un bambino piange non sempre lo fa per un dolore fisico; quello che noi chiamiamo “capriccio” è un’espressione paragonabile a tutta una serie di sensazioni emotive che noi adulti riusciamo a controllare ma che quasi sempre ci coinvolgono spingendoci a scelte particolari e contrapposte (noi riusciamo a mandare a quel paese i nostri interlocutori con le parole ma anche con il pensiero, tante volte dissimuliamo, subiamo ed applichiamo soluzioni ipocrite; i bambini sono molto più diretti: piangono, strillano, si agitano, si contorcono, i loro volti diventano paonazzi). I bambini, dunque, non riescono a controllare le loro emozioni. Noi adulti siamo troppe volte “falsi” ed ipocriti; lo facciamo con tale naturalezza da non riuscire a riconoscere di esserli. Ovviamente tariamo il nostro comportamento rispetto ai nostri diversi interlocutori; ingoiamo umiliazioni di fronte a chi è più forte sia nell’odio che nell’amore e ci permettiamo di scaricare le nostre frustrazioni su chi consideriamo più debole nell’odio e nell’amore.

Epifanie – Capricci di bambini – parte 1 – continua…

VIAGGIATORI – GIUSEPPE E MARIA (una bozza di sceneggiatura) – Parte 7

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VIAGGIATORI – GIUSEPPE E MARIA (una bozza di sceneggiatura)

Parte 7

Piano Intero – Le cugine di Maria dalla panchina dove sono sedute richiamano i loro bambini “Antonio, Francesca, venite costì!” I bambini di controvoglia si avvicinano. Le cugine e Maria si alzano mentre Giuseppe che ha terminato di pulirisi nell’erba la scarpa destra rimane fermo di fronte a loro. P.A. delle donne che continuano a parlare. La maggiore delle cugine a Maria: “Venite a cena da noi stasera! Papà sarà felice di vederti e di conoscere anche Giuseppe”. Maria in P.A. risponde: “Senti, grazie ma non è possibile, abbiamo anche da fare parecchio; devo andare a conoscere la scuola dove insegnerò e poi abbiamo anche appuntamenti con dei sensali per cercar casa.” L’altra cugina più giovane in P.P. “Eh, avrai tanto tempo!” e Maria in P.P.: “ Per niente, pensiamo di partire domattina. Vi prometto però che stasera telefonerò agli zii e li saluterò. Poi, a settembre, sì che avrò più tempo per vedervi tutti.” P.P. della cugina maggiore: “Non è la stessa cosa, si dispiaceranno se voi non venite a casa. E poi per cercar casa ci possiamo pensare anche noi.” PPP di Giuseppe visibilmente preoccupato e spazientito. PPP di Maria: “No, per adesso non c’è bisogno! Nel tardo pomeriggio abbiamo anche appuntamento con una signora.”
Stacco ed ellissi. Sono in Piazza del Collegio. Panoramica sull’ingresso del Convitto “Cicognini” Musica New Age da scegliere. In soggettiva si vede Maria uscire dal portone principale insieme ad un signore alto robusto calvo elegante e raffinato dai modi gentili che saluta Maria che si avvia verso la m.d.p.. Maria rivolgendosi a Giuseppe che è in raccordo di sguardo ma non si vede: “Tutto bene, possiamo andare”. Campo intero con i due che si avviano verso via Tinaia a destra di chi guarda la facciata del Collegio. Continua la Musica new age da scegliere.
Ellissi. Sul buio suono di campanello. PP di Maria e Giuseppe di spalle davanti ad un portone. Voce off dal microfono del citofono “Chi è?” PP di Maria che risponde “Ci manda il gestore dell’albergo Villa Gloria. Credo abbia anche telefonato annunciandoci”. La voce metallica del citofono, una voce femminile: “Entrate. Venite su al primo piano. Non c’è ascensore.” La porta si apre. I due entrano. La porta si chiude. Ellissi. C.I. ampio stanzone con alcuni tavoli. In soggettiva i due si muovono verso una suora che si avvicina alla m.d.p. con cortese gentilezza: “Venite, accomodatevi. Eh sì il signor Gino mi ha telefonato un paio d’ore fa”. Piano intero mentre i due giovani si siedono in due poltrone comode anche se un po’antiquate davanti ad una scrivania demodè dietro la quale si siede la suora che rivolta ai due: “Ho sentito che cercate un alloggio. Noi possiamo ospitare solo lei, signora: in questa casa (rivolgendosi a Giuseppe) non accettiamo uomini. (rivolgendosi poi verso Maria) Ma possiamo comunque trovare una sistemazione per suo marito in casa privata fino a quando sarà necessario. Qual è la vostra attività?” PP di Maria che risponde: “Siamo tutti e due insegnanti. Però soltanto io ho avuto il trasferimento qui a Prato; mio marito certamente avrà l’assegnazione provvisoria ma dicono che bisognerà aspettare qualche mese. Per il momento mi farebbe comodo anche stare qui con voi; ovviamente da settembre.” PP della suora: “Non ci sono problemi. Abbiamo ancora qualche posto libero. Di solito le nostre ragazze vanno e vengono. Avrà occasione anche di conoscere qui alcune colleghe, che ora però sono in vacanza.” La suora continua a parlare mentre Giuseppe e Maria si stringono le mani confortate da una soluzione evidentemente positiva: “Sono convinta che si troverà molto bene da noi, un po’ come in famiglia. Ora, (rivolgendosi a Maria che in controcampo annuisce) prima di salutarci, vorrei parlare qualche momento con lei da sola”.

fine parte 7 – continua….

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POSTI DI LAVORO IN PIU’ POSTI DI LAVORO IN MENO (la prova che poco o nulla, forse nulla, è cambiato!)

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POSTI DI LAVORO IN PIU’ POSTI DI LAVORO IN MENO
(la prova che poco o nulla, forse nulla, è cambiato!)
di Giuseppe Maddaluno (J.M.)

Negli ultimi giorni si ripete da parte dell’ISTAT (nota mensile n.10) che la disoccupazione è aumentata ed il PIL è praticamente fermo e da parte del Governo si risponde che nell’ultimo trimestre i posti di lavoro sono stati in aumento. E’ la conferma che il rinnovamento nella pratica politica non c’è stato anche se era stato annunciato e strombazzato. Non avrei mai voluto avvertire come vera la voce del popolino qualunquista che “tutti sono uguali”; spero davvero ancora di sbagliarmi, ma la speranza è al lumicino. Basterebbe girare, ma questo Governo in forme mediatiche lo fa, utilizzandolo come elemento positivo nel suo DNA, girare un po’ nelle periferie delle città, riuscire ad ascoltare le preoccupazioni della gente che vive nella sua carne la crisi lavorativa, che non riesce più a far studiare i propri figli anche se meritevoli, che non riesce più a sostenere le spese sociali (in primis quelle sanitarie) quando ne ha bisogno. Basterebbe anche andare a vedere direttamente in incognito eventualmente come vengono trattati i lavoratori nei loro ambienti, quali siano le garanzie concrete per la loro salute (e non parlo solo dello scandalo dell’amianto), come venga trattata la maternità, come non vengano rispettati da parte dei datori di lavoro orari e compensi. E sarebbe un lungo difficile e doloroso elenco di quanto accade nel mondo del lavoro. Si dirà che è meglio avere un lavoro a prescindere da tutte le garanzie: è questo ciò che si vuole? A me sembra proprio di sì. E non basta rispondere solo a chiacchiere di no. Occorre agire e sembra proprio che da parte del Governo ci si muova in senso contrario. Cioè ci si muove nello stesso senso, nello stesso “verso” dei Governi precedenti, quelli del ventennio (più o meno) berlusconiano. Sono queste, dunque, le novità introdotte? Fra l’altro nel fumo generale intorno al Job Act appare in tutta evidenza il peggioramento delle garanzie a favore dei lavoratori, con interventi disequilibrati tutti a favore degli imprenditori che dovrebbero perciò creare nuovi posti di lavoro. “Nuovi” con quelle caratteristiche di cui sopra a mo’ di schiavismo? Ecco perché non riesco a convincermi che vi sia “rinnovamento” in vista.

http://www.repubblica.it/politica/2014/11/28/news/dati_istat_reazioni_renzi_con_noi_100mila_occupati_in_piu_-101624618/

Mercato del lavoro

VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 parte 16

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I GIORNI parte 16

Un avvocato, avresti detto dalla parlantina. Un professore, invece, di Economia. Un bel ragazzo, poco calvo, dall’aria attenta e furba. Bruno come quelli del Sud più a Sud. Nuovo del mestiere, ci volle poco per diventare amici.
Lui già sapeva tutto di noi. Le tessere parlavano chiaro. Bastò qualche domanda e il discorso subito si aprì. Mi descrisse il tipo della sua clientela, vantandosi non poco di aver ospitato gente simpatica, oltre che facoltosa e, prendendoci certamente in giro, scherzosamente affermò che noi non avremmo fatto per niente invidiare i precedenti.
Eravamo ormai all’ora della passeggiata. I clienti, infatti, uno dopo l’altro uscivano.
Ma non parlò solo degli altri. La sua famiglia, ad esempio, lavorava tutta. Impiegati comunali, statali e privati.
La sorellina mostrava attenzione ai nostri discorsi, che venivano interrotti spesso da clienti che chiedevano qualcosa o che consegnavano le chiavi. Diciotto o vent’anni. Bruna, simpatica ed espansiva. Un sorriso sempre pronto, che mi venne offerto insieme all’aperitivo.
Passarono molti clienti dinanzi al banco a consegnare la chiave della loro camera prima della “passeggiata”.
La madre non entrava nei nostri dialoghi e girava, salendo su e scendendo ripetutamente dai piani superiori. Abitavano là, forse su in alto. Mi sarebbe piaciuto scattare fotografie dall’alto dell’ hotel. Chiesi. Risposta evasiva, forse che sì ma anche no.
Sono così incostante, volubile. Non faccio tempo ad innamorarmi di una persona, che già l’ho dimenticata, per un’altra o più. E così con le persone che stimo.
Tu hai voluto vincere. Per forza. Ora mi saluti, sorridendo. Un ghigno. Hai capito perfettamente come’ero. Anche se soffro, dico che non t’ho mai amata. Forse è la verità. Forse è la verità, forse no, che non t’ho mai amata. Sono stato solo un bimbo capriccioso. Un giocattolo nuovo da rompere era il mio desiderio. Che sia la verità, debbo convincermene. Per forza. Riconquistarti, dopo averlo fatto per scherzo, sarà difficile. Un tipo come me poi non tenterebbe nemmeno. Se non cambia.
Era tardi. Quasi le otto. Del pomeriggio. Rientrai. L’amico era già quasi pronto. Uscimmo.

Le scale erano frequentate da molti gatti.
Non mi sorpresi affatto quando il gatto che avevo sembrava ascoltare tutto quel che dicevo. Pensai che fosse come me. Che io fossi come lui. Chissà che non sia vero quel che dice ora un mio amico “Devi essere l’anima di un gatto reincarnata”: mi diverte parlare miagolando. E’ difficile, però, imparare. La gente brontola. Ipocrisia. Dignità e lotta. Il piccolo diviene grande. O resta piccolo. O viceversa. Due bambini si abbracciano. Sguardi attenti e curiosi. La prima vergogna sui loro volti. Col tempo si vedrà. Il rodaggio della macchina. Quello dell’uomo. La montagna bruciava. Tutto a nudo. Nero. Col tempo il verde tornerà. I nostri volti disinvolti, senza turbamenti; nascondono il timore. Ci affrontiamo dissimulando la timidezza. Per paura di soccombere. Aggressivi, innaturali. Sempre con un sorriso, per ogni evenienza. L’indifferenza assoluta finisce col non nuocere. Tutto è consentito.
Il treno volò. Arrivai molto presto a casa. Senza vedere più niente. “Parto, vado via”. Chi dice “Non tentasti” dice la verità. Come potevo, d’altronde. Non voglio vederti. Non voglio. Nevrotico. Diventerò. “Io…. ti amo” a dirlo così mentre son solo, pensieroso. “Io… ti amo, ti amo”: A chi. Non esiste. Una musica più bella. Un brivido. Pace dell’animo. C’è un posto vuoto, in treno, di fronte a me. Lo guardo. “Ti amo”. La pazzia. Adesso non penso più a niente. Tra uno e l’altro c’è sempre un grosso intervallo di meditazione. Di quiete. Tempesta dell’animo, addio. La mente di una fanciulla ripercorre le note di una canzone. Sussurro. Mi incanto.

I GIORNI 1972 – fine parte 16 – continua…

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VIAGGIATORI – PROCIDA L’ETERNO RITORNO parte 12.

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Donna che danza

PROCIDA L’ETERNO RITORNO parte 12.

Mentre facevano un “pieno” di quello splendido paesaggio sopraggiunsero altri gruppi di giovani, ragazzi con le loro chitarre che, insieme a giovani donne, suonavano e cantavano motivi tradizionali popolari, mostrando la loro fresca allegria. Due di loro evidenziavano un’indubbia perizia sulle loro chitarre mentre una delle ragazze batteva il tempo su un tamburello. Un’altra vide Tina e Mimì e li chiamò. I tre si avvicinarono e Lello potè notare che fra Mimì e quella ragazza vi era qualcosa di più di una semplice amicizia; infatti si appartarono mentre Tina si riavvicinò a Lello che intanto seguiva le evoluzioni canore e danzanti degli altri giovani. Tina era intimidita dalla situazione del tutto nuova per lei e dentro aveva una gran voglia di danzare così come stavano facendo le altre ragazze su quello spiazzo panoramico. Lello comprese il desiderio della giovane e vincendo la sua naturale ritrosia le prese la mano ed accennò alcuni passi, saltellando in un modo così impacciato che suscitò il riso di alcune, in particolare quello della stessa Tina, che subito dopo però arrossì, temendo di averlo potuto offendere. Lello era così gentile e si capiva che doveva proprio essere un bravo ragazzo. Tina aveva tante domande da fargli ma non riuscì ad aprir bocca. Mimì dopo un po’ ritornò; a Lello sembrò che, e lo aveva intravisto con la coda dell’occhio, prima di lasciare la ragazza con cui stava parlando, che si riunì al gruppo, i due si fossero scambiati un tenero dolcissimo quasi casto e timido bacio, ma mantenne, per sua natura, il totale riserbo.
La giornata poi si concluse con pochi eventi. A Lello e Mimì per la notte riservarono la stanza del “mezzanino”, un luogo appartato che portava sui tetti, caratteristici mediterranei e bombati, da cui si accedeva ad un panorama mozzafiato su tutto il Golfo di Napoli e di Pozzuoli. Il giorno dopo, all’alba, i due partirono, salutando la famiglia e nessuno li accompagnò. Tina, al solito dormigliona, quel giorno si era alzata insieme agli altri. Ed era schierata per il saluto, di certo in preda ad emozioni contrastanti.
“Cara Tina, ho chiesto a tuo fratello l’indirizzo ed anche il permesso di chiederti se vuoi essere la mia fidanzata. Fammi sapere presto perché sarò in trepida attesa di una tua risposta. Sei bellissima.”
Non appena furono a Civitavecchia Lello si era fatto forza ed aveva chiesto a Mimì l’indirizzo della sua famiglia; voleva scrivere a Tina e non solo per salutarla. Mimì capì, aveva capito. Stimava Lello e non aveva alcun motivo per non essere contento di quanto sarebbe potuto accadere. Aveva intuito anche che Tina non aspettava altro. E così accadde che dopo due settimane arrivò una lettera per Lello; in verità era solo una busta, ma conteneva una foto di Tina. Dietro ella aveva scritto: “Procida 3 maggio 1938. Offro a te, o mio eterno amore, questa mia piccola foto, in segno di affetto, tua indimenticabile Tina”.
A fine maggio Mimì e Lello furono congedati e ritornarono a casa. Mimì continuava a fare il pescatore a Procida insieme al vecchio padre don Vincenzo, Lello con don Peppino a fare il carpentiere nel Cantiere navale di Pozzuoli. Nei fine settimana Lello andava a Procida a casa di Mimì e di Tina. Ed era stato accolto come un altro figlio. Tutto, dopo una festa di fidanzamento modesta, in quanto la vita era sempre più dura, procedeva verso il matrimonio quando, iniziata anche per l’Italia la seconda guerra mondiale il 10 giugno del 1940, Lello fu richiamato alle armi a Civitavecchia. Avevano progettato di sposarsi in settembre, ma la Storia come il diavolo ci aveva messo la coda; era tutto inevitabilmente da rinviare.

fine parte 12. continua….

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LANDINI e i disonesti!

LANDINI e i disonesti

Di sicuro Landini ha esagerato nell’affermare che a sostenere Renzi vi siano i disonesti. Voglio credere che abbia voluto dire che, oltre ad una base di persone oneste, molti fra i disonesti, che non mancano mai, abbiano intuito che avrebbero trovato terreno per loro utile in un Governo che non si sta impegnando come di dovere per il cambiamento a favore di coloro che nel corso degli ultimi decenni hanno sopportato il carico fiscale maggiore. Potrei fare innumerevoli esempi anche raccogliendo dati “personali” per evidenziare come nulla si sia fatto per diminuire la pressione fiscale; in verità, a chiacchiere, si dice ma nei fatti non si fa. Non è quindi di certo Landini a dover essere attaccato; la maggioranza delle persone oneste avverte questo “gap” che si amplifica fra coloro che godono dell’attenzione o della “disattenzione voluta e colpevole” del Governo e quanti continuano a sobbarcarsi l’onere della contribuzione ad un sistema fiscale che non avvertono più come “amico”, al di là degli “spot” che piacciono molto a chi gestisce il Potere. Chi opera nei luoghi pubblici (strade, circoli, associazioni) riesce ad ascoltare le frustrazioni e le disillusioni: il livello di gradimento del sedicente “Partito della Nazione” va scemando ed i risultati elettorali sono magri in linea numerica ma pingui in percentuale, grazie ad un astensionismo anche da parte di chi fino ad ieri votava per la Sinistra. Ci si astiene fino ad un certo punto: quando si deciderà, quel “popolo”, a partecipare torneranno in equilibrio i conti!
G.M.

VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 – parte 15

 

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I GIORNI – parte 15

 

Come doveva essere, prima? Ci sedemmo a terra approfittando dell’ombra delle siepi di rovi. Fummo assaliti da mosche e formiche. Il pensiero, spinto dall’ambiente, volò all’uomo primitivo, privo di comodità e in preda a tutti i fenomeni naturali. Passò qualche auto, qualche furgoncino. Non si fermarono. La strada non doveva essere ormai molto lunga per le Forna, pensando. Invece… Passò un pullman. Facemmo segno. Non si fermò.

 

Sui rami dei rovi crescevano le more. Dietro i rovi, nascosti, antichi testimoni. Cisterne scoperchiate ripiene di acque stagnanti. Tuffarsi di rane concatenato. Migliaia di zanzare. Senso schifoso di ripulsa. Più su, dove la roccia è sulla strada, si può vedere di che materiale sia fatta.

Fummo al bivio. Vedemmo una macchina quasi nuova fiammante fuori strada lasciata in bilico. Scegliemmo la strada detta “Panoramica”. Non sapevamo nemmeno dove portasse.

“Se è panoramica” ragionando “deve essere bella” Andiamo.

La sommità era bruciata dal sole, piatta di rocce granitiche. Il cielo e l’orizzonte verso occidente offuscato dalle radiazioni del sole. La macchia molto limitata ed in parte carbonizzata da incendi recenti. Più giù, ora che si scendeva, c’era una villa. Abitata. In fondo, oltre il mare, l’isola di Palmarola. Sul declivio ora leggero, ora quasi a picco la vegetazione spontanea era più ricca e qua e là la mano dell’uomo si rivelava presente. Il mare increspato dai venti pomeridiani, solcato da poche barche a vela. Torrioni di roccia si elevavano. Più in là un campo fumante, rifiuti bruciati. Una carrucola abbandonata, forse aveva comunicato con la parte sottostante. Sulla costa, la roccia bianca.

Fu qui che sentimmo arrivare una macchina. Ci diedero il passaggio che avevamo richiesto. Un uomo ed una donna, coniugi.  Molta voglia di parlare,  simpatici. Non ricordo ora più nemmeno i loro lineamenti, anche perché li vidi per tutto il tragitto di spalle. Abitavano quella villetta sull’altura, l’unica.

Il panorama era davvero molto bello. Pensai di doverci ritornare, qualche altra volta. Salutammo ringraziando.

 

Le pannocchie, il loro odore, la selva di granturco, rincorrersi cadendo, cadere nel rinocorrersi. Sentirsi soli in mezzo al mondo, di una solitudine non angosciosa. Fermarsi a sentire il profumo di tutto quello che ci passa ogni giorno velocemente accanto. Amare ed essere riamato.

Ti ho guardato solo per un attimo, e già ero diverso. La retorica mi umilia. Era meglio conoscerti prima. Ci vediamo, mi saluti e tu sorridi. Se potessi capire! Tu risponderai che non c’è alcuna cosa da capire e mi annienterai. Preferisco tacere. Era meglio conoscerti prima.

Il viottolo è buio, stretto ebuio. Ci sono spine dappertutto, ai lati; in fondo, però, si trova un prato. Andrà bene per fare all’amore.

“non voglio” esitando.

Aspetti che ti trascini, forse con un po’ di dolcezza. Lo faccio con persuasione.

“Dai, che sarà bello!” e ti prendo sottobraccio.

C’è ancora una luce, nel buio, che ti fa tanta paura. Vorrei spegnerla, ma non si può ancora. Anche io l’ho dentro di me accesa.

Al ritorno, per la stessa stradicciola, piena di spine, tutto è buio. Anche la nostra luce, spenta. Non ci siamo detto niente. Continuiamo a tacere. Calpestio. Neppure i grilli. Solo il nostro calpestio. Onde leggere sulle spiagge. Una piccola lampara lontana.

Di ritorno, riposammo qualche ora. Ero nervoso, credo inspiegabilmente. La doccia mi rese più riflessivo. Lasciai il mio amico che dormiva. Andai a conoscere il nostro albergatore.

 

fine parte 15 – continua….

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I TEMPI SONO CAMBIATI (forse che no forse che sì)

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Costituzione italiana

I TEMPI SONO CAMBIATI (forse che no forse che sì)

Ho qualche lieve ragione di credere che il “segnale” da parte dell’elettorato possa essere arrivato a destinazione; un campanellino d’allarme come quando, dopo aver esagerato in bagordi e crapule varie, avvertiamo un malore che ci spinge a riguardarci e modifichiamo il nostro stile di vita. In effetti, vi è ancora un tasso di “ideologismo” diffuso; ma non quello che si intendeva superare quando si pensò alla costituzione del Partito Democratico (ho davanti a me come Bibbia il “Manifesto” dei “saggi” del 2007), bensì quello che costringe le coscienze di tante cittadine e cittadini a disertare le urne piuttosto che tradire, semmai, assegnando il proprio voto a chi fino ad ieri non ci piaceva e che oggi riconosciamo quasi come se non fosse poi così “diverso” da chi regge le sorti del “nostro” Partito, di quel Partito che fu il “Partito Democratico”. A dirla tutta, in condizioni simili, non mi riguarderei dal votare per forze politiche alternative, meglio se nel solco delle Sinistre, ma che non condividano la deriva demagogica, populista e pseudo democratica di Renzi e dei renziani. Non sopporto in assoluto le lezioni postume di coloro che rilevano come fosse nel progetto del PD l’inclusione di quelle forze plutocratiche, imprenditoriali ed antioperaie, di una Destra progressista ad uso e consumo del proprio tornaconto. L’idea che si dovesse ampliare il raggio d’azione della Sinistra comprendeva di certo la massima apertura, mantenendo tuttavia inalterato il senso dei propri valori fondamentali. Si sta andando invece proprio in senso contrario (d’altronde, il “cambio verso” slogan principale del “patron” del PD lo esprime chiaramente) rispetto a quanto i fondatori del Partito Democratico intendevano. Si incentivano soprattutto in modo squilibrato gli interessi dei “forti” e si indeboliscono ulteriormente quelli dei “deboli”; ecco perché anche ai meno avveduti non può essere sfuggito il giubilo – di fronte ad alcune scelte governative – della parte più forte del Paese, quella che non si è mai preoccupata di evadere “legalmente ed illegalmente” delocalizzando lavorazioni e risorse economiche e finanziarie senza alcuno scrupolo. Ritornando al “campanellino” di cui sopra esso suona per tutti, in quanto se è vero che non esista oggi un’alternativa immediata nulla vieta che la si ricerchi. I tempi sono durissimi, la crisi non solo non è finita, ma non ha ancora raggiunto il suo punto più alto. Il richiamo alla responsabilizzazione deve essere diretto soprattutto a coloro che hanno usufruito realmente dei vantaggi della crisi e non a quella moltitudine di cittadine e cittadini che si sono e stanno progressivamente impoveriti. In questa direzione il Governo non si sta dirigendo; il campanellino d’allarme ha questo messaggio.
G.M.

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