L’autrice, Annamaria Abbate è pubblicista, iscritta all’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Di formazione umanistica, si è sempre impegnata nel sociale e nella cittadinanza attiva ricoprendo incarichi di coordinamento anche nazionali. Ha lavorato in movimenti per la salvaguardia e l’estensione dei diritti civili e di cittadinanza; per la Libertà di Ricerca e Cura; nel comitato Salviamo la Costituzione; in associazioni promotrici di una piena partecipazione civica e per la riforma della politica; ha perfezionato le competenze frequentando corsi di formazione presso le facoltà di Scienze Politiche delle Università di Bologna e di Forlì, e un corso di comunicazione politica presso l’ Università Libera di Bologna Alexis De Tocqueville. Ha svolto il compito di Coordinatore Provinciale del PD Cremona nel periodo della sua fondazione. Fa parte della segreteria regionale PD Lombardia con delega alla Formazione politica. Alle amministrative 2009 è stata stata eletta a Cremona in Consiglio comunale ed è stata membro della Commissione Territorio e della Commissione Servizi sociali.
Caro PD, prendiamoci una pausa di riflessione
apparso su Politicsblog aprile 2014
A volte le cose per vederle meglio devi guardarle da lontano.
Finché ci sei dentro, troppo dentro, con la testa e con il cuore, intendo, non saprai mai davvero perché sei lì.
Certe esperienze politiche sono parabole d’innamoramento.
Certe altre, matrimoni d’interesse.
La mia col partito democratico, non è né l’una né l’altra.
Allora, per poter capire cos’è, mi prendo, ad libitum, una pausa di riflessione.
Però porto con me l’istantanea degli ultimi momenti insieme.
La foto di un rapporto, che era stato di lealtà e fiducia, ma che ora appare ormai logoro e irriconoscibile.
Ci chiamiamo Partito Democratico, ma ormai il pluralismo è rimasto un pallido ricordo: chi non si allinea al pensiero unico viene variamente zittito al grido”Gufi! Noi abbiamo vinto le primarie!”.
E così, anche la parola Primarie, insieme a Rinnovamento,Ricambio, Etica pubblica, Riduzione dei costi della politica, Donne, ha perso sapore. Né più né meno di un alimento contraffatto. Stesso aspetto dell’originale, ma ben altra la salubrità. Molta apparenza, altra sostanza.
Sul merito e sul metodo di queste riforme istituzionali, pasticciate, disorganiche, raffazzonate e dilettantesche si sta giocando la residua credibilità, non di questo Governo e del Partito democratico, che sarebbe poca cosa, ma della Politica. Eppure, la canea mediatica ha una sola voce: o sei con Renzi o sei un conservatore, “professorone”e “parruccone”. Tertium non datur.
Dice:” quelli di prima sono stati degli incapaci, hanno portato il paese sull’orlo del baratro con le loro lungaggini, le loro discussioni infinite, le loro mediazioni. Restano abbarbicati alle loro poltrone da anni. E’ ora di cambiare. Largo ai giovani. Chiunque di loro può far meglio dei vecchi. E soprattutto chiunque può farlo più velocemente”.
Il mantra della velocità ha subito un’accelerazione esponenziale negli ultimi mesi. Ha attraversato come una lama nel burro persino le più ostinate sacche di resistenza critica. Quelle che ancora avevano storto il naso davanti al giovanilismo galoppante e che mal si piegavano davanti al beauty contest parlamentari e ministeriali.
Abbiamo buttato via il bambino con l’acqua sporca, diceva Vittorio Emanuele Parsi a Omnibus(trasmissione del 27/04/2014). E ha usato una metafora semplicissima ma molto efficace per spiegare il suo sconcerto sui metodi e sui contenuti delle proposte di riforme del Governo. E’ come affidare la guida del bus alla vecchina o al bambino senza patente seduti in fondo, solo perché l’autista, con la patente ma ubriaco, lo ha portato fuori strada. Per fare le riforme, non basta essere giovani e belli, almeno la patente ci vuole.
Ecco, la patente. Quella cosa che si prende studiando, facendo pratica, imparando dagli errori anche i propri limiti. Perché inesperto è bello se fai una torta casalinga da portare in oratorio. Ma se devi mettere mano nientemeno che alle Istituzioni, un po’ di umiltà e di timore reverenziale, pur senza essere professoroni e parrucconi, dovrebbe anche lambire chi non è passato neanche da un piccolo Consiglio comunale.
Ripenso alla scuola di politica del PD Lombardia che ho avuto l’onore di condurre. Una culla straordinaria di pluralismo e di laicità. Un luogo di confronto e di crescita straordinario in cui hanno sempre trovato piena cittadinanza tutte le “sensibilità” del nostro neonato partito. Un luogo necessario, perché fin dalla nascita la dimensione organizzativa aveva assunto un ruolo dominante. Ci eravamo impegnati a confezionare la scatola, e avevamo rimosso il problema essenziale che è elaborare quello che volevamo metterci dentro in quella scatola. Mentre fondazioni e think tank, i famosi serbatoi di pensiero, proliferavano per dare parvenza di dignità a correnti di potere, la nostra Formazione politica aveva l’ambizione di contribuire a delineare una Cultura politica per il partito.
Senza una Cultura politica, votati al culto della velocità e della gioventù siamo quei marinai per cui nessun vento è favorevole perchè non sappiamo a quale porto vogliamo approdare. Ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est, ammonisce Seneca. Ma è una massima per vecchi barbogi nostalgici di roba polverosa e frusta. Roba da professoroni.