CASE – parte 8

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CASE – parte 8

Nella “cantina” vi era anche un piccolo vano con una finestrella, aperta la quale si trovava un verricello dal quale far calare il secchio per raccogliere l’acqua piovana. Nei periodi di prolungata siccità si ricorreva a piccole (a Procida le strette stradine non permettono a veicoli grandi di poter circolare) cisterne che provenivano dalla terraferma e garantivano la possibilità di approvvigionamento. Dal pianterreno attraverso una scalinata esterna in muratura si accedeva al primo piano molto luminoso con finestroni che affacciavano direttamente sull’orto; aveva tuttavia solo una funzione accessoria riservata ai “visitatori” o i “forestieri” che fossero di là transitati sia in modo provvisorio che stanziale (soprattutto d’estate Procida è meta ambita per i villeggianti). In alternativa comunque veniva utilizzata da noi nipoti per ospitarvi amici ed amiche quando siamo diventati più adulti ed esigenti. Dal primo piano si transitava per una scala sempre in muratura ma interna al piano alto – un secondo piano altrettanto luminoso e più ampio che consisteva in una sala da pranzo grandissima scarsamente utilizzata dalla quale si accedeva su un ampio terrazzo, un “vefio” in muratura che affacciava sulla corte ed era dotato di una splendida vista sull’Isola d’Ischia. Uscendo dalla sala da pranzo sulla destra si trovava, fin quando poi mio padre non ne costruì uno “interno” con tutti i comfort (ma si dovette attendere l’arrivo dell’acqua corrente) il vecchio “bagno” che consisteva essenzailmente in una struttura rurale piuttosto primitiva che dava in un “pozzo nero”. A metà terrazzo che misurava quanto tutto il piano si trovava un’apertura protetta da una finestrella che dava accesso al pozzo di acqua piovana con un ulteriore verricello; in fondo si trovava la porta che accedeva alla grande camera da letto e subito dopo in fondo la porta che da accesso alle scale che portavano fuori proprio su Via Flavio Gioia. Una porta di legno, con chiavi abbastanza grossone, che a mia memoria non veniva mai chiusa. Dalla sala da pranzo si procedeva in una piccola sala intermedia con delle credenze, un tavolo ed un lettino, utilizzato dalla più giovane delle zie nubili. Altra porta e si entrava nella grande camera da letto con cassapanche, armadi, comò, letto matrimoniale e lettino per gli ospiti di famiglia. Sul comò un bellissimo orologio a pendolo (arruoggia) dono della zia d’America. Ritornando poi nella stanza intermedia vi era visibile una massiccia solida scala di legno che portava, attraverso un’apertura sul soffitto, in quella stanza più basso che altrove, ad una stanzetta con due lettini posti in posizione disgiunta (orizzontale-verticale a ridosso delle pareti) che era il “covo” di noi nipoti, il luogo magico delle controre ed il ritiro dalle notti folli dell’adolescenza e della giovinezza. Tutto era micro e ci sentivamo a nostro completo agio sia quando eravamo in compagnia sia quando eravamo da soli; da una porticina si accedeva sui tetti, tutti a cupola, che venivano utilizzati per rassodare e rinsecchire i pomodori ed i fichi per preparare le conserve e la frutta secca. Prima di stendere queste bontà naturali si provvedeva a ripulire con cura l’impiantito e poi vi si stendeva un panno di lino bianco come la neve su cui si appoggiavano i prodotti. Anche allorquando si prevedeva che piovesse, le zie si recavano sui tetti ed eliminavano tutte le impurità per consentire all’acqua piovana, che sarebbe stata poi utilizzata, di avere meno elementi dannosi per il consumo umano. Dai tetti si aveva uno sguardo a 360° sul Golfo di Pozzuoli e di Napoli, su Ischia e su Capri. E poi vi erano un paio di “dependances”: lo dico con ironia perché si trattava di due distinte “stalle” abbastanza distanti dall’abitazione. La prima era a circa ottanta metri ed era riservata alle capre ed alle galline che non trovavano posto nel pollaio di fronte casa. L’altra ben più distante, circa trecento metri, ospitava i maiali. Galline, capre, conigli e maiali li abbiamo nutriti e ci hanno nutrito: le uova fresche le andavamo a cercare nella paglia ancora calde ed avevamo imparato a berle direttamente; il latte della capra la mattina ci veniva fornito dalle zie che solerti ne avevano munto le sode mammelle; conigli e maiali ci fornivano carne di ottima qualità. Noi piccoli però ci divertivamo a nutrire tutta questa numerosa “famiglia” animale soprattutto con erba fresca scelta con cura e preparati a base di mangimi e di pastoni.

fine parte 8 – continua….
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