PRATO E DILETTANTISMO AMMINISTRATIVO pernicioso per il Paese – Il caso CREAF

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PRATO E DILETTANTISMO AMMINISTRATIVO pernicioso per il Paese – Il caso CREAF

Il CREAF, acronimo nobile di Centro Ricerche ed Alta Formazione, è situato in via Galcianese 36 ed è stato costituito nell’autunno del 2005 in una struttura preesistente ai margini del Mulino Mugnaioni e dei terreni agricoli retrostanti. Il territorio dove risiede appartiene alla località pratese Ovest – San Paolo.
Bella ed affascinante l’idea che viene ai rappresentanti della Provincia che, insieme ai Comuni dell’Area pratese con capofila quello più grande ed importante, stimolati da alcuni personaggi dell’Università e dell’Impresa partono nella iniziativa di costituzione di un Polo per la Ricerca, la Formazione e l’Aggiornamento, che offra supporto alle imprese del territorio per sostenerne la crescita, la competitività e l’innovazione.
“Bella ed affascinante” dicevo; ma un albero nato già secco e senza radici.
IL SIMBOLO DELLA VACUITA’ AMMINISTRATIVA DEGLI ULTIMI ANNI – infatti se siete passati negli ultimi dieci anni in via Galcianese e non siete al corrente delle attività amministrative locali (ma “anche se lo foste stati poteva accadere la stessa cosa”), non avreste mai riconosciuto in quella struttura tutta restaurata all’esterno – ed all’interno – il Centro che così roboantemente veniva presentato come un ponte verso il futuro di amministratori, accademici e imprenditori.
Ricordo che nel Circolo PD Sezione Nuova San Paolo cominciammo a renderci conto dopo un anno della presenza di quella “cattedrale nel deserto” che mai era decollata, tanto che, per evitare intrusioni – visto che non era stato mai attivato un Piano di sorveglianza anche perché non si era stati in grado di costruire un Progetto al di là delle “chiacchiere” politiche – all’interno le stanze erano state lasciate vuote di arredi e strumenti. E ci attivammo per chiedere lumi ad uno dei responsabili più importanti di allora, anche perché il timore di un fallimento era già concreto, e su quell’area cominciavamo ad avere delle idee molto diverse e lontane dallo spirito pioneristico, soprattutto quando si opera con i quattrini pubblici, degli industriali. I dubbi non furono dissolti, anzi….
Negli ultimi mesi ed anche in questi giorni si riparla del fallimento del CREAF e si avanzano in modo approssimativo ipotesi vaghe con un’unica certezza: l’esborso da parte di un Ente pubblico, in questo caso la Regione Toscana, di cifre che superano i tre milioni di euro per chiudere l’ “affare” CREAF.
E’ un altro segnale, questo, dell’incapacità amministrativa di questi “dilettanti”.
E lo sottolineo qui a tutte quelle forze di opposizione della SINISTRA: smettiamola di blaterare intorno alle malefatte dell’Amministrazione e diamoci una mano, tutti insieme, per costruire, intanto, un’alternativa credibile e preparata per le prossime Amministrative. Ogni giorno che passa senza che vi siano segnali in tal senso, è un sassolino a vantaggio di coloro che mortificano l’intelligenza umana in questa città.

J.M.

IL RIBELLE DON MILANI FA ANCORA PAURA ALLA CHIESA?

IL RIBELLE DON MILANI FA ANCORA PAURA ALLA CHIESA?

Perchè la Chiesa, una parte consistente di essa, si ostina a temere che su don Milani si possa dare un giudizio da parte dei laici che ne evidenzi il carattere di ribellione agli stereotipi, al conformismo, all’appiattimento a difesa più dei potenti e ricchi che degli umili e poveri del suo tempo? C’è una volontà di mantenere inalterata la propria forza, attraverso la difesa delle gerarchie non solo quelle fisiche ma soprattutto quelle etiche, ideali, ideologiche persino? Si fa un torto alla Verità, affermando che don Milani non fu “anche” un ribelle, un innovatore in anticipo sui tempi, che ne fecero un’icona per le generazioni successive; si avverte la paura che se ne possano appropriare coloro che ancora oggi si ostinano a difendere gli emarginati, i disoccupati, gli sfruttati, quella parte della società che non avrebbe altri difensori se non persone come lo fu don Milani? Perchè negare il “j’accuse” potente della Lettera a don Piero; perchè disconoscere che il libro “Esperienze pastorali” utile zibaldone socio-antropologico della società del secondo dopoguerra fu ritirato dal commercio perchè dichiarato inopportuno dal Sant’Uffizio? E perché mai lo fu? Certamente a difesa di don Milani ben pochi si levarono allora, soprattutto dall’interno delle gerarchie, seguite dalla massa dei sacerdoti, la cui cultura, dal punto di vista sociale, era infima, arretrata, più attenta alla difesa dogmatica che alla dialettica sociale e, perchè no, “politica”.
La Chiesa – non quella “francescana” – ha ancora paura del “Comunismo”? Forse sì. E ci fa piacere, perché ne abbiamo ancora bisogno; e abbiamo bisogno di preti come don Milani che sappiano ribellarsi al conformismo mortificante e non abbiano paura di mettersi in discussione, non si sottraggano al confronto aperto con chi la pensa in modo libero e sia disponibile a sua volta per un confronto dialettico.

J.M.

DOPO I BALLOTTAGGI DEL 25 GIUGNO 2017 – prime riflessioni

DOPO I BALLOTTAGGI DEL 25 GIUGNO 2017 – prime riflessioni

Ieri, poco dopo la mezzanotte, ho deciso di andare a dormire, ho staccato la suoneria di wathsapp che continuava a trillare messaggini di riflessioni e battute a tamburo sul perché ed il come il csx abbia subito una sonora sconfitta in città come Genova e Pistoia ed il perchè ed il come il cdx abbia ritrovato un suo ruolo egemonico nel nostro Paese. Sarà per l’età ma non ho la prontezza della risposta ai commenti e quesiti di tante giovani menti, anche perchè ho la presunzione di avere già espresso i miei pareri sull’esigenza di costruire “ab ovo” una vera e propria Sinistra, non una coalizione di Sinistra. E stamattina mi andavo rifacendo una domanda che ha caratteristiche di essere retorica; una domanda che mi sento di rivolgere ai detentori delle diverse bandiere della galassia di SINISTRA: “chi di voi è disponibile a fare un passo indietro per costituire un nuovo unico soggetto di SINISTRA?”.
Perché “questo” non può non accadere nel momento in cui i tanti diversi leader, dopo essersi seduti ad un tavolo democraticamente “rotondo” a parlare di “fatti” oltre le parole, oltre i valori, oltre le retoriche, dovranno poi convenire che occorrerà avere un leader che li interpreti, quei fatti.
Siamo ancora molto indietro nella costruzione di un “Progetto comune” ed è quello che manca; ed è alla base del disincanto, della delusione, della rabbia che si trasfoma in indifferenza diffusa, disaffezione generale nei confronti della Politica. Dovremo avere la capacità di far comprendere alle elettrici ed agli elttori cosa significhi essere di SINISTRA in un mondo che nega possa ancora esistere la SINISTRA ma che festeggia la vittoria della DESTRA. Come a dire che non esistono più Destra e Sinistra, ma poi la Destra c’è, quella risorge dalle ceneri come Araba Fenice.
Non posso non notare che c’è una certa qual sciatteria, a volte nascosta da un attivismo frenetico ed isterico, verso la concretezza dei bisogni della Politica, e non avendo del tutto le competenze per farlo, non intendo giudicare il quadro politico nazionale, ma avendone solo minime ho l’ardire di avanzare delle critiche severe ai detentori delle diverse bandiere della Sinistra a livello locale.
Forse è il momento di cominciare a pensare al nostro futuro; è l’ora di costruire un Progetto per la nostra città, a prescindere da chi si candidi a contendercene il ruolo politico-amministrativo. Non si continui a ragionare su cosa non ha fatto l’attuale Amministrazione, ma si indichi cosa faremmo noi nei prossimi cinque- dieci anni. Cominciamo a parlarne con la gente, interpretiamone gli interrogativi espliciti ed impliciti, costruiamo ed aggreghiamo sui territori senza rimanere nascosti nelle nostre comode stanze. Avverto intorno a noi un’aria di sospetto reciproco in relazione alle dislocazioni future: la Storia ci insegna che in simili condizioni non c’è futuro per noi, che vogliamo rappresentare la SINISTRA. Se quest’atmosfera è soltanto l’ubbia di un settantenne sul viale del tramonto, vogliate scusarmi per aver dubitato di voi. Se invece il mio “avvertimento” ha basi concrete vogliate tenerne conto per assumere tutti insieme una responsabilità comune per poter procedere in modo “sereno”(il termine ha subito purtroppo un attacco di ambiguità recentemente) verso la realizzazione delle nostre giuste ambizioni.

J.M.

My name is Joshua

reloaded POLITICA PASSIONE E PASSIONE POLITICA – un dibattito in ricordo di un grande amico che ci ha lasciati – (un mio post di tre anni fa)

POLITICA PASSIONE E PASSIONE POLITICA – un dibattito in ricordo di un grande amico che ci ha lasciati

 

 

 

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Il 25 giugno scrivevo a Lucio in risposta ad una precedente riflessione nella quale denunciavo il “conformismo” forse “ideologicamente” interessato di una parte importante della società italiana (Politica, Cultura, Stampa, Mondo della Finanza) in questa fase della nostra Storia: avevo già in altre occasioni denunciato l’abbassamento del livello critico culturale del popolo italiano e la sua scarsa memoria non solo di eventi storici più o meno lontani ma anche di fatti abbastanza a noi vicini che forse ai più attenti ed acuti osservatori possono (potranno) essere interpretati anche come una vera e propria congiura contro coloro che hanno percorso nel solco della Sinistra molti dei loro anni. Personalmente nelle mie minime esperienze politiche amministrative moralmente posso dire di avere avuto ragione ma nei fatti sono stato sconfitto, anche se non mi sono mai piegato a sostenere scelte che non condividevo e che sono state portate avanti con la forza del decisionismo. Non è mica detto – e non è scritto da alcuna parte – che chi decide, potendo e sapendolo fare – sia nel giusto; non è mica detto che la Democrazia sia strumento adatto per tutti i tempi (intendo dire che con i “numeri” si può anche sbagliare; con la forza “democratica” si commettono spesso errori peraltro altrettanto “ideologici”.) (G.M.)

Scrivevo, dunque:
Caro Lucio, tutto quello che tu dici è “vero” e lo condivido; ma è parzialmente riferibile ad uno sguardo “esterno” che è poi lo sguardo populistico che va per la maggiore. Utilizzo il termine “populistico” in senso di concretezza non come elemento negativo in assoluto. E’ chiaro che dopo una discussione si debba decidere (a parte il fatto che tu richiami le “urgenze” di tipo economico che abbisognano di interventi rapidi; e quanti ne abbiamo subiti senza fiatare?); io pongo un “nuovo” (!) quesito relativo al superamento di qualsiasi discussione nei luoghi periferici, che sono poi il cuore pulsante di un Partito democratico di nome e di fatto. Di questo se ne può rendere conto chi quei “luoghi” li ha vissuti, costruendoli non chi ha osservato dall’esterno la vita politica dei Circoli. Eh già, anche questo! sai quanti Circoli del PD ci sono a Prato? sono 41. A Pozzuoli ce n’è uno. Ecco! (G.M.)

E Lucio mi ha risposto ieri sera, 27 giugno
Si, ma in quei 41 (n.d.r. si riferisce ai Circoli PD di Prato) si discuteva di cose marginali, i problemi veri, da me troppo puntigliosamente elencati (ma in maniera affatto esaustiva), non erano discussi (nè lo sono ora) nè nei circoli nè sui media ma venivano decisi sulla testa dei cittadini! La riforma costituzionale dell’art. 81 (pareggio di bilancio) votata in una notte da TUTTI i partiti che appoggiavano il gov. Monti è stata fatta in un battibaleno (mentre vedi quanto si suda per le altre riforme)! Dov’era l’allora segretario Bersani? Poi che vuoi, io sono un uomo all’antica e penso che la democrazia debba essere: “una testa – un voto” e che il voto di un cittadino non iscritto al partito e quindi “esterno” debba valere tanto quanto quello di un interno; lo Stato, la Res Publica è di tutti, non solo degli iscritti e partecipanti alle discussioni nei circoli. Concordo invece sul fatto negativo che Pozzuoli abbia un solo circolo. Ma qui, come ben sai, c’è stata la chiusura delle grandi fabbriche (cantiere, Olivetti, acciaierie di Bagnoli etc.) e successivamente una vera “rivoluzione antropologica”, come tu la chiameresti e, con lo sfascio dei vecchi partiti e delle vecchie strutture sociali, comandano ormai i ras locali; qui ce ne è ora uno solo e quindi un solo circolo, nessuna discussione, nessuna critica e. … “o te magne sta menestra o te vutte da fenestra”! (L. D’I.)

Vedi, caro Lucio, continui a parlare dalla tua “turris eburnea” di un cittadino informato e preparato ma che ignora la vita dei Circoli. Indubbiamente non tutti sono come il “mio” Circolo (dico “mio” perché – insieme ad altri amici e compagni – lo abbiamo voluto e lo abbiamo fatto crescere in autonomia “critica”) ed in alcuni l’attività è per lunga parte dell’anno più di “ricreazione” e molto poco di “culturale”. Ma questo non toglie che vi fervono le discussioni “politiche” tra una briscola ed uno scopone; e non vi è alcun dubbio che al momento delle scelte la partecipazione non viene meno. Quando ti riferisci ad “una testa – un voto” parli di scelte politiche – dal locale al nazionale – o di scelte di leadership? I dibattiti sulle questioni programmatiche (il lavoro, l’ambiente, la Cultura, la Scuola, il Sociale, etc etc) noi li abbiamo sempre tenuti aperti alla partecipazione esterna (il Circolo informava delle riunioni iscritti e non iscritti che avevano espresso il desiderio di partecipare e chi interveniva contribuiva con le sue idee a decidere). Altra cosa è l’apertura indiscriminata e non regolata in modo chiaro e preciso alle Primarie per la leadership locale e nazionale: continuo ad essere fermamente contrario al fatto che un Partito costituzionalmente legittimato sia per quota parte “esterna” retto da chicchessia. E’ una visione della “Democrazia” ad uso di poteri forti che hanno condizionato questa fase e vogliono continuare a farlo.
L’uso dell’imperfetto riferito al Circolo è dovuto alla certezza che da qualche tempo ho riguardo al fatto che a Matteo Renzi (ma, ancor di più, ai suoi sostenitori) importi davvero poco dei Circoli del suo (!) Partito, soprattutto quelli dove ci sono dei rompiballe che vorrebbero discutere in modo aperto su tutti i temi e non farsi “imbonire” dai detentori del Potere. (G.M.)

NEBBIA CHE SCENDE NEBBIA CHE SALE Parte 8

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NEBBIA CHE SCENDE NEBBIA CHE SALE Parte 8

Sul porto di Pozzuoli i genitori erano ad attendere la nave sin dalle sette di quella sera, ma solo quando cominciarono a calare le luci del giorno e ad accendersi quelle della notte riuscirono semplicemente a sapere che la nave si era fermata a causa della nebbia nel porto di Ventotene, in attesa che si alzasse, permettendo una navigazione più sicura.
La Capitaneria in verità non ne aveva notizie, anche se dalle coste ed in particolare dai pescatori più esperti era venuta questa idea, avendo rilevato, al ritorno di altri loro compagni che quel pomeriggio erano usciti, la massa anomala di nebbia. Nè tantomeno erano riusciti a contattare la nave, che – ma tacquero per non creare allarmismi – era completamente isolata. Ventotene tra l’altro a quel tempo non aveva una sede della Guardia costiera che invece si trovava a Ponza, dove però la nebbia non era arrivata.

I genitori non si tranquillizzarono anche perché non capivano il motivo del silenzio dei loro figli, pensando al fatto che, fossero scesi a terra, avrebbero comunque potuto telefonare alla Capitaneria e farsi sentire. Non sapevano, loro, ma i militari della Marina ben lo sapevano, che a Ventotene i passeggeri venivano fatti scendere dai vaporetti attraverso una “navetta” di barche e che dunque nella rada di quell’isola non avrebbero avuto l’opportunità di scendere a terra e sulla nave le condizioni per un contatto non c’erano. Il buio scese ed i genitori fecero il turno, mentre alcuni di loro ritornavano a casa e poi si scambiavano nell’attesa. Fu quella una serata lunga per loro ed anche per gli esercizi commerciali che mantennero aperti i loro servizi, compreso gettoni telefonici e panini vari.

Non era la stessa cosa sulla nave, anche perché non era attrezzata per la preparazione di consumi alimentari elaborati: le merendine erano peraltro finite ed allo stesso modo le bibite, di cui i giovani avevano fatto incetta. Non mancava l’acqua e nemmeno la possibilità di preparare un caffè. D’altronde era un’imbarcazione una parte del cui personale, la sera, ritornava alle proprie case, che non sempre però corrispondevano con le loro famiglie e solo pochi, compreso il cambusiere, si tratteneva a preparare quei due, tre pasti in uno spazio minimo, che non avrebbe potuto supplire alle necessità quella sera di maggio del 1973.

Il buio era sceso lentamente anche sul mare e la nave procedeva, inviando ad intervalli regolari ma ravvicinati i suoi segnali sonori. I motori non si sentivano come di solito accade; il loro sferragliare era comunque coperto dal vocio della comitiva. Ad un certo punto parve a noi di avvertire come un suono di campane, disordinato e confuso; ma non erano campane di campanili di chiese, piuttosto sembravano campanacci di campagna, quelli che si appendono solitamente al collo di buoi o di caprette. Ed insieme a quelle, sentimmo delle voci: in un primo momento pensammo fossero altre navi, ma poi: “State lontani, fermatevi! Siete al limite di una secca! Fate attenzione”. Le voci si accavallavano e si capì che venivano dall’alto. Il capitano diede l’ordine di fermare del tutto i motori; chiese il silenzio ed utilizzando un megafono domandò dove si fosse e di che entità fosse il rischio che si stava correndo.

– PARTE 8 continua….. –

Il racconto, pur riferendosi a fatti realmente avvenuti, li elabora narrativamente senza alcuna presunzione di verità. In modo particolare non presume di avere alcun valore storico e scientifico.

NEBBIA CHE SCENDE NEBBIA CHE SALE – parte 7

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NEBBIA CHE SCENDE NEBBIA CHE SALE
Parte 7

I ragazzi avevano trascorso una giornata intensa di luce, di mare e di sole e si erano inebriati degli intensi aromi mediterranei diffusi; erano nate amicizie nuove e consolidate antiche, per qualcuno c’erano state delusioni ma non c’era comunque spazio per la mestizia ed a gruppetti continuavano a divertirsi. C’era qualcuno che aveva portato un giradischi ed ascoltavano i miti del tempo, quelli di “Bandiera gialla” e qualche nuovo giovane cantautore, abbozzando movenze da discoteca. Altri avevano portato con sè chitarre e si esibivano con un certo successo. Il viaggio procedeva spedito su un mare liscio come l’olio.
C’è sempre un momento nel quale ciò che è alle spalle non è più, non è più visibile e ciò che è davanti lo stesso. Ma quella sera non era quel momento là.
Nessuno se ne accorse del tutto, forse qualche marinaio lo percepì, ma quel che c’era di fronte, mentre la nave procedeva, non era la sede normale nella quale nulla si intravede oltre il cielo ed il mare. Anche i passeggeri più attenti ovvero coloro che per motivi diversi si trovavano in coperta ad osservare il “paesaggio” ed a prendere la brezza prodotta dal movimento della nave non se ne avvidero immediatamente, se non allorquando, procedendo all’interno di un blocco nebbioso, la nave stessa non rallentò la sua velocità ed i docenti responsabili dell’escursione vennero avvertiti che era calata una grande nebbia e che la nave, strano ma purtroppo vero, non aveva radar funzionanti. Il disappunto era percepibile a pelle, ma c’era poco da fare; per tutelare tutti l’unico modo era procedere a tentoni, orientandosi alla buona. Si decise di attendere prima di avvertire i ragazzi, per non caricarli di preoccupazioni, anche perché la speranza era che si riuscisse a raggiungere un porto o che la nebbia si alzasse; quest’ultima ipotesi era abbastanza avventata perchè non c’era un filo di vento. L’altra invece era credibile: sulla rotta c’era nell’ordine Ischia, Procida, Acqua Morta e Torregaveta, prima di superare Capo Miseno. Ma ad occhio e croce si era ben lontani, visto che la nave procedeva a piccoli lenti passi nella nebbia che imperterrita avvolgeva tutto.
Gli studenti capirono che qualcosa non andava e vennero avvertiti prima che il comandante della nave iniziasse ad utilizzare i segnali sonori per far percepire la presenza dell’imbarcazione laddove si incrociasse con altre. In quella zona transitavano di norma anche pescherecci, motoscafi privati ed altri natanti e non era improbabile un incidente; anche se era del tutto improbabile che con quella nebbia altre imbarcazioni, soprattutto quelle più piccole, si fossero allontanate dai loro porti.
La luce cominciò a calare; con la nebbia il buio arriva più rapidamente. I ragazzi più responsabili avvertivano su sè la preoccupazione dei loro genitori con i quali non avrebbero potuto entrare in contatto: non esistevano ancora i cellulari, e sulla nave non funzionava la strumentazione per collegarsi con la terraferma. Altri percepirono odore di avventura; è strano ma è così: immaginarono di poter proseguire un viaggio pieno di imprevisti e si galvanizzarono all’inverosimile, facendo più baccano e confusione…
La nave procedeva lentamente lanciando i suoi segnali sonori….

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Potete trovare le parti 1-4 su questo blog (31 maggio), la parte 5 (7 giugno) e la parte 6 il 23 giugno

NEBBIA CHE SCENDE NEBBIA CHE SALE – parte 6

NEBBIA CHE SCENDE NEBBIA CHE SALE – parte 6

Sentivano suonare campane a distesa in modo disordinato e molte voci provenire attraverso la nebbia mentre la nave procedeva nel buio della notte senza una direzione precisa.

La bellissima giornata era trascorsa a visitare l’isola di Ponza, dove alcuni di loro avevano potuto fare anche il bagno ed altri, compreso Gipo ed i suoi amici, erano andati addirittura a Palmarola con un vaporetto locale e si erano fermati a pranzo in una delle trattorie allestite dai pochi residenti di quell’isola, gustando le linguine all’aragosta, punta di diamante del “pescato” locale. A Palmarola si era ritirato, scegliendo di abitare in uno dei grottini naturali ricavati nella base tufacea dell’isola, da qualche tempo uno dei ristoratori più famosi del porto di Pozzuoli, Martusciello, e Gipo che ne era parente, per parte di madre, della moglie si era raccomandato di trattar bene i giovani al momento della presentazione del conto. Il mare era una tavola piatta e il vaporetto vi scivolava praticamente sopra; l’acqua era calda all’inverosimile e Gipo si pentì di non aver portato con sè l’occorrente per il bagno anche se altri ragazzi, e altre fanciulle disinibite dalla lontananza parentale, non si erano ritratti dal farlo lo stesso con o senza gli slip. Il mare era particolarmente invitante, quel giorno; lo dissero anche alcuni pescatori subacquei che erano tra i principali fornitori del locale.

E Gipo dunque raccontava quella giornata come se fosse presente e viva nella memoria recente.

Le campane suonavano a distesa ed in modo disordinato.
I giovani sulla nave nel silenzio totale che circondava l’imbarcazione vociavano senza dare troppa importanza alla drammaticità della situazione e si fece fatica a distinguere le voci allarmate che provenivano dall’esterno.

“State lontani, fermatevi! Siete al limite di una secca! Fate attenzione”.

La nave aveva da poco superato l’isola di Ventotene ed il masso dell’isola di Santo Stefano; da lì in poco più di un’ora si sarebbe entrati nel canale di Procida e prima delle otto di sera sarebbero arrivati nel porto di Pozzuoli.

– fine parte 6 continua…. –

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Potete trovare le parti 1-4 su questo blog (31 maggio) e la parte 5 (7 giugno)

DOPO IL SOLSTIZIO D’ESTATE reloaded prima parte CLOUDY SUN

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DOPO IL SOLSTIZIO D’ESTATE reloaded prima parte CLOUDY SUN

Mia figlia Lavinia è partita ieri sera, lasciando l’avvio dell’inverno di Rio per inoltrarsi nell’avvio dell’estate italiana. Per poco tempo, poi ritornerà a Cambridge dove l’estate è pallida contrassegnata da un sole che dalle nostre parti si direbbe “malato” ma che contribuisce a creare un clima piacevole con pioggerelline per noi mediterranei “primaverili”. Qualche anno fa, rincorrendo “Viaggiatori”, scrivevo questo racconto, in parte minima autobiografico, in parte rifacendomi ad esperienze generiche collegate ad amiche ed amici che in quella parte del mondo, così ricco di Cultura, culla di geni straordinari da Newton a a Hawking, hanno trovato il loro posto ideale dove far valere la loro professionalità. ne riproduco oggi la prima parte, invitando chi fosse interessato a ricercare la seconda e terza nell’ottobre del 2014. (J.M.)

CLOUDY SUN – prima parte

Professionalmente avveduto o un perfido insolente? L’impiegato della ditta di mezzi pubblici delle linee che partono da Stansted non aveva nemmeno chiesto conto dell’età della signora che si trovava di fronte e l’aveva già accreditata come anziana fornendole biglietti scontati. Londra aveva accolto Giulietta ed Armando con un cielo terso del tutto insolito per quelle latitudini; c’era anche un vento abbastanza sostenuto freschino per i turisti che arrivano dal Sud ma gradevole, quasi estivo, per gli autoctoni. Eh già! gli autoctoni che, quando il cielo è coperto, lo identificano con cloudy sun, ovvero “sole nuvoloso”. Avevano programmato quel viaggio per incontrare degli amici che si erano trasferiti da qualche anno a Cambridge, dove si occupavano di materie davvero particolari per un’Università straniera ritenuta di certo a torto anglofonocentrica, retorica latina e papirologia araba. Giulietta ed Armando erano in pensione, mentre Lucio e Francesca, più giovani di loro di circa 10 anni, erano in piena attività e giravano il mondo: erano stati anche a Roma (erano entrambi però originari della Calabria) dove si erano conosciuti ed avevano conosciuto Giulietta ed Armando durante un Seminario organizzato dal Dipartimento Scienze dell’antichità dell’Università della Sapienza. Sarebbero andati a casa loro, all’interno di un College che metteva a disposizione delle stanze anche per gli ospiti dei docenti per un tempo limitato. Né Armando né Giulietta erano stati mai a Cambridge e le aspettative erano alte; ne avevano letto e sentito parlare come di un luogo davvero particolare, costruito quasi esclusivamente per gli “studi avanzati e specialistici”, come Oxford o Harvard che prese il nome dal suo fondatore che apparteneva ad un gruppo di emigrati inglesi che fondarono una nuova città chiamata Cambridge, presso Boston. Ne parlavano identificando quel territorio come un grande parco inframmezzato da nuclei abitativi e strutture universitarie. Il viaggio da Stansted a Cambridge durò circa un’ora; si attraversava un’autostrada, la bretella n.8, con scarsissimo traffico senza vedere nemmeno un centro abitato ed, anche a ridosso della città di Cambridge, c’erano solo case basse – tipo terratetto – inframmezzate da vaste porzioni di verde. La fermata del bus era a ridosso di un Parco frequentato da un po’ di gente seduta sui prati, malgrado il vento, che ai “nostri” apparve anche un po’ freddino. Lucio era venuto incontro ai suoi amici e dopo i saluti cordialissimi si erano avviati verso il College; avevano attraversato il grande Parco e si erano inoltrati su una strada abbastanza trafficata; poi per una stradina laterale erano giunti sul Cam ed erano entrati, dopo aver attraversato un piccolo ponte in legno, in un sentiero ciclopedonale in mezzo ad un Parco di cui non si scorgeva la fine. Arrivarono dopo qualche minuto ad un caseggiato dietro una fitta boscaglia composta da alberi di alto fusto e videro venir loro incontro Francesca, sorridente e splendida in una di quelle gonne plissettate lunghe fino ai piedi con disegni floreali: l’avresti detta già una tipica donna “british” solida e ben piantata. Il tempo era cambiato e, portati dal vento, grigi nuvoloni si erano addensati e già poco prima di arrivare a casa degli amici iniziava a cadere una pioggerellina sottile sottile. Quella sera nel cottage del College, formato da stanze basse e piene di mobili che emanavano insieme al legno del parquet un intenso odore misto di pulizia e di antico, dopo una lunga chiacchierata a cena e dopo cena, Armando e Giulietta si erano ritirati nella loro camera e ben presto si erano addormentati al tepore di un piumone accogliente. Era luglio inoltrato ed in Italia di certo stavano soffrendo l’afa. Il giorno dopo avrebbero potuto visitare, da soli, perché Lucio e Francesca erano impegnati nei loro Dipartimenti, la città di Cambridge.

– fine prima parte- (J.M.)

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reloaded 20 giugno 2015 – UNA SOLA STRADA PER LA SINISTRA: cambiare verso

reloaded 20 giugno 2015 -UNA SOLA STRADA PER LA SINISTRA: cambiare verso

Grazie all’album dei ricordi di Facebook vi ripropongo questa riflessione dal mio blog del 20 giugno 2015

Avete potuto verificare stamattina (sabato 20 giugno, ad un passo dal solstizio d’estate) gli ultimi dati relativi alle forze politiche (http://www.demos.it/a01145.php?ref=HREA-1 e http://www.repubblica.it/politica/2015/06/20/foto/atlante_politico_governo_leader_migranti-117261459/1/#1) riportati da Repubblica on line. Non evidenziano la forza sovrannaturale dei “gufi” che per mesi si sono avvicendati a denunciare la protervia del Premier e dei suoi più “fedeli” sostenitori; sono semplicemente il risultato di una Politica da troppo tempo “malata” (gravemente malata) che per sopravvivere ha garantito ad un suo esponente un credito assolutamente superiore al valore espresso. L’ansia di un “cambiamento” necessario e rivoluzionario, che avrebbe (fosse stato davvero realizzato) posto ai margini la gran parte di coloro che sono i reali responsabili di questo degrado morale e civile che corrode le basi della nostra Repubblica, ha prodotto come reazione difensiva una “nuova” classe politica che si è fatta forza di un diffuso qualunquismo accreditandosi tra la “folla” come “post-ideologica” e paladina di un grande “rinnovamento” che è stato chiamato in modo sintetico “rottamazione”. Chi legge i miei post può verificare che, “gufo” o meno sia stato, ho denunciato questa Ipocrisia. Quanti ancor oggi si vanno chiedendo chi vi sia alle spalle del Premier possono trovare risposte andando a rivedere il film degli ultimi quattro-cinque anni ripercorrendo la “storia” del Partito Democratico; la “memoria” dell’italiano medio, anche di quello acculturato, è da sempre purtroppo molto corta. Basterebbe assumere come punto di riferimento alcuni personaggi soprattutto nelle “retrovie” provinciali di questo paese di campanili; basterebbe seguirli nelle loro peripezie e nelle loro traversie: tanti di essi sono “morti” e “risorti”. Morti perchè puniti all’interno di meccanismi “politici” locali e “risorti” grazie al “miracolo renziano”, accodandosi alla sua corte e accreditandosi come “rinnovatori”, dopo essere stati rappresentanti reali di una forma di “stalinismo”, questo sì da rottamare, nella conduzione dei vecchi Partiti. La Storia non si fa mai sull’oggi e quella rivolta al “domani” è falsata da protagonismi soggettivi.

Tornando ai dati da cui sono partito rilevano che è assolutamente necessario un “cambio di verso” per tutta la Sinistra; Matteo Renzi non può essere il “futuro”: è la “foglia di fico” di cui si sono serviti centinaia di politici giubilati. Ne conosco tanti, non solo persone mature e navigate ma anche molti “giovani”(!) che avrebbero dovuto essere “rottamati”, ma che invece sono per ora ben inseriti saldamente alle loro comode poltrone. Renzi è un tipico rappresentante del “trasformismo” che sta producendo gravi danni alla società, accentuandone le differenze alimentandone i conflitti aumentando i divari economici e le disuguaglianze. Tutto questo persone come me lo hanno capito sin dall’inizio; altri hanno trovato giustificazione nell’assenza di leader alternativi. Volevano vincere “a tutti i costi”, ma questi ultimi si sono rivelati troppo antidemocratici. Non si può pensare di “vincere” a prescindere, come hanno fatto dopo di lui (docente eccellente ma pernicioso) alcuni candidati amministrativi e politici locali, accogliendo nelle loro liste personaggi discutibili e poco affidabili sul piano dell’Etica politica. Meglio non vincere; si pensi al paradosso di un riferimento agli anni della Destra berlusconiana, nel corso dei quali molte delle (contro)riforme che Renzi ha proposto, difeso in modo anche “antidemocratico” (ci si ricordi del “colpo di mano” in Commissione Affari Istituzionali della Camera) e fatto approvare, non riuscirono a passare, mostrando come la “forza” delle opposizioni riuscisse a garantire migliori condizioni. Lo so: è un “paradosso” ed in tal modo deve essere letto. Non rimpiango gli anni di Berlusconi; rilevo soltanto che, dietro un paravento “post-ideologico” di Sinistra (!), si vadano ora realizzando molti dei “progetti” anticostituzionali che erano trascritti su documenti che la Storia aveva chiamato “eversivi”.

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LE ILLUSIONI

Le illusioni

Tra quelli che diconsi “di SINISTRA” circola sotto traccia l’idea che non si possa fare a meno di accordarsi con il PD. Non tutti lo dicono apertamente ma in molti temendo – con una giusta preveggenza – la possibilità che a prevalere in una contesa elettorale possa essere o la Destra o il M5S preparano il terreno in quella direzione. Questo ragionamento lo fanno sia per la realtà nazionale sia per quella locale; e non fa una grinza! In fondo non può “non” essere condivisibile. E’ del tutto evidente che, laddove le Sinistre unite si presentassero in maniera autonoma e del tutto alternativa al Partito Democratico, il rischio di una sconfitta di quest’ultimo sia molto alto.
Tuttavia occorre ragionare sui motivi essenziali per cui tra il PD e le Sinistre sia in atto una competizione divaricante progressiva. Quel Partito ha del tutto perduto la carica innovativa che era apparsa prioritaria nel momento della nascita: vi erano dei dubbi, delle perplessità nell’unire culture che avevano percorso strade non del tutto parallele, pur rifacendosi a valori universali riconoscibili nella Carta costituzionale, ma si operava congiuntamente per superare quelle differenze. E ad ogni modo non voglio dilungarmi su quella fase, chiudendo con la certezza che l’avvento di Renzi sia stato un “colpo di mano” reazionario in risposta al desiderio di rinnovamento che stava permeando il PD coinvolgendo molti tra quanti avevano aderito al nuovo progetto politico: l’avvento alla Segreteria di Renzi è avvenuta attraverso un vero e proprio “imbroglio” camuffato da “scelta democratica” al quale hanno preso parte migliaia di persone di dubbia provenienza politica e moralità, il cui scopo, ben noto agli organizzatori è stato quello di smantellare nei fatti l’intera impalcatura originaria del PD.
Oltre Renzi ci sono i “renziani” quelli folgorati sulla via di Damasco e quelli di nuovo conio e non so dire quali siano i peggiori. Fatto sta che sono soprattutto questi altri, epigoni interessati dallo stravolgimento dei rapporti democratici in questo Paese, ad apparire vincenti rappresentanti della Sinistra. Quale Sinistra? le azioni portate avanti dalla spocchia di Renzi, la sua tracotanza, il suo profondo disprezzo per il confronto e la dialettica sono tutt’altro che espressione di Sinistra. Ed allora forse si illudono i sostenitori dell’unità delle Sinistre nel voler a tutti i costi costituire un Fronte popolare alternativo autonomo rispetto al PD; ma certamente si illudono coloro che – da Sinistra – credono che accordandosi con quel Partito lo si possa ricondurre sulla via della rappresentatività dei bisogni diffusi, lasciando del tutto la pratica del “pietismo” (la concessione di benefit, bonus e quant’altro) di origini cattoliche che ne permea costitutivamente ormai l’essenza.
Andiamo oltre. In questo Paese, dobbiamo superare le “illusioni” e garantire un futuro per le nuove generazioni senza abbandonare le altre. E non c’è futuro senza la SINISTRA, una forza UNITA che non guardi al passato, ma che abbia la capacità di superare le secche del presente e veleggiare verso il futuro!

In definitiva, spetta alla forza politica più forte (per ora) assumersi la responsabilità di una “sconfitta”. D’altronde tra un occhiolino e un altro – in maniera strabica (a Destra con i voucher reintrodotti e a Sinistra con lo “ius soli”) – il PD rappresenta con nettezza la sua ambiguità e tocca a chi si sente di Sinistra di farlo rilevare e guidare verso di sè un elettorato che ha smarrito la strada e tende ad autoescludersi dai processi democratici, astenendosi o votando forme di politica discutibili, altrettanto ambigue e culturalmente di infima qualità.

J. M.