TRAMEDIQUARTIERE E METANARRAZIONE – (ri)mettiamoci alla prova

PICT0296

TRAMEDIQUARTIERE E METANARRAZIONE – (ri)mettiamoci alla prova

il 4 febbraio scorso avevo già pubblicato una prima parte – il titolo è più o meno lo stesso – ci manca solo il (ri)
Ma fate attenzione: è solo una “prova” di metanarrazione (le altre che ho già peraltro pronte non le pubblicherò “in chiaro”!)
Giuseppe Maddaluno o, se preferite, Joshua Madalon (e su questo nome c’è ben poco da scherzare: ah già! lo dovevo spiegare e lo farò nei prossimi giorni. Sappiatelo che è una cosa seria!).

……Gli altri sono già agli “orti sociali”, una bella realtà, non c’è che dire: e di spazi così, abbandonati e ricettacolo di sterpi, rettili e qualche oggetto di arredamento fuori posto ma ancora degno di essere esposto in qualche “mercatino dell’usato” o in qualche “installazione di arte contemporanea”, ve ne sono altri qui in giro. Spazi che potrebbero essere utilizzati proprio come “orti sociali” destinati ad anziani, a famiglie, a bambini. I giovani del workshop si sbizzarriscono nel chiedere e nell’impostare inquadrature di uomini e natura. E qualcuno vi si perde e smarrisce. E il gruppo lo perde, proseguendo il suo viaggio pomeridiano tra strade, giardini privati, spazi verdi ordinati e spazi grigio-verdi disordinati e polverosi, antiche fabbriche dagli eleganti sontuosi aristocratici contorni architettonici che emanano sensazioni vetuste ma ancora caratterizzate da una certa nobiltà: quante operaie ed operai vi hanno agito? Quali tragedie quante e quali sofferenze e quante e quali festose ricorrenze hanno vissuto? Dentro esse abita la Storia di questa città e ne respira ora solo un lontano sentore colei o colui che vi transita riconoscendone i profondi valori storici che da lì promanano. Ora esse, pur rimanendo ancora erette con grande signorile apparente dignità, rischiano di essere destinate dall’incuria dei contemporanei ad essere abbandonate al degrado. Qualche espressione da “terzo paesaggio” attira le attenzioni dei giovani fotografi ed in particolare una struttura muraria che divideva gli spazi fra San Paolo e quello che era al di là di San Paolo, che poi solo di recente è stato identificato da Bernardo Secchi come “Macrolotto Zero”, mostra ad ogni modo di possedere una sua peculiare storica distinzione. Fra un’area coltivata ed uno spazio dove il disordine regna indisturbato si giunge al grande Giardino di via Colombo, luogo di incontro e raduno dal mattino alla sera della pacifica e disciplinata comunità cinese – con orari scanditi da ordinanza sindacale dopo le vibranti assurde proteste di un cittadino che lamentava la confusione ingenerata dagli strumenti che accompagnano la pratica del Tai-chi. Altre etnie – Prato ne è piena e ne conta più di cento – frequentano questo luogo. Ci sono anche gli italiani, ma provate per credere e venite pure a vedere, i cinesi – ebbene sì – sono la maggioranza. E ce ne sono davvero tanti, cosicché Valeria si appresta a rubare istantanee con le quali intende dimostrare ( e ce lo dirà solo dopo ) che è pur sempre un lunedì pomeriggio e c’è ancora luce e dunque non può essere del tutto vero che i cinesi lavorino soltanto, che lavorino tanto come si dice così spesso. Racconto a chi mi sta vicino l’esperienza di Emma Grosbois, una giovane fotografa che installa provocazioni artistiche e narro del comportamento dei cinesi, la loro compostezza, la ritrosia, la timidezza su cui però poi, quando Emma aveva completato l’installazione e se ne allontanava, prendeva corpo e forza la curiosità. Andiamo oltre e Valeria si diverte a fotografare i panni stesi dentro e fuori i terrazzini delle abitazioni cinesi lungo il nostro percorso. Li ricerca con curiosità: utilizzano gli “stand” industriali non potendo, per limiti regolamentari dei condomini, esporli all’esterno alla maniera delle famiglie mediterranee; ma non tutti in effetti sono rispettosi e Valeria di questo non può che essere contenta: riprenderà questi tessuti colorati che creano una sarabanda cromatica di straordinaria bellezza.

J.M.

PICT0530

prosegue il viaggio ———-

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *