GLI ESAMI NON FINIRANNO MAI (altre doleances)
Il mio “cahier de doleances” non finisce qui e continuerò a scrivere anche di questioni positive, riferendomi a quel che è avvenuto nelle Commissioni che ho presieduto nel corso di questi anni, non perché siano esemplari ma perché ne conosco dettagliatamente le caratteristiche: tra l’altro, ho sempre pensato che compito del Presidente dovesse essere quello di rendere sereno il dialogo tra educatori ed allievi e che non è certamente con domande alla “Rischiatutto” che si riesca ad acquisire il merito della qualità della preparazione e del conseguimento di un metodo di studio propedeutico a quello successivo.
E poi cosa dire di quei docenti che, mentre lo studente è impegnato ad esporre spesso con fatica le sue conoscenze, leggono il giornale oppure intrattengono grandi chiacchierate tra loro ed a volte, quel che è ancora peggio, intervengono in modo scortese. Non capita spesso, ma segnalazioni di tal genere mi sono pervenute e da parte di persone di cui non posso che fidarmi. E la cosa più grave è che sono gli “interni” ad infierire di più sui loro allievi.
Bisogna tener presente che, come per gli studenti, anche per i docenti l’Esame di Stato è il “terminale” di un percorso, individuale e collettivo, e dunque quel che si raccoglie tra fine giugno ed inizio luglio è anche il “frutto” di tutto quanto “coltivato” in quel lasso di tempo: e così si può annotare, attraverso i comportamenti quanto valgano sia gli studenti che i docenti e di quale “pasta” siano composti. Mi permetto di suggerire che, di tanto in tanto, i docenti siano sottoposti a visite che non siano soltanto riferite alla teoria ed alla preparazione di base (il “nozionismo” vituperabile) ma anche alla capacità di “insegnare” cioè “trasmettere con passione” le proprie conoscenze e che le “valutazioni” vengano redatte da una Commissione “esterna” all’ambiente scolastico, nella quale però non vi siano “conflitti di interessi” (né allievi né genitori né docenti). Capisco bene che la mia proposta sembra essere riferita a dei “marziani”, soprattutto sapendo che viviamo in un Paese che non è mai diventato “normale”.
Siate certi che l’unico obiettivo che mi pongo, quello prioritario – si intenda –, è la difesa della dignità degli studenti, ai quali “inevitabilmente” dovremo lasciare il futuro che è sempre meno “nostro” e sempre più “il loro”. Non è giusto che l’Esame divenga un “calvario” nel quale alcuni docenti trasferiscono le loro ubbie, le loro frustrazioni, le gelosie, le invidie ed anche l’ansia di dover mostrare la loro enciclopedica preparazione. Ritengo che la maggiore responsabilità sia di chi deve controllare, ed in primo luogo – come ho avviato a dire – dei Presidenti. Poi ci sono i membri interni che a volte colgono l’occasione per togliersi sassolini dalle loro scarpe sia sotto forma di rivincita verso colleghi sia di rivalsa dispettosa verso i loro allievi con i quali a tutta evidenza non sono riusciti a creare la necessaria empatia didattica-educativa: anzi, a volte, sono mal disposti nei loro confronti e mostrano cattiverie indicibili, offendendoli prima, durante e dopo il colloquio. E poi ci sono gli organismi ispettivi ministeriali a tutti i livelli, che andrebbero coinvolti.
Lancio una proposta alle organizzazioni studentesche nazionali: chiedano di costituire in ogni scuola un nucleo semmai formata da studenti “esterni” che, durante il corso degli Esami di Stato, che sono “pubblici” e dunque non possono avere margini di segretezza, sia delegato ad ascoltare eventuali recriminazioni rispetto alla corretta applicazione della legge che regola la conduzione degli esami.