DIFFIDA a chicchessia si permetta di inserire l’ex CIRCOLO PD Sezione Nuova San Paolo tra quelli che “verrebbero tagliati” per razionalizzare i costi e mettere ordine dopo gli scandali.

DIFFIDA a chicchessia si permetta di inserire l’ex CIRCOLO PD Sezione Nuova San Paolo tra quelli che “verrebbero tagliati” per razionalizzare i costi e mettere ordine dopo gli scandali.

 

 

Riprendo da Repubblica.it  di oggi 28 novembre 2015 –

 

ROMA. Calano gli iscritti, si riducono i circoli: ecco come si prosciuga la militanza nel Pd. Quella tradizionale, almeno. Si svuotano storiche sezioni in Toscana. Chiudono i battenti sedi “rosse” dell’Emilia Romagna. E nel 2015 i tesserati resteranno sotto la soglia dell’anno precedente. Semi della disaffezione, certo, ma c’è dell’altro, visto che in alcuni casi è stata la segreteria a tagliare i circoli per razionalizzare i costi e mettere ordine dopo gli scandali. È il Pd che cambia pelle, insomma. Smarrita la presa sul territorio, si  si punta tutto su una struttura light. Anche a prezzo di impoverire il “vivaio” dem, anche a costo di guardare alla società civile per colmare il buco in occasione delle amministrative…..”

Sono a diffidare chicchessia ad inserire l’ex CIRCOLO PD Sezione Nuova San Paolo di via Cilea 1 a PRATO tra quelli che “verrebbero tagliati” per razionalizzare i costi e mettere ordine dopo gli scandali.

 

E’ una vera e propria “vergogna” la giustificazione che eminenti esponenti della DIREZIONE nazionale vogliono portare ( Dirigenti locali non sono peraltro da meno ) a ragione del calo vertiginoso di iscritti al PD.
Se qualcuno si permette di proseguire in tale direzione non ci penserei due volte a denunciarlo!
Il calo è essenzialmente dovuto alla demotivazione “voluta” dalla leadership. Non hanno più senso le “militanze” (la parola può apparire obsoleta, ma il lavoro di centinaia e centinaia di iscritti, a titolo volontaristico, è stato quello che ha consentito a tante\i di quelli che oggi amministrano e governano di costruirsi carriere “a prescindere” dalle loro qualità intellettuali, professionali ed, a volte, anche morali).
Occorrerebbe azzerare tutte le cariche, a partire da quella del Segretario/Presidente del Consiglio, assurto a tale ruolo con il contributo di migliaia di iscritti ed elettori che, se fosse vero ciò che “oggi” si afferma, avrebbero “inquinato” il voto.

NOI del Circolo ex PD Sezione Nuova San Paolo non abbiamo tuttavia abbandonato l’impegno sul territorio ed operiamo con un taglio politico-culturale partendo dal basso e sviluppando l’azione sulla città.

Abbiamo documenti che attestano le buone ragioni di coloro che non si riconoscono più in questo “attuale” PD e ne denunciano le ambiguità, le contraddizioni; attraverso questi documenti tracceremo la STORIA della deriva del PD, dalla sua nascita ad oggi.
firmato
GIUSEPPE MADDALUNO

LA BRIGANTA E LO SPARVIERO – Incontro con Licia GIAQUINTO – conducono Giuseppe Maddaluno e Chiara Recchia per “Oltre il Domino letterario” a GIUNTI al Punto di Corso Mazzoni a PRATO – sabato 28 novembre – ore 21.00

 

La briganta

 

Giaquinto

Lo scrittore è in fondo colui che regge le redini del “destino” dei suoi personaggi; e ciò accade anche quando, come in questo romanzo, gli argomenti che vengono trattati hanno dei solidi riferimenti “storici”. Licia Giaquinto ritorna alle sue radici dopo altre incursioni nella terra d’Irpinia (si ricordi l’altro romanzo “La ianara” del 2010 edito da Adelphi), decidendo di raccontare le vicende di due giovani coetanei, Filomena Pennacchio e Giuseppe Schiavone, lei una ragazza “selvaggia” “primitiva” ma dai buoni sentimenti, lui un giovane bello e buono vittima dei processi innescati dai percorsi unitari nella prima parte della seconda metà dell’Ottocento. La Giaquinto costruisce un doppio percorso partendo più o meno dalla fine, cioè dal momento drammatico della fucilazione del brigante Schiavone (lo Sparviero) ed il parto di Filomena a casa della levatrice Angela Battista. Da qui vengono seguite le “vite” prima di Filomena, sopravvissuta  per miracolo (la donna che eviterà la sua morte, appena nata, Reginella – che sarà poi per Filomena la vera madre, riuscirà a farlo per una provvidenziale dimenticanza) e poi di Giuseppe. Se qualcuno di voi che legge pensasse minimamente che io vada glissando sulla narrazione degli eventi per motivi come “non ha letto il libro!” o “vuole fare un favore all’autrice ed all’editore” sappia che si sta sbagliando alla grande. Non è possibile ridurre il romanzo in poche parole al di là di quel che riusciremo a dire: in effetti vi ho raccontato la fine e l’inizio. La “fine” è scritta sui libri di Storia, ovviamente non quelli in adozione nelle nostre scuole ma di certo in saggi specialistici come quello di Franco Molfese “Storia del brigantaggio dopo l’Unità”, Feltrinelli, Milano 1994 o quello di Salvatore Scarpino “La guerra «cafona». Il brigantaggio meridionale contro lo Stato unitario” 2005 BE Editori . La Giaquinto dunque torna alle sue radici “territoriali” (non si tratta di una “moderna briganta”) e si inoltra, utilizzando i dati storici ed attingendo quasi certamente alla cultura popolare della sua gente, sui sentieri della Storia del Mezzogiorno, delle sue tradizioni, dei suoi costumi, mostrandoci un mondo contadino in gran parte sparito ma che ritorna a galla con i suoi detti popolari, le sue superstizioni magiche e pagane, i miracoli, gli incantesimi, le fatture, i misticismi ancestrali. E da tutto questo ricco bagaglio etnografico ed antropologico l’autrice confeziona un romanzo nel quale evidenzia la sua grande capacità di utilizzare forme narrative che riprendano la mentalità di uomini e donne (soprattutto donne: il romanzo è incentrato sul loro ruolo di vero traino della “vita” per le famiglie; gli “uomini” a partire da “San Giuseppe” Pennacchio davvero servono a poco o poco più di “poco”) a metà Ottocento in una realtà dura come quella delle campagne, dei boschi e delle montagne fra Irpinia e Lucania. Il romanzo delinea anche un’interpretazione storica (pur non avendo in nessun momento questa presunzione) delle “ragioni” del brigantaggio meridionale, andando a cogliere un elemento fondamentale che tenta di dare una risposta alla domanda: “Come può accadere che un ragazzo tanto buono ed incapace di “’mmazzà ‘na pitta” (uccidere una gallina in dialetto feltrino bellunese) diventi un così feroce brigante?” A questo dilemma nessuno è in grado di fornire delle risposte seno che è la forza del destino, contrassegnato da “broccoli dimenticati” e “vipere”. Non ci sono intellettualismi ideologici né ammiccanti concessioni che appesantiscano la lettura, che è stata per me molto piacevole e lo sarà anche per tutti coloro che vorranno leggere non solo per conoscere alcuni aspetti para-storici della nostra Storia ma anche per rilassarsi facendosi condurre dai toni favolistici popolari epici ed avventurosi tipici, in qualche caso, della grande tradizione ariostesca (FilomenaAngelica e GiuseppeMedoro, RosaOrlando). Buona lettura!

Licia Giaquinto “La briganta e lo sparviero” 2014 Marsilio Editori

 

 

Filomena_Pennacchio