LIBERO/A

LIBERO/A

Isabella quella mattina aveva chiesto a Giovanni, suo marito, di accompagnarla in uno dei discount più variamente forniti della città e fra i più economici. Giovanni aveva brontolato perché era intento a seguire i suoi traffici sul computer: digitava e bazzicava siti non proprio adatti alla sua età che ormai aveva superato di un trentennio i primi “anta”. Ciononostante – come di solito faceva pur con riprovevoli ritardi – annuì e si preparò rapidamente ad accompagnare la moglie.

“Scendo in garage a prendere l’auto” le disse e si avviò. Durante il tragitto per il discount Giovanni non mancò di osservare con attenzione tutte le donne, soprattutto le più giovani, che incrociava. Le loro forme lo attraevano naturalmente anche se il suo era un semplice riflesso condizionato, antropologicamente consolidato. Nulla di più. Un’attrazione mentale. Isabella lo capiva ma da tempo non avvertiva gelosia per questa patente predilezione del marito. Anzi lo osservava con una certa pena, anche perché da parte sua da tempo ormai non coltivava rapporti che non fossero di consolidata convivenza, e diversamente da Giovanni aveva una predilezione per la libertà incondizionata, meditando di ritornare da sola nella casa di sua madre.

Giovanni bofonchiò scendendo dall’auto: “Ti aspetto qua…”, non amava quei luoghi ricolmi di oggettini di bassa qualità, cineserie e chincaglierie di dubbio gusto e preferiva astenersi dallo sgomitare in corridoi angusti e di dover seguire i percorsi tortuosi alla ricerca di questo o quello. “Anzi, ne approfitto e mi fermo a fumare una sigaretta qua fuori….Fai con calma: la giornata è bella e si sta bene a girellare. Se non mi vedi, puoi anche cercarmi al cellulare: ce l’hai il tuo? E’ carico?”.
Isabella annuì senza entusiasmo e si avviò verso l’ingresso del negozio.

Giovanni si accese la sua Multifilter Philip Morris Slim Blu e continuò sul suo cellulare il lavoro che aveva abbandonato poco prima a casa………

“Sarà una bella giornata!” ANTE e POST

ANTE

“Sarà una bella giornata!” ed un largo sorriso illuminò il mattino di Gil; e per di più era un sorriso di una splendida fanciulla che lo osservò di sghimbescio mentre si allontanava da casa per andare a lavoro.
Ma si allontanò molto poco prima di incontrare altre due ragazze che lo osservarono, lo squadrarono e poi lo presero sotto braccio e lo portarono con loro; due fanciulle dall’età incerta che non fecero però alcuna parola e si accomodarono con lui in dolce ma casta compagnia su un comodo ampio sofà sul quale di lì a poco una donna con un piccolo bambino in procinto di addormentarsi tra le sue braccia si accoccolò accanto a Gil ed alle due giovani ragazze.
La scena però sembrò essere vista da una vecchia megera che di fronte all’apparente “combine” erotica urlò all’untore unico maschio sciogliendo il magico tenero incontro.
Gil, dimentico dei suoi impegni di lavoro tornò verso casa e vi si rifugiò, meditando di uscirne da una porta secondaria e segreta. La trovò tuttavia affollata da personaggi strani e diversi che l’avevano posta a soqquadro: libri dappertutto e materassi squarciati con gli interni disseminati qua e là. Della sua donna non vi era alcuna traccia, ma al suo posto, oltre a presenze misteriose, vide una donna agire in modo imperioso e sicuro come si trattasse della “maitresse” di una vecchia casa di tolleranza.

POST

“Sarà una bella giornata!” la voce ed un largo sorriso illuminò il mattino di Gil; e per di più era un sorriso di una splendida fanciulla che lo osservò di sghimbescio mentre si allontanava da casa per andare a lavoro. Come il gatto di Alice il sorriso sparì insieme alla dolce fanciulla che lo aveva espresso.

Ma Gil si allontanò soltanto molto poco prima di incontrare altre due ragazze che lo osservarono, lo squadrarono e poi lo presero sotto braccio e lo portarono con loro; due fanciulle dall’età incerta che non fecero però alcuna parola e si distesero con lui in dolce ma casta compagnia su un comodo ampio sofà sul quale di lì ad un batter di ciglia una donna con un piccolo bambino in procinto di addormentarsi tra le sue braccia si accoccolò accanto a Gil ed alle due giovani ragazze. Gil avvertiva il calore dei fianchi prosperosi della madre e ne provava pur a rispettosa distanza un grande piacere, avvertendo sicurezza e tranquillità in quel dolce muliebre consesso.

La scena però sembrò essere vista da una vecchia megera che di fronte all’apparente “combine” erotica urlò all’untore, unico maschio, finendo per sciogliere e vanificare il magico tenero incontro.

Gil se ne irritò e ancor più dimentico dei suoi impegni di lavoro tornò verso casa e vi si rifugiò, meditando di uscirne da una porta secondaria e segreta. Entrò nel portone e salì le poche scale; entrando nel suo appartamento al primo piano lo trovò tuttavia affollato da personaggi strani e diversi che l’avevano posto a soqquadro: libri dappertutto e materassi squarciati con gli interni disseminati qua e là. Della sua donna, che poco prima aveva lasciato nel letto non vi era alcuna traccia, ma al suo posto, oltre a presenze misteriose, vide una donna agire in modo imperioso e sicuro come si trattasse della “maitresse” di una vecchia casa di tolleranza.
La vide indaffarata a trattare con loschi individui indeterminati nella loro apparenza ma non capì bene di cosa confabulassero: il loro linguaggio era astruso. Entrò nella camera da letto dove niente era più al suo posto ed uscì sul terrazzo intenzionato a saltar giù per fuggire da quell’incubo che ormai lo tormentava.
Non ebbe però bisogno di farlo e……….

“Sarà una bella giornata!”

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“Sarà una bella giornata!”

“Sarà una bella giornata!” ed un largo sorriso illuminò il mattino di Gil; e per di più era un sorriso di una splendida fanciulla che lo osservò di sghimbescio mentre si allontanava da casa per andare a lavoro.
Ma si allontanò molto poco prima di incontrare altre due ragazze che lo osservarono, lo squadrarono e poi lo presero sotto braccio e lo portarono con loro; due fanciulle dall’età incerta che non fecero però alcuna parola e si accomodarono con lui in dolce ma casta compagnia su un comodo ampio sofà sul quale di lì a poco una donna con un piccolo bambino in procinto di addormentarsi tra le sue braccia si accoccolò accanto a Gil ed alle due giovani ragazze.
La scena però sembrò essere vista da una vecchia megera che di fronte all’apparente “combine” erotica urlò all’untore unico maschio sciogliendo il magico tenero incontro.
Gil, dimentico dei suoi impegni di lavoro tornò verso casa e vi si rifugiò, meditando di uscirne da una porta secondaria e segreta. La trovò tuttavia affollata da personaggi strani e diversi che l’avevano posta a soqquadro: libri dappertutto e materassi squarciati con gli interni disseminati qua e là. Della sua donna non vi era alcuna traccia, ma al suo posto, oltre a presenze misteriose, vide una donna agire in modo imperioso e sicuro come si trattasse della “maitresse” di una vecchia casa di tolleranza.

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BUON APPETITO 2 a Prato Circolo ARCI San Paolo via Cilea 3 stasera 28 dicembre 2016 a 121 anni dalla nascita del CINEMA ore 21.00

BUON APPETITO 2 a Prato Circolo ARCI San Paolo via Cilea 3 stasera 28 dicembre 2016 a 121 anni dalla nascita del CINEMA ore 21.00

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UN EXCURSUS MULTIDISCIPLINARE SUL CIBO
Dai graffiti delle grotte di Lascaux alle opere di grandi artisti lungo i secoli successivi fino a noi.
Dalle opere cinematografiche che ne hanno trattato agli spot pubblicitari di grandi registi fino alle produzioni cinematoggrafiche interamente pagate da uno sponsor del settore come la Pasta Garofalo.
Dai testi di grandi scrittori come Petronio Arbitro e poeti come Dante Alighieri e Pablo Neruda per andare poi a scrittori più vicini a noi come Erri De Luca e Francesco Guccini.
e, per finire, una carrellata sui cibi tipici di Napoli e dintorni (il ragù, la pastiera e le sfogliatelle).

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TUTTO QUESTO STASERA A PARTIRE DALLE ORE 21.00 AL CIRCOLO ARCI SAN PAOLO DI VIA CILEA 3 A PRATO con Manlio ALTIMATI, Lia GUARDASCIONE e Rosi MANNINO – coordinati da Giuseppe MADDALUNO

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COSI’ E’ LA VITA – 2

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COSI’ E’ LA VITA – 2

Oggi la sala di attesa del reparto oncologico è stracolma di pazienti e parenti, che attendono il turno per la chemio.
C’è un’umanità complessa. Anziani ma non solo; purtroppo non mancano i giovani e questo diffonde particolare angoscia e dolore.
E non mancano gli stranieri. In particolare i cinesi, anche se nella folla per la loro caratteristica ritrosia non li distingui immediatamente.
Te ne rendi conto, però, quando senti squillare le suonerie dei loro cellulari, molto diverse e lontane da quelle nostre.
Io, la mia, la tengo silenziata e solo di tanto in tanto controllo che sia arrivata una telefonata o un messaggio, anche se qui dentro non arriva il segnale. Ma sentendo le altre suonerie squillare, mi rendo conto che è il mio strumento ad essere tecnologico ma antiquato. Quello di tanti altri strepita sonoramente in modo energico ed imperioso ed ottiene anche – a volte – risposte altrettanto assordanti. E così veniamo a sapere – proprio tutto, compreso gli aspetti più riservati di qualche cartella clinica che viene spiattellata punto per punto.
Quanto ai cinesi è accaduto anche che qualche minuto fa si sia affacciata una delle infermiere del reparto ed abbia esclamato: “Hu!!!”.
C’era tanta gente, più del normale, e noi tutti abbiamo pensato ad un’espressione di meraviglia:
E invece si è alzato un ometto piccolo piccolo ed è andato dietro di lei verso la poltrona per la terapia.

COSI’ E’ LA VITA – 1

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COSI’ E’ LA VITA – 1

“Benvenuti!”
Tutti, proprio tutti, i pazienti del Day Hospital con i loro parenti accompagnatori nella saletta di attesa per la chemioterapia gradirono quel messaggio rivolto verso di loro, e ringraziarono anche se dentro ciascuno pensava che avrebbero fatto volentieri a meno di essere là.

Una fra questi pazienti alzò la mano e fece un cenno ulteriore di assenso prendendo la borsetta con i documenti e il giaccone ed apprestandosi a seguire la gentile infermiera.

Tutti capirono che si trattava della signora Benvenuti.

L’IPOCRISIA e la raccolta “porta a porta” nel Macrolotto Zero di Prato

L’ipocrisia e la raccolta “porta a porta” nel Macrolotto Zero di Prato

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Nei giorni scorsi si è diffusa qui a Prato una polemica innescata dall’annuncio che l’Amministrazione comunale non avrebbe consentito la realizzazione della “Festa delle luci” che la comunità cinese intendeva riproporre nel Macrolotto Zero (San Paolo – Via Filzi- via Pistoiese e dintorni) dopo il successo dell’edizione del 2016. Contemporaneamente a questo annuncio vi era stata la presa di posizione del Comitato di via Pistoiese – Macrolotto Zero che si opponeva alla manifestazione. E subito dopo l’annuncio del Comune che collegava il diniego alla Festa con la difficoltà a realizzare pienamente e correttamente la raccolta dei rifiuti “porta a porta” si era levata la protesta della Sinistra che considerava tale scelta come reazionaria e diseducativa. In risposta a quest’ultima si riscontrava il commento di un membro della Giunta comunale che la etichettava come “ipocrisia”.
Ed è su questo termine che, come evidenzia il titolo del post, mi voglio produrre oggi.
Se “ipocrisia” vi è, questa è espressa dall’ Amministrazione comunale! Le principali ragioni per non consentire la realizzazione della “Festa delle luci” risiedono nel fatto che questa è stata finanziata nel 2016 dalla Regione Toscana e che per il 2017 tale finanziamento non vi è stato. Il Comune dunque avrebbe dovuto subentrare alla Regione ma non lo ha potuto fare per mancanza di fondi e, ipocritamente, trova la giustificazione collegando il niet alla raccolta porta a porta. Il fatto stesso che poi tale atteggiamento puramente repressivo e scarsamente educativo abbia avuto la sponda da una organizzazione “destrorsa” come quella del Comitato di via Pistoiese che guarda ai processi di integrazione in modo prettamente unilaterale è significativo della posizione che l’attuale maggioranza di Governo della città, che vorrebbe presentarsi come Sinistra o centrosinistra, va proponendo. Più “IPOCRISIA” di così cosa vorreste?
I rapporti con la comunità cinese e di questa con quella autoctona (ma già composta da un sostanzioso “melting pot” interno ed esterno) sono contrassegnati da una profonda differenza di cultura e di tradizioni e non bastano certamente gli interventi pur apprezzabili che si svolgono in pochi luoghi centralizzati, come può essere il Circolo Curiel, nè si può pensare che tutto si risolva con interventi urbanistici velleitari che finiscono per coinvolgere solo la parte culturalmente più elevata della comunità cinese.
Per la corretta realizzazione dl porta a porta occorrerebbe il coinvolgimento di rappresentanti di condominio che si responsabilizzino nel ruolo educativo. A questi ovviamente ci si potrebbe riferire per un primo essenziale controllo. Sugli oli esausti ritengo sia molto importante avere più punti di raccolta nella zona del Macrolotto Zero: a tutta evidenza non bastano quelli del Circolo di via Cilea e quello di via Lorenzo da Prato. Allo stesso tempo occorre creare soprattutto nei primi tempi del “porta a porta” una task force che controlli a tappeto il territorio e fornisca indicazioni e suggerimenti atti anche a migliorare i rapporti tra la comunità straniera predominante e gli abitanti del quartiere.
Poiché uno degli ostacoli a tutto questo è la lingua, sarebbe bene prevedere mediatori culturali sempre presenti.
Poiché parlavo di “IPOCRISIA” mi piace sottolineare che purtroppo questa è una delle anime fondamentali della pratica politica, che ci avrebbe fatto piacere superare nel nostro impegno. Ma tant’è: ci siamo ritrovati in piena prima Repubblica, infarcita di menzogne indorate da ottimismo. Speriamo nel nuovo anno, ma le prospettive non sono rosee. BUON 2017!!!

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ANTE E POST – un avvio di percorso (De Vita Nova) le prime quattro parti (INTRO)

ANTE E POST – un avvio di percorso (De Vita Nova)

Miei cari lettori, dopo un periodo di assenza riprendo a trattare quel che mi piace maggiormente: parlare della “vita” e delle “vite”, andando a scoprirle in diretta tra la gente, in modo particolare quella che conosco ed anche quella che non conosco o che non vedo da anni.
Ho detto più volte che la CULTURA ci salverà; è venuto il momento di lasciare la strada rovinosa della Politica, che ci ha invelenito e fatto diventare davvero delle “bestie” feroci e cattive e reintraprendere la strada della conoscenza. Starordinariamente è proprio dalla Politica che accediamo verso questa nuova vita, rimescolando il passato con il presente per guardare al futuro, quello in particolare delle generazioni più giovani della mia. Inconteremo in questo viaggio tantissime nuove belle figure.

Sabato mattina 3 dicembre; ho appuntamento con Roberto, ma non so ancora a che ora e dove. Gli ho detto che sbrigherò affari di famiglia, farò acquisti ma non so ancora a che ora e dove: mi telefoni pure quando vuole, dicendomi dove è, in qualsiasi luogo della città. Ed io lo raggiungerò.
Sono le 11.20 ed ho appena raggiunto un discount di generi vari, ad Agliana: uno di quei negozietti che vendono di tutto a poco gestito da giovani cinesi, tutti simili tra loro, anche se da quando ero a scuola non mi sfuggivano le differenze, e qualche furbo – poco in verità “furbo” – ne approfittava marinando la scuola speranzoso che non lo avessi riconosciuto. Sono là dentro quando Roberto mi chiama: in verità il numero è diverso e non lo riconosco immediatamente. Rispondo lo stesso e lui mi dice che ne ha tre di numeri e che quel mattino è uscito con quello con il quale mi sta chiamando. “Dove sei?” mi fa ed io gli dico che non sono a Prato ma che vi ritornerò rapidamente raggiungendolo là dove egli si trovasse. Mi dice che ha fretta e che è più o meno sotto casa mia, ad un incrocio e che se faccio presto a tornare mi aspetta là. Sollecito mia moglie ad affrettarsi e tranquillizzo Roberto che lo raggiungerò in un quarto d’ora, sapendo però che ci impiegherò qualche minuto in più.
Ed infatti all’appuntamento che era davanti ad un bar arrivo poco meno delle 12.30; non è dentro ma è nella piazza antistante e forse è un po’ spazientito del mio ritardo ed anche per questo gli chiedo se gradisce un caffè. Ha fretta di ritornare su nella vallata dove abita: mi dà il certificato di nomina di rappresentante di lista per L’Altra Europa per Tsipras, una formazione della Sinistra italiana accreditata per partecipare al Referendum costituzionale del 4 dicembre e mi fornisce tutti i materiali per svolgere quel ruolo correttamente e con efficacia. Mi consegna anche quelli di altri due rappresentanti che mi hanno pregato di ritirarli per loro. Scambio due chiacchiere veloci sulle prospettive del voto dell’indomani per il quale siamo parecchio preoccupati vista la mole di propaganda che gli avversari sono riusciti a utilizzare negli ultimi mesi ed in particolare nelle ultime settimane e giorni. Ma sentiamo forti le motivazioni che ci hanno spinto a sostenere il NO e ci rafforza l’unità dei partecipanti al comitato in cui abbiamo agito.
Saluto e raggiungo mia moglie, che non condivide le mie ragioni ma sopporta il mio attivismo con sacra rassegnazione. Non ne parleremo.
Tornando a casa la saluto e vado dai miei due amici, Elda e Samuele ai quali consegno i materiali e riverso suggerimenti e indicazioni ricevute da Roberto. Dobbiamo andare nel pomeriggio al seggio che ci hanno assegnato; verso le 16 all’incirca i Presidenti si riuniranno per avviare la fase di preparazione ed allestimento del seggio e dei materiali. A noi, rappresentanti di lista, non compete partecipare ma dobbiamo farci accreditare dai Presidenti, consegnando loro nomine e deleghe.
La sezione elettorale nella quale dovrò operare è in una scuola primaria del mio quartiere. Ci arrivo poco dopo le 16 e noto che alcune persone stanno attendendo giù nell’atrio dove stazionano i militari che custodiscono l’immobile e operano per la sicurezza del luogo ed i funzionari comunali che sovrintendono alle operazioni preparatorie delle varie Sezioni. Qualche Presidente è arrivato, ma gran parte no e le persone sono infatti scrutatori assegnati alle Sezioni i cui Presidenti non sono ancora giunti. Anche la mia Sezione è sguarnita per ora di Presidente: me lo conferma uno dei funzionari che conosco da anni e che mi accoglie cordialmente chiedendomi un po’ di cose sulla mia vita e sulle esperienze da pensionato.
Mentre mi espongo sciorinando le mie attività culturali, mi sento chiamare a gran voce: “Professo’ anche lei qua? Come sta?”. Ho poco da dire ma anche quel poco che avrei da dire non mi è permesso di dirlo perché mi si abbarbica addosso stringendomi fortemente con una muscolatura vigorosa. Mi lascio abbracciare: non sono più un giovanotto che possa vergognarsi di simili piacevolezze né goderne; le trovo importanti perché sono sincere ed il piacere sta tutto dentro quel rapporto empatico culturale che scaturisce da simili attestazioni di affetto. Le chiedo cosa ha fatto dopo gli anni della scuola, sapendo peraltro che negli ultimi tempi pur non essendo mai stato il suo insegnante avevamo parlato dei problemi che la opprimevano e delle difficoltà che aveva avuto con alcuni docenti non sempre capaci di comprendere i dubbi e le paure, le ansie e le preoccupazioni degli adolescenti. “Faccio l’operatrice ecologica; a volte la spazzatrice altre la raccolta porta a porta. E’ un lavoro che mi piace”. Le faccio notare che è un lavoro utilissimo alla società e che sono trascorsi anni luce da quando era considerato infimo ed umile e le ricordo la lirica di Totò “’A livella” che già a metà degli anni Sessanta del secolo scorso rappresentava l’equiparazione morale tra un nobiluomo spocchioso ed arrogante ed un netturbino popolano umile povero ma ricco di una straordinaria dignità.
Interrompiamo il nostro dialogo perchè nel frattempo il Presidente della mia sezione elettorale è giunto ed io mi dirigo verso l’aula nella quale si sono già organizzati per presentare le mie credenziali e poi venir via. Mi accoglie sorridente una delle scrutatrici il cui volto mi è familiare anche se fatico ad identificarne il cognome. “Sono la madre di Chiara” e così, anche se con quel nome ne ho conosciute tante, ricordo il cognome di un’altra mia allieva.

3.
E, così, mentre mi dirigo alle scale per guadagnare l’uscita dal complesso scolastico, passo davanti ad un’altra Sezione elettorale e sento la voce della mia allieva che avevo incrociato poco prima nell’atrio della scuola. Altre voci mi giungono e non sono a me sconosciute: altri giovani sono là dentro. Ed allora mi affaccio con l’intenzione di salutare Desirèe – questo è il nome dell’operatrice ecologica – e riconosco un altro ragazzo, Matteo, mio allievo storico e persona di valore soprattutto dal lato umano (a scuola non rendeva ma si capiva che non era del tutto tagliato per le materie professionalizzanti mentre per me valeva più di tutto la sua curiosità). Capisco a volo che è investito di un ruolo primario in quel contesto: è il Presidente del seggio, e so già che svolgerà con grande cura ed attenzione quella funzione. Ci sono anche altri giovani, noti a me per esperienze sociali e politiche; ma annoto soprattutto il fatto che in un “lampo” di una giornata “normale” ho incontrato già tre miei allievi, due in modo diretto ed un’altra in modo indiretto. E decido di imboccare una strada dalla tipologia antropologica, andando a scavare nelle “storie” di queste giovani persone. Cosa hanno fatto dopo gli anni di scuola superiore, come hanno vissuto gli anni nei quali li ho incrociati pressoché quotidianamente, quali erano le loro attese e quali gli esiti rispetto a quelle. Cosa rimane di me in loro: può darsi niente, molto poco, poco più di poco. Ma è il momento di sapere, di conoscere, di approfondire i percorsi che li hanno portati fino ad oggi, di ascoltare da loro ciò che rimane dei loro progetti, dei loro desideri, delle loro paure e le angosce per un futuro che è sempre e comunque incerto. Mi appresto ai 70 e sono il doppio del dantesco “cammin di nostra vita”.

4.
Notte insonne, di angosce irrisolte, di grandi attese e di profonde incertezze. A chi appaio sicuro e deciso obietto che non può conoscermi; non sono mai stato pienamente a difesa delle mie idee, consapevole della parzialità di esse. Molti non sanno, non possono saperlo, che nutro profondi dubbi “storici” su quel che sarebbe stato il mio ruolo sociale e politico fossi vissuto nella rpima parte del secolo scorso. Ma quando mi ritrovo a sentirmi accusato di “parzialità” da parte di elementi la cui Cultura è molto diversa e lontana – inevitabilmente, perché è nella realtà delle cose – dalla mia, appaio imperioso offensivo ed arrogante. E, questo, mi fa sentir male. La certezza assoluta alberga nell’animo degli idioti.
Ecco, dunque, i motivi della mia insonnia. Acuiti da uno scontro sociale intenso e forse inatteso, inopportuno. Ma tant’è! Le accuse reciproche sono pesanti ed incidono sulla vita di amicizie consolidate. Accuse incrociate, fondamentalmente insensate: ciascuno ha diritto ad essere portatore di una porzione di verità, costituita attraverso le personali esperienze di vita.
La sveglia è crudele – avevo ripreso sonno – ma necessaria: e non sono mai stato un dormiglione. Come sempre tutte le altre mattine, carico la moka, accendo il gas e poi corro a mettere ordine nella mia persona e nelle mie carte. Bevo il primo dei caffè mattutini e poi mi reco a lavarmi: non ho bisogno di asciugare i capelli nè di pettinarli, per fortuna! Mia moglie dorme tranquilla. Io esco. La giornata sarà lunga e piena di buone sorprese.
“Mi puoi chiamare fascista” pensavo tra me e me, mentre andavo a piedi alla Sezione elettorale “mi puoi chiamare comunista, declinando tali addebiti in vario e multiforme modo. Ed io posso pensare e fare altrettanto, ma nessuno di noi avrebbe l’intera ragione. E, poi, ci penserà il popolo. Così sia.” mi sono detto mentre camminavo quella mattina; ed è così che è stato!
Sono passati alcuni giorni nei quali ho scelto il silenzio – il mio Blog è rimasto vuoto – proprio perché “storicamente” ritengo che l’espressione popolare debba essere rispettata anche se occorre considerarla come una delle tante tappe della nostra breve esistenza.
Ed ora andiamo a disintossicarci con un bagno di umile Cultura. Dove sono le mie allieve, i miei studenti? Signore e signori, andiamo a cominciare.

ANTE E POST – un avvio di percorso (DE VITA NOVA)- intro 4 e fine

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ANTE E POST – un avvio di percorso (DE VITA NOVA) – intro 4 e fine

Notte insonne, di angosce irrisolte, di grandi attese e di profonde incertezze. A chi appaio sicuro e deciso obietto che non può conoscermi; non sono mai stato pienamente a difesa delle mie idee, consapevole della parzialità di esse. Molti non sanno, non possono saperlo, che nutro profondi dubbi “storici” su quel che sarebbe stato il mio ruolo sociale e politico fossi vissuto nella prima parte del secolo scorso. Ma quando mi ritrovo a sentirmi accusato di “parzialità” da parte di elementi la cui Cultura è molto diversa e lontana – inevitabilmente, perché è nella realtà delle cose – dalla mia, appaio imperioso offensivo ed arrogante. E, questo, mi fa sentir male. La certezza assoluta alberga nell’animo degli idioti.
Ecco, dunque, i motivi della mia insonnia. Acuiti da uno scontro sociale intenso e forse inatteso, inopportuno. Ma tant’è! Le accuse reciproche sono pesanti ed incidono sulla vita di amicizie consolidate. Accuse incrociate, fondamentalmente insensate: ciascuno ha diritto ad essere portatore di una porzione di verità, costituita attraverso le personali esperienze di vita.
La sveglia è crudele – avevo ripreso sonno – ma necessaria: e non sono mai stato un dormiglione. Come sempre tutte le altre mattine, carico la moka, accendo il gas e poi corro a mettere ordine nella mia persona e nelle mie carte. Bevo il primo dei caffè mattutini e poi mi reco a lavarmi: non ho bisogno di asciugare i capelli nè di pettinarli, per fortuna! Mia moglie dorme tranquilla. Io esco. La giornata sarà lunga e piena di buone sorprese.
“Mi puoi chiamare fascista” pensavo tra me e me, mentre andavo a piedi alla Sezione elettorale “mi puoi chiamare comunista, declinando tali addebiti in vario e multiforme modo. Ed io posso pensare e fare altrettanto, ma nessuno di noi avrebbe l’intera ragione. E, poi, ci penserà il popolo. Così sia.” mi sono detto mentre camminavo quella mattina; ed è così che è stato!
Sono passati alcuni giorni nei quali ho scelto il silenzio – il mio Blog è rimasto vuoto – proprio perché “storicamente” ritengo che l’espressione popolare debba essere rispettata anche se occorre considerarla come una delle tante tappe della nostra breve esistenza.
Ed ora andiamo a disintossicarci con un bagno di umile Cultura. Dove sono le mie allieve, i miei studenti? Signore e signori, andiamo a cominciare.

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SCIACALLI senza merito

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SCIACALLI senza merito

Il “sinistro” Ministro Poletti dall’alto della sua arroganza dispensa lezioni di vita riferendosi ai giovani che se ne sono andati dall’Italia? Sì, ma “non è che qui sono rimasti 60 milioni di pistola. Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”. Anzi, no, aggiunge, “mi sono espresso male: penso, semplicemente, che non è giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano i migliori e che, di conseguenza, tutti gli altri che rimangono hanno meno competenze e qualità degli altri”. E lo fa proprio mentre sta per accadere la strage di Berlino nella quale è rimasta vittima proprio una delle rappresentanti di quella “diaspora” di intellettuali (certo, non solo di “intellettuali” ma altrettanto certo di persone che rivendicano la loro dignità fuori dai confini di questo Paese) di cui parla a sproposito Poletti. Eh sì, perché al di là degli “intellettuali” il cui “MERITO” – superato da vincoli baronali e padronali – non viene riconosciuto in patria, vi è lo “sfruttamento” lavorativo di migliaia e migliaia di giovani sottopagati semmai con vouchers governativi e mal-trattati attraverso clausole vessatorie autorizzate dal Jobs act, del quale Poletti è diretto responsabile. All’estero questi giovani anche nel loro lavoro manuale più umile ottengono riconoscimenti contributivi più sicuri e sostanziosi. Per quel che riguarda il lavoro intellettuale, anche se è vero che qualcuno dei “cervelli” ha fatto ritorno, in gran parte se ne sono pentiti.

In Italia esiste una vera e propria “cancrena” nell’ambito accademico umanistico e scientifico, che non consente ai detentori di “solo MERITO” di poter emergere.

Nel titolo parlo di “sciacalli”. Avrei voluto stare zitto, oggi, ma la malvicenda Poletti e le strumentalizzazioni di coloro che continuano a sostenere che il “cambiamento” in questo Paese dovesse avvenire attraverso uno stravolgimento “democratico” mi hanno spinto a scrivere.

CONTINUO A DIRE CHE SE SI VUOL DAVVERO CAMBIARE LO SI PUO’ FARE PONENDO UN FRENO AGLI INTERESSI PARTICOLARISTICI DI QUELLA CHE CHIAMIAMO “CASTA” – SE QUALCUNO ANCORA PENSA CHE – FOSSE PREVALSO IL SI – QUESTI CAMBIAMENTI SAREBBERO STATI APPORTATI E’ un ILLUSO – CHI VUOLE CAMBIARE DEVE SAPERLO FARE A PRESCINDERE – A RENZI E COMPAGNIA BELLA LO HANNO DETTO 19.419.507 cittadine e cittadini

Ancora stamattina leggo alcuni post che “sfruttano” la pagina FB della giovane Fabrizia De Lorenzo che aveva postato uno spezzone del film La meglio gioventù, dove l’Italia viene definita un paese di dinosauri da cui bisogna scappare. E chi lo fa vorrebbe (in)direttamente sottolineare che la colpa è di quegli italiani che non “hanno voluto cambiare”. Solo che chi lo fa è uno di quei “dinosauri” che avremmo voluto “rottamare” ma che la “nouvelle vague” renziana ha riportato a galla!