LA FAVOLETTA DEL BAMBINO E DELLA PALLA – con una serie di suggerimenti collegati alle responsabilità istituzionali di un leader

cover_renzi

LA FAVOLETTA DEL BAMBINO E DELLA PALLA

Qualche anno fa, era d’estate, mi trovavo sulla riviera della Versilia più o meno all’altezza della Versiliana a Marina di Pietrasanta; ero là per espletare le mie funzioni di Presidente di una Commissione di Esami di Stato, quelli detti “di Maturità” ed incontrai, tra le altre persone lì presenti, una signora fiorentina, della provincia di Firenze, e più precisamente di Rignano sull’Arno, che raccontò a me e ad un amico che era passato a trovarmi alcuni suoi ricordi degli anni in cui sua figlia era piccola e con lei si recava ai giardinetti della Parrocchia a passare i pomeriggi primaverili e della prima estate. In quegli anni (erano i primi anni Ottanta) erano molti i bambini che trascorrevano il loro tempo in quegli spazi ed alcuni di loro, soprattutto i maschietti ma anche qualche bambinetta come sua figlia, sceglievano di giocare con il pallone, scimmiottando i loro beniamini della “Viola” (erano gli anni di Antognoni, Graziani e Galli). Tra questi ve n’era uno, particolarmente aggressivo e volitivo, molto accentratore e pieno di sè, di quei bambini che a volte ti risultano odiosi “a pelle” (è grave dirlo, ma sfido chiunque a negare che dentro di noi non emerga in quelle situazioni un po’ di Erode). Arrivava con il suo pallone e pretendeva già all’età di cinque anni di scegliersi i compagni di squadra, di solito quelli più bravi (amava vincere, ovviamente, gli interessava ben poco trascorrere il suo tempo giusto per rimanere là in un posto così bello ed ameno a divertirsi come di solito fanno tutti i bambini e le bambine di questo mondo); ma non sempre gli andava bene: a volte accadeva che la “squadretta” da lui scelta non funzionava e gli toccava rischiare di perdere. E allora? ehhhh, e allora – diceva la simpatica signora – prendeva il pallone e scappava via!
Ora, come ho scritto sopra nel titolo, questa sembra una “favoletta” ma è la realtà. E non è una realtà molto lontana: d’altronde dagli anni Settanta ad oggi sono passati poco più che quaranta anni; quel bambino ne ha infatti più o meno tanti, di anni. Ed ama (o forse, amava) dire che “lui” no, non porterà via il “pallone” quando avesse perso qualche battaglia politica. E sì, perché è proprio di “lui” che si parlava!

Per la cronaca l’attuale Presidente del Consiglio (p.g.r.) lo ha dichiarato il 19 novembre del 2012

http://www.affaritaliani.it/toscana/tra-renzi-e-bindi-un-nuovo-scontro191112.html?refresh_cens

“Io dico che se perdiamo non porterò via il pallone, ma alcuni amici di Rignano mi hanno mandato email dicendomi che non è vero, perché quando perdevo da piccolo nel campo della parrocchia portavo via il pallone”

Ora si è infilato in una battaglia “politica” campale intorno alle questione referendarie sulle modifiche costituzionali e va dicendo che, se perde, torna a casa insieme alla sua compagine. Eh no, caro, troppo comodo! Non camuffare tale scelta come forma di responsabilità, altrimenti rendi evidente che le scelte che hai difeso e continui a difendere sono di natura “personale” o rispondono ad “ordini” esterni di gruppi di potere (quegli stessi che “governano” la Finanza internazionale ed i mezzi di comunicazione di massa). Se, come io spero, vince il NO responsabilità governativa – di fronte ad espressione popolare – sarebbe quella di ascoltare le critiche ed agire da Capo di un Governo degno di questo ruolo.
Se è vero che non vuoi più portar via “la palla” ascoltaci! Vai avanti ed assumi come tue le scelte che il popolo democraticamente (se è il SI a vincere, comportati da persona sensibile ed attenta anche a chi ha dissentito ed ha perso; se è il NO accogli le critiche e procedi nel “cambiamento”. Non è da una sola parte – quella “tua” che viene la richiesta di cambiare. Non imbrogliare le “carte”! Non tutti coloro che criticano questo tuo disegno istituzionale vogliono che si torni indietro; forse, ma è questo che a me sembra tu non voglia (ed i motivi per cui non vuoi non attengono a mancanza di intelligenza), chiedono anche maggiore coraggio nell’affrontare la questione: abolizione del Senato “tout court”, una revisione dei rapporti Stato-Regioni e delle competenze esclusive di queste ultime, regole molto dettagliate e severe per l’accesso alla Politica e permanenza in questa con incarichi retribuiti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *