STORIE DELLA MIA GENTE – YURI E I MURI – seconda parte

stracci
STORIE DELLA MIA GENTE – YURI E I MURI – seconda parte

Yuri allora al tempo dell’arrivo a Prato aveva cinque anni e, come poteva accadere in una famiglia numerosa e “matriarcale”, non andava ancora a scuola; anche i suoi fratelli e ancor più le sorelle non vi erano mai stati, a scuola. Loro poi tutti più grandi di lui si erano cercato e lo avevano trovato un lavoro: a quel tempo e particolarmente in una realtà civile come quella toscana non vi erano più difficoltà e limitazioni di genere soprattutto se possedevi un po’ – ne bastava davvero poca – di manualità e di voglia di lavorare. E le ristrettezze economiche di una famiglia numerosa e priva di risorse sollecitavano a mantenere alta la voglia di trovare e conservare un posto di lavoro.

Erano gli anni della crescita economica del Paese e a Prato arrivarono tanti altri, oltre i Berselli, in massa per lavorare.

Yuri, anche prima di cominciare a frequentare la scuola elementare, aveva avuto modo qualche volta di accompagnare suo padre al luogo di lavoro non lontano da casa, quando era necessario, a macchine ferme, fare un po’ di manutenzione; e là si divertiva a collezionare fusi di varie forme e colore ed a seguire il percorso del filo tra gli ingranaggi dei macchinari tessili. E poi c’erano balle enormi, variopinte e polverose ancora integre accatastate dentro gli spazi dei capannoni e mucchi di panni omogeneamente dislocati per qualità e colori ed accanto a questi scatole piene di bottoni e di cerniere lampo. E qualche volta, mentre suo padre era a controllare e lubrificare gli ingranaggi, con un filo si era messo a inanellare bottoni di varie forme e colore da portare a casa come collane per la mamma, la nonna e le zie, le sorelle…ed in segreto per la ragazzina, Cettina, figlia di meridionali che erano arrivati da poco ad abitare al terzo piano.
Aveva anche conosciuto il proprietario della fabbrica, il signor Gori, un omino piccolo piccolo che gli era parso tanto triste e riservato con lui, ma deciso e severo con gli operai.

1270117-cenci

fine seconda parte – continua….

STORIE DELLA MIA GENTE – YURI E I MURI – prima parte

muro-di-berlino-caduta-9-novembre-1

STORIE DELLA MIA GENTE

YURI E I MURI

Yuri aveva da poco compiuto vent’anni, quando il Muro venne sgretolato mattone per mattone manco fosse stato quello della casetta della Strega di Pollicino fatto di biscotti alla cioccolata e marzapane.
Quella sera guardando il TG pensò a lungo a quel Muro e cercò di capire il motivo di tanto entusiasmo di fronte a quelle scene di distruzione; e sì che ne aveva sentito talvolta parlare in casa ma gli era sempre parso che non dessero tanta importanza a quella divisione tra mondo occidentale e mondo comunista.
Non per nulla lui era stato chiamato come il mitico astronauta dei primi voli al di là dell’atmosfera terrestre effettuati dall’Unione Sovietica; in casa erano tutti comunisti, ortodossamente, e non si discuteva, non si dava peso a quel che accadeva in quella parte del mondo. Anzi, erano tutti fermamente convinti della cattiveria dei padroni e dei capitalisti, essendo essenzialmente e sentendosi partecipi delle problematiche di quella “classe”.
Il Muro di Berlino era per tutti loro un affare internazionale che non avvertivano come elemento storico di cui discutere. Solitamente si evitava di parlarne, ma quella sera una parte del mondo che non se ne era mai pre-occupata ebbe a prenderne consapevolezza: anche Yuri ne avvertì il bisogno. Ma, come accadeva spesso, i maschi della famiglia (alle donne non veniva concesso molto spazio, anche se accedevano al titolo “onorifico” di compagne), il padre, gli zii, il fratello glissarono sulle domande curiose del più giovane tra loro, che nella sua testa in modo sorprendentemente “autonomo” riandò indietro nella memoria agli anni della sua infanzia e della prima adolescenza quando tutta la famiglia Berselli già abitava nel cuore del quartiere San Paolo in quel di Prato.
Venivano dalle colline pistoiesi dove per decenni avevano tirato la cinghia occupandosi di lavori agricoli stagionali, attratti dalla certezza di poter trovare un posto di lavoro nell’industria tessile che stava conoscendo un vigoroso sviluppo.

fine prima parte – continua…

cps_122

PRIMO CIAK (PRIMA SECONDA E TERZA PARTE)

CiakLRG2

“Ragazzi state fermi! E fate silenzio” Andrea riprese per un attimo il suo ruolo di professore, anche se solo due di quei giovani erano suoi allievi. Erano più di quindici, diciotto per l’appunto, a partecipare a quell’esperienza, che per loro era la “prima”. In verità lo era anche per Andrea. Solo che “quelli” avevano dai 16 ai 18 anni e “lui” 35.
Il cinema però ce l’aveva avuto nel sangue, come spettatore, sin da bambino e poi man mano negli anni come cultore; Andrea aveva visto, aveva letto, aveva scritto; mai però aveva vissuto da vicino la “fabbrica” del Cinema. Ne conosceva i fondamentali ma solo in teoria. Da docente utilizzava in modo costante il Cinema come riferimento e supporto didattico e così molte volte aveva partecipato ad incontri e corsi di aggiornamento che utilizzavano in modo precipuo le tecniche audiovisuali. Ne aveva organizzato qualcuno anche lui ed in quelle occasioni aveva progettato per le scuole una serie di incontri con i vari “mestieri” del Cinema ai quali avevano preso parte grandi personaggi. E gli era man mano cresciuta la voglia di provare a costruirlo, un film!

Quel giorno ci sarebbe stato, dunque, il battesimo per quella nuova esperienza. Andrea era emozionato sin dai giorni precedenti ma non voleva mostrarlo; si era affidato ad un amico esperto che aveva già realizzato molti video ma costui si sarebbe occupato essenzialmente delle riprese e poi del montaggio, ma tutto il resto….avrebbe dovuto deciderlo lui!
La fase preparatoria era stata entusiasmante; anche la “sceneggiatura” era stata scritta progressivamente su “fogli” volanti. Erano state accuratamente scelte le “locations”, coinvolgendo amici ed amici degli amici: era stato uno degli aspetti più interessanti del progetto insieme alla ricerca dei “protagonisti”, anche questi “amici” ed “amici di amici”. Il “tutto” una vera e propria “troupe” all’opera, una piccola “armata culturale”! ma il primo ciak fu davvero sorprendentemente “disastroso”!

Il luogo prescelto era un “ristorantino” sul lato sinistro del Bisenzio all’imbocco del Ponte Mercatale. Quando Andrea lo aveva adocchiato si era presentato con le credenziali del Comune ed aveva ottenuto il consenso ad utilizzarne le strutture nel giorno di chiusura: non gli era parso così piccolo come al momento del primo ciak. Cinque tra operatori e tecnici, diciotto tra ragazze e ragazzi giustamente curiosi ed entusiasti di prendere parte ad un’impresa artistica, cinque attori da gestire, sistemare e coordinare creavano non pochi problemi ad un neofita come Andrea.
L’ambiente risultava molto piccolo e stretto; è lo scotto che bisogna pagare quando si scelgono location in assenza di risorse per costruire scenografie adatte per il testo sceneggiato.
“Ragazzi, vi prego: state fermi e fate silenzio!”
Andrea aveva sistemato personalmente due tavoli, quelli piccoli per due sole persone, due “coppie”. In primo piano, con vista “Ponte” e “Porta” al di là del finestrino, quello con il protagonista e la sua cugina e più in là in secondo piano quello al quale è seduto un altro signore in compagnia di un’amica. Poi aveva fatto collocare le “luci” e posizionare la telecamera per la migliore inquadratura. Le riprese prevedevano la registrazione “in diretta” ed occorreva il massimo silenzio. Prima di iniziare a registrare si fecero delle prove.
“Possiamo andare! Vi raccomando, silenzio. Non possiamo nemmeno sentire il minimo calpestio e trattenete il respiro”. Tavoli e sedie “inutili” erano stati accatastati alle spalle o nei lati fuori campo: il resto era occupato dall’armamentario tecnico e da presenze aliene curiose di quel che accadeva.
Ciak si gira. Sulla lavagnetta uno dei giovani allievi a ciò assegnato da Andrea aveva trascritto numero romano di scena e numero arabo di ripresa. Era come il primo bagno di stagione, quando si teme di più il contatto con l’acqua fredda ma poi si sguazza piacevolmente in essa…..

I personaggi agivano sotto le spoglie degli interpreti, che erano stati scelti accuratamente attraverso l’analisi dei loro caratteri, che fossero i più affini e vicini possibile a quelli dei personaggi.
Quella occasione fu una grande palestra: alcuni, come Andrea, erano al loro debutto. Qualcuno fra gli interpreti veniva da esperienze brevi o lunghe in campo teatrale che servivano a rendere meno complicato il lavoro di preparazione e quello sul set.
Dopo il “ristorantino” di Ponte Mercatale furono utilizzati ambienti pubblici come quello di Villa Filicaia e il teatro Santa Caterina e privati come le abitazioni di amici in Piazza Mercatale, uno studio medico in Via Garibaldi, uno splendido casolare sulle pendici del Montalbano, la lussuosa aristocratica rinascimentale Villa Rucellai, i locali dello Zerosei (uno spazio riservato ai più giovani frequentatori di discoteche), la bottega antiquaria di Filippo Citarella sempre in Piazza Mercatale, la Libreria “La Luna” in via Tinaia e l’abitazione di un amico di Andrea in via Pugliesi, un giovane molto impegnato culturalmente, che prestò le sue mani a quelle del protagonista mentre suonava un brano di Domenico Zipoli, di cui si celebravano i 300 anni dalla nascita (Prato – 17 ottobre 1688) proprio in quei giorni.
Infatti con grandi entusiasmi e passioni in quei giorni ci si impegnò a ricercare la musica che avrebbe dovuto accompagnare facendo da valido contrappunto alle storie narrate nelle scene girate. Le note musicali dovevano avere, nell’idea di Andrea, una funzione speciale per costruire già in anticipo le atmosfere della narrazione per immagini, a sostituzione delle parole, troppe volte sovrabbondanti e mortificanti. Andrea viaggiava, riposava ed a volte dormicchiava ascoltando ore ed ore di musiche; e le riascoltava immaginando le scene da realizzare: aveva sempre pensato che le parole fossero importanti ma non necessarie e che il Cinema non ne avesse bisogno al di là dell’essenziale e, dopo aver scritto le sceneggiature, procedeva con tagli impietosi a ridurne la complessità verbale.
Durante le riprese non mancarono gli errori ma la maestria dei tecnici combinata all’intuizione di Andrea aiutarono a non renderli visibili nel prodotto finale: questa è una delle magie del Cinema, che è somma arte della finzione camuffata da eccelsa verità. Come quando, dopo aver lasciato le stanze e i giardini di Villa Filicaia, si ricordarono di non aver girato una scena.
Ora bisogna sapere che una “troupe” anche minima sposta chili e chili di materiali tecnologici e poi Villa Filicaia era anche una struttura “speciale” alla quale non era facile accedere. Occorrevano permessi precisi e circostanziati. Villa Filicaia si trovava (ora è ancora là, tuttavia cadente ed abbandonata, e la Regione Toscana intende vendrela) alle pendici dello Spazzavento, una collina alla cui sommità c’ è il Mausoleo di Malaparte ed era allora utilizzata come Presidio geriatrico per pazienti non autosufficienti con gravi deficit mentali, demenza senile non associata a gravi problematiche.
Era stata scelta sia per la bellezza degli spazi interni con soffitti affrescati con scene mitologiche, grottesche e decorazioni tipicamente rinascimentali, che servirono per i titoli di testa sia per la presenza, che si avverte poi nel sonoro, dei pazienti: furono utilizzati essenzialmente gli spazi a disposizione del pubblico esterno ed anche gli operatori sanitari collaborarono ad aiutare Andrea e la troupe, prestando sia i costumi (camici da lavoro) necessari nelle scene sia se stessi, interpretandosi.

La sceneggiatura era stata costruita con modalità molto aperte e questo permise di cogliere anche qualche occasione e di portare a soluzione taluni errori.
Sempre a Villa Filicaia per la scena finale Andrea aveva preparato una sistola con un ampio soffione terminale e stava sistemando all’esterno le luci insieme all’operatore e ad alcuni allievi all’altezza di una delle finestre al di là del quale l’alter ego del protagonista doveva essere estasiato in contemplazione di un oggetto particolare, un feticcio: seduto in posizione fetale illuminata da un raggio di sole artificiale.

Mentre si andava allestendo la scena, Andrea si accorse che stava sopravvenendo un temporale. Avrebbero dovuto girare una scena di pioggia, ma sapevano per esperienza che non potevano bastare due goccioline la cui direzione peraltro non avrebbero potuto guidare.
E si prepararono a girare la scena con la “pioggia” artificiale. Cominciarono anche a girare qualche prova e poi ne approntarono la registrazione. “Fortuna iuvat audaces”, ma non solo gli audaci, anche le persone normali come Andrea ed i suoi amici si accorsero di avere acceso la telecamera proprio mentre un fulmine ravvicinato fu accompagnato da un potente tuono. Non pioveva ancora ma decisero di rientrare, perchè le nuvole si addensavano proprio sulle loro teste e di lì a poco mentre erano dentro (avevano riportato demntro anche i punti luce allestiti, pensando al “dopo” la tempesta) si scatenò l’inferno meteorologico con una pioggia violenta che andava proprio nella direzione che loro volevano tamburellando sulle vetrate e scorrendo sulle foglie degli alberi. Sistemarono la telecamera e ripresero la scena che subito dopo si illuminò intensamente e naturalmente con la forza di un raggio di sole che sgomitava tra le nuvole creando un’atmosfera naturale e più realistica, proprio perché fondamentalmente e veramente tale.

La storia che dovevano narrare attraverso le immagini si riferiva ad un caso psichiatrico di tricofilia ed il personaggio principale doveva trovare una ciocca di capelli ricca di misteri all’interno di una vecchia specchiera. Egli aveva una straordinaria passione per gli “oggetti” già vissuti perchè da questi promanavano storie misteriose ricche di un fascino particolarmente erotico.
“Le mani che avevano accarezzato quella cassettiera; il collo sul quale si era con leggerezza e grazia appoggiato quel collier, il polso intorno al quale era stato inserito quell’altro bracciale” e la sua fantasia lo trasportava in un sogno emotivamente coinvolgente ed estatico.
Andrea doveva per l’appunto ricercare un mobile, forse ne occorreva anche più di uno per le diverse scenografie. E allora si rivolse ad un amico falegname, ma anche resturatore ed esperto di mobili antichi, uno di quegli artigiani di un tempo che non aveva però la “puzza al naso”, cioè che non si atteggiava a super-esperto, quelli che peraltro poi di fronte a richieste come quelle che avrebbe rivolto loro Andrea, non si sarebbero tirati indietro dall’alzare il prezzo, facendosi pagare le loro “arie”!

Fine terza parte – continua….

PRIMO CIAK (un racconto) – terza parte

PRIMO CIAK (un racconto) – terza parte

La sceneggiatura era stata costruita con modalità molto aperte e questo permise di cogliere anche qualche occasione e di portare a soluzione taluni errori.
Sempre a Villa Filicaia per la scena finale Andrea aveva preparato una sistola con un ampio soffione terminale e stava sistemando all’esterno le luci insieme all’operatore e ad alcuni allievi all’altezza di una delle finestre al di là del quale l’alter ego del protagonista doveva essere estasiato in contemplazione di un oggetto particolare, un feticcio: seduto in posizione fetale illuminata da un raggio di sole artificiale.

Mentre si andava allestendo la scena, Andrea si accorse che stava sopravvenendo un temporale. Avrebbero dovuto girare una scena di pioggia, ma sapevano per esperienza che non potevano bastare due goccioline la cui direzione peraltro non avrebbero potuto guidare.
E si prepararono a girare la scena con la “pioggia” artificiale. Cominciarono anche a girare qualche prova e poi ne approntarono la registrazione. “Fortuna iuvat audaces”, ma non solo gli audaci, anche le persone normali come Andrea ed i suoi amici si accorsero di avere acceso la telecamera proprio mentre un fulmine ravvicinato fu accompagnato da un potente tuono. Non pioveva ancora ma decisero di rientrare, perchè le nuvole si addensavano proprio sulle loro teste e di lì a poco mentre erano dentro (avevano riportato demntro anche i punti luce allestiti, pensando al “dopo” la tempesta) si scatenò l’inferno meteorologico con una pioggia violenta che andava proprio nella direzione che loro volevano tamburellando sulle vetrate e scorrendo sulle foglie degli alberi. Sistemarono la telecamera e ripresero la scena che subito dopo si illuminò intensamente e naturalmente con la forza di un raggio di sole che sgomitava tra le nuvole creando un’atmosfera naturale e più realistica, proprio perché fondamentalmente e veramente tale.

La storia che dovevano narrare attraverso le immagini si riferiva d un caso psichiatrico di tricofilia ed il personaggio principale doveva trovare una ciocca di capelli ricca di misteri all’interno di una vecchia specchiera. Egli aveva una straordinaria passione per gli “oggetti” già vissuti perchè da questi promanavano storie misteriose ricche di un fascino particolarmente erotico.

“Le mani che avevano accarezzato quella cassettiera; il collo sul quale si era con leggerezza e grazia appoggiato quel collier, il polso intorno al quale era stato inserito quell’altro bracciale” e la sua fantasia lo trasportava in un sogno emotivamente coinvolgente ed estatico.

Andrea doveva per l’appunto ricercare un mobile, forse ne occorreva anche più di uno per le diverse scenografie. E allora si rivolse ad un amico falegname, ma anche resturatore ed esperto di mobili antichi, uno di quegli artigiani di un tempo che non aveva però la “puzza al naso”, cioè che non si atteggiava a super-esperto, quelli che peraltro poi di fronte a richieste come quelle che avrebbe rivolto loro Andrea, non si sarebbero tirtati indietro dall’alzare il prezzo, facendosi pagare le loro “arie”!

Fine terza parte – continua….

LEGGERE CON ATTENZIONE – e io ci metto la faccia!

2487,0,1,0,256,292,644,1,0,36,51,0,0,100,0,1979,1968,2177,630061
2487,0,1,0,256,292,644,1,0,36,51,0,0,100,0,1979,1968,2177,630061

NO

LEGGERE CON ATTENZIONE

1. Perché raccogliere le firme, se il referendum è stato già chiesto dai parlamentari?

Non si può lasciare al Palazzo la scelta se votare su una vasta modifica della Costituzione, facendone un plebiscito Renzi sì-Renzi no. La richiesta dei cittadini corregge la torsione plebiscitaria, inaccettabile perché impedisce la discussione di merito su una modifica pessima e stravolgente, che va respinta a prescindere dalla sorte del governo.

2. Ma anche Renzi ha avviato la raccolta delle firme dei cittadini.

Lo ha fatto non per amore di democrazia, ma solo perché i sondaggi hanno dimostrato che la via del plebiscito personale era per lui pericolosa. È anche un tentativo di scippare la bandiera della raccolta firme ai sostenitori del no. Tutto deve essere nel nome del governo.

3. Finalmente si riesce dove tutti avevano fallito.

È decisivo il come. Un parlamento illegittimo per l’incostituzionalità della legge elettorale, e una maggioranza raccogliticcia e occasionale, col sostegno decisivo dei voltagabbana, stravolgono la Costituzione nata dalla Resistenza. L’irrisione e gli insulti rivolti agli avversari vogliono nascondere l’incapacità di rispondere alle critiche.

4. La legge Renzi-Boschi riduce i costi della politica, cancellando le indennità per i senatori non elettivi.

Il risparmio è di spiccioli. La gran parte dei costi viene non dalle indennità, ma dalla gestione degli immobili, dai servizi, dal personale. Mentre anche il senatore non elettivo ha un costo per la trasferta e la permanenza a Roma, nonché per l’esercizio delle funzioni (segreteria, assistente parlamentare, ecc.). Risparmi con certezza maggiori si avrebbero – anche mantenendo il carattere elettivo – riducendo la Camera a 400 deputati, e il Senato a
200. Avremmo in totale 600 parlamentari, invece dei 730 che la legge Renzi-Boschi ci consegna.

5. I senatori eletti dai consigli regionali nel proprio ambito, insieme a un sindaco per ogni regione, rappresentano le istituzioni di autonomia. È la Camera delle Regioni, da tempo richiesta.

Falso. Un consigliere regionale è espressione di un territorio limitato e infraregionale, cui rimane legato per la sua carriera politica. Lo stesso vale per il sindaco-senatore. Avendo
pochi senatori, ogni regione sarà rappresentata a macchia di leopardo. Pochi territori avranno voce nel senato, e tutti gli altri non l’avranno. È la camera dei localismi, non delle regioni.

6. Sarebbe stato meglio con l’elezione diretta?

Certo, perché i senatori eletti avrebbero dato rappresentanza a tutto il territorio regionale e a tutti i comuni in esso compresi. Una vera Camera delle regioni richiede l’elezione diretta, mentre l’elezione di secondo grado apre la via ai localismi e agli egoismi territoriali.

7. Il riconoscimento del seggio senatoriale può essere la via per creare un circuito di eccellenza nel ceto politico regionale e locale.
È vero piuttosto, al contrario, che si rischia un abbassamento della qualità nei massimi livelli di rappresentanza nazionale. Basta considerare le cronache di stampa e giudiziarie.
Soprattutto perché ai consiglieri-senatori e ai sindaci-senatori si riconoscono le prerogative dei parlamentari quanto ad arresti, perquisizioni, intercettazioni. Un’inchiesta penale a loro carico può diventare molto difficile, o di fatto impossibile.

8. Ma le prerogative non riguardano le funzioni di consigliere regionale o di sindaco, che rimangono senza copertura costituzionale.

E come si possono distinguere? Se il sindaco-senatore o il consigliere-senatore usa il proprio telefono nell’esercizio delle funzioni connesse alla carica locale diventa per questo intercettabile? E se tiene riunioni nella sua segreteria di senatore? Le attività di indagine verrebbero scoraggiate, o quanto meno gravemente impedite.

9. In ogni caso, l’elezione diretta dei senatori è stata sostanzialmente recuperata nell’ultima stesura, per le pressioni della minoranza PD.

Falso. Rimane scritto che i senatori sono eletti dai consigli regionali tra i propri componenti.
È stato solo aggiunto il principio che debba essere assicurata la conformità agli indirizzi espressi dagli elettori nel voto per il consiglio. Ma è tecnicamente impossibile.
A dieci regioni e province (Valle D’Aosta, Bolzano, Trento, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata) spettano due seggi, e a due (Calabria,
Sardegna) ne spettano tre. Uno dei seggi è riservato a un sindaco. Come si può rispettare la volontà degli elettori quando il consiglio elegge un solo consigliere-senatore, o due?

10. Il principio della conformità al volere degli elettori è comunque stabilito.

Ma cosa la “conformità” significhi, come possa realizzarsi, e cosa accadrebbe nel caso non si realizzasse rimane del tutto oscuro. In ogni caso si rinvia a una successiva legge, che – vista l’impossibilità di risolvere il problema – potrebbe anche non venire mai. Una norma transitoria rimette pienamente la scelta ai consigli regionali.

11. Ma il senato non elettivo era necessario per superare infine il bicameralismo paritario, fonte di continui e gravi ritardi.

Falso. Si poteva giungere a un identico bicameralismo differenziato lasciando la natura elettiva del Senato. In ogni caso, le statistiche parlamentari – disponibili online sul sito del Senato – ci dicono che nella legislatura 2008-2013 le leggi di iniziativa del governo, che assorbono in massima parte la produzione legislativa, sono arrivate alla approvazione definitiva mediamente in 116 giorni. Addirittura, per le leggi di conversione dei decreti
legge sono bastati 38 giorni, che scendono a 26 per la conversione dei decreti collegati alla manovra finanziaria. Numeri, non chiacchiere.

12. Il bicameralismo differenziato semplifica comunque i processi decisionali e assicura maggiore rapidità.

Solo in apparenza. Negli art. 70 e 72 vigenti il procedimento legislativo è disciplinato con 198 parole. La legge Renzi-Boschi sostituisce i due articoli con 870 parole. Può mai
essere una semplificazione? In realtà si moltiplicano i procedimenti legislativi diversificandoli in rapporto all’oggetto della legislazione. Ne vengono incertezze e potenziali conflitti tra le due camere, che potrebbero arrivare fino alla Corte costituzionale.

13.Ma su molte materie la Camera ha l’ultima parola, e questo evita le cosiddette “navette”.

Le navette prolungate con reiterati passaggi tra le due camere sono in genere sintomo di difficoltà politiche nella maggioranza, che – se ci fossero – si manifesterebbero anche con una sola camera decidente. Mentre il senato comunque partecipa paritariamente su materie di grande rilievo, come ad esempio le riforme costituzionali. Con quale legittimazione sostanziale, data la sua composizione non elettiva?

14. La fiducia viene data dalla sola Camera dei deputati, e questo contribuisce alla stabilità.

Poco o nulla. Nell’intera storia repubblicana il diniego della fiducia ha fatto cadere soltanto due governi (i due governi Prodi). Lo stesso governo Renzi è nato con una manovra di palazzo volta all’omicidio politico di Letta. Senza quella manovra, Letta potrebbe essere ancora in carica dall’inizio della legislatura. Uno dei governi più lunghi in assoluto.

15. Il rapporto di fiducia verso la sola camera dei deputati rafforza la governabilità

La governabilità dipende non dal numero delle camere, ma dalla coesione della maggioranza che sostiene il governo. Una maggioranza composita e frammentata non potrà mai produrre governabilità. È decisiva una buona legge elettorale, che componga in modo corretto i valori della governabilità e della rappresentanza.

16. Per questo l’Italicum è il giusto complemento alla modifica della Costituzione.

Niente affatto. L’Italicum riproduce i vizi del Porcellum già dichiarati costituzionalmente illegittimi: eccesso di disproporzionalità tra i voti e i seggi attribuiti con il premio di
maggioranza, per di più dato a un singolo partito; lesione della libertà di voto dell’elettore per il voto bloccato sui capilista, che possono anche essere candidati in più collegi.

17. Ma l’Italicum prevede una soglia al 40%, superata la quale la lista ottiene 340 deputati, e il ballottaggio a due nel caso la soglia non venga raggiunta. Con il ballottaggio ci sarà comunque un vincitore che supera il 50%.

Al ballottaggio e al premio si accede senza alcuna soglia. Se nel ballottaggio a due un partito prendesse due voti, e l’altro uno, il primo avrebbe comunque 340 seggi. Come con il Porcellum, è possibile che un singolo partito con pochi consensi reali nel paese abbia in parlamento una maggioranza blindata di 340 seggi, mentre tutti gli altri soggetti politici, che pure assommano nel totale maggiori consensi, si dividono i seggi rimanenti. Con la
conseguenza che il voto dato alla lista vincente pesa sull’esito elettorale fino a quattro volte il voto dato alle altre liste. Un grave elemento di diseguaglianza tra gli elettori.

18. Un premio di maggioranza non è di per sé incostituzionale.

Ma è incostituzionale quello dell’Italicum. Già la soglia al 40% configura un premio di maggioranza enorme, con 340 deputati garantiti. Per di più, essendo sempre 340 i seggi assegnati alla lista vincente, il premio sarà maggiore per chi ha il 40% dei voti, minore per chi ha il 41%, e così via. Meno voti si prendono, più seggi aggiuntivi si ottengono con il premio. Un elemento di manifesta irrazionalità.

19. Ma l’Italicum garantisce che si sappia chi vince la sera del giorno in cui si vota. Un elemento di certezza.

Che nessun sistema elettorale potrà sempre e comunque assicurare. E in ogni caso la governabilità non si assicura dando un potere blindato con artifici aritmetici a chi ha una minoranza – anche ristretta – di consensi reali nel paese. Sarà pur sempre un governo al quale la parte prevalente del corpo elettorale ha negato adesione e sostegno.

20. Non è corretto censurare l’Italicum con l’argomento che apre la via all’uomo solo al comando.

Invece sì. L’Italicum prevede, come già il Porcellum, la figura del “capo” del partito. Il voto bloccato sui capilista e le candidature plurime per gli stessi capilista consentono al leader del partito di controllare in ampia misura la scelta dei parlamentari da eleggere, per la maggioranza blindata dal premio. La concentrazione del potere sul leader è indiscutibile.

21. Ma chi firma per il referendum abrogativo sull’Italicum vuole tornare al proporzionale puro di lista e preferenza, con tutti i connessi rischi di ingovernabilità?

Niente affatto. Si vuole soltanto ristabilire una condizione politica non viziata da meccanismi elettorali costituzionalmente illegittimi. Si potrà allora liberamente scegliere, con una corretta partecipazione democratica e una piena rappresentanza politica, di quali riforme il paese ha bisogno, inclusa la scelta di una legge elettorale conforme a Costituzione.

22. È comunque eccessiva l’accusa di una deriva autoritaria.Rimane intatto il sistema di checks and balances.

Ma l’effetto sinergico della riduzione del numero dei senatori e il dominio sulla camera dei deputati assicurato dal premio rendono decisiva l’influenza della maggioranza di governo nell’elezione in seduta comune del Capo dello Stato e dei membri del CSM, come anche nell’elezione da parte della Camera di membri della Corte costituzionale o di autorità indipendenti.

23. Sono effetti bilanciati dal rafforzamento degli istituti di democrazia diretta, ad esempio per l’iniziativa legislativa popolare.

Falso. Le firme richieste per la presentazione di una proposta di legge sono triplicate, da 50.000 a 150.000. Le garanzie sono rinviate al regolamento, e la maggioranza parlamentare
rimane libera di rigettare o modificare la proposta. In altri ordinamenti, la proposta può andare all’approvazione per via referendaria, quanto meno nel caso di modifica o rigetto nell’assemblea legislativa.

24. Ma il referendum abrogativo si rafforza per l’abbassamento del quorum di validità, fissato alla maggioranza dei votanti nelle ultime elezioni per la Camera dei deputati.

Solo nel caso che sia stato richiesto con ben 800.000 firme, tetto quasi impossibile da raggiungere in un tempo in cui i corpi intermedi – partiti, sindacati – sono indeboliti o sostanzialmente dissolti. E non si capisce perché un referendum debba avere un quorum più alto se richiesto da 500.000 cittadini, e più basso se richiesto da 800.000.

25. Si prevedono i referendum propositivi e di indirizzo.

È fumo negli occhi. I referendum propositivi e di indirizzo sono solo menzionati a futura memoria nella legge Renzi-Boschi, che ne rinvia la disciplina a una successiva legge costituzionale. Tutto rimane da fare. Cosa impediva di introdurre fin da ora una disciplina compiuta? Un chiaro intento di non provvedere.

26. Si correggono gli errori fatti nella revisione del titolo V approvata nel 2001.

Non si correggono gli errori vecchi facendone di nuovi e sostituendo alla frammentazione un neocentralismo statalista. Ad esempio, non è accettabile che il governo passi sulla testa delle popolazioni locali nella gestione del territorio sotto l’etichetta di opere di interesse nazionale o simili. La vicenda trivelle deve insegnarci qualcosa.

27. Si semplifica il rapporto tra Stato e Regioni, che ha dato luogo a un enorme contenzioso davanti alla Corte costituzionale.
Ma non mancano contraddizioni e ambiguità, che possono tradursi in nuovo contenzioso.

La soppressione della potestà concorrente in chiave di semplificazione del rapporto Stato-Regioni è ad esempio pubblicità ingannevole, perché si crea una nuova categoria di
“disposizioni generali e comuni” che è difficile distinguere dalle leggi cornice della attuale potestà concorrente. E c’è anche un richiamo a “disposizioni di principio”.

28. Si rafforza lo Stato riportando ad esso potestà legislative di cruciale importanza.

La legge Renzi-Boschi riduce sostanzialmente lo spazio costituzionalmente riconosciuto alle autonomie. Alcuni profili potrebbero essere – se isolatamente considerati –
apprezzabili. Ma il neo-centralismo statale è negativo in un contesto di complessiva riduzione degli spazi di partecipazione democratica e di rappresentanza politica.

29, La decostituzionalizzazione delle province è un momento importante di semplificazione istituzionale.

Vale anche per le province quanto detto per il neo-centralismo statale. Inoltre, sono un elemento marginale nell’impianto della legge Renzi-Boschi. Una parte persino non necessaria, come è provato dal fatto che la riforma delle province è stata già da tempo avviata. Il punto dolente è il modo in cui si sta realizzando.

30. La soppressione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) è positiva.

Vero, dal momento che il CNEL non esercita alcuna essenziale funzione politica o istituzionale.
Ma la soppressione prende solo pochi righi in una modifica della Costituzione per altro verso ampia e stravolgente. Bastava una leggina costituzionale mirata, che non avrebbe dato luogo a polemiche. La positività della soppressione non può certo bilanciare la valutazione negativa di tutto il resto.

A cura di Massimo Villone,Domenico Gallo, Alfiero Grandi

referendum-ottobre-2016-NO-300x167-300x167

PRIMO CIAK – (un racconto) – seconda parte

PRIMO CIAK – (un racconto) – seconda parte

I personaggi agivano sotto le spoglie degli interpreti, che erano stati scelti accuratamente attraverso l’analisi dei loro caratteri, che fossero i più affini e vicini possibile a quelli dei personaggi.
Quella occasione fu una grande palestra: alcuni, come Andrea, erano al loro debutto. Qualcuno fra gli interpreti veniva da esperienze brevi o lunghe in campo teatrale che servivano a rendere meno complicato il lavoro di preparazione e quello sul set.
Dopo il “ristorantino” di Ponte Mercatale furono utilizzati ambienti pubblici come quello di Villa Filicaia e il teatro Santa Caterina e privati come le abitazioni di amici in Piazza Mercatale, uno studio medico in Via Garibaldi, uno splendido casolare sulle pendici del Montalbano, la lussuosa aristocratica rinascimentale Villa Rucellai, i locali dello Zerosei (uno spazio riservato ai più giovani frequentatori di discoteche), la bottega antiquaria di Filippo Citarella sempre in Piazza Mercatale, la Libreria “La Luna” in via Tinaia e l’abitazione di un amico di Andrea in via Pugliesi, un giovane molto impegnato culturalmente, che prestò le sue mani a quelle del protagonista mentre suonava un brano di Domenico Zipoli, di cui si celebravano i 300 anni dalla nascita (Prato – 17 ottobre 1688) proprio in quei giorni.
Infatti con grandi entusiasmi e passioni in quei giorni ci si impegnò a ricercare la musica che avrebbe dovuto accompagnare facendo da valido contrappunto alle storie narrate nelle scene girate. Le note musicali dovevano avere, nell’idea di Andrea, una funzione speciale per costruire già in anticipo le atmosfere della narrazione per immagini, a sostituzione delle parole, troppe volte sovrabbondanti e mortificanti. Andrea viaggiava, riposava ed a volte dormicchiava ascoltando ore ed ore di musiche; e le riascoltava immaginando le scene da realizzare: aveva sempre pensato che le parole fossero importanti ma non necessarie e che il Cinema non ne avesse bisogno al di là dell’essenziale e, dopo aver scritto le sceneggiature, procedeva con tagli impietosi a ridurne la complessità verbale.
Durante le riprese non mancarono gli errori ma la maestria dei tecnici combinata all’intuizione di Andrea aiutarono a non renderli visibili nel prodotto finale: questa è una delle magie del Cinema, che è somma arte della finzione camuffata da eccelsa verità. Come quando, dopo aver lasciato le stanze e i giardini di Villa Filicaia, si ricordarono di non aver girato una scena.
Ora bisogna sapere che una “troupe” anche minima sposta chili e chili di materiali tecnologici e poi Villa Filicaia era anche una struttura “speciale” alla quale non era facile accedere. Occorrevano permessi precisi e circostanziati. Villa Filicaia si trovava (ora è ancora là, tuttavia cadente ed abbandonata, e la Regione Toscana intende vendrela) alle pendici dello Spazzavento, una collina alla cui sommità c’ è il Mausoleo di Malaparte ed era allora utilizzata come Presidio geriatrico per pazienti non autosufficienti con gravi deficit mentali, demenza senile non associata a gravi problematiche.
Era stata scelta sia per la bellezza degli spazi interni con soffitti affrescati con scene mitologiche, grottesche e decorazioni tipicamente rinascimentali, che servirono per i titoli di testa sia per la presenza, che si avverte poi nel sonoro, dei pazienti: furono utilizzati essenzialmente gli spazi a disposizione del pubblico esterno ed anche gli operatori sanitari collaborarono ad aiutare Andrea e la troupe, prestando sia i costumi (camici da lavoro) necessari nelle scene sia se stessi, interpretandosi.

fine seconda parte – continua…

LA BAVA ALLA BOCCA ED UNA NECESSARIA LEZIONE DI VITA

LA BAVA ALLA BOCCA ED UNA NECESSARIA LEZIONE DI VITA

Si affannano giuristi ed editorialisti delle principali testate italiane a sottolineare come occorra mantenere toni più bassi e dignitosi dei ruoli ricoperti – soprattutto rivolgendosi agli ambienti governativi – in questa fase pre-referendaria.

I risultati dei loro inviti non sono per ora stati ascoltati ed è evidentemente sopra le righe l’atteggiamento di quelle parti che si riferiscono a Renzi e Napolitano e questi stessi leader non mostrano la calma e la ragionevolezza necessaria a convincere che l’operazione che vanno proponendo abbia caratteristiche positive per il Paese e per i suoi cittadini.

E’ proprio questo il punto: l’altra sera mi sono sintonizzato sul programma di Fazio (che, detto tra noi, trovo sempre più vicino ad un “suk” di vendite di prodotti non sempre di qualità) proprio mentre il Presidente “emerito” stava alzando i toni del suo intervento, in assenza di interlocutori “contrari” (di “servi” del padrone ce ne sono a tutte le ore nei programmi televisivi e non si capisce a chi abbaiava, Giorgio Napolitano); qualche ora prima il suo “delfino”, quel tale “Renzi Matteo” che aveva ricevuto la “grazia” (nel pieno rispetto della Costituzione, si intende!) di ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio aveva tuonato contro i suoi avversari, soprattutto – credo – quelli interni (i partigiani buoni o cattivi, belli o brutti, vecchi e nuovi dovevano ancora essere assunti nell’agenda della Boschi) ricordando loro che, tanto, non verranno rieletti (e, certo, perché c’è anche questo: la legge elettorale che sostituirebbe il “Porcellum” lo peggiora alla grande da questo punto di vista e ci saranno solo candidati scelti dai capi, quelli nazionali e quelli locali con grande prevalenza dei primi sui secondi), con un tono ultimativo: “Li cacceremo!”

Cosa dire? Tutti questi interventi (anche quelli apparentemente riparatori sulla questione ANPI) evidenziano una straordinaria profonda cattiveria che ingenererà (sta ingenerando) una spaccatura che potrà diventare “irreparabile” nella nostra società.

C’è una BAVA ALLA BOCCA che non ha ragione di esserci, a meno che… la partita che si sta giocando non sia molto diversa da quel che appare e non siano in gioco i necessari aggiustamenti istituzionali per un migliore funzionamento della macchina governativa e per la sua razionalizzazione ma qualcosa d’altro: in particolare ho ragione di pensare che si tratti di costruire un POTERE sempre più accentrato e concentrato nelle mani dei leader…

So che servirà a ben poco, ma rassicurerò ancora una volta che il “mio dissenso” nei confronti di Renzi e la mia disistima “da Sinistra” non contempla il fatto che lui, a seguito di un successo del NO, si disimpegni. LO RIPETO: si assuma le sue responsabilità ascoltando le proposte e le idee di coloro che dissentono e ne tenga conto.

Nel titolo ho utilizzato il termine “lezione” e potrà apparire un atto di presunzione ma è necessario che si abbandonino le forme ultimative e si addivenga ad un grado di ragionevolezza utile per il Paese, al quale voglio più bene di quanto io ne possa volere a questo o quel leader; e questi ultimi devono essere con chiarezza al servizio del Paese non di questo o quel gruppo di Potere.

1423469179-renzi

LA FAVOLETTA DEL BAMBINO E DELLA PALLA – con una serie di suggerimenti collegati alle responsabilità istituzionali di un leader

cover_renzi

LA FAVOLETTA DEL BAMBINO E DELLA PALLA

Qualche anno fa, era d’estate, mi trovavo sulla riviera della Versilia più o meno all’altezza della Versiliana a Marina di Pietrasanta; ero là per espletare le mie funzioni di Presidente di una Commissione di Esami di Stato, quelli detti “di Maturità” ed incontrai, tra le altre persone lì presenti, una signora fiorentina, della provincia di Firenze, e più precisamente di Rignano sull’Arno, che raccontò a me e ad un amico che era passato a trovarmi alcuni suoi ricordi degli anni in cui sua figlia era piccola e con lei si recava ai giardinetti della Parrocchia a passare i pomeriggi primaverili e della prima estate. In quegli anni (erano i primi anni Ottanta) erano molti i bambini che trascorrevano il loro tempo in quegli spazi ed alcuni di loro, soprattutto i maschietti ma anche qualche bambinetta come sua figlia, sceglievano di giocare con il pallone, scimmiottando i loro beniamini della “Viola” (erano gli anni di Antognoni, Graziani e Galli). Tra questi ve n’era uno, particolarmente aggressivo e volitivo, molto accentratore e pieno di sè, di quei bambini che a volte ti risultano odiosi “a pelle” (è grave dirlo, ma sfido chiunque a negare che dentro di noi non emerga in quelle situazioni un po’ di Erode). Arrivava con il suo pallone e pretendeva già all’età di cinque anni di scegliersi i compagni di squadra, di solito quelli più bravi (amava vincere, ovviamente, gli interessava ben poco trascorrere il suo tempo giusto per rimanere là in un posto così bello ed ameno a divertirsi come di solito fanno tutti i bambini e le bambine di questo mondo); ma non sempre gli andava bene: a volte accadeva che la “squadretta” da lui scelta non funzionava e gli toccava rischiare di perdere. E allora? ehhhh, e allora – diceva la simpatica signora – prendeva il pallone e scappava via!
Ora, come ho scritto sopra nel titolo, questa sembra una “favoletta” ma è la realtà. E non è una realtà molto lontana: d’altronde dagli anni Settanta ad oggi sono passati poco più che quaranta anni; quel bambino ne ha infatti più o meno tanti, di anni. Ed ama (o forse, amava) dire che “lui” no, non porterà via il “pallone” quando avesse perso qualche battaglia politica. E sì, perché è proprio di “lui” che si parlava!

Per la cronaca l’attuale Presidente del Consiglio (p.g.r.) lo ha dichiarato il 19 novembre del 2012

http://www.affaritaliani.it/toscana/tra-renzi-e-bindi-un-nuovo-scontro191112.html?refresh_cens

“Io dico che se perdiamo non porterò via il pallone, ma alcuni amici di Rignano mi hanno mandato email dicendomi che non è vero, perché quando perdevo da piccolo nel campo della parrocchia portavo via il pallone”

Ora si è infilato in una battaglia “politica” campale intorno alle questione referendarie sulle modifiche costituzionali e va dicendo che, se perde, torna a casa insieme alla sua compagine. Eh no, caro, troppo comodo! Non camuffare tale scelta come forma di responsabilità, altrimenti rendi evidente che le scelte che hai difeso e continui a difendere sono di natura “personale” o rispondono ad “ordini” esterni di gruppi di potere (quegli stessi che “governano” la Finanza internazionale ed i mezzi di comunicazione di massa). Se, come io spero, vince il NO responsabilità governativa – di fronte ad espressione popolare – sarebbe quella di ascoltare le critiche ed agire da Capo di un Governo degno di questo ruolo.
Se è vero che non vuoi più portar via “la palla” ascoltaci! Vai avanti ed assumi come tue le scelte che il popolo democraticamente (se è il SI a vincere, comportati da persona sensibile ed attenta anche a chi ha dissentito ed ha perso; se è il NO accogli le critiche e procedi nel “cambiamento”. Non è da una sola parte – quella “tua” che viene la richiesta di cambiare. Non imbrogliare le “carte”! Non tutti coloro che criticano questo tuo disegno istituzionale vogliono che si torni indietro; forse, ma è questo che a me sembra tu non voglia (ed i motivi per cui non vuoi non attengono a mancanza di intelligenza), chiedono anche maggiore coraggio nell’affrontare la questione: abolizione del Senato “tout court”, una revisione dei rapporti Stato-Regioni e delle competenze esclusive di queste ultime, regole molto dettagliate e severe per l’accesso alla Politica e permanenza in questa con incarichi retribuiti.

Perche’ si deve votare “NO”

no-alla-riforma-300x211

Perche’ si deve votare “NO”

Se vince il “SI” nel referendum costituzionale di ottobre verranno a ridursi gli spazi di Democrazia che consentano ulteriori revisioni della Carta Costituzionale (in soldoni “non si potrà nè tornare indietro nè andare avanti”) in quanto il disposto operativo relativo alla Legge elettorale non consentirà ai cittadini di poter esprimere una scelta davvero democratica.
Per questo – e per altri ottimi motivi – occorre votare “NO”
Non è vero che le modifiche apportate tendino a migliorare a favore del popolo i rapporti costituzionali; sono proposte che aumentano il potere di gruppi ristretti (le lobby) a scapito degli interessi popolari.
Non si pensi che sia esagerata l’affermazione che si tratti di un “colpo di stato strisciante dalla faccia bonaria”. Votando “NO” daremo un segnale di incoraggiamento a quella parte sana della Politica, anche a coloro che oggi vivono ai margini dell’ambiguità e ritengono di dover “resistere” rimanendo all’interno di organismi ormai geneticamente modificati come il Partito Democratico.

referendum-ottobre-2016-NO-300x167-300x167

PRIMO CIAK (un racconto) – prima parte –

images

PRIMO CIAK (un racconto) – prima parte –

“Ragazzi state fermi! E fate silenzio” Andrea riprese per un attimo il suo ruolo di professore, anche se solo due di quei giovani erano suoi allievi. Erano più di quindici, diciotto per l’appunto, a partecipare a quell’esperienza, che per loro era la “prima”. In verità lo era anche per Andrea. Solo che “quelli” avevano dai 16 ai 18 anni e “lui” 35.
Il cinema però ce l’aveva avuto nel sangue, come spettatore, sin da bambino e poi man mano negli anni come cultore; Andrea aveva visto, aveva letto, aveva scritto; mai però aveva vissuto da vicino la “fabbrica” del Cinema. Ne conosceva i fondamentali ma solo in teoria. Da docente utilizzava in modo costante il Cinema come riferimento e supporto didattico e così molte volte aveva partecipato ad incontri e corsi di aggiornamento che utilizzavano in modo precipuo le tecniche audiovisuali. Ne aveva organizzato qualcuno anche lui ed in quelle occasioni aveva progettato per le scuole una serie di incontri con i vari “mestieri” del Cinema ai quali avevano preso parte grandi personaggi. E gli era man mano cresciuta la voglia di provare a costruirlo, un film!

Quel giorno ci sarebbe stato, dunque, il battesimo per quella nuova esperienza. Andrea era emozionato sin dai giorni precedenti ma non voleva mostrarlo; si era affidato ad un amico esperto che aveva già realizzato molti video ma costui si sarebbe occupato essenzialmente delle riprese e poi del montaggio, ma tutto il resto….avrebbe dovuto deciderlo lui!
La fase preparatoria era stata entusiasmante; anche la “sceneggiatura” era stata scritta progressivamente su “fogli” volanti. Erano state accuratamente scelte le “locations”, coinvolgendo amici ed amici degli amici: era stato uno degli aspetti più interessanti del progetto insieme alla ricerca dei “protagonisti”, anche questi “amici” ed “amici di amici”. Il “tutto” una vera e propria “troupe” all’opera, una piccola “armata culturale”! ma il primo ciak fu davvero sorprendentemente “disastroso”!

Il luogo prescelto era un “ristorantino” sul lato sinistro del Bisenzio all’imbocco del Ponte Mercatale. Quando Andrea lo aveva adocchiato si era presentato con le credenziali del Comune ed aveva ottenuto il consenso ad utilizzarne le strutture nel giorno di chiusura: non gli era parso così piccolo come al momento del primo ciak. Cinque tra operatori e tecnici, diciotto tra ragazze e ragazzi giustamente curiosi ed entusiasti di prendere parte ad un’impresa artistica, cinque attori da gestire, sistemare e coordinare creavano non pochi problemi ad un neofita come Andrea.
L’ambiente risultava molto piccolo e stretto; è lo scotto che bisogna pagare quando si scelgono location in assenza di risorse per costruire scenografie adatte per il testo sceneggiato.
“Ragazzi, vi prego: state fermi e fate silenzio!”
Andrea aveva sistemato personalmente due tavoli, quelli piccoli per due sole persone, due “coppie”. In primo piano, con vista “Ponte” e “Porta” al di là del finestrino, quello con il protagonista e la sua cugina e più in là in secondo piano quello al quale è seduto un altro signore in compagnia di un’amica. Poi aveva fatto collocare le “luci” e posizionare la telecamera per la migliore inquadratura. Le riprese prevedevano la registrazione “in diretta” ed occorreva il massimo silenzio. Prima di iniziare a registrare si fecero delle prove.
“Possiamo andare! Vi raccomando, silenzio. Non possiamo nemmeno sentire il minimo calpestio e trattenete il respiro”. Tavoli e sedie “inutili” erano stati accatastati alle spalle o nei lati fuori campo: il resto era occupato dall’armamentario tecnico e da presenze aliene curiose di quel che accadeva.
Ciak si gira. Sulla lavagnetta uno dei giovani allievi a ciò assegnato da Andrea aveva trascritto numero romano di scena e numero arabo di ripresa. Era come il primo bagno di stagione, quando si teme di più il contatto con l’acqua fredda ma poi si sguazza piacevolmente in essa…..

fine prima parte