VENERDI’ 27 ORE 21.00 – CIRCOLO ARCI SAN PAOLO – VIA CILEA A PRATO – IL DOMINO LETTERARIO primo incontro con MANUELE MARIGOLLI, autore di “FRA L’ARNO E LA STRADA” – LA TANATOFOBIA uno dei temi sviluppati dall’autore

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VENERDI’ 27 ORE 21.00 – CIRCOLO ARCI SAN PAOLO – VIA CILEA A PRATO – IL DOMINO LETTERARIO primo incontro con MANUELE MARIGOLLI, autore di “FRA L’ARNO E LA STRADA” – LA TANATOFOBIA uno dei temi sviluppati dall’autore

Nella prima parte del commento che ieri ho pubblicato parlavo di “una sorta di flusso di coscienza”; “una sorta”, perché non si tratta di sequenze di termini “apparentemente” alla rinfusa ma di blocchi interi di memoria in un insieme di ricordi appiattiti dal tempo, il quale viene segnato esclusivamente dagli eventi “storici” sia quelli che Libero non ha vissuto direttamente ma li ha conosciuti come se fossero suoi dalle narrazioni dei suoi nonni e degli zii, sia quelli che riguardano la Vita di Libero e che rappresentano la sua crescita civile. Nello scrivere “Fra l’Arno e la strada” Manuele Marigolli ha voluto- e questo identifica questo romanzo come “opera prima” di ottimo livello – fare i conti con la storia della sua gente, recuperandone sprazzi di esistenza quotidiana partendo dagli anni più crudi della barbarie fascista e dell’insensatezza della guerra portandosi fino ai giorni nostri. La scrittura di “Fra l’Arno e la strada” funziona per Manuele anche come antidoto nei confronti di un tema terribile che condiziona l’esistenza degli umani: la tanatofobia, la paura della morte; nel libro troviamo questa ricerca frequente di esorcizzare tale timore, sin dalle primissime pagine

“L’angoscia era originata dalla convinzione che solo la morte avrebbe cancellato lo stato di felicità. La coscienza dello stato di grazia ritrovato (n.d.r. l’amore per Teresa, la compagna di tutta una vita) sarebbe finito in “una fossa di nebbia appena fonda” gli risvegliò l’antico terrore. L’esaltazione dell’amore gli faceva credere che solo la morte avrebbe potuto impedire a quel sentimento di essere eterno. La certezza che di quell’emozione non sarebbe rimasto assolutamente nulla, persa in un lago di niente, risvegliò la paura che lo aveva accompagnato per tutta l’infanzia e l’adolescenza.”

E via via così fino alla fine del romanzo, attraverso la morte dei suoi cari anziani, i nonni prima e poi i genitori, “vissute come un fatto che andava nell’ordine naturale delle cose…elaborate triturando il dolore nel fondo del suo animo, non rispondendo con la rimozione ma con il ricordo”, sino alla morte considerata ingiusta “un non senso, un fatto contro natura, un fiume che torna indietro dal mare”, quella della cara Teresa, colpita da un male non curabile che la spense in meno di un mese.

…continua….

Tra l'Arno

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