reloaded da POLITICS BLOG 1° MAGGIO 2014 – Intrecci saldi: San Paolo e il Macrolotto 0 al centro di una importante ricerca internazionale

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Intrecci saldi: San Paolo e il Macrolotto 0 al centro di una importante ricerca internazionale

di Massimo Bressan

Un quartiere che è attraversato con forza da molti dei fenomeni che caratterizzano il recente cambiamento economico e sociale di un sistema sempre più globalizzato. La ricerca evidenzia come un quartiere relativamente giovane sia in realtà connesso con molti luoghi da reti di relazioni economiche e sociali e come sia necessario che i residenti acquisiscano una maggiore consapevolezza della centralità del proprio territorio nei processi di globalizzazione.

Nei primi mesi del 2012 un progetto di ricerca elaborato da due antropologi – Elizabeth Krause, del Dipartimento di Antropologia dell’Università del Massachusetts, e da Massimo Bressan, dell’Istituto di ricerca IRIS di Prato – viene approvato e finanziato da due importanti fondazioni americane, la National Science Foundation (l’agenzia federale creata dal Parlamento degli USA nel 1950 allo scopo di promuovere la ricerca scientifica) e la Wenner Gren Foundation (una fondazione privata americana che promuove lo sviluppo della ricerca antropologica). Il titolo del progetto è: “Intrecci saldi: reti familiari in un distretto industriale globalizzato”. La ricerca si svolge a Prato a partire dall’estate del 2012 e si caratterizza per essere centrata intorno agli snodi dell’incontro tra migranti e residenti, famiglie e istituzioni locali, imprenditori e lavoratori. Ognuno di questi snodi si caratterizza per essere attraversato da flussi (di significato come di valore) che coinvolgono movimenti tra luoghi diversi e lontani.

Molti incontri tra noi ricercatori e i nostri informatori – incontri che si realizzano attraverso interviste o comunque interazioni più o meno formali – hanno avuto luogo presso gli uffici del Servizio “Immigrazione e Cittadinanza” del Comune di Prato – grazie alla collaborazione della dott.ssa Valentina Sardi -, e presso l’Unità Funzionale ‘Salute mentale infanzia e adolescenza’ della USL 4 di Prato – grazie alla collaborazione del dott. Marco Armellini. Oltre agli snodi istituzionali il lavoro sul campo si è svolto in alcuni luoghi particolarmente significativi della città di Prato: in modo particolare nell’area del cosiddetto Macrolotto 0 (il quartiere di San Paolo e tutta l’area che da Via Donizetti arriva fino a Porta Pistoiese, dal tracciato della ferrovia che porta verso la costa fino ai residui rurali che si spingono verso Via Galcianese), negli altri quartieri centrali e nelle aree industriali poste a sud della città (i Macrolotti 1 e 2).

La prospettiva transnazionale con cui si osservano i processi migratori è uno dei presupposti della ricerca; questa prospettiva si applica tanto alle intense relazioni economiche che caratterizzano il sistema produttivo pratese, quanto alla fitta rete di relazioni sociali che si svolgono all’interno e tra i poli della migrazione cinese. In tal modo si introducono nella lettura delle trasformazioni della città, dei suoi quartieri, e della società locale, connessioni, movimenti e comportamenti altrimenti relegati nell’opacità della retorica e delle pratiche politiche della separazione e segregazione. Una retorica che ha insistito con forza sulla separazione tra i gruppi cinese e italiano, tanto sul piano economico che su quello sociale, ma che ha solo oscurato le innumerevoli e sostanziali occasioni di contatto, scambio, cooperazione e intreccio che legano i gruppi che vivono e lavorano nel territorio pratese.

La nostra ricerca tende a evidenziare la centralità delle famiglie dei migranti cinesi nella dinamica della globalizzazione e a mostrare come le risorse attivate dai meccanismi della reciprocità siano importanti nel sostenere la competitività e la flessibilità del sistema produttivo locale del “pronto moda”. Questa lettura di un fenomeno economico non è molto distante dal modo in cui nel passato si è descritto ed interpretato il distretto industriale (vedi l’opera di Giacomo Becattini). Anche in quel caso la famiglia era considerata un tratto fondamentale per comprendere i meccanismi di riproduzione del distretto industriale – e in particolare come fosse possibile garantire la flessibilità del lavoro e della produzione in un contesto di forte competizione.

Alcuni ambiti e situazioni della vita urbana che abbiamo osservato a lungo sono: le pratiche di gestione della prole adottate dalle famiglie di lavoratori migranti – che prevede spesso il movimento dei bambini tra i poli della migrazione familiare; le politiche restrittive adottate dalle amministrazioni locali sull’utilizzo dello spazio pubblico nei quartieri di insediamento dei migranti – strutturalmente spesso poco dotati di marciapiedi, piazze, giardini, ecc.; le modalità di relazione tra imprese, lavoratori e residenti italiani e cinesi nei mercati intermedi del ‘pronto moda’; le interazioni che hanno luogo nei servizi pubblici locali, come gli uffici comunali, gli ospedali, le scuole.

Questa strategia ci consente di concentrare l’attenzione sulla dimensione del potere che compenetra i conflitti tra economie locali, pratiche sociali e orientamenti morali dominanti e subordinati; spesso, ad es., quando il discorso pubblico si occupa degli immigrati, il riferimento è ai lavoratori stranieri, ma non sempre si ricorda come all’origine di questi flussi vi sia il bisogno di manodopera poco qualificata che si impiega in lavori faticosi e/o con orari pesanti. L’immigrazione comporta l’allontanamento dal proprio nucleo familiare che, in molti casi, costituisce la conseguenza più difficile da sostenere per i migranti. Le esperienze che descriviamo fanno emergere, come osserva Paul Ricoeur, «il contrasto stridente tra la mobilità del lavoro su scala mondiale e la chiusura dello spazio pubblico della cittadinanza» (P. Ricoeur, Ermeneutica delle migrazioni, 2013).

Ciò che non traspare a sufficienza nel dibattito pubblico (ed in particolare nella retorica politica) ma che emerge in modo lampante nelle interviste con i migranti cinesi, così come con gli imprenditori italiani e gli operatori dei servizi pubblici, è la distanza sempre più ampia tra i processi di regolazione della cittadinanza (democrazia) e del lavoro e la scala locale, di quartiere o di città, dove si svolge gran parte della vita dei residenti (italiani e stranieri). In sostanza il pervadere della dimensione globale del capitalismo alimenta il movimento e la distanza tra i luoghi in cui il potere esercita le proprie decisioni ed i luoghi della vita delle persone, famiglie, comunità. Apatia, rassegnazione, incapacità di concepire il conflitto o la partecipazione nei luoghi della cittadinanza, sono atteggiamenti che traspaiono dalle interviste o dai discorsi che abbiamo realizzato. Resta il fatto che le condizioni poste dal capitalismo alla competizione delle imprese, in particolare per i mercati dei prodotti del tessile-abbigliamento, richiede quasi necessariamente che la produttività del lavoro sia alimentata, ad es., dalle reti e dalle risorse familiari, oltre che dal sacrificio personale e dagli intensi orari di lavoro. Molti distretti industriali italiani hanno seguito questa deriva anche attraverso il lavoro degli immigrati; altre strategie sono state quelle di uscita dal sistema di produzione manifatturiero attraverso lo spostamento verso altre attività economiche nel terziario, oppure la rendita immobiliare che deriva dalla trasformazione delle vecchie fabbriche in condomini o centri commerciali – gli esempi pratesi sono numerosi ed in particolare nell’area di Via Pistoiese e di San Paolo. Questi fenomeni sono una conseguenza delle mutate condizioni della competizione internazionale e il loro impatto non riguarda solo le imprese, ma in modo rilevante anche le famiglie (italiane e straniere) e gli stessi processi di costruzione di comunità locali (nei quartieri e nelle città).

Per approfondimenti sulla ricerca:

http://www.anthropology-news.org/index.php/2013/01/10/my-trouble-with-the-anti-essentialist-struggle/Betsy

http://blogs.umass.edu/ekrause/Iris

http://www.irisricerche.it/Bressan

http://www.farsiunidea.it/edizioni/volumi/scheda_volume.php?vista=scheda&ISBNART=15023

RELOADED ad uso Tramediquartiere – Comunità su Facebook – La “ciclabile” di San Paolo a Prato – Esempio di uno “spreco” che non sa di essere tale di J.M.

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La “ciclabile” di San Paolo a Prato – Esempio di uno “spreco” che non sa di essere tale di J.M.

A volte l’Amministrazione non sa cosa fare per un Quartiere e si inventa delle soluzioni che sono peggiori dell’inazione. E’ infatti uno di questi casi quello di cui parleremo qui: la “ciclabile” di San Paolo. E’ accaduto che l’Amministrazione di Centrodestra si sia trovata in “debito” elettorale con la popolazione di San Paolo ed abbia avuto la necessità di investire su quel territorio; vi erano dei “fondi” regionali che stavano per scadere e che riguardavano “interventi a favore dell’ambiente e dell’ecosostenibilità”, interventi tipo “ciclabili” per incentivare lo spostamento ecologico delle persone. Interventi che erano stati già preventivati nella legislatura 20042009 e che riguardavano sia la manutenzione delle ciclabili esistenti sia la messa in opera di nuovi percorsi che dalla “periferia” si collegassero al Centro storico. Per San Paolo era stato previsto un percorso che dalla stazione di Borgonuovo si dirigesse verso il Centro in una linea più che altro parallela a quella ferroviaria. Ma vuoi mettere una linea retta banalissima con una a zig zag fra le stradine di San Paolo? Ecco, crediamo che i tecnici del Comune si siano rifiutati di procedere in un progetto così ovvio privilegiando scelte avveniristiche per le emozioni ed i pericoli da affrontare ad ogni giravolta; in effetti è evidente che chi si mette in bicicletta voglia provare anche qualche brivido, no? Penso che si siano chiesti, per l’appunto, se non valesse la pena costruire qualcosa che somigliasse un po’ di più alle “Montagne russe” al posto di una noiosa lunga e diritta linea rossa. Tra le altre cose quest’ultima avrebbe attraversato luoghi tranquilli e poco trafficati, mentre quella prescelta presentava insidie ad ogni passo sia per la presenza di “passi carrabili” sia per gli attraversamenti su strade molto intensamente praticate. Ma, si sa, l’uomo è sognatore ed ha bisogno di mostrare che sa inventare e pensare, per cui a San Paolo ci si è trovati di fronte ad un Progetto che faceva invidia alla Danimarca ed alla Svezia, che non mancheranno di venirlo a studiare. Il percorso, straordinario, ha avuto anche il pregio di passare davanti a molti passi carrabili in pendenza, davanti alle porte di molti negozi, sopra tombini pubblici (Publiacqua) e privati (pozzi neri); percorre uno spazio riservato esclusivamente al mercato settimanale e si interrompe provvisoriamente nell’ingresso con tornelli ad un viale di uno dei Giardini pubblici del Quartiere; inoltre entra in almeno tre casi in strade trafficate con scarsa e difficoltosa visibilità. Ora, è chiaro che – essendo cambiata l’Amministrazione (da Centrodestra a Centrosinistra) – a qualcuno potrebbe venire la voglia di chiedere che questo obbrobrio sia eliminato. Sarebbe una iattura e quasi certamente non lo avremmo chiesto nemmeno se la caratteristica dell’Amministrazione non fosse cambiata; intanto perché è bene che rimanga a memento di come si sprecano i soldi pubblici fingendo di saperli utilizzare. E poi perché il danno sarebbe maggiore; l’avessero potuto chiamare, quell’intervento “cura ed abbellimento del Quartiere” sarebbe stato accettabile: ma la “ciclabile” no, anche perché ora che avete letto questo articolo provate a passarci, magari fatelo anche con una bicicletta. Intanto vi troverete pressochè soli (i lettori di questo Blog non sono tanti ed i frequentatori sono rarissimi) e poi potrete verificare gli addebiti che poniamo. La nuova Amministrazione faccia tesoro di questa esperienza; fra l’altro in essa (in posti chiave!) si trovano anche alcuni strenui difensori del tracciato della “ciclabile” che, per contrappasso, inviterei a frequentare quotidianamente anche per recarsi in Centro. Eh sì, perché in difesa di quell’ obbrobrio di cui i “tecnici” (che sono peraltro sempre gli stessi di prima) si vantano, si sono schierati anche alcuni alti dirigenti del Partito Democratico, che non hanno voluto – se non in minima parte quando si è cercato di limitare i danni – ascoltare le ragionevoli critiche. Occorre dire anche che alcuni pseudo verdi ecologisti d’antan nel corso dei dibattiti telematici senza mai venire a verificare in diretta i motivi dei dissensi espressi hanno difeso a spada tratta la “ciclabile” fidandosi esclusivamente del sostantivo o aggettivo che dir si voglia a dimostrazione che la battaglia per noi concreta veniva interpretata solo in chiave ideologica. E non bastava premettere “non abbiamo nulla in contrario per le “ciclabili”” per convincere della nostra buona disponibilità per la salvaguardia dell’Ambiente. Eppure avevamo ingaggiato contese con l’Amministrazione chiedendo anche che i fondi previsti per l’obbrobrio fossero destinati alla manutenzione delle ciclabili esistenti; ma non eravamo stati ascoltati. Ora, con il cambio di Amministrazione, non siamo affatto convinti che l’atteggiamento possa cambiare. Anche perché i “tecnici” che hanno partorito il progetto sono sempre lì al loro posto. A proposito, che fine hanno fatto le bici di BICINCITTA’ di via Toscanini?

 

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