reloaded A FUTURA MEMORIA “Non è più come prima. Non si può pensare di fare Politica come qualche anno fa. Tutto è cambiato. Siete vecchi!”

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Ce lo siamo sentiti ripetere come un “mantra” e ce lo ripeteranno ancora per sottolineare la distanza dalla realtà di coloro che voteranno NO al referendum – Questo è un articolo di POLITICSBLOG aprile 2014 qui riprodotto

“Non è più come prima. Non si può pensare di fare Politica come qualche anno fa. Tutto è cambiato. Siete vecchi!”

Certamente è così: ad essere “vecchi” tutti si invecchia progressivamente: è nell’ordine delle cose: i capelli bianchi e le rughe si diffondono, il passo ed i riflessi rallentano, la vista e l’udito diminuiscono, le passioni si smorzano; il domani diventa più incerto, il futuro di certo più corto.
In effetti è molto vero che, per i nostri “centri di interesse individuali”, c’è qualcosa che si va inceppando ma in Politica c’è posto per tutti, a patto che essa non sia o divenga la fondamentale o, peggio, unica sola ragione di vita. L’elemento principale è proprio questo: se qualcosa più di altre doveva cambiare per migliorare il rapporto consunto fra Politica e cittadini avrebbe dovuto (dovrebbe, perché c’è ancora tempo – a dispetto di chi parla di “ultime spiagge”, per riparare a questo) essere proprio la rinuncia a considerare la Poltica come un “mestiere” o, sia concesso, una “professione”.
Invece si preferisce ricorrere al “mantra” della “rottamazione” senza essersi assicurati che il veicolo “nuovo” possa funzionare pienamente. E, quindi, al “tutto è cambiato, non lo avete capito” non c’è alternativa che tenga; non c’è alternativa credibile! Perché sui territori al “vecchio” che viene rottamato non c’è sostituzione ed il cittadino comune è esclusivamente in balia dei mass-media sempre più asserviti a centri di Potere e del tam-tam populistico e demagogico di movimenti d’opinione e lobbies eterodirette nonché dalla maggior parte dei mezzi di informazione sempre più asserviti a chi detiene il Potere politico ed economico.
I Circoli d’altra parte non producevano da tempo un’elaborazione politica autonoma degna di questo nome; all’interno di questi, piccoli gruppi, dove esistevano ovviamente, autoreferenziali riuscivano a malapena a promuovere una loro rappresentanza nei diversi organismi territoriali. Nulla è cambiato con gli ultimi eventi che hanno cambiato però la “geografia politica” utilizzando forme strumentali di per sé originali come le Primarie aperte. Al contempo si osservino i dati della partecipazione alle diverse iniziative congressauli, compreso le Primarie “riservate” agli iscritti e si avrà il quadro del declino; del quale però non si vuole rendere pubblico conto fino alla scelta per ora ventilata di annullare per l’anno 2014 qualsiasi forma di tesseramento: nei Circoli infatti accanto alla delusione politica dei militanti storici non si è verificata la fidelizzazione di una nuova leva di militanza politica. Sotto questo aspetto è evidente in modo chiaro lo stato di sofferenza del Partito Democratico e di riflesso il grado elevato di invecchiamento e di stanchezza che pervade i Circoli. Ma il toccasana per superare tutto questo a nostro parere non sono di certo le modalità con cui negli ultimi tempi si è fatto e si fa tuttora Politica. L’esaltazione del web cui pure noi siamo legati non tiene conto che la società italiana per diversissime e molteplici ragioni non è in grado di accedere all’uso sufficientemente utile del web mostrando percentuali elevatissime di analfabetismo totale o parziale sull’uso dei mezzi informatici come strumento di conoscenza e di elaborazione culturale di base. Le “vecchie” modalità di fare Politica attiva sui territori hanno fatto per l’appunto il loro tempo ma possono meglio funzionare nei territori ben circoscritti ed organizzati.
Tuttavia per comodità di coloro che dovrebbero sostituire le “vecchie” guardie si privilegia la postazione “unica” ed agile del computer e del cellulare Android per mezzo dei quali attraverso mailing list e social network raggiungono rapidamente centinaia se non migliaia di interlocutori. In effetti, poiché non vi è la certezza che il tutto funzioni fino a quando poi non si arriverà alla resa dei conti (ad esempio, l’apertura delle urne ed il conteggio dei voti oppure il numero di iscritti al Partito), queste modalità del tutto teoriche servono eslusivamente a mettere in pace la coscienza delle “nuove (e vecchie) leve” politiche ma non garantiscono alcun vantaggio rispetto al lavoro “vecchio” del “porta a porta”, del “confronto diretto” fatto anche di momenti dialettici piuttosto forti.
E’ di certo, quello cui stiamo assistendo negli ultimi tempi uno scontro prevalentemente generazionale. E questo è uno dei grossi limiti che viene edulcorato da messaggi che utilizzano in modo del tutto strumentale il “cambiamento” come rivoluzionario nascondendo gran parte degli obiettivi veri, primo fra tutti la gran voglia di sostituirsi al Potere vigente, scalzando i “vecchi”, a loro volta di certo responsabili di un immobilismo perlomeno trentennale. Si promettono alcune “riforme” spacciandole per significative ed epocali ma nei fatti non si toccano se non in modo parziale i “privilegi” più importanti ed i benefici di un ruolo che dovrebbe essere, come accade nella migliore Europa, esclusivamente “civico”. I cittadini, solo per fare l’ esempio più eclatante non potranno scegliere nulla al di là dei contenitori (il contenuto continuerà ad essere scelto dai gruppi dirigenti) e, se non verranno affrontati i nodi strutturali del “lavoro”, non avranno nulla di meglio in cambio; anzi anche i lievi vantaggi economici annunciati e, sembra per ora, confermati si ridurranno con la progressiva perdita di posti di lavoro sicuri, nella migliore delle situazioni scambiati con posti di lavoro precario o con interventi provvisori di sostegno economico.
Forse qualche intervento un po’ diverso e più coraggioso anche nella struttura istituzionale poteva essere avanzato: ad esempio, l’abolizione del “vitalizio” per i parlamentari sostituita da un computo “vantaggioso” (due anni per uno) dei contributi pensionistici (alla pari dei lavoratori del settore pubblico di livello dirigenziale in missione temporanea all’estero) per gli anni trascorsi a servire lo Stato sulla base della retribuzione certa o presunta del lavoro precedentemente svolto; a tale proposito vi sarebbe l’esigenza che, per accedere ad un ruolo istituzionale parlamentare (Parlamento, Governo o Regione), occorra avere a monte un lavoro al quale, dopo un massimo di due\tre legislature per tutti, si possa ritornare, o perlomeno si debba prevedere un’ “exit strategy” istituzionalizzata che non preveda tuttavia sperequazioni inique a svantaggio dei comuni cittadini. Forse una soluzione diversa ma radicale nel settore centrale dal punto di vista politico ed umano del “Lavoro” ci poteva stare: la proposta di un “salario minimo garantito di cittadinanza” a tutti, a partire dalla disponibilità ad entrare nel mondo del lavoro regolarizzato in modo equo, con il termine “equità” rispettato ed osservato da regole ferree che condizionino tutte le parti in gioco (gli interessi degli imprenditori e la dignità dei lavoratori).
Giuseppe Maddaluno
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http://www.fabriziobarca.it/viaggioinitalia/wp-content/uploads/2013/06/Left-22-giugno_BARCA.pdf