VOTERO’ NO ascoltando le fandonie di coloro che sostengono il SI al referendum di autunno-inverno (e non è una collezione di moda)

UN BREVE POST per argomentare sulla “bufala” dei COMITATI PER IL SI (“basta un si”) intorno alla questione della legittimità dell’attuale Parlamento, eletto con il “Porcellum”

La Corte Costituzionale tra la fine del 2013 e gli inizi del 2014 dichiara l’illegittimità COSTITUZIONALE di tutta una serie di articoli riferiti alla legge n.270 del 21 dicembre 2005. Allo stesso tempo la Corte Costituzionale nel pieno delle sue funzioni “democratiche” si richiama al “principio fondamentale della continuità dello Stato, che non è un’astrazione e dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento.”
Ciò detto tuttavia, pur non assumendo carattere “prescrittivo legale”, ha un profondo valore “etico” ed un Parlamento che avverta minimamente la “responsabilità morale” di essere derivato da una Legge elettorale in ogni caso dichiarata illegittima non si carica di procedere in modo diretto alla modifica di parti importanti della Carta Costituzionale e, continuando a mantenere pienamente le sue competenze amministrative e legislative, avrebbe dovuto onorare la sua “continuità” con l’indizione di una “fase costituente” parallela con il compito di riscrivere in modo organico la seconda parte relativa all’Ordinamento della Repubblica italiana.
Detto questo, va rilevato che l’attuale proposta, forse proprio perché frutto di un’elaborazione che risale alla irresponsabilità dell’attuale Parlamento guidato da un Governo “legittimo” per le procedure ma “eticamente illegittimo” per il percorso utilizzato (non dimentichiamo le modalità “shakespeariane” dello “stai sereno” seguite da una serie di pugnalate!), è un vero e proprio “mostro di ambiguità ed ipocrisia” che va rigettato con un sonoro “NO”.

VOTERO’ NO ascoltando le fandonie di coloro che sostengono il SI al referendum di autunno-inverno (e non è una collezione di moda)

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in allegato qui in calce parte del dispositivo

Sentenza 1/2014 Giudizio Presidente SILVESTRI – Redattore TESAURO Udienza Pubblica del 03/12/2013 Decisione del 04/12/2013 Deposito del 13/01/2014 Pubblicazione in G. U. Norme impugnate: Artt. 4, c. 2°, 59 e 83, c. 1°, n. 5, e 2°, del decreto Presidente della Repubblica 30/03/1957 n. 361, nel testo risultante dalla legge 21/12/2005, n. 270; artt. 14, c. 1°, e 17, c. 2° e 4°, del decreto legislativo 20/12/1993, n. 533, nel testo risultante dalla legge 21/12/2005, n. 270.

…………….
7.– È evidente, infine, che la decisione che si assume, di annullamento delle norme censurate, avendo modificato in parte qua la normativa che disciplina le elezioni per la Camera e per il Senato, produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale, consultazione che si dovrà effettuare o secondo le regole contenute nella normativa che resta in vigore a seguito della presente decisione, ovvero secondo la nuova normativa elettorale eventualmente adottata dalle Camere. Essa, pertanto, non tocca in alcun modo gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto. Vale appena ricordare che il principio secondo il quale gli effetti delle sentenze di accoglimento di questa Corte, alla stregua dell’art. 136 Cost. e dell’art. 30 della legge n. 87 del 1953, risalgono fino al momento di entrata in vigore della norma annullata, principio «che suole essere enunciato con il ricorso alla formula della c.d. “retroattività” di dette sentenze, vale però soltanto per i rapporti tuttora pendenti, con conseguente esclusione di quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida» (sentenza n. 139 del 1984). Le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono, in definitiva, e con ogni evidenza, un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti.
Del pari, non sono riguardati gli atti che le Camere adotteranno prima che si svolgano nuove consultazioni elettorali. Rileva nella specie il principio fondamentale della continuità dello Stato, che non è un’astrazione e dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento. È pertanto fuori di ogni ragionevole dubbio – è appena il caso di ribadirlo – che nessuna incidenza è in grado di spiegare la presente decisione neppure con riferimento agli atti che le Camere adotteranno prima di nuove consultazioni elettorali: le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare. Tanto ciò è vero che, proprio al fine di assicurare la continuità dello Stato, è la stessa Costituzione a prevedere, ad esempio, a seguito delle elezioni, la prorogatio dei poteri delle Camere precedenti «finchè non siano riunite le nuove Camere» (art. 61 Cost.), come anche a prescrivere che le Camere, «anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni» per la conversione in legge di decretilegge adottati dal Governo (art. 77, secondo comma, Cost.). per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 83, comma 1, n. 5, e comma 2, del d.P.R. 30 marzo 1957 n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati); 2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, commi 2 e 4, del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica); 3) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 4, comma 2, e 59 del d.P.R. n. 361 del 1957, nonché dell’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 533 del 1993, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza per i candidati.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 2013. F.to: Gaetano SILVESTRI, Presidente Giuseppe TESAURO, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2014. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella MELATTI

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IN AUTUNNO VOTO “NO” ANCHE PERCHE’ NON HO FIDUCIA IN RENZI (MA NON SOLO)

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IN AUTUNNO VOTO “NO” ANCHE PERCHE’ NON HO FIDUCIA IN RENZI (MA NON SOLO)

Qualche giorno addietro ho sottolineato le ragioni profonde del contrasto ideale e – per me – etico con il “renzismo”.
Grandi speranze avevamo riposto nel piglio deciso del “giovane” Renzi al suo apparire nei meandri del tubo catodico quando avevamo il nostro daffare con il Cavaliere “ridens” e ci sembrava quasi un fenomeno da “Fata Morgana” la possibilità di poter trovare un avversario che, da Sinistra, avesse delle somiglianze dal punto di vista del carattere e non con quei toni pacati, paterni, tipo quelli di Bersani, che pure godeva della stima di tanti e del sottoscritto.

Quegli anni non molto lontani realmente ma che oggi a noi sembrano tanto insopportabili vedevano le “basi” del giovane PD chiedere a gran voce rinnovamento soprattutto nei metodi di accesso alla Politica e nella costruzione di una partecipazione democratica la più diffusa; ed a qualcuno la parola “rottamazione” cominciava a piacere, soprattutto quando si pensava di poterla applicare a tutte/i coloro che avevano incarnato nel passaggio dai vecchi Partiti al nuovo PD quell’anima “stalinista” centralistica sottilmente autoritaria.
Di fronte alle riflessioni che su questo Blog ho prodotto e probabilmente in concomitanza con un dibattito più acceso del solito nel quale i miei detrattori tenderebbero a dimostrare che il mio NO deciso alla Riforma costituzionale sia esclusivamente da addebitare all’antipatia congenita vesro Renzi alcune “amiche” si sono sperticate a contestare gli addebiti che ho mosso sulle caratteristiche “aperte” delle Primarie che lo incoronarono quale Segretario e gli aprirono la strada verso il Premierato e ne hanno delineato puntualmente con grande precisione tutti i passaggi.
Pur tuttavia se rileggono meglio quelle “mie” righe troverebbero che, accanto alla mia affermata predilezione per Primarie interne (quando si tratta di eleggere il Segretario di un Partito non ci si può permettere di far partecipare chi con quel Partito non ha nulla a che fare!), ho denunciato come, in una piccolissima porzione di territorio nella “civile” Toscana, uno dei registri assegnati ad un Circolo PD fosse inspiegabilmente ed “illegalmente” finito in uno studio di un affermato rampante giovane professionista di DESTRA. E’ del tutto evidente che, se con delle “regole” certe e condivise si apre un percorso verso le Primarie, queste vadano rispettate e, poiché fuori dai Circoli non vi è certezza alcuna della “correttezza” di tali operazioni (in un Circolo PD un elettore del territorio che si è sempre battuto per la Destra difficilmente ci mette piede e, se lo fa, può comunque attestare che “sta cambiando” idea, ma lo deve fare come atto di compromissione: tutti possono cambiare la loro idea e la loro posizione). Però sappiamo molto bene come sono andate quelle Primarie e, se il risultato fosse rimasto quello della prima fase (esclsuivamente “interna” e ad eliminazione) ci sarebbe stata la vittoria di Renzi ma con una ben diversa maggioranza: è dunque chiarissimo come una parte consistente della maggioranza “renziana” nel PD provenga da elettori di DESTRA.
Sulla “rottamazione” che non c’è stata scriveremo poi….

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GIL O DELL’AMORE E PASSIONE – parte 8

GIL O DELL’AMORE E PASSIONE – parte 8

Quel che era certo in quegli anni è che a tantissime – quasi a tutte le – feste che venivano organizzate nelle – e dalle – famiglie per quel nobile intento di “cercare” e trovare dei “buoni partiti” per le giovani il gruppo di Gilberto veniva invitato in blocco e dunque non sempre tutti conoscevano tutti; cioè di solito soltanto i più avvezzi perché abituati nelle proprie famiglie ad interessarsene conoscevano “vita, morte e miracoli” delle case cui accedevano. Gil da parte sua aveva una famiglia abbastanza ristretta ed anche se alla madre ed al padre veniva in mente di chiedere al proprio figlio dove andasse quella sera la risposta al solito sarebbe stata un “Boh! Vado con Federico ed Amedeo, ma non so ancora dove!”.

E così era andata anche quel pomeriggio. Silvia, chi poteva essere Silvia? Tra l’altro Gil era entrato insieme ai suoi amici e si era semplicemente portato su un terrazzino dove altri giovani si stavano intrattenendo a fumare. Apparve poi Leo e, dietro di lui, Lisa – la piccola. Si avvicinò con la grazia che Gil aveva intuito quella mattina a scuola e “Professore, che piacere! Venga di qua, mia madre ha preparato alcuni stuzzichini e, se non facciamo presto, questi luponi non ce ne faranno trovare…”. A Gil non era affatto venuta l’idea che quella fosse casa di Lisa e, poi, Leo aveva parlato di Silvia. Ma chi era Silvia? Le domande gli frullavano per la testa ma si mantenne in modo riservato e non lo chiese, anche perché non sarebbe stato bello affermare di non conoscere la “padrona di casa”. “Grazie, Lisa” e si fece precedere verso la stanza più grande dove era stato preparato uno spazio per il buffet addossato in fondo a ridosso di una finestra mentre al centro tutto era libero per le danze, che tuttavia tardavano a principiare. No, c’era ancora molto da mangiare: avevano fatto in tempo e Gil prese un tramezzino ed invitato da una giovane ragazza bruna e dagli occhi grandi ed espressivi si fece versare un bicchiere di Coca Cola per accompagnarlo. E poi Lisa “Professore, conosce mia sorella? Silvia, questo è il professore che l’altro giorno…..”…

….continua…

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GIL O DELL’AMORE E PASSIONE – parte 7

Fiori

GIL O DELL’AMORE E PASSIONE – parte 7

Era allora proprio per questo motivo che decidevano la sequenza delle loro frequentazioni, soprattutto in quelle famiglie dove c’era un’abbondanza di ragazze che, all’interno di una competizione tipicamente “provinciale” venivano offerte sul mercato delle disponibilità. Nulla di male, si intende; solo un desiderio femminile materno di ricercare il miglior partito possibile. Ovvio che non appena si concludeva l’affare, le feste più o meno finivano: ma le nuove coppie poi venivano invitate alle feste anche per creare esempio ed invidia, oltre a vari gossip. Gil ed i suoi amici non si erano ancora – come dire – compromessi e dunque rimanevano sul mercato delle disponibilità come “maschi”.

Ecco, si presentavano alla festa che avevano scelto come “apertura” concordando che ad un cenno, poi, sarebbero spariti, “tanto – si dicevano – non si accorgeranno nemmeno che siamo andati via; e, se la prossima festa è più varia e ricca di occasioni, vi rimaniamo; se, invece, è più “moscia”, possiamo tornare o decidere di andare ad una “terza”!”.
Andava proprio così: sparivano ed a volte ritornavano, ed è vero che – oppure le padrone di casa fingevano a bella posta – nessuno aveva notato la loro assenza: Gil ed i suoi non comprendevano a quel tempo, tronfi della loro presunzione, che ciò fosse – laddove non finzione – una scarsa considerazione del loro valore.

Avevano centinaia di amiche ed amici, quasi tutti più grandi di loro, aggregati giorno dopo giorno, mese dopo mese, attraverso l’organizzazione di eventi, alcuni dei quali a quel tempo davvero anticipatori sotto tutti i punti di vista.

In una di queste feste Federico notò alcuni suoi allievi e si affrettò a segnalarli, affermando che però voleva evitarli: si sentiva in imbarazzo soprattutto a confondersi con loro nella ricerca vera o semplicemente immaginata o intuita di una compagnia femminile. Gil era invece incuriosito dal rivedere quei giovani che lo avevano colpito per la curiosità intelligente dimostrata in quelle due ore scarse di approccio didattico. Federico si allontanò accompagnato da Amedeo e da una nuova ragazza che avevano incontrato, decidendo di andare ad un’altra delle feste di quel fine settimana di maggio.
“Ciao, Leo! Ti ricordi di me?” “Sì, professore, anche lei conosce Silvia?”
Avrebbe dovuto dire la verità, che non la conosceva, ma che era stato invitato attraverso un passaparola ricevuto proprio da Federico ed Amedeo; però borbottò un “Sì” che era più un gesto del volto che un’affermazione vera e propria.

….continua…

QUEL CHE LA PROPOSTA DI MODIFICA COSTITUZIONALE NON RISOLVE – LA BULIMIA LEGISLATIVA

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QUEL CHE LA PROPOSTA DI MODIFICA COSTITUZIONALE NON RISOLVE – LA BULIMIA LEGISLATIVA

VOTA “NO”

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Ieri mattina al Parco mia moglie ed io per una delle passeggiate all’alba riservate a pensionate e pensionati o a bambine e bambini che non possono sopportare il caldo del sole di fine luglio: “Ciao. Come va?” e giù di lì a parlare dei nostri figli e delle loro fortune o difficoltà, più le seconde che le prime con una signora che abbiamo conosciuto quando nostro figlio Daniele era in una società sportiva di Atletica insieme al figliolo della signora, Francesco. Ingegnere informatico il nostro, avvocato con predilezioni nell’amministrativo suo figlio. E quindi si parla del futuro dei giovani, che forse è più facile per Daniele che già intravede elementi di positività nell’aver scelto degli studi tecnologici ed abbastanza più difficile per Francesco la cui scelta è andata verso le materie giuridiche. In Italia c’è un surplus di avvocati (e, quel che è grave, all’interno dell’Europa, altri Paesi come la Gran Bretagna, ambita meta anche dopo la Brexit, e la Germania hanno un surplus di professionisti legati alla Giurisprudenza) che si affannano a conquistare clientela contribuendo ad allungare i tempi della Giustizia, grazie ad una legislazione farraginosa e complessa, spesso contraddittoria e difficilmente interpretabile (ci è venuto in mente quel che disse un amico impegnato nel settore: “La legislazione va applicata per tutti tranne che per gli amici, per i quali va interpretata”). Ho scritto in modo lapalissiano già in altre occasioni che, di fronte alle migliaia di pagine piene di cavilli e meandri misteriosi, Azzeccagarbugli impallidisce di vergogna. In Manzoni troviamo tante pagine che denunciano la prolissità legislativa del Seicento da lui descritto ne “I Promessi Sposi” (P.S.)

Cap.III P.S.
Era questo uno stanzone, su tre pareti del quale eran distribuiti i ritratti de’ dodici Cesari [3]; la quarta, coperta da un grande scaffale di libri vecchi e polverosi: nel mezzo, una tavola gremita d’allegazioni, di suppliche, di libelli, di gride, con tre o quattro seggiole all’intorno, e da una parte un seggiolone a braccioli, con una spalliera alta e quadrata, terminata agli angoli da due ornamenti di legno, che s’alzavano a foggia di corna, coperta di vacchetta [4], con grosse borchie, alcune delle quali, cadute da gran tempo, lasciavano in libertà gli angoli della copertura, che s’accartocciava qua e là.

Cap. I P.S.
La forza legale non proteggeva in alcun conto l’uomo tranquillo, inoffensivo, e che non avesse altri mezzi di far paura altrui. Non già che mancassero leggi e pene contro le violenze private. Le leggi anzi diluviavano; i delitti erano enumerati, e particolareggiati, con minuta prolissità; le pene, pazzamente esorbitanti e, se non basta, aumentabili, quasi per ogni caso, ad arbitrio del legislatore stesso e di cento esecutori; le procedure, studiate soltanto a liberare il giudice da ogni cosa che potesse essergli d’impedimento a proferire una condanna: gli squarci che abbiam riportati delle gride contro i bravi, ne sono un piccolo, ma fedel saggio.

La mia riflessione è collegata alla prossima scadenza referendaria (della quale non è possibile sapere ancora con certezza la data): e qui mi rifaccio a Walter Tocci che in suo post articolato variamente e ricco di approfondimenti, nell’evidenziare la contraddizione espressa nella volontà di semplificare e velocizzare l’azione parlamentare (per garantire “mani libere” al Governo) ha spinto il Governo a costruire un meccanismo altrettanto complesso e farraginoso senza arrivare al “cuore del problema”.

Tocci parla di “Bulimia legislativa” che è la vera causa delle lungaggini: vi allego in corsivo una parte delle riflessioni di Walter Tocci.

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Bulimia legislativa

La bulimia legislativa è la causa principale del degrado dello Stato italiano. È l’alimento della piovra burocratica, dei contenziosi tra le istituzioni, delle ubbie sulle competenze, dell’ignavia dei funzionari. La normativa ormai è dilagata in tutti i campi, dal fisco, alla scuola, agli Enti locali, alle pensioni, al lavoro, alle procedure amministrative e contabili, ecc. Le chiamiamo ancora leggi ma sono diventate accozzaglie di norme eterogenee e improvvisate che fanno impazzire le amministrazioni, i tribunali e le imprese. Il cittadino non è in grado di comprendere i testi legislativi, deve interrogare i maghi che gli rivelano i misteri delle interpretazioni. Invece di occuparsi del degrado della legislazione, da decenni la classe politica si trastulla con l’ingegneria istituzionale.

Allora, quale è il vero problema? Non è la velocità, ma la qualità. Si dovrebbe rallentare la produzione legislativa – come insegnava Luigi Einaudi – certo non per perdere tempo, ma per approvare poche leggi, organiche, efficaci, leggibili, e delegando i dettagli l’Amministrazione. Per il resto del tempo il Parlamento dovrebbe dedicarsi al controllo degli apparati, all’indirizzo politico e alla verifica dei risultati.

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