SCENDERE NEL MERITO – SCENDERE NEL MERITO! un mantra da respingere ai mittenti

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SCENDERE NEL MERITO – SCENDERE NEL MERITO! un mantra da respingere ai mittenti

NON SCENDETE NEL MERITO è il “mantra” che i sostenitori del SI al referendum autunnale vanno ripetendo ossessivamente contro i sostenitori de NO…e l’elemento dirimente che li sostiene è in maniera esclusiva “un atto di fede” nei confronti dello sforzo governativo a costruire una proposta che, seppure parziale e confusa, è considerata a torto l’unica proposta possibile; accanto a questo vi è l’accusa di avere come unico obiettivo la sconfitta di Renzi e dei “suoi”.
Eccoci dunque: sarebbe gioco facile, se tutti si ragionasse, rilevare che i sostenitori del SI non scendano affatto nel merito, ma non è mia intenzione prolungare la polemica.
Si dice che la Riforma proposta superi il bicameralismo perfetto: non solo non lo supera (il Senato rimane in piedi) ma lo rende più macchinoso e irto di subdoli ostacoli ed infatti l’art.57 modificato recita:

Il Senato delle Autonomie è composto dai Presidenti delle Giunte regionali, dai Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano, dai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione e di Provincia autonoma, nonché, per ciascuna Regione, da due membri eletti, con voto limitato, dal Consiglio regionale tra i propri componenti e da due sindaci eletti, con voto limitato, da un collegio elettorale costituito dai sindaci della Regione.
La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle Istituzioni territoriali nelle quali sono stati eletti.
La legge disciplina il sistema di elezione dei senatori e la loro sostituzione, entro sessanta giorni, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale.
Ventuno cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario, possono essere nominati senatori dal Presidente.

Ed il successivo art.70:

La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali.
Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati.
Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato delle Autonomie che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato delle Autonomie può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati, entro i successivi venti giorni, si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato delle Autonomie non disponga di procedere all’esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata.
Per i disegni di legge che dispongono nelle materie di cui agli articoli 57, comma terzo, 114, comma terzo, 117, commi secondo, lettere p) e u), quarto, sesto e decimo, 118, comma quarto, 119, 120, comma secondo, e 122, comma primo, nonchè per quelli che autorizzano la ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato delle Autonomie solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
I disegni di legge di cui all’articolo 81, comma quarto, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato delle Autonomie che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione. Per tali disegni di legge le disposizioni di cui al comma precedente si applicano solo qualora il Senato delle Autonomie abbia deliberato a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Il Senato delle Autonomie può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonchè formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei deputati.

Collegato l’art. 57 al 70 e segg. si evince – se dalla teoria si immagina la “pratica” (ovviamente se alla base di tutto non vi è un “atto di fede”) – che – visto l’origine della stragrande maggioranza dei futuri Senatori (Sindaci e consiglieri regionali) – il procedimento legislativo andrà incontro a rallentamenti e/o conflitti di carattere “politico” ma anche di carattere “giuridico” (non sarà possibile contemperare nei tempi prescritti collegati ad una pretesa velocizzazione gli impegni istituzionali complessivi e si andrà incontro a contrapposizioni difficilmente sanabili tra i diversi “interessi”).
VOTARE “NO” E’ UN DOVERE CIVILE PER CHI RITIENE PERICOLOSA PER LA DEMOCRAZIA LA PROPOSTA DI RIFORMA OGGETTO DI REFERENDUM IN AUTUNNO – PERSONALMENTE HO DEI DUBBI SULLA SUA COSTITUZIONALITA’ – IN PARTICOLARE LA PARTE CHE PRETENDE DI DETTARE I TEMPI NON PUO’ ESSERE MATERIA DI UNA LEGGE COSTITUZIONALE E QUINDI DI PER SE’ INVALIDA TUTTO IL RESTO – QUESTO PER FAR COMPRENDERE CHE SI SA COME SCENDERE NEL MERITO A DIFFERENZA DI CHI SOSTIENE CHE “MEGLIO QUESTO CHE NULLA!” –PERCHE’ ALLA FIN FINE QUESTO E’ IL PRINCIPALE “MERITO” DEI SOSTENITORI DEL SI
ECCO PERCHE’ A NOVEMBRE VA VOTATO NO!!!

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GIL O DELL’AMORE E PASSIONE – parte 5

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GIL O DELL’AMORE E PASSIONE – parte 5

Lisa era una ragazzina minuta che dimostrava meno dei suoi diciotto anni; si entusiasmava raramente ma quando ciò accadeva era un vero e proprio “innamoramento” che si esplicitava in una “tempesta” che coinvolgeva tutti. …e l’incontro di quella mattina l’aveva fatta scatenare già all’uscita da scuola, parlandone con Leo e con Bruno, i suoi amici più cari, maschi, perché lei odiava con profonda eleganza ma con estrema chiarezza la maggior parte delle sue compagne di classe, che chiamava semplicemente “oche giulive”… ed a loro aveva espresso, tornando verso casa, con entusiasmo e passione insolita il suo giudizio su quel giovane docente che si era affacciato nella loro classe. Giudizio condiviso ma con moderazione dai suoi due amici, che sorrisero increduli ammiccando tra loro immaginando che la “piccolina” avesse preso una vera e propria “sbandata”. E forse era proprio così, almeno lo sarebbe apparso a chicchessia.
E quella sera, a cena, con la stessa passione, Lisa rappresentò a sua madre ed alla sua sorellona quel che era accaduto quella mattina a scuola.

Gil d’altra parte aveva seguito gli sguardi attenti e curiosi di quei ragazzi e non gli erano sfuggite le dinamiche della classe attraverso gli sguardi ed i conflitti non evidenti ai più, soprattutto quelli di genere ed in particolare le competizioni femminili. Anche a lui non erano peraltro piaciute alcune delle ragazze che erano apparse più interessate a rappresentarsi per valorizzarsi fisicamente piuttosto che coltivare seriamente le proprie curiosità culturali.
“Allora, com’è andata stamattina?” già prima che Gil si avvicinasse al tavolino di uno dei caffé nella piazza più importante della piccola cittadina, Federico, pieno di curiosità, gli andava chiedendo.
E Gil: “Calma, calma, è andata tutto bene….meglio di quanto io stesso credessi e forse anche di quanto tu…” e andò con la memoria ad altri momenti scherzosi che insieme avevano organizzato, come quando Federico lo aveva mandato a casa di un’amica per denunciare una “scappatella” del marito: Gil doveva “interpretare” il fratello della ragazza-amante che, disperata, aveva anche minacciato il suicidio. Ma questa è davvero un’altra storia e “forse” la racconteremo più in là…..

….continua…

reloaded A FUTURA MEMORIA “Non è più come prima. Non si può pensare di fare Politica come qualche anno fa. Tutto è cambiato. Siete vecchi!”

Foto mia

Ce lo siamo sentiti ripetere come un “mantra” e ce lo ripeteranno ancora per sottolineare la distanza dalla realtà di coloro che voteranno NO al referendum – Questo è un articolo di POLITICSBLOG aprile 2014 qui riprodotto

“Non è più come prima. Non si può pensare di fare Politica come qualche anno fa. Tutto è cambiato. Siete vecchi!”

Certamente è così: ad essere “vecchi” tutti si invecchia progressivamente: è nell’ordine delle cose: i capelli bianchi e le rughe si diffondono, il passo ed i riflessi rallentano, la vista e l’udito diminuiscono, le passioni si smorzano; il domani diventa più incerto, il futuro di certo più corto.
In effetti è molto vero che, per i nostri “centri di interesse individuali”, c’è qualcosa che si va inceppando ma in Politica c’è posto per tutti, a patto che essa non sia o divenga la fondamentale o, peggio, unica sola ragione di vita. L’elemento principale è proprio questo: se qualcosa più di altre doveva cambiare per migliorare il rapporto consunto fra Politica e cittadini avrebbe dovuto (dovrebbe, perché c’è ancora tempo – a dispetto di chi parla di “ultime spiagge”, per riparare a questo) essere proprio la rinuncia a considerare la Poltica come un “mestiere” o, sia concesso, una “professione”.
Invece si preferisce ricorrere al “mantra” della “rottamazione” senza essersi assicurati che il veicolo “nuovo” possa funzionare pienamente. E, quindi, al “tutto è cambiato, non lo avete capito” non c’è alternativa che tenga; non c’è alternativa credibile! Perché sui territori al “vecchio” che viene rottamato non c’è sostituzione ed il cittadino comune è esclusivamente in balia dei mass-media sempre più asserviti a centri di Potere e del tam-tam populistico e demagogico di movimenti d’opinione e lobbies eterodirette nonché dalla maggior parte dei mezzi di informazione sempre più asserviti a chi detiene il Potere politico ed economico.
I Circoli d’altra parte non producevano da tempo un’elaborazione politica autonoma degna di questo nome; all’interno di questi, piccoli gruppi, dove esistevano ovviamente, autoreferenziali riuscivano a malapena a promuovere una loro rappresentanza nei diversi organismi territoriali. Nulla è cambiato con gli ultimi eventi che hanno cambiato però la “geografia politica” utilizzando forme strumentali di per sé originali come le Primarie aperte. Al contempo si osservino i dati della partecipazione alle diverse iniziative congressauli, compreso le Primarie “riservate” agli iscritti e si avrà il quadro del declino; del quale però non si vuole rendere pubblico conto fino alla scelta per ora ventilata di annullare per l’anno 2014 qualsiasi forma di tesseramento: nei Circoli infatti accanto alla delusione politica dei militanti storici non si è verificata la fidelizzazione di una nuova leva di militanza politica. Sotto questo aspetto è evidente in modo chiaro lo stato di sofferenza del Partito Democratico e di riflesso il grado elevato di invecchiamento e di stanchezza che pervade i Circoli. Ma il toccasana per superare tutto questo a nostro parere non sono di certo le modalità con cui negli ultimi tempi si è fatto e si fa tuttora Politica. L’esaltazione del web cui pure noi siamo legati non tiene conto che la società italiana per diversissime e molteplici ragioni non è in grado di accedere all’uso sufficientemente utile del web mostrando percentuali elevatissime di analfabetismo totale o parziale sull’uso dei mezzi informatici come strumento di conoscenza e di elaborazione culturale di base. Le “vecchie” modalità di fare Politica attiva sui territori hanno fatto per l’appunto il loro tempo ma possono meglio funzionare nei territori ben circoscritti ed organizzati.
Tuttavia per comodità di coloro che dovrebbero sostituire le “vecchie” guardie si privilegia la postazione “unica” ed agile del computer e del cellulare Android per mezzo dei quali attraverso mailing list e social network raggiungono rapidamente centinaia se non migliaia di interlocutori. In effetti, poiché non vi è la certezza che il tutto funzioni fino a quando poi non si arriverà alla resa dei conti (ad esempio, l’apertura delle urne ed il conteggio dei voti oppure il numero di iscritti al Partito), queste modalità del tutto teoriche servono eslusivamente a mettere in pace la coscienza delle “nuove (e vecchie) leve” politiche ma non garantiscono alcun vantaggio rispetto al lavoro “vecchio” del “porta a porta”, del “confronto diretto” fatto anche di momenti dialettici piuttosto forti.
E’ di certo, quello cui stiamo assistendo negli ultimi tempi uno scontro prevalentemente generazionale. E questo è uno dei grossi limiti che viene edulcorato da messaggi che utilizzano in modo del tutto strumentale il “cambiamento” come rivoluzionario nascondendo gran parte degli obiettivi veri, primo fra tutti la gran voglia di sostituirsi al Potere vigente, scalzando i “vecchi”, a loro volta di certo responsabili di un immobilismo perlomeno trentennale. Si promettono alcune “riforme” spacciandole per significative ed epocali ma nei fatti non si toccano se non in modo parziale i “privilegi” più importanti ed i benefici di un ruolo che dovrebbe essere, come accade nella migliore Europa, esclusivamente “civico”. I cittadini, solo per fare l’ esempio più eclatante non potranno scegliere nulla al di là dei contenitori (il contenuto continuerà ad essere scelto dai gruppi dirigenti) e, se non verranno affrontati i nodi strutturali del “lavoro”, non avranno nulla di meglio in cambio; anzi anche i lievi vantaggi economici annunciati e, sembra per ora, confermati si ridurranno con la progressiva perdita di posti di lavoro sicuri, nella migliore delle situazioni scambiati con posti di lavoro precario o con interventi provvisori di sostegno economico.
Forse qualche intervento un po’ diverso e più coraggioso anche nella struttura istituzionale poteva essere avanzato: ad esempio, l’abolizione del “vitalizio” per i parlamentari sostituita da un computo “vantaggioso” (due anni per uno) dei contributi pensionistici (alla pari dei lavoratori del settore pubblico di livello dirigenziale in missione temporanea all’estero) per gli anni trascorsi a servire lo Stato sulla base della retribuzione certa o presunta del lavoro precedentemente svolto; a tale proposito vi sarebbe l’esigenza che, per accedere ad un ruolo istituzionale parlamentare (Parlamento, Governo o Regione), occorra avere a monte un lavoro al quale, dopo un massimo di due\tre legislature per tutti, si possa ritornare, o perlomeno si debba prevedere un’ “exit strategy” istituzionalizzata che non preveda tuttavia sperequazioni inique a svantaggio dei comuni cittadini. Forse una soluzione diversa ma radicale nel settore centrale dal punto di vista politico ed umano del “Lavoro” ci poteva stare: la proposta di un “salario minimo garantito di cittadinanza” a tutti, a partire dalla disponibilità ad entrare nel mondo del lavoro regolarizzato in modo equo, con il termine “equità” rispettato ed osservato da regole ferree che condizionino tutte le parti in gioco (gli interessi degli imprenditori e la dignità dei lavoratori).
Giuseppe Maddaluno
Leggere
http://www.fabriziobarca.it/viaggioinitalia/wp-content/uploads/2013/06/Left-22-giugno_BARCA.pdf

GLI ESAMI NON FINIRANNO MAI (altre doleances)

GLI ESAMI NON FINIRANNO MAI (altre doleances)

Il mio “cahier de doleances” non finisce qui e continuerò a scrivere anche di questioni positive, riferendomi a quel che è avvenuto nelle Commissioni che ho presieduto nel corso di questi anni, non perché siano esemplari ma perché ne conosco dettagliatamente le caratteristiche:  tra l’altro,  ho sempre pensato che  compito del Presidente dovesse essere quello di rendere sereno il dialogo tra educatori ed allievi e che non è certamente con domande alla “Rischiatutto” che si riesca ad acquisire  il merito della qualità della preparazione e del conseguimento di un metodo di studio propedeutico a quello successivo.

E poi cosa dire di quei docenti che, mentre lo studente è impegnato ad esporre spesso con fatica le sue conoscenze, leggono il giornale oppure intrattengono grandi chiacchierate tra loro ed a volte, quel che è ancora peggio, intervengono in modo scortese. Non capita spesso, ma segnalazioni di tal genere mi sono pervenute e da parte di persone di cui non posso che fidarmi. E la cosa più grave è che sono gli “interni” ad infierire di più sui loro allievi.

Bisogna tener presente che, come per gli studenti, anche per i docenti l’Esame di Stato è il “terminale” di un percorso, individuale e collettivo, e dunque quel che si raccoglie tra fine giugno ed inizio luglio è anche il “frutto” di tutto quanto “coltivato” in quel lasso di tempo: e così si può annotare, attraverso i comportamenti quanto valgano sia gli studenti che i docenti e di quale “pasta” siano composti. Mi permetto di suggerire che, di tanto in tanto, i docenti siano sottoposti a visite che non siano soltanto riferite alla teoria ed alla preparazione di base (il “nozionismo” vituperabile) ma anche alla capacità di “insegnare” cioè “trasmettere con passione” le proprie conoscenze e che le “valutazioni” vengano redatte da una Commissione “esterna” all’ambiente scolastico, nella quale però non vi siano “conflitti di interessi” (né allievi né genitori né docenti). Capisco bene che la mia proposta sembra essere riferita a dei “marziani”, soprattutto sapendo che viviamo in un Paese che non è mai diventato “normale”.

Siate certi che l’unico obiettivo che mi pongo, quello prioritario – si intenda –, è la difesa della dignità degli studenti, ai quali “inevitabilmente” dovremo lasciare il futuro che è sempre meno “nostro” e sempre più “il loro”. Non è giusto che l’Esame divenga un “calvario” nel quale alcuni docenti trasferiscono le loro ubbie, le loro frustrazioni, le gelosie, le invidie ed anche l’ansia di dover mostrare la loro enciclopedica preparazione. Ritengo che la maggiore responsabilità sia di chi deve controllare, ed in primo luogo – come ho avviato a dire – dei Presidenti. Poi ci sono i membri interni che a volte colgono l’occasione per togliersi sassolini dalle loro scarpe sia sotto forma di rivincita verso colleghi sia di rivalsa dispettosa verso i loro allievi con i quali a tutta evidenza non sono riusciti a creare la necessaria empatia didattica-educativa: anzi, a volte, sono mal disposti nei loro confronti e mostrano cattiverie indicibili, offendendoli prima, durante e dopo il colloquio.  E poi ci sono gli organismi ispettivi ministeriali a tutti i livelli, che andrebbero coinvolti.

Lancio una proposta alle organizzazioni studentesche nazionali: chiedano di costituire in ogni scuola un nucleo semmai formata da studenti “esterni” che, durante il corso degli Esami di Stato, che sono “pubblici” e dunque non possono avere margini di segretezza, sia delegato ad ascoltare eventuali recriminazioni rispetto alla corretta applicazione della legge che regola la conduzione degli esami.

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A FUTURA MEMORIA! non si dica mai “I tempi erano oscuri perché loro hanno taciuto” (G.E.)

un reloaded da POLITICSBLOG (siamo nell’aprile 2014)
A FUTURA MEMORIA! non si dica mai
“I tempi erano oscuri perché loro hanno taciuto” (G.E.)

Tutto fu molto rapido. Avevamo subìto scacchi difficilmente sopportabili per chi non fosse da tempo avvezzo alla pratica politica (la vittoria\sconfitta di febbraio 2013, la carica dei 101, il nuovo Governo con la Destra): eravamo sbeffeggiati ed umiliati da gente che non sempre avevamo stimato ma che incontravamo abitualmente nei nostri luoghi. Eravamo partiti da meno di un anno con documenti chiari e progetti innovativi all’interno dei quali la critica non era connotata nè da ipocrisia nè da piaggeria; il nostro Circolo si presentava non per le cose da fare ma per quelle che aveva già praticate e intendeva continuare a farle.
In tali contesti la lettura della “Memoria politica” che Fabrizio Barca aveva stilato nell’aprile 2013 a conclusione della sua breve esperienza di Governo e ad inizio della sua (ri)militanza politica ha costituito per noi un invito a riprendere il cammino ed un rinnovo delle “passioni” temporaneamente sopite.
Fu, da quel momento, tutto molto rapido. Contattammo il Circolo PD di via dei Giubbonari a Roma dove Fabrizio si era iscritto ed, attraverso la Giulia, riuscimmo ad avere con immediatezza il contatto di Silvia. Dal 30 aprile al 1° Maggio fissammo la data del 5, appena quattro giorni dopo, per quella che sarebbe stata la prima delle tappe “extra moenia romanae” del “Viaggio in Italia”, che abbiamo poi seguito con attenzione e speranze, passioni ideali e pratiche reali.
Abbiamo da sempre sostenuto che il Rinnovamento dovesse avere un profondo radicamento nella Cultura e nella Conoscenza, costruito mattone su mattone attraverso un lavoro costante e quotidiano basato su una profonda coerenza fra idea e prassi; in poche parole proprio quello che Fabrizio Barca chiama “sperimentalismo democratico”. E la stessa idea che l’azione politica debba muoversi dalle periferie, dai Circoli, dall’Associazionismo diffuso (come lo è dalle nostre parti) per andare verso i “centri” e non viceversa, ci convinceva e ci stimolava ad andare avanti, a fare di più, molto di più.
E, dunque, con lo strumento de “La Palestra delle Idee”, che richiamava in sé il “Partito palestra” di confronto di idee apertissimo ai contatti, ai rapporti che arricchiscono le “sintesi” provvisorie e finali, abbiamo lavorato su alcuni temi che coinvolgono il nostro territorio di appartenenza, un’area ad Ovest del Centro storico di Prato fra le due arterie parallele (Via Filzi e via Pistoiese) della cosiddetta “Chinatown”, la Declassata Firenze Prato Pistoia e la Tangenziale Sud-Nord: il Quartiere di San Paolo.
Abbiamo iniziato ad affrontare tematiche come l’Educazione Multiculturale, lo Sviluppo e la Cura del Territorio, le condizioni socio-ambientali, le questioni della Famiglia, l’esigenza di operare su Sviluppo, Cultura e Conoscenza, le problematiche della Partecipazione e del Decentramento, avendo tuttavia una profonda difficoltà di confronto proprio nel Partito cui apparteniamo, le cui esigenze primarie (ricordando un antico “primum vivere”) si sono sempre più collegate alla necessità di mantenere saldo il rapporto con il Potere lasciando molto meno spazio ai ragionamenti culturali, accusati di eccessivo ideologismo. Hanno cercato di neutralizzarci sin dal primo momento attraverso una sorta di “normalizzazione” sotto forma di riconoscimento chiamandoci a partecipare, unici non referenti di aree o correnti specifiche o di capi-bastone locali, ad un sedicente “tavolo unitario”, alla fine del quale, dopo discussioni chiaramente inutili ed oziose, strumentali, alcuni – pochissimi (tre\quattro) – personaggi anche esterni al Tavolo (deus ex-machina ???) sono giunti alle scelte finali salomoniche (questo a me, questo a te, questo al figlio del re).
Da lì in poi una lunga progressiva inarrestabile deriva, contrassegnata da un lato da una “marcia trionfale” di un “carro” sempre più colmo di gente dalla disparata provenienza “storica”, non solo giovani già esperti di fallimenti e sconfitte ma anche vecchie volpi affamate e tanti assertori di un’era post-ideologica dove tutto sarebbe concesso in nome del populismo e della demagogia, dove non sia più distinguibile l’appartenenza ma prevalga del POTERE fine a se stesso.
Noi, non ci stiamo! e, sembri strano a chi non ha voglia di capire in nome di una “sua” pur legittima coerenza, ribadiamo i principi ai quali ci siamo ispirati che sono ideologici solo per la profonda appartenenza alla Sinistra, quella davvero moderata, quella progressista, quella davvero riformista.
Ecco; noi lavoriamo in questa direzione. Non ci interessano, lo abbiamo ribadito e dimostrato pienamente, non sedendoci al momento “giusto” ad ipocriti ed ambigui banchetti, i posti né le medagliette ricordo.
Anche il Progetto che abbiamo presentato a Fabrizio Barca per i suoi “Luoghi idea(li)” ha la caratteristica di un Laboratorio per il futuro, basato sull’utopia che, attraverso la Cultura e la Conoscenza, si possa costruire progressivamente un microcosmo migliore.
Alcuni moduli del Progetto si sono già mossi. Quello che oggi parte è uno di essi. Politicsblog.

Articolo 1
Il Tirreno Prato 5 maggio 2013

Articolo 2

La Nazione Prato 5 maggio 2013

 

La rapidità è una delle caratteristiche della Politica moderna; ma, attenti alle facili ubriacature, si rischia di andare a sbattere.

Caro Fabrizio – “noi” avevamo fiducia in te e chiedevamo aiuto per continuare a sperare!

Caro Fabrizio – “noi” avevamo fiducia in te e chiedevamo aiuto per continuare a sperare!

Oggi leggiamo alcune tue dichiarazioni – e forse è il momento di chiarirci – quel che è scritto in questo vecchio Redazionale di POLITICSBLOG è il segno degli obiettivi mancati – facciamo un “report” su tutto questo?

http://www.huffingtonpost.it/2016/07/18/fabrizio-barca-pd_n_11048570.html?utm_hp_ref=italy&ncid=fcbklnkithpmg00000001

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Redazionale

Chissà quanti in questi ultimi lunghi mesi dall’aprile 2013 si sono fatti la stessa domanda: ma il “Partito nuovo per un Buon Governo” di cui parla Fabrizio Barca nella sua “Memoria politica dopo 16 mesi di governo” che fine ha fatto?
A noi sembra che il PD che conoscevamo e che dava già allora segnali di difficoltà, dovuti anche a tutta una serie di “incidenti” e di “scelte non condivisibili” si sia liquefatto: più che “partito liquido” sembra che sia stato “liquidato” da una Dirigenza nazionale aggressiva da una parte e debole, accondiscendente accomodante arrendevole ed ipocrita dall’altra, che è sorretta a mo’ di pendant dalle nuove leadership locali. Noi non intendiamo sostenere questo stato di cose, turandoci il naso in modo più intenso di prima; noi vorremmo che qualcuno, ed in molti pensano a Fabrizio Barca, avesse più coraggio.
Vogliamo dire BASTA anche a tutti coloro che, sul territorio italiano, si sono assuefatti a tutto questo e non hanno il coraggio di denunciare, in cambio forse di un piccolo marginale riconoscimento, di qualche dono in futuro, di qualche ruolo minimo, questa aberrazione in atto, questa metastasi della democrazia. Perché sdegnarsi di fronte alla denuncia di queste azioni, con il chiamarle “colpo di stato”? perché costringerci ad avere sostegni strumentali dai nostri avversari? Non ci fa paura l’emarginazione; aspetteremo con pazienza di crescere. Ritornando a Fabrizio Barca, nella sua “Memoria politica” nella parte inziale introduttiva diceva:
“Viviamo un momento di grave crisi, internazionale, europea e ancor più italiana. Che richiede un forte presidio di governo. Non ci sono dubbi. Tuttavia, questo presidio avrà effetto solo se contemporaneamente sarà avviato il ridisegno dei partiti. Senza esitazioni o l’alibi che altre sono le urgenze. Si deve cambiare, perché la crisi è figlia anche della crisi dei partiti. È un progetto per il quale servono molte persone di buona volontà, coese e capaci di lunghi cammini.”
Barca ventilava l’ipotesi di un “ridisegno dei partiti” e più avanti aggiungeva
“La mia tesi è che il bandolo della matassa sta proprio nei partiti. Nel senso che solo una nuova forma partito – radicalmente lontana dall’attuale perversa fratellanza con lo Stato ed emendata dal mito della democrazia istantanea della rete – può dare corpo alla costruzione di pubbliche decisioni che assicurino a noi italiani un buon governo, sfidando in maniera continua lo Stato in un processo costituzionalmente garantito dove si confrontino saperi e producano innovazioni.”
Leggere questi passi della “Memoria” ci invitava ad avere fiducia che il cambiamento, il rinnovamento fossero avviati e sentire parlare di “sinistra” era musica per le nostre orecchie che giudicavamo in modo negativo l’appiattimento paludoso della leadership del Partito e ci eravamo spesi con le nostre parole ma soprattutto con le nostre azioni a denunciarne i contorni; per questi motivi avevamo voluto nascere contro la volontà dei molti anticipando nei “fatti” quella “rivoluzione” a chiacchiere cui stiamo assistendo, tanto che per tantissimi noi eravamo considerati “a torto” precursori del “renzismo”. Molto lontani da esso noi siamo; e non ci manca il coraggio di affermarlo e di praticare il nostro “dissenso” ma consideriamo il Partito Democratico il nostro Partito, per il quale abbiamo lottato sin dagli inizi, anche allora contro coloro che temevano di poter perdere il loro ruolo di Potere e si opponevano alla sua nascita. Anche per le caratteristiche con cui “oggi” si va muovendo quello che fu il “Partito Democratico” che noi abbiamo fondato, inquinato come è – complici Dirigenti incapaci di mantenere in piedi delle “regole” rispettose di coloro che al Partito attraverso un patto avevano aderito – da presenze che ben poco hanno a che vedere con la Sinistra, il PD non è più riconoscibile, a conferma di chi senza tanti giri di parole afferma che non vi sia più distinzione fra Destra e Sinistra. Ovvio, dunque che occorra chiedersi, e qui torniamo all’avvio di questo intervento, che fine abbia fatto l’elaborazione politica di Fabrizio Barca, ed è infatti a lui che ci rivolgiamo per saperlo. Aggiungiamo un ultimo passo dal quale si ricava con evidenza che quanto oggi “NOI” diciamo conferma quanto nell’aprile di un anno fa scriveva Fabrizio Barca.
“Nel tratteggiare questa nuova forma partito cesso da questo momento di riferirmi a un “partito in genere” e prendo a riferirmi a un “partito di sinistra”, d’ora in poi “partito”. Per due ragioni. Poiché è il partito al quale i miei convincimenti mi conducono a lavorare. E perché alcuni profili della forma partito che mi accingo a tratteggiare sono costitutivi degli stessi convincimenti che contraddistinguono un partito di sinistra. Scrivo “di sinistra”, come fino a fine anni ’80 si definivano sia alcuni partiti, sia alcune correnti del partito della Democrazia Cristiana, anziché usare altre circonlocuzioni, per sottrarmi all’ipocrisia di questi anni recenti, attenermi concretamente a come ci si divide nell’emiciclo delle assemblee elettive, ritrovare un più trasparente terreno di confronto con i partiti “di sinistra” – devo scrivere left? – del resto d’Europa e del mondo. E ancora perché è nel contenuto dei convincimenti dichiarati, non nella rinunzia alla parola “sinistra”, che si misura l’adesione del partito al pluralismo e ai diritti dell’individuo, che in una fase storica una parte della sinistra ha erroneamente considerato negoziabili.”

a cura del Comitato Redazionale di Politicsblog

In allegato il link del Documento intero cui si fa riferimento:
http://www.fabriziobarca.it/viaggioinitalia/un-partito-nuovo-per-un-buon-governo-fabrizio-barca/

reloaded giugno 2014 – Ambiguità delle parole come “rinnovamento”, “conservazione”, “rivoluzione”, “cambiamento” proposte come “positive” SONO IN EFFETTI AMBIGUE

Sono passati due anni ma l’analisi che pubblicai è ancora viva ed attuale – per la STORIA

Ambiguità delle parole come “rinnovamento”, “conservazione”, “rivoluzione”, “cambiamento” proposte come “positive”
SONO IN EFFETTI AMBIGUE

Occorre fare “Rete” e deve essere a maglie larghe in nome della Libertà e della Democrazia. Quello che serve è superare il muro di silenzio che i “mass media” ( al di là di qualche “strumentale” dissenso da parte di pochissime testate ) stanno imponendo a tutti coloro che esprimono dissenso nei confronti del “conformismo” dilagante che ha visto accrescere il sostegno all’azione di “rinnovamento” a tappe forzate proposto dall’attuale Segretario del PD.
Non è facile dissentire di fronte ad un sostegno così apparentemente ampio, anche perché si rischia di apparire dei conservatori ideologici arroccati nel mantenere posizioni e rendite. Di certo sembra che questo possa essere l’obiettivo giusto della “critica”, ma sta di fatto che la maggior parte di coloro che quelle rendite e posizioni le vogliono “conservare” sono nel “mucchio” dei sostenitori del “rinnovamento”. Occorre ad ogni modo fare attenzione su quanto è accaduto negli ultimi mesi all’interno del Partito Democratico partendo da quanto noi conosciamo in maniera più diretta, che sono alcune realtà locali. Poniamoci una domanda utilizzando la “matematica”: come si attua un “rinnovamento” quando l’80% della vecchia guardia di un gruppo dirigente si ritrova a sostenere il “vincitore” ed i suoi non sempre “vergini” sodali: se dovessi usare un termine “storico” più che rinnovamento scriverei “restaurazione”. E senz’altro anche la Restaurazione di inizio XIX secolo apparve ad una parte considerevole degli Stati europei una scelta rivoluzionaria! Ecco dunque l’ambiguità della terminologia: chi dissente dal “rinnovamento” fatto in queste modalità viene considerato “ideologico e superato” oltre che conservatore, difensore dello “status quo”. E sono terminologie, se vogliamo esser seri, parimenti incentrate su un significato ideologico che nulla di più e di meglio può aggiungere per contribuire ad un vero positivo cambiamento. Il “cambiamento” non c’è stato e non ci può essere se al mutare delle sembianze (identità ed età) non corrisponde un coerente mutamento delle metodologie di approccio ad i temi che valorizzino la Democrazia. Ed infatti la maggior parte di coloro che hanno affollato con entusiasmo e passione – e con un po’ di sana rabbia – i “gazebo” delle Primarie alzando i toni della contesa “rivoluzionaria” si sono, in nome di un mondo nuovo rispetto al “vecchio” da alcuni militanti d’annata rappresentato, ben guardati dall’assumere un impegno più concreto nei Circoli. L’utilizzo del web sembra la panacea ad alcuni di loro ma non tengono conto dell’invecchiamento della popolazione e del relativo analfabetismo tecnologico diffuso su tutti i territori; accanto a questo va aggiunto che la maggior parte dei cybernauti sono “giovani” e, per ragioni molto serie, sono arrabbiati con chi governa perché lo ritengono (abbiano ragione o meno, in questo momento poco importa) responsabile del “disagio” collegato alla perdita di posti di lavoro ed alla non creazione di nuove e concrete opportunità lavorative. E così corrono dietro la “rabbia” di chi si oppone in modo strumentale: i dati statistici sono chiarissimi riguardo all’attenzione con cui la maggioranza dei “giovani” guarda al M5S, guidato da demagoghi populisti rivoluzionari catastrofisti. Il web dunque è già occupato e lo spazio residuale è scarso. Chi si oppone all’interno del PD ha pochi spazi in questo appiattimento generale sulle posizioni fortemente maggioritarie ed è visto come chi, rimanendo fermo sulla riva di un fiume, attende i passaggi dei cadaveri degli avversari. Non possiamo dare questa impressione, conoscendo il nostro attivismo critico; ed allora ecco che emerge la necessità di mettere in piedi un Gruppo che accolga i “Democratici” convinti che l’attuale Dirigenza non sia idonea a rappresentare in modo coerente i principali valori fondanti del Partito.
Se tuttavia continuiamo solo a dircelo fra di noi e non lo esprimiamo rivelando le contraddizioni che sono all’interno dello stesso percorso piegato ad una “democrazia” di comodo non riusciremo mai a far emergere queste nostre posizioni che, se da una parte non vogliamo siano strumentalizzabili, dall’altra desideriamo non accantonare nemmeno temporaneamente come “per necessità contingente”(non è mai il momento e dobbiamo turarci le narici e procedere malgrado) ci viene richiesto. Non vogliamo e non possiamo confonderci con chi a suo esclusivo vantaggio va sbandierando il vessillo della Democrazia contro l’Oscurantismo oppure quello della Speranza contro la Disperazione o quello del Fare contro il Disfare. Lasciamo a costoro il tempo della loro Propaganda Politica e lavoriamo per il “dopo”! non è mica vero che siamo all’ultima spiaggia; questo è il vero “catastrofismo”! come a dire “o ti mangi questa minestra o ti butti dalla finestra”. Non abbiamo bisogno di balie; sappiamo ragionare e condividiamo molti aspetti della critica alle istituzioni che, negli ultimi mesi, sembra essere unico appannaggio di chi governa. Se si deve mettere mano agli sprechi lo si faccia con una scelta “costituente” che ridisegni nel complesso o non a pizzichi e bocconi il quadro istituzionale con regole nuove e stringenti. Ma lo si faccia partendo dalla base dei Circoli non dai gruppi dirigenti che penserebbero prioritariamente ai propri interessi.

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reloaded aprile 2014 – per la Storia Caro PD, prendiamoci una pausa di riflessione di Annamaria Abbate

Abbate

L’autrice, Annamaria Abbate è pubblicista, iscritta all’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Di formazione umanistica, si è sempre impegnata nel sociale e nella cittadinanza attiva ricoprendo incarichi di coordinamento anche nazionali. Ha lavorato in movimenti per la salvaguardia e l’estensione dei diritti civili e di cittadinanza; per la Libertà di Ricerca e Cura; nel comitato Salviamo la Costituzione; in associazioni promotrici di una piena partecipazione civica e per la riforma della politica; ha perfezionato le competenze frequentando corsi di formazione presso le facoltà di Scienze Politiche delle Università di Bologna e di Forlì, e un corso di comunicazione politica presso l’ Università Libera di Bologna Alexis De Tocqueville. Ha svolto il compito di Coordinatore Provinciale del PD Cremona nel periodo della sua fondazione. Fa parte della segreteria regionale PD Lombardia con delega alla Formazione politica. Alle amministrative 2009 è stata stata eletta a Cremona in Consiglio comunale ed è stata membro della Commissione Territorio e della Commissione Servizi sociali.

Caro PD, prendiamoci una pausa di riflessione
apparso su Politicsblog aprile 2014

A volte le cose per vederle meglio devi guardarle da lontano.
Finché ci sei dentro, troppo dentro, con la testa e con il cuore, intendo, non saprai mai davvero perché sei lì.
Certe esperienze politiche sono parabole d’innamoramento.
Certe altre, matrimoni d’interesse.
La mia col partito democratico, non è né l’una né l’altra.
Allora, per poter capire cos’è, mi prendo, ad libitum, una pausa di riflessione.
Però porto con me l’istantanea degli ultimi momenti insieme.
La foto di un rapporto, che era stato di lealtà e fiducia, ma che ora appare ormai logoro e irriconoscibile.
Ci chiamiamo Partito Democratico, ma ormai il pluralismo è rimasto un pallido ricordo: chi non si allinea al pensiero unico viene variamente zittito al grido”Gufi! Noi abbiamo vinto le primarie!”.
E così, anche la parola Primarie, insieme a Rinnovamento,Ricambio, Etica pubblica, Riduzione dei costi della politica, Donne, ha perso sapore. Né più né meno di un alimento contraffatto. Stesso aspetto dell’originale, ma ben altra la salubrità. Molta apparenza, altra sostanza.
Sul merito e sul metodo di queste riforme istituzionali, pasticciate, disorganiche, raffazzonate e dilettantesche si sta giocando la residua credibilità, non di questo Governo e del Partito democratico, che sarebbe poca cosa, ma della Politica. Eppure, la canea mediatica ha una sola voce: o sei con Renzi o sei un conservatore, “professorone”e “parruccone”. Tertium non datur.
Dice:” quelli di prima sono stati degli incapaci, hanno portato il paese sull’orlo del baratro con le loro lungaggini, le loro discussioni infinite, le loro mediazioni. Restano abbarbicati alle loro poltrone da anni. E’ ora di cambiare. Largo ai giovani. Chiunque di loro può far meglio dei vecchi. E soprattutto chiunque può farlo più velocemente”.
Il mantra della velocità ha subito un’accelerazione esponenziale negli ultimi mesi. Ha attraversato come una lama nel burro persino le più ostinate sacche di resistenza critica. Quelle che ancora avevano storto il naso davanti al giovanilismo galoppante e che mal si piegavano davanti al beauty contest parlamentari e ministeriali.
Abbiamo buttato via il bambino con l’acqua sporca, diceva Vittorio Emanuele Parsi a Omnibus(trasmissione del 27/04/2014). E ha usato una metafora semplicissima ma molto efficace per spiegare il suo sconcerto sui metodi e sui contenuti delle proposte di riforme del Governo. E’ come affidare la guida del bus alla vecchina o al bambino senza patente seduti in fondo, solo perché l’autista, con la patente ma ubriaco, lo ha portato fuori strada. Per fare le riforme, non basta essere giovani e belli, almeno la patente ci vuole.
Ecco, la patente. Quella cosa che si prende studiando, facendo pratica, imparando dagli errori anche i propri limiti. Perché inesperto è bello se fai una torta casalinga da portare in oratorio. Ma se devi mettere mano nientemeno che alle Istituzioni, un po’ di umiltà e di timore reverenziale, pur senza essere professoroni e parrucconi, dovrebbe anche lambire chi non è passato neanche da un piccolo Consiglio comunale.
Ripenso alla scuola di politica del PD Lombardia che ho avuto l’onore di condurre. Una culla straordinaria di pluralismo e di laicità. Un luogo di confronto e di crescita straordinario in cui hanno sempre trovato piena cittadinanza tutte le “sensibilità” del nostro neonato partito. Un luogo necessario, perché fin dalla nascita la dimensione organizzativa aveva assunto un ruolo dominante. Ci eravamo impegnati a confezionare la scatola, e avevamo rimosso il problema essenziale che è elaborare quello che volevamo metterci dentro in quella scatola. Mentre fondazioni e think tank, i famosi serbatoi di pensiero, proliferavano per dare parvenza di dignità a correnti di potere, la nostra Formazione politica aveva l’ambizione di contribuire a delineare una Cultura politica per il partito.
Senza una Cultura politica, votati al culto della velocità e della gioventù siamo quei marinai per cui nessun vento è favorevole perchè non sappiamo a quale porto vogliamo approdare. Ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est, ammonisce Seneca. Ma è una massima per vecchi barbogi nostalgici di roba polverosa e frusta. Roba da professoroni.

reloaded 4 luglio 2014 – GLI ESAMI NON FINISCONO MAI

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reloaded 4 luglio 2014 – GLI ESAMI NON FINISCONO MAI

Era il 4 luglio 2014 ed avevo concluso gli Esami di Stato – le riflessioni di allora valgono come quelle di quest’anno – ma, come ho scritto nei giorni scorsi, non valgono per “tutti”, soprattutto per alcuni colleghi docenti ai quali andrebbe rivolta una particolare attenzione da parte delle autorità sanitarie!

Domani terminerà il mio Esame di Stato 2014. Quando scrivevo l’altro giorno di non potermi considerare una persona “normale” oltretutto non avevo pensato al fatto che non sono fra i molti che hanno a noia e rifuggono dal partecipare agli Esami di Stato come Commissari esterni e Presidenti. Quanti ce ne sono fra colleghi che anche senza avere motivi validi cercano in tutti i modi di “sfangarla” quando viene il tempo degli esami di metà giugno! Eppure è una delle esperienze più interessanti e valide nel permetterci di conoscere altre scuole, altri docenti, altri studenti, altri luoghi: non dico che pagherei per parteciparvi perché non sono “bischero”, ma di sicuro è un momento di conoscenze e di crescita straordinario. Il lavoro che scelsi di fare a metà anni Settanta è uno dei più belli e stimolanti che vi siano, a patto che si accetti che il divario di età fra noi e gli studenti si amplifichi progressivamente; all’inizio fra me e loro vi era una differenza risibile (addirittura in una delle mie prime supplenze a Bergamo ero più giovane della maggioranza degli studenti, essendo capitato in un Corso serale) e poi man mano tranne pochi casi (altri Corsi serali stavolta a Prato) il “gap” fra me e gli studenti è cresciuto ed ora, già negli ultimi anni ed in occasione di questa esperienza della Maturità 2014, incontro giovani che potrebbero essere miei nipoti. E sono stimolanti queste occasioni che continuano ad aprirci la mente e ci permettono di interloquire con colleghi che propongono visioni diverse dalle tue, che ti parlano di percorsi realizzati che hanno prodotto risultati tangibili: ed ecco che ti donano libri già a prima vista interessanti e preziosi oppure ti mostrano locandine di spettacoli teatrali e fotografie di incontri con personaggi della Cultura e dello Spettacolo organizzati nell’ambito scolastico. Ovviamente c’è uno scambio di idee e di doni che potrebbe preludere anche a cooperazioni successive. E’ accaduto sempre: intanto quando si andava “fuori sede” si conoscevano anche luoghi e storie di quei territori ed in più occasioni vi erano ulteriori momenti extraprofessionali estremamente coinvolgenti (spettacoli teatrali – visita a monumenti – cene in locali tipici con cucina locale etc ). E’ in ogni caso chiaro che vado ricordando queste mie antiche esperienze collegandole a quella di quest’anno, primo della mia carriera di docente “pensionato” (un docente non va mai in pensione, altrimenti che “docente” è?); non scriverò per ora in quale scuola sono stato nominato (chi mi conosce lo sa) perché non è importante di per sé. Posso però dire di avere trovato docenti e studenti molto preparati e capaci di essere per me stimolanti per futuri progetti culturali, alcuni dei quali vado man mano costruendo. Utilizzo per me in modo positivo il titolo della famosa commedia di Eduardo De Filippo, “Gli esami non finiscono mai” sottolineando la necessità di mettersi sempre in discussione giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto sapendo che ciascuno di noi vive se continua ad essere curioso. Diversamente può dirsi “morto”!

G.M.

GIL O DELL’AMORE E PASSIONE 4

GIL O DELL’AMORE E PASSIONE 4

“Immaginate di essere alla finestra della vostra stanza e di osservare il mondo esterno utilizzando il vostro “mondo interno” come elemento di confronto”

Gil ispirandosi al verde paesaggio al di là delle finestre mise insieme nella lezione le sue conoscenze letterarie, filosofiche e soprattutto cinematografiche.

Si rifece a Bergson, a Robbe Grillet ed a Resnais e trattò di Proust e Joyce, utilizzando in modo pratico il “monologo interiore”: “Se leggete “Eveline” di Joyce avete una prima fonte…

“SHE sat at the window watching the evening invade the avenue. Her head was leaned against the window curtains and in her nostrils was the odour of dusty cretonne. She was tired.
Few people passed……. “

“ Sedeva alla finestra osservando la sera invadere il viale. Teneva la testa appoggiata alle tende e nelle narici aveva l’odore della cretonne polverosa. Era stanca. Passava poca gente…….”

“Ascoltate anche voi i rumori, inalate i profumi e gli odori ed abbandonatevi alle sensazioni, in un continuo “stream of consciousness”. Per poterlo fare dovete immaginare, ciascuno dal vostro posto chiudendo gli occhi e respirando lentamente e profondamente”.

Gil aveva continuato a leggere brani da quella parte dei “Dubliners” di Joyce e si era inoltrato nel concetto di “epifania”, quella particolare “scoperta rivelatrice” di qualcosa che ci spinge a conoscere parti fin allora ignote ed appartenenti a persone a noi molto vicine.

E ancora lesse brani da “The Dead” l’ultimo dei “Dubliners” joyciani ed altri brani da “La Recherche” la cui lettura e lo studio erano freschi ricordi.

Passarono quasi due ore e la varietà dei temi illustrati con efficace narrazione incantò gli studenti, creando effetti creativi e stimolanti fino ad allora mai provati.

Lo stesso Gil si sorprese. Ed in particolare egli notò alcuni tra gli allievi particolarmente interessati che gli posero una serie di domande. Arrivò l’ora della fine delle lezioni e lui sciamò confuso tra gli studenti, passando del tutto inosservato davanti al Preside ed a parte del personale della scuola.

Tornò a casa, stanco ma soddisfatto dell’impresa, che aveva rivelato le sue capacità didattiche nella pratica e non solo nella teoria.
Non sapeva lui quel che aveva prodotto nelle giovani menti con le quali era entrato in contatto.

leo

Lisa tornò a casa, entusiasta di questo giovane docente incontrato che le aveva aperto la mente su mondi e realtà molto diverse e lontane da quelle cattedratiche ed accademiche dei professoroni che continuavano a parlare di Pascoli e Verga, di Virgilio e Catullo e non conoscevano, forse, la contemporaneità ed i meccanismi mentali che la caratterizzavano. Fu un fiume in piena; gli occhi le brillavano dalla gioia e trasmetteva in modo straordinariamente efficace le emozioni provate quando, a cena, con la madre e la sorella, si ritrovò a poterle condividere.

…continua…