L’OSSERVATORE – un reloaded con un nuovo titolo e variazioni

L’OSSERVATORE – un reloaded con un nuovo titolo e variazioni

Sono stato “assente” per circa dieci giorni dal mio Blog – ora ci ritorno.
L’ultima volta tornavo a casa e inserivo annotazioni libere sul mio “viaggio”.
Molti lo sanno: utilizzo volentieri il treno, ed ancor più quelli lenti: no, non prendo nè l’accelerato (non esiste peraltro più) nè il Regionale o Interregionale. Prendo però l’Intercity, preferendolo all’Alta Velocità. Ho modo di godere di maggiori interscambi avendo a disposizione più stazioni di fermata.
A Prato il mio treno arriva quasi in orario ( cinque minuti di ritardo non sono poi tanti ) e nel mio scompartimento che è nell’ultima carrozza i posti sono già tutti occupati, tranne uno che però non è il mio, su quello a me assegnato c’è posizionata una giovane donna abbastanza in carne, intenta a nutrirsi con un voluminoso pacco di patatine, tipo quelle che consuma Buffon nella pubblicità.
Le segnalo che quel posto, peraltro l’unico comodo per potervi appoggiare agenda e matita, è il mio (lo avevo scelto prenotando il viaggio proprio nella consapevolezza di doverlo utilizzare per le mie attività) ma lei prima di spostarsi nell’unico posto vuoto di fronte a me ma in posizione centrale senza alcun segno d’intelligenza con un’alzata di spalle: “Fa lo stesso!” mi dice, continuando imperterrita a trangugiare sfoglie di patatine con tale gran gusto, da poter fare concorrenza al “portierone”.
“Sono pienamente d’accordo” penso tra me “per mangiar patatine non hai di certo bisogno di quel posto!”. Sistemo le valigie e poi lo zaino dal quale tolgo gli strumenti che mi accompagneranno nel viaggio.
Di solito cerco di colloquiare ma stavolta non ne ho molta voglia: intendo ascoltare e lo faccio con giudizio. La varietà degli uomini e delle donne che mi accompagnano è insolita. Di fronte ho un giovane, intuisco che si tratta di uno straniero dal fatto che appare come un asino in mezzo ai suoni, disorientato. Accanto a me un giovane, apparentemente un trentenne, dall’aria baldanzosa e sicura di sè; più in là verso l’uscita di questo scompartimento di seconda classe, una donna, una cinquantenne popolana. Di fronte a lei una giovane ragazza con un bambino sulle ginocchia, tranquillo e curioso, che presto riesco a considerare come il più maturo di tutti, rapportato alla sua età di due, due anni e mezzo. Sguardo intelligente e indagatore.
Li osservo ed ascolto: vengono tutti dal Nord e vanno verso il Sud, tornando a casa; tranne lo straniero che tuttavia scende ad Arezzo, sostituito da una giovanissima ragazza, piacevole per l’aspetto e per la cura di se stessa. Non posso di certo dire che non mi faccia piacere sedere proprio di fronte a lei: assumo questa evenienza come un segno che il viaggio potrà essere anche gradevole, con un pizzico di raffinatezza del tutto inattesa ed insperata fino a poco prima…..
Cerco di capire se questa fortuna sarà anche accompagnata da sguardi o parole; ma la signorina si trincera dietro occhialoni scuri ed un auricolare e mi fa compagnia solo la sua avvenenza. Fino a quando, però, non si affaccia una signora che, richiamandola alla realtà effettuale le dice che, se vuole, potrà stare con loro in un altro scompartimento dove un signore si è dichiarato disponibile a scambiare il posto. Fine della bella compagnia: lo scambio non è alla pari, sia per sesso che per qualità della presenza. Mi si para davanti un omaccione grezzo e mal curato nell’aspetto che tuttavia rimane lì in silenzio e non partecipa al dibattito che nel frattempo ha rivelato che il giovane accanto a me è poco più che maggiorenne, non è andato al di là del biennio delle superiori, superando soltanto l’obbligo ma null’altro che quello, e non ha una gran voglia di lavorare, anche se non gli manca quella di divertirsi. E’ uno di quei prototipi del quale faresti volentieri a meno ma che ormai risulta essere molto diffuso nella moderna società. Ascolto rimanendo in silenzio i materni consigli delle madrine che lo fronteggiano mentre la madre è solo poco meno silenziosa di quanto lo sia io. Il dibattito è un tributo alla Maria De Filippi ed a quei deprimenti seguitissimi talk che conduce sulle reti berlusconiane, e sono estremamente felice di non parteciparvi. Ascolto e prendo appunti, mentre il bimbo cerca con evidenti difficoltà di addormentarsi tra le braccia della giovane madre. Hanno tutti della scuola un parere davvero poco lusinghiero; nessuno dei miei compagni di viaggio, credo anche quello da poco subentrato, ha avuto un rapporto costante con quella istituzione. A partire dalla ragazza in carne, quella delle patatine, che trasuda saggezza inutile e d’accatto, per andare alla giovane mamma che dispensa consigli pedagogici ricevuti da genitori antichi ma che sanno di stantio ed allo stesso ragazzotto che ripete pedisseque riflessioni senza senso pratico alcuno, così tanto per dire o per sentito dire.
Continuo a tacere, ad osservare e prendere appunti. Di tanto in tanto suonerie telefoniche fantasiose nonché disturbanti attivano dibattiti ai quali vorresti fare a meno di prendere parte (la voce alta dell’interlocutore lontano arriva distintamente ai nostri timpani stanchi) e dai quali rilevi una piena conferma della qualità dei tuoi compagni di viaggio “parlanti”.
Il bimbo in tutto questo bailamme si è addormentato sulle braccia della giovanissima mamma, dimostrando ulteriormente la sua tranquillità assoluta nel sopportare l’inutile chiacchiericcio delle donne: noi maschi adulti – io ed il signore di fronte a me – manteniamo la discrezione ed il silenzio, mentre le donne nel tempo libero dai loro impegni telefonici e gastronomici si impegnano a dispensare consigli di vita pratica al ragazzotto che mi sta accanto che da parte sua trasuda pragmatismo d’accatto a giustificazione della sua ignavia e della ignoranza educativa della madre; non conosciamo le altre figure maschili della famiglia ma quasi certamente sono inesistenti o marginali.
Passa un’ora così e il bambino si risveglia, reclamando attenzione e cibo; per il secondo non ci sono problemi per il primo però sì: nevrotica la madre assesta un paio di scapaccioni al figlio che la distrae dal compito civile che sta svolgendo, asserendo che è in quel modo che i bambini capiscono cosa devono fare, come debbano comportarsi. Non ho parole ma è evidente che la trasmissione educativa ricevuta sta avendo i suoi effetti: così facevano i suoi genitori (“mazze e panelle fanno ‘e figlie belle”). Ho fiducia nei giovanissimi, la speranza che il bimbo riesca ad essere diverso!
In queste “bazzecole, quisquilie e pinzillacchere” il tempo passa ed arrivati a Formia la ragazza formosa e la madre con figlio – entrambi rappresentanti dell’ignavia meridionale (non me ne vogliate, amiche, amici e compagni del Sud, ma al netto dei pregiudizi l’ignavia è una delle caratteristiche della nostra terra, altrimenti non sarebbe così disastrata: non continuate a prendervela con gli altri, osservatevi meglio ed agite) – cominciano tempestivamente a prepararsi per scendere ad Aversa; manca però una buona mezzora, mi verrebbe da dirlo ma non mi piace fare il saccente; d’altronde sono (dovrebbero essere) adulti e vaccinati. Vaccinati forse sì per obbligo, adulti non so.
E così escono dallo scompartimento, escono di scena.

continua….a breve l’ultima parte

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