VENERDI’ 10 APRILE ore 21.00 CIRCOLO ARCI SAN PAOLO PRATO VIA CILEA – ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE presenta IL DOMINO LETTERARIO – secondo incontro – Giuseppe Maddaluno e Manuele Marigolli presentano “Tra i panni di rosso tinti – Appunti di storia pratese 1970-1992” di Riccardo Cammelli – Attucci Editore

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VENERDI’ 10 APRILE ore 21.00 CIRCOLO ARCI SAN PAOLO PRATO VIA CILEA – ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE presenta IL DOMINO LETTERARIO – secondo incontro – Giuseppe Maddaluno e Manuele Marigolli presentano “Tra i panni di rosso tinti – Appunti di storia pratese 1970-1992” di Riccardo Cammelli – Attucci Editore

Era da un po’ di tempo che cercavo l’occasione di presentare questo libro. Mi era stato consegnato tempo addietro da Alessandro Attucci, il collega “editore”, pochi giorni prima di una sua presentazione alla “Feltrinelli” di Prato nello scorso ottobre. Avrei voluto esservi presente ma la mole del volume non mi aveva consentito la sua piena lettura e non essendo “preparato” vi rinunciai; ma attendevo l’occasione per rifarmi. Ed eccola, dunque. Con il meccanismo del DOMINO Marigolli mi ha aiutato non poco, e senza che vi sia stata costrizione alcuna, ad inserire il libro di Riccardo, che intanto ha continuato a viaggiare in tanti altri luoghi pubblici (molti Circoli e sedi istituzionali).
Il libro di Riccardo Cammelli è uno strumento utilissimo per tuttei coloro che d’ora in poi vorranno avvicinarsi a trattare la storia della città di Prato negli anni Settanta ed Ottanta del secolo scorso. Riccardo ha analizzato minuziosamente le fonti scritte (quotidiani, riviste, materiali d’archivio amministrativi, politici, sindacali, quelli dell’associazionismo e quelli privati di alcune personalità di spicco) e quelle dirette, ascoltando le testimonianze di alcuni dei protagonisti della storia di quegli anni che hanno contrassegnato l’ascesa e la caduta delle sorti del Distretto tessile (in particolare dal punto di vista politico lo stesso Cammelli nei “Ringraziamenti” menziona l’on. Orlando Fabbri, umile e rilevante figura da poco purtroppo scomparsa).
“Tra i panni di rosso tinti” è un volume composto da 350 pagine fitte fitte ricchissime di notizie sia inerenti lo sviluppo economico sia riferite agli interventi di tipo urbanistico sia concernenti la vita delle principali forze politiche (DC, PSI, PCI). Notevole è l’apparato bibliografico estremamente curato e preciso. Nei prossimi “post” analizzeremo le diverse parti del libro.

PARLAVAMO DI PROPOSTE – ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE PROPOSTE E PROTESTE – PROTESTE E PROPOSTE Forse più proposte che proteste – ma i “SORDI” (pardòn “IPOACUSICI”!) hanno bisogno di URLA

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PARLAVAMO DI PROPOSTE
ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE PROPOSTE E PROTESTE – PROTESTE E PROPOSTE Forse più proposte che proteste – ma i “SORDI” (pardòn “IPOACUSICI”!) hanno bisogno di URLA

Ieri parlavamo di PROPOSTE in merito alla chiusura del Centro per l’Anagrafe di via Lorenzo da Prato a San Paolo perché – per chi opera sui territori (e noi siamo a San Paolo) – si tratta proprio di un progressivo e profondo depauperamento delle “periferie” soprattutto se si tiene conto dello “stato delle cose” negli ultimi anni (ma sono parecchi!) e di come a chiacchiere si dica di voler valorizzare (il “rammendo” ha dal punto di vista semantico un suo senso, ma finisce lì – nel semantico!) le periferie e poi ci si muova al massimo solo per soddisfare il proprio “ego” (mi riferisco ad interventi collegati ad iniziative molto autoreferenziali e di dubbia utilità per il benessere delle masse). Inoltre ci si muove anche sventolando la bandiera della razionalizzazione per portare via i servizi ai cittadini accentrandoli (qualcuno mi dirà che si tratta in pratica di una forma di decentramento ma nei fatti i servizi di Anagrafe si allontanano e quelli sanitari vanno in fumo nelle grinfie potenti dei “privati”) o, se vi piace di più la parola (ma l’effetto è lo stesso), dislocandoli.
Quali siano le PROPOSTE lo avevamo già detto e scritto qualche mese fa: 1) mantenere i servizi migliorandoli ulteriormente con l’ausilio di una “campagna di informazione e di alfabetizzazione informatica ad uso degli anziani e delle famiglie con difficoltà economiche”;
2) trasferire in ambienti idonei ma contigui il Distretto Sanitario: capannoni vuoti sfitti disponibili e riadattabili ve ne sono a iosa (la crisi ha fatto chiudere molte attività ed ha impoverito il territorio e, di conseguenza, non è difficile reperire uno “spazio” da utilizzare ad hoc in zona San Paolo. Su questo ci sono “promesse”, che – conoscendo i nostri “polli” difficilmente saranno mantenute;
3) avevamo anche proposto che fosse mantenuta in piedi una struttura “volontaria” di Assemblea circoscrizionale con incarichi di tipo politico-amministrativo “senza alcun tipo di compenso” a cittadine e cittadini elettei a tale scopo (è evidente che per essere elettei occorra proporsi e quindi occorra anche accettare la completa volontarietà dell’impegno).
In sintesi, ecco le nostre proposte avanzate già lo scorso anno!

Un’anticipazione: il 17 e 18 aprile a Prato MELANIA PETRIELLO presenterà il suo “AL MIO PAESE. SETTE VIZI UNA SOLA ITALIA” eDimedia Edizioni – eccone l’introduzione

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Dall’introduzione di Melania Petriello

In un pomeriggio di ordinaria (auto)sopportazione, ho aperto il cassetto dei sogni possibili: l’ideificio che avete in mano è la prima cosa balzata fuori.
Al mio Paese è il viaggio dell’occhio che guarda per raccontare, utilizzando il filtro della lingua, della catarsi, della identificazione.
Della dissomiglianza. Della coralità.
È uno sforzo. Un rigurgito. Il ticchettio delle lettere sulla tastiera. L’abat-jour che fa compagnia perché scaccia lo spettro del buio.
Il paradigma della frattura tra ricerca e giornalismo, che attiene alla necessità storica di ricontestualizzare la memoria. E che abbiamo il dovere di raccontare, per vincere la resistenza della demagogia e della disaffezione.
La cultura è la sola risposta. Magari altra. Magari molteplice. Magari capovolta.
Abbiamo preso in prestito personaggi e illusioni, spazi e tempi delle convivenze nazionali per ricomporre pennellate dal cromatismo nuovo, inforcando la lente d’ingrandimento, che pesca dall’abisso la metafora dei vizi capitali.
Sette espedienti, radicati nell’animo, per mettere a nudo il Paese nostro.
Sempre in bilico tra cronaca e narrazione tout court. Io sono l’Italia. I nove, eccellenti giornalisti che hanno impreziosito queste pagine, sono le tante Italie che in essa si celano.
(…)
La sfida etica, oltre che estetica, del foglio bianco che partorisce storie, si vince ad occhi chiusi. E con il cuore aperto. Ho lasciato il cuore lì, sospeso tra i segni, perché intercettasse suggestioni, per riplasmarle.
La destinazione di questo libro è stata il suo viaggio, brulicante di bellezza.
Felicità è strappare un’idea al tempo, sapendo che nella corsa hai qualcuno accanto che sorride di complicità.
A me, hanno sorriso i migliori.
Buona lettura.

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ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE PROPOSTE E PROTESTE – PROTESTE E PROPOSTE Forse più proposte che proteste – ma i “SORDI” (pardòn “IPOACUSICI”!) hanno bisogno di URLA


ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE
PROPOSTE E PROTESTE – PROTESTE E PROPOSTE

Forse più proposte che proteste – ma i “SORDI” (pardòn “IPOACUSICI”!) hanno bisogno di URLA

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Noi del fu-Circolo PD Sezione Nuova San Paolo (ora ADSP –CIRCOLO DELLE IDEE)- lo avevamo preannunciato: la fine delle Circoscrizioni sarebbe stata attuata per far credere che gli “sprechi” sarebbero stati aboliti (sappiamo invece che le RUBERIE e gli INGANNI non sono mai terminati e quel VERSO lì non lo cambierà nè Renzi nè i RENZIANI; anzi soprattutto questi il VERSO lo cambiano soltanto a proprio esclusivo vantaggio!). I gonzi ci hanno creduto e qualcuno ancora ci crede – o per propria convenienza (chiamiamola pure “coerenza”) o per dabbenaggine (poco cambia nel giudizio morale!); fatto sta che anche con questa “barzelletta” del FAI CENTRO IN PERIFERIA (bella metafora!) a prenderla in tasca sono gli anziani, la povera gente, sono sempre gli stessi che sono più di prima. Ebbene, con il FAI CENTRO IN PERIFERIA cosa si va a raccontare? Che IL COMUNE sia SOTTO CASA e che vi siano NUOVI SERVIZI NELLE CIRCOSCRIZIONI (!!!) che poi in definitiva non esistono più. Invece cosa acccade: facciamo un esempio concreto per gli anziani ed i poveri del territorio di San Paolo. Dovranno recarsi per i vecchi e nuovi servizi all’URP in via Isidoro Del Lungo a Galciana – Ed è così che dopo la “fregatura” del Distretto Sanitario (le promesse di cui abbiamo sentito “parlare” sono ancora di là da venir onorate!) eccone una “NUOVA”.

Care cittadine e cari cittadini di sicuro in San Paolo c’è qualcuno che è più di noi punto di riferimento dell’Amministrazione e che potrebbe rispondere più direttamente a questi “disservizi” profondi! FATEVI ASCOLTARE!!! CHIEDETE A GRAN VOCE (GLI AMMINISTRATORI ED I LORO ACCOLITI SONO INFATTI IPOACUSICI) CHE SIANO RISPETTATI I VOSTRI BISOGNI E CHE NON CI INFINOCCHINO PIU’ SULLA BARZELLETTA DEI RISPARMI – NON SONO QUESTE LE SPESE INUTILI!

IL DOMINO LETTERARIO – dopo il primo incontro – venerdì 10 aprile ore 21.00 CIRCOLO Arci VIA CILEA PRATO – PRESENTAZIONE DI “Tra i panni di rosso tinti” di RICCARDO CAMMELLI – ATTUCCI Editore presentano Giuseppe Maddaluno e Manuele Marigolli

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IL DOMINO LETTERARIO – dopo il primo incontro – venerdì 10 aprile ore 21.00 CIRCOLO Arci VIA CILEA PRATO – PRESENTAZIONE DI “Tra i panni di rosso tinti” di RICCARDO CAMMELLI – ATTUCCI Editore presentano Giuseppe Maddaluno e Manuele Marigolli

Come suggerito dal titolo del Progetto impostato dall ADSP – CIRCOLO DELLE IDEE che è attiva (si tratta di un’ AGGREGAZIONE) presso il Circolo ARCI San Paolo di via Cilea . IL DOMINO LETTERARIO in chiusura del primo incontro – quello dello scorso 27 marzo con Manuele Marigolli – ha chiesto a quest’ultimo di indicare nome dell’autore e titolo dell’opera che intendeva presentare nel prossimo incontro. Manuele ha scelto Riccardo Cammelli ed il suo libro “Tra i panni di rosso tinti – Appunti di storia pratese 1970-1992” edito da Attucci. Sul libro scriveremo nei prossimi giorni su questo BLOG.

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“FRA L’ARNO E LA STRADA” di MANUELE MARIGOLLI – VENERDI’ 27 MARZO – CIRCOLO ARCI SAN PAOLO VIA CILEA PRATO – PRIMO INCONTRO DE “IL DOMINO LETTERARIO”

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Libero “era cresciuto fra l’Arno e la strada, lì aveva imparato a valutare avversari e pericoli, ad adottare comportamenti e strategie conseguenti, pesare le forze in campo. Capire anche quando era il caso di voltarsi e andare, prima che l’andare fosse una fuga. Mantenere intatto il proprio prestigio, perché sarebbe stato utile una prossima volta….Non era e non diventò mai un competitivo, ma se era costretto a competere allora voleva essere quello che rimaneva in piedi. Vincere e giocar bene è privilegio di pochi, il destino dei campioni. Libero campione non lo era.”

“Fra l’Arno e la strada” di Manuele Marigolli è un romanzo nel vero senso del termine con una struttura moderna, dove la “memoria” viene di continuo interrotta da una sorta di “flusso di coscienza” che implica frequenti “flash-back”; è un “romanzo di formazione” che segue la crescita e la maturazione del protagonista, Libero, per l’appunto come descritto sopra dall’autore “uomo libero”; è un romanzo dall’andamento classicheggiante in molte delle sue parti dove si respira una poetica elegiaca nel recupero di raffinati spazi nascosti dalla quotidianità che tutto tende ad obnubilare e che attraverso sprazzi preziosi emergono grazie alla sorprendente capacità stilistica dell’autore, che sin dalle prime pagine si rivela accanto a riflessioni esistenziali eterne: “Vola. Vola con le ali del sogno oltre i monti e le colline. Vola sui boschi di querce e di castagni. Sale fino ai faggi e agli alberi dei crinali. Scende per valli e fiumi, e vola. Vola fino al primo ricordo che la sua mente sappia rievocare”. Ce n’est qu’un début….” direbbero i sessantottini. Ed è così, non è che l’inizio: siamo soltanto a pag.25 (la 15° del romanzo).

Nella prima parte del commento che ieri ho pubblicato parlavo di “una sorta di flusso di coscienza”; “una sorta”, perché non si tratta di sequenze di termini “apparentemente” alla rinfusa ma di blocchi interi di memoria in un insieme di ricordi appiattiti dal tempo, il quale viene segnato esclusivamente dagli eventi “storici” sia quelli che Libero non ha vissuto direttamente ma li ha conosciuti come se fossero suoi dalle narrazioni dei suoi nonni e degli zii, sia quelli che riguardano la Vita di Libero e che rappresentano la sua crescita civile. Nello scrivere “Fra l’Arno e la strada” Manuele Marigolli ha voluto- e questo identifica questo romanzo come “opera prima” di ottimo livello – fare i conti con la storia della sua gente, recuperandone sprazzi di esistenza quotidiana partendo dagli anni più crudi della barbarie fascista e dell’insensatezza della guerra portandosi fino ai giorni nostri. La scrittura di “Fra l’Arno e la strada” funziona per Manuele anche come antidoto nei confronti di un tema terribile che condiziona l’esistenza degli umani: la tanatofobia, la paura della morte; nel libro troviamo questa ricerca frequente di esorcizzare tale timore, sin dalle primissime pagine

“L’angoscia era originata dalla convinzione che solo la morte avrebbe cancellato lo stato di felicità. La coscienza dello stato di grazia ritrovato (n.d.r. l’amore per Teresa, la compagna di tutta una vita) sarebbe finito in “una fossa di nebbia appena fonda” gli risvegliò l’antico terrore. L’esaltazione dell’amore gli faceva credere che solo la morte avrebbe potuto impedire a quel sentimento di essere eterno. La certezza che di quell’emozione non sarebbe rimasto assolutamente nulla, persa in un lago di niente, risvegliò la paura che lo aveva accompagnato per tutta l’infanzia e l’adolescenza.”

E via via così fino alla fine del romanzo, attraverso la morte dei suoi cari anziani, i nonni prima e poi i genitori, “vissute come un fatto che andava nell’ordine naturale delle cose…elaborate triturando il dolore nel fondo del suo animo, non rispondendo con la rimozione ma con il ricordo”, sino alla morte considerata ingiusta “un non senso, un fatto contro natura, un fiume che torna indietro dal mare”, quella della cara Teresa, colpita da un male non curabile che la spense in meno di un mese.

Abbiamo scritto che nel romanzo “Fra l’Arno e la strada” Manuele Marigolli ha inteso fare i conti con tutta una serie di angosce esistenziali, a partire da quelle collegate ai misteri della “morte”. Il suo personaggio, alter ego “Libero”, riesce a superarle solo nelle pagine finali “Non ha più bisogno di inventarsi dei sotterfugi per ingannarla come faceva da bambino prima di addormentarsi, ora è la malattia che lo terrorizza”: ed è con quest’ultima che Libero ingaggia la sua ultima sfida. “La paura della morte che lo aveva terrorizzato adesso non gli appartiene più, anche se non l’ha superata di colpo ma lentamente, giorno per giorno.” Ed è la perdita della persona a lui più cara, un momento estremamente triste e doloroso, che gli permetterà di riconciliarsi, arrendevolmente, con il naturale flusso della Vita. In fondo “il terrore della morte si era sempre manifestato nei momenti più belli.” E le donne, le donne che lo accompagnano nella sua vita, sono figure straordinariamente positive, a partire dalla nonna Dina, della quale parleremo poi, fino alla sua compagna Teresa, alla giovane Irene ed alla figlia Eugenia. Irene appare sin dalle prime pagine come bellissima, sensuale e snella, elastica e morbida nell’incedere, sorridente: è la personificazione della giovinezza e della bellezza che un tempo hanno coinvolto Libero da giovane e che ora nei giorni della maturità inoltrata ritornano prepotentemente ed inaspettatamente a galla. Libero incontra Irene casualmente con la complicità dell’altra sua passione, la caccia ed i cani (ai quali Manuele dedica parte considerevole del suo romanzo) che lo hanno accompagnato nel corso della vita. E poi c’è stata Teresa, che alla fine non c’è più (“La malattia si manifestò cruenta, senza dare neppure il tempo di elaborarla, un male non curabile la aggredì e la spense in meno di un mese.”): l’amore di una vita, l’AMORE, scoperto nelle fumose “riunioni semi clandestine in cui sembrava che si stesse progettando la rivoluzione.” Era l’inverno del 1975. Teresa “aveva i capelli raccolti dentro un foulard rosso con fiorellini neri, legato dietro la nuca…Due ciocche di capelli neri e lucenti…occhi neri come la notte, sopracciglia lunghe, fronte alta, bocca ben disegnata e un sorriso che la illuminava…” E’ AMORE a prima vista, l’Amore di una vita. E poi c’è Eugenia, la loro figlia, con cui Libero ha un difficile rapporto collegato ad un episodio del quale egli porta dentro di sè il dolore di una profonda reciproca incomprensione (“Con lui non riesco a lasciarmi andare, c’è qualcosa che mi frena, che mi ha sempre impedito slanci emotivi.”); ma è lei che ha in mano il destino di Libero e dovrà impegnarsi a riportarlo di nuovo alla Vita.
Le donne di Libero, dunque! I personaggi femminili prevalgono (come, d’altronde, accade nella vita di noi tutti) per la loro profonda concretezza; avevamo accennato alla nonna Dina, una vera e propria femminista “ante litteram”: “Libero vedeva nella nonna il prototipo della donna emancipata. Lei non aveva avuto bisogno di costituire gruppi di coscienza al femminile, di partecipare a movimenti di nessun genere per affermare un bisogno e un diritto….aveva potuto contare su una volontà granitica….Senza mai prendersi troppo sul serio, con un gran senso dell’ironia…Non credeva in un aldilà…Ma credeva nella persona, nella compassione e nella solidarietà del vicino…nell’indivduo, nell’azione del singolo…Era una anarchica individualista…”.

E poi c’era anche l’altra nonna, Annita, da cui Libero apprende le tecniche della “narrazione”: “Quando Libero da bambino restava a dormire da Annita nella casa sul fosso, la nonna, che era una grande narratrice, gli raccontava del tempo passato”.

Ma “Fra l’Arno e la strada” è anche un libro che affida i suoi personaggi alla Storia del Novecento: dal tempo e dai contrasti fra laici e credenti, fra comunisti e democristiani negli anni della Guerra Fredda (“Dal primo luglio del 1949 la Chiesa aveva scomunicato chi era iscritto, chi votava, chi diffondeva la stampa e le idee comuniste…Il Partito allora indicò loro un sacerdote fiorentino. Si sposarono a Firenze…il matrimonio venne celebrato da un prete giovane, che credeva più nel Vangelo che nelle gerarchie….”) fino alle vicende legate alle varie piene dell’Arno ed all’alluvione del novembre 1966, cui Manuele Marigolli dedica un intero capitolo pieno di vicende ed aneddoti; per arrivare poi al Sessantotto ed alle grandi manifestazioni che vedono operai e studenti insieme nella lotta (“La nostra lotta è anche la vostra, vogliamo un mondo in cui i figli degli operai possano studiare, farsi una cultura per non essere più solo numeri buoni per la produzione e lo sfruttamento”).

Si accenna anche allo “strappo” dei compagni del “Manifesto” primo momento di sbandamento per Libero che non comprende i motivi per quella “estromissione” a loro comminata dal PCI e considerata di stampo stalinista. La Storia continua ad accompagnare Libero nella scoperta della passione politica che va di pari passo con la sua crescita civile, culturale ed umana (si snodano davanti ai nostri occhi momenti drammatici come il sequestro Moro, l’uccisione di Guido Rossa e di tante altre persone innocenti colpevoli solo di opporsi al terrorismo di quegli anni). E, al di sopra di tutto, rimane un’unica straordinaria passione che accompagnerà Libero nel romanzo di Marigolli dalla prima all’ultima pagina: la caccia con i suoi riti, le attese, le angosce collegate al profondo rispetto nei confronti della natura che gli viene inculcato dallo zio Mareno, che per la prima volta lo accompagnò a caccia di beccacce. La lettura di quelle pagine è di una profonda emotiva piacevolezza, soprattutto allorché Libero ritrovandosi fra le mani il corpo senza vita della prima beccaccia avvertì un profondo senso di colpa che stemperò l’entusiasmo dell’attesa (“Libero conobbe allora la contraddizione di amore e morte che alberga nel cuore di ogni beccacciaio, ne divenne prigioniero e quella malattia non lo avrebbe più lasciato per tutta la vita.”).

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Manuele Marigolli ha costruito, forse spinto da un suo personale impellente bisogno di ricostruire parti della sua Storia facendola accompagnare per mano lungo i sentieri del Novecento, un romanzo piacevolissimo colmo di riferimenti alla sana e ricca cultura popolare della sua gente, che gli consente di costruire personaggi che, di certo riferiti alla realtà, rimarranno indelebili nella memoria dei lettori.

VENERDI’ 27 ORE 21.00 – CIRCOLO ARCI SAN PAOLO – VIA CILEA A PRATO – IL DOMINO LETTERARIO primo incontro con MANUELE MARIGOLLI, autore di “FRA L’ARNO E LA STRADA” parte quarta LE DONNE LA STORIA E LA CACCIA

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VENERDI’ 27 ORE 21.00 – CIRCOLO ARCI SAN PAOLO – VIA CILEA A PRATO – IL DOMINO LETTERARIO primo incontro con MANUELE MARIGOLLI, autore di “FRA L’ARNO E LA STRADA” parte quarta LE DONNE LA STORIA E LA CACCIA

Le donne di Libero, dunque! I personaggi femminili prevalgono (come, d’altronde, accade nella vita di noi tutti) per la loro profonda concretezza; avevamo accennato alla nonna Dina, una vera e propria femminista “ante litteram”: “Libero vedeva nella nonna il prototipo della donna emancipata. Lei non aveva avuto bisogno di costituire gruppi di coscienza al femminile, di partecipare a movimenti di nessun genere per affermare un bisogno e un diritto….aveva potuto contare su una volontà granitica….Senza mai prendersi troppo sul serio, con un gran senso dell’ironia…Non credeva in un aldilà…Ma credeva nella persona, nella compassione e nella solidarietà del vicino…nell’indivduo, nell’azione del singolo…Era una anarchica individualista…”.

E poi c’era anche l’altra nonna, Annita, da cui Libero apprende le tecniche della “narrazione”: “Quando Libero da bambino restava a dormire da Annita nella casa sul fosso, la nonna, che era una grande narratrice, gli raccontava del tempo passato”.

Ma “Fra l’Arno e la strada” è anche un libro che affida i suoi personaggi alla Storia del Novecento: dal tempo e dai contrasti fra laici e credenti, fra comunisti e democristiani negli anni della Guerra Fredda (“Dal primo luglio del 1949 la Chiesa aveva scomunicato chi era iscritto, chi votava, chi diffondeva la stampa e le idee comuniste…Il Partito allora indicò loro un sacerdote fiorentino. Si sposarono a Firenze…il matrimonio venne celebrato da un prete giovane, che credeva più nel Vangelo che nelle gerarchie….”) fino alle vicende legate alle varie piene dell’Arno ed all’alluvione del novembre 1966, cui Manuele Marigolli dedica un intero capitolo pieno di vicende ed aneddoti; per arrivare poi al Sessantotto ed alle grandi manifestazioni che vedono operai e studenti insieme nella lotta (“La nostra lotta è anche la vostra, vogliamo un mondo in cui i figli degli operai possano studiare, farsi una cultura per non essere più solo numeri buoni per la produzione e lo sfruttamento”).

Si accenna anche allo “strappo” dei compagni del “Manifesto” primo momento di sbandamento per Libero che non comprende i motivi per quella “estromissione” a loro comminata dal PCI e considerata di stampo stalinista. La Storia continua ad accompagnare Libero nella scoperta della passione politica che va di pari passo con la sua crescita civile, culturale ed umana (si snodano davanti ai nostri occhi momenti drammatici come il sequestro Moro, l’uccisione di Guido Rossa e di tante altre persone innocenti colpevoli solo di opporsi al terrorismo di quegli anni). E, al di sopra di tutto, rimane un’unica straordinaria passione che accompagnerà Libero nel romanzo di Marigolli dalla prima all’ultima pagina: la caccia con i suoi riti, le attese, le angosce collegate al profondo rispetto nei confronti della natura che gli viene inculcato dallo zio Mareno, che per la prima volta lo accompagnò a caccia di beccacce. La lettura di quelle pagine è di una profonda emotiva piacevolezza, soprattutto allorché Libero ritrovandosi fra le mani il corpo senza vita della prima beccaccia avvertì un profondo senso di colpa che stemperò l’entusiasmo dell’attesa (“Libero conobbe allora la contraddizione di amore e morte che alberga nel cuore di ogni beccacciaio, ne divenne prigioniero e quella malattia non lo avrebbe più lasciato per tutta la vita.”).

Manuele Marigolli ha costruito, forse spinto da un suo personale impellente bisogno di ricostruire parti della sua Storia facendola accompagnare per mano lungo i sentieri del Novecento, un romanzo piacevolissimo colmo di riferimenti alla sana e ricca cultura popolare della sua gente, che gli consente di costruire personaggi che, di certo riferiti alla realtà, rimarranno indelebili nella memoria dei lettori.

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VENERDI’ 27 ORE 21.00 – CIRCOLO ARCI SAN PAOLO – VIA CILEA A PRATO – IL DOMINO LETTERARIO primo incontro con MANUELE MARIGOLLI, autore di “FRA L’ARNO E LA STRADA” parte terza OLTRE LA MORTE – L’AMORE E GLI AMORI, I GRANDI AMORI

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VENERDI’ 27 ORE 21.00 – CIRCOLO ARCI SAN PAOLO – VIA CILEA A PRATO – IL DOMINO LETTERARIO primo incontro con MANUELE MARIGOLLI, autore di “FRA L’ARNO E LA STRADA” parte terza
OLTRE LA MORTE – L’AMORE E GLI AMORI, I GRANDI AMORI

Abbiamo scritto che nel romanzo “Fra l’Arno e la strada” Manuele Marigolli ha inteso fare i conti con tutta una serie di angosce esistenziali, a partire da quelle collegate ai misteri della “morte”. Il suo personaggio, alter ego “Libero”, riesce a superarle solo nelle pagine finali “Non ha più bisogno di inventarsi dei sotterfugi per ingannarla come faceva da bambino prima di addormentarsi, ora è la malattia che lo terrorizza”: ed è con quest’ultima che Libero ingaggia la sua ultima sfida. “La paura della morte che lo aveva terrorizzato adesso non gli appartiene più, anche se non l’ha superata di colpo ma lentamente, giorno per giorno.” Ed è la perdita della persona a lui più cara, un momento estremamente triste e doloroso, che gli permetterà di riconciliarsi, arrendevolmente, con il naturale flusso della Vita. In fondo “il terrore della morte si era sempre manifestato nei momenti più belli.” E le donne, le donne che lo accompagnano nella sua vita, sono figure straordinariamente positive, a partire dalla nonna Dina, della quale parleremo poi, fino alla sua compagna Teresa, alla giovane Irene ed alla figlia Eugenia. Irene appare sin dalle prime pagine come bellissima, sensuale e snella, elastica e morbida nell’incedere, sorridente: è la personificazione della giovinezza e della bellezza che un tempo hanno coinvolto Libero da giovane e che ora nei giorni della maturità inoltrata ritornano prepotentemente ed inaspettatamente a galla. Libero incontra Irene casualmente con la complicità dell’altra sua passione, la caccia ed i cani (ai quali Manuele dedica parte considerevole del suo romanzo) che lo hanno accompagnato nel corso della vita. E poi c’è stata Teresa, che alla fine non c’è più (“La malattia si manifestò cruenta, senza dare neppure il tempo di elaborarla, un male non curabile la aggredì e la spense in meno di un mese.”): l’amore di una vita, l’AMORE, scoperto nelle fumose “riunioni semi clandestine in cui sembrava che si stesse progettando la rivoluzione.” Era l’inverno del 1975. Teresa “aveva i capelli raccolti dentro un foulard rosso con fiorellini neri, legato dietro la nuca…Due ciocche di capelli neri e lucenti…occhi neri come la notte, sopracciglia lunghe, fronte alta, bocca ben disegnata e un sorriso che la illuminava…” E’ AMORE a prima vista, l’Amore di una vita. E poi c’è Eugenia, la loro figlia, con cui Libero ha un difficile rapporto collegato ad un episodio del quale egli porta dentro di sè il dolore di una profonda reciproca incomprensione (“Con lui non riesco a lasciarmi andare, c’è qualcosa che mi frena, che mi ha sempre impedito slanci emotivi.”); ma è lei che ha in mano il destino di Libero e dovrà impegnarsi a riportarlo di nuovo alla Vita.

…fine parte terza….continua

VENERDI’ 27 ORE 21.00 – CIRCOLO ARCI SAN PAOLO – VIA CILEA A PRATO – IL DOMINO LETTERARIO primo incontro con MANUELE MARIGOLLI, autore di “FRA L’ARNO E LA STRADA” – LA TANATOFOBIA uno dei temi sviluppati dall’autore

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VENERDI’ 27 ORE 21.00 – CIRCOLO ARCI SAN PAOLO – VIA CILEA A PRATO – IL DOMINO LETTERARIO primo incontro con MANUELE MARIGOLLI, autore di “FRA L’ARNO E LA STRADA” – LA TANATOFOBIA uno dei temi sviluppati dall’autore

Nella prima parte del commento che ieri ho pubblicato parlavo di “una sorta di flusso di coscienza”; “una sorta”, perché non si tratta di sequenze di termini “apparentemente” alla rinfusa ma di blocchi interi di memoria in un insieme di ricordi appiattiti dal tempo, il quale viene segnato esclusivamente dagli eventi “storici” sia quelli che Libero non ha vissuto direttamente ma li ha conosciuti come se fossero suoi dalle narrazioni dei suoi nonni e degli zii, sia quelli che riguardano la Vita di Libero e che rappresentano la sua crescita civile. Nello scrivere “Fra l’Arno e la strada” Manuele Marigolli ha voluto- e questo identifica questo romanzo come “opera prima” di ottimo livello – fare i conti con la storia della sua gente, recuperandone sprazzi di esistenza quotidiana partendo dagli anni più crudi della barbarie fascista e dell’insensatezza della guerra portandosi fino ai giorni nostri. La scrittura di “Fra l’Arno e la strada” funziona per Manuele anche come antidoto nei confronti di un tema terribile che condiziona l’esistenza degli umani: la tanatofobia, la paura della morte; nel libro troviamo questa ricerca frequente di esorcizzare tale timore, sin dalle primissime pagine

“L’angoscia era originata dalla convinzione che solo la morte avrebbe cancellato lo stato di felicità. La coscienza dello stato di grazia ritrovato (n.d.r. l’amore per Teresa, la compagna di tutta una vita) sarebbe finito in “una fossa di nebbia appena fonda” gli risvegliò l’antico terrore. L’esaltazione dell’amore gli faceva credere che solo la morte avrebbe potuto impedire a quel sentimento di essere eterno. La certezza che di quell’emozione non sarebbe rimasto assolutamente nulla, persa in un lago di niente, risvegliò la paura che lo aveva accompagnato per tutta l’infanzia e l’adolescenza.”

E via via così fino alla fine del romanzo, attraverso la morte dei suoi cari anziani, i nonni prima e poi i genitori, “vissute come un fatto che andava nell’ordine naturale delle cose…elaborate triturando il dolore nel fondo del suo animo, non rispondendo con la rimozione ma con il ricordo”, sino alla morte considerata ingiusta “un non senso, un fatto contro natura, un fiume che torna indietro dal mare”, quella della cara Teresa, colpita da un male non curabile che la spense in meno di un mese.

…continua….

Tra l'Arno

VA’ PENSIERO – Storie ambulanti – PERCORSI DI ANTIRAZZISMO IN CLASSE a cura dell’AMM – Archivio delle memorie migranti – GIUNTI Scuola – una presentazione all’ITES “Paolo Dagomari” di Prato -VENERDI’ 27 MARZO –

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VA’ PENSIERO – Storie ambulanti – PERCORSI DI ANTIRAZZISMO IN CLASSE a cura dell’AMM – Archivio delle memorie migranti – GIUNTI Scuola – una presentazione all’ITES “Paolo Dagomari” di Prato

Venerdì 27 marzo durante la mattinata all’ITES “Paolo Dagomari” la casa Editrice GIUNTI Scuola presenterà un kit, composto da una guida per l’insegnante e un DVD, a docenti ed allievi.
Il materiale è stato consegnato nei mesi scorsi ai Dirigenti delle scuole superiori di Prato.
L’unico Istituto che ha risposto positivamente alla proposta è stato proprio il “Dagomari” che si conferma essere all’avanguardia sul fronte della multiculturalità e dell’accoglienza.
Un grazie dunque alla Dirigente scolastica, Maria Josè Manfré ed ai suoi collaboratori Gianfranco Alberti e Gabriella Pimazzoni.

Durante l’incontro si prevede la proiezione del film Va’ Pensiero. Storie ambulanti preceduta da una breve presentazione del film e del kit didattico a cura dell’Archivio delle memorie migranti. La proiezione sarà seguita fino all’intervallo da una discussione con studenti e docenti. Nell’ultima parte dell’incontro, magari al termine dell’intervallo, si propone un momento laboratoriale con i docenti interessati dedicato all’utilizzo del kit in classe.
La suddivisione alunni/docenti tiene conto della natura del kit come strumento didattico che ogni docente può scegliere di sperimentare in modo autonomo e originale con i loro alunni. AMM ritiene che la sperimentazione di singole attività del kit vada condotta con gruppi limitati di alunni in seguito a un lavoro di approfondimento graduale con ogni gruppo-classe.

Programma dell’incontro

10,40 Alessandro Triulzi Presentazione di AMM e del film
10,50 Monica Bandella Presentazione del kit didattico Percorsi di antirazzismo in classe

11,00 Proiezione del film Va’ Pensiero. Storie ambulanti

12,00 Discussione con studenti e docenti sui temi e le storie narrate nel film

12,30 Intervallo

12,45 Incontro operatori Giunti e AMM con docenti interessati

1) Alessandro Triulzi/Monica Bandella e docenti 20’
Brainstorming collettivo sul film e le tematiche che affronta

2) Alessandro Triulzi/Monica Bandella 60’
Incontro-microformazione con docenti