POVERI MA BELLI

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POVERI MA BELLI

Negli ultimi giorni qualche piccolo “sassolino” va staccandosi dalla montagna sedicente “democratica” (intendesi quella del PD); Civati in primis mentre si attende la scelta di Fassina. Sono “sassolini” indubbiamente e non dovrebbero modificare l’assetto maggioritario del Governo, anche se permangono in parte considerevole del Gruppo di quel Partito dei “distinguo” su molte delle scelte portate avanti e difese in modo a volte sfrontato (altro è il “decisionismo” rispetto alla “protervia”!) come espressione di Sinistra ma, stranamente, sostenute e votate dal Centrodestra. In una realtà come la nostra, girando per le vie della città e del Paese, si avverte forte l’imbarazzo da parte di moltissimi ex o attuali sostenitori “Democratici”. Sono però quei “mugugni” del tutto passivi che non annunciano scelte decise. Rimangono tali e forse potranno condurre ad un progressivo estraniamento, allontanamento dalla partecipazione sempre più espressione inconsistente soprattutto in periodi lontani da appuntamenti elettorali. E questo accade in particolare in quella piccola fetta di popolazione che ha in ogni caso negli ultimi anni impegnato parte del proprio tempo libero per sostenere attività nei territori. A dire il vero, già negli ultimi anni per tutta una serie di vicende davvero poco chiare molti si erano allontanati dalla pratica politica ed era molto difficile recuperarli: il loro allontanamento non era certamente collegato a problemi locali nè alla critica nei confronti di un’applicazione dei metodi democratici: anzi! Era proprio il contrario: si criticava infatti soprattutto l’apparato e la incapacità a comprendere quelli che erano i mutamenti, e le esigenze nuove ad essi connessi, della società. In effetti, non esisteva “Democrazia” e le scelte erano sempre più incomprensibili da parte dei cosiddetti attivisti, soprattutto quelli periferici. Molte di quelle persone non le abbiamo recuperate e non le recupereremo ed hanno accresciuto ed accresceranno ulteriormente il numero delle astensioni o dei “voti” a forze politiche diverse ed a volte addirittura lontane dagli originari valori. Ma come – e dall’alto di quale “cattedra” – criticarle? Non è affatto possibile: anche perché siamo proprio certi che quei “valori” ai quali ci siamo richiamati e vogliamo continuare a difendere siano alla base ed alla sommità delle “azioni” di quel Partito e del Governo? O ci si appella ai “valori” semplicemente come una sorta di gagliardetto epidermico identificativo giusto per distinguersi e per accalappiare consensi? In tutto questo si notano atteggiamenti di presunzione da parte di coloro che vogliono ergersi a difensori dell’ortodossia “democratica”; qualcuno ha detto che, sì, è vero che senza Civati o Fassina il Partito sarà più “povero” ma – ha aggiunto – saranno più poveri anche loro. Non so a cosa si riferiscano quando parlano di “povertà”; personalmente, anche se non mi sento di essere paragonato nè all’uno né all’altro, uscendo dal Partito Democratico, ho acquistato una maggiore serenità: mi occupo di Cultura, mi occupo della mia Famiglia (quella strettamente affettiva, intendo), di una serie di Associazioni culturali. Svolgo una funzione “politica” al di fuori di un Partito specifico ed esprimo liberamente il mio consenso ed il mio dissenso, così come il mio voto. Sentire Fassina esprimere il suo dissenso verso la candidata PD alla Regione Liguria lo avverto come espressione di libertà conquistata, di felicità espressa e se questo significasse che in quel territorio a prevalere fossero altre forze non me la sentirei di gettare la “croce” su chi ha dissentito. Insomma, l’autocritica non può essere richiesta soltanto in modo unilaterale e gli errori madornali macroscopici di un apparato arrogante e presuntuoso non possono essere sottaciuti. Ecco, io mi accontenterei di essere tra i “poveri, ma belli”: belle anime alle quali affidare parte del futuro!

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