LE MIRACLE DELLE OSTRICHE DEL LAGO FUSARO – Real Casino Borbonico del Lago Fusaro (Casina Vanvitelliana) domenica 9 novembre ore 16.00

Le mie carissime amiche de “IL DIARIO DEL VIAGGIATORE” insieme ad un’altra Associazione (Corto lieto) che ancora non conosco organizzano questa interessante iniziativa. Ahimè, per diversi e seri motivi non sarò nei Campi Flegrei per queste prossime occasioni che vivrò attraverso il loro racconto.

Il diario

Domenica 9 novembre alle ore 16.00

l’Associazione CortoLieto insieme all’associazione Il Diario del Viaggiatore

Real Casino Borbonico sul lago Fusaro

“Le miracle del lago Fusaro”
Visita con letture tratte da lettere di Ferdinando IV alla moglie Carolina, e ai vigneti “La Sibilla” prospiciente al Parco monumentale di Baia.

Ho veduto molte cose al mondo, ma nulla di più bello e insieme di soddisfacente per l’anima e per i sensi” … Il sole spariva in maree sfolgoranti di colori, i canti ed i suoni d’orchestrine deliziose offrivano i momenti più spettacolari. (Principe Metternich)

La palazzina settecentesca, progettata da Carlo Vanvitelli nel 1782 fu edificata su un preesistente isolotto, e come una ninfea si apre alla natura circostante con terrazzi e ampie finestre. Ancora oggi, offre al visitatore la sensazione di trovarsi sospesi sulle acque del lago e di grande suggestione sono si presenta al tramonto con l’architettura dei riflessi.
Su richiesta e al raggiungimento di min. 15 persone possibilità anche di cenare.

Quota associativa + ingresso: 8€ oppure con
degustazione alle Cantine la Sibilla: 15€

Prenotazione obbligatoria

Info e contatti Dario Sebastiani cell.: 3385461974
cell: 3490965189 Gabriella

Associazione Il Diario Del Viaggiatore
Casina Vanvit

VIAGGIATORI – una serie di racconti – La sfida – parte prima

5 Città di Pozzuoli

La sfida – parte prima

Quante partite nello scalo merci delle ferrovie avevano giocato; al pomeriggio prima di mettersi a studiare si ritrovavano nel piazzale all’ingresso della Stazione della Metropolitana di Pozzuoli; si contavano e quando il numero lo permetteva si andava a giocare. Intanto con il pallone di cuoio quello regolamentare si palleggiava sulla strada. Allora le auto circolanti non erano molte e quando arrivavano si chiedeva agli automobilisti di parcheggiare più in là. La porta, virtuale, era nel muraglione della villa signorile che affacciava sulla piazza: si sistemavano degli oggetti reperiti casualmente (a volte erano i nostri giubbini arravugliati, altre volte dei mattoni di tufo) per delimitare lo spazio orizzontale della “porta”; per l’altezza si andava “ad occhio” ma, ad ogni modo, quando il numero dei convenuti era consistente si spostavano all’interno dello Scalo. A volte, considerando questa pratica un allenamento, affittavano un campo di calcio con il contributo di tutti e si sfidavano fra di loro oppure sfidavano altri gruppi come il loro, mettendo in palio “pizza e birra”.
Era la fine di un mese di ottobre ancora caldo; molti già discutevano su come il clima fosse cambiato. Era il 1966.
Alberto spesso si recava nell’isola; di solito vi trascorreva la bella stagione ma anche qualche fine settimana. Là poteva respirare aria buona, godere della libertà dai vincoli, a volte apprensivi, della famiglia. Aveva un gruppo di amici con i quali condivideva alcune passioni, teatro e musica. Aveva costruito anche qualche timida relazione, ma niente di importante e di fisso, con una ragazza del luogo, amicizia e nulla di più per accordo reciproco. Seguiva – da tifoso – una delle squadre di calcio locali, dove giocavano altri amici ed amici dei suoi amici. Ed una sera, una domenica di metà settembre, raccontò loro del gruppo di amici della Metropolitana, elogiandone le qualità tecniche, quasi a sottolineare la loro possibile superiorità: quasi! Ma agli “isolani” sembrò certa la provocazione di Alberto nei loro confronti. Ed il guanto della sfida fu gettato.
A quei tempi nel gruppo della Stazione tutti erano studenti, molti al Liceo Classico, una parte all’Istituto Tecnico e, tranne un paio di loro che erano già all’Università, frequentavano l’ultima o la penultima classe del corso di studi superiori. L’occasione buona sarebbe stata quella delle vacanze dei Santi e dei Morti che, con il 4 novembre, Festa dedicata all’Armistizio di Villa Giusti che nel 1918 concluse la prima guerra mondiale, e con la concessione di un “ponte” il sabato 5 componeva un utile filotto. E così si strinse un patto fra Alberto e gli “isolani” per una sfida ufficiale nel primo pomeriggio del giovedì 3 novembre.
La banchina, quella mattina, era sgombra; la notte il vento era stato così forte da aver provocato la caduta di alcuni cartelloni pubblicitari lungo il viale di accesso al porto…ma il cielo era sgombro di nubi quella mattina. Non faceva molto freddo. Il mare nel porto di Pozzuoli, protetto dal lungo molo caligoliano alla fine del quale vi era un faro abitabile, piccolo ma ugulamente maestoso, appariva calmo. Alberto con i suoi amici si avviarono, dopo aver acquistato i biglietti di imbarco ed aver controllato anche gli orari per il ritorno, verso quella che ancora allora chiamavano la “Cumana”, in ricordo del fatto che già dall’Ottocento e poi fino a metà Novecento il collegamento fra Procida e la terraferma si svolgeva prevalentemente da Torregaveta, “terminal” della Ferrovia per l’appunto detta “Cumana”. Dopo il controllo dei biglietti, salirono a bordo. Al di là del personale non vi erano molti altri passeggeri.

…continua

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