UN RACCONTO iniziato il 20 luglio e finito il 21 luglio 2017

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UN RACCONTO iniziato il 20 luglio e finito il 21 luglio 2017

E’ il 21 luglio, oggi. Ieri ho cominciato a scrivere un racconto-apologo sul concetto di “benessere” da qualche punto di vista diversificato.

Protagonisti due figure di mezza età che si incontrano casualmente alla cassa di un supermercato.
Uno dei due è un signore, un lucano di Avigliano, che prima di congedarsi si palesa come tale dietro la richiesta di Joe; egli stesso, in precedenza, in avvio della conversazione inattesa, aveva scherzato con Joe sulle loro origini comuni, seguendo i fonemi espressi intorno ai pubblicizzati economici cerotti curativi a base di arnica. “Lei non è di certo alto-atesino” gli aveva detto e Joe gli aveva scherzosamente risposto che invece lo era, mentendo e sapendo di farlo, e aveva giocato su quella parola alludendo al fatto che un cerotto non sarebbe stato in grado di cedere “benessere” a chicchessia.

“Sono campano, ma ho vissuto per alcuni anni in Alto Veneto tra l’Alto Adige e il Friuli per cui un po’ mi sono formattato anche in quei luoghi” gli ha poi rivelato, prima di avviarmi verso l’uscita con il carico di frutta varia acquistata in barba alle indicazioni di Mary. Fuori aveva incrociato il cliente post-moderno, con il suo tappetino ricolmo di oggettini di dubbia utilità che tra un Buongiorno ed un Ciao rivela di non aver poi imparato tanto di più della lingua italiana e si è chiesto quale concezione loro, che arrivano nel nostro Paese lasciando miserie inenarrabili e inimmaginabili, abbiano del concetto di “benessere”.

Joe se lo è chiesto ma non lo ha palesato. Ma, dopo aver fatto dono di una delle buste di frutta al custode di turno, che non si aspettava altro che qualche spicciolo e mostra diverso interesse verso quel lascito, è ripiombato nei suoi pensieri, collocandoli nella contemporaneità del suo tempo.

“Certo, dice bene l’amico lucano: la Politica dovrebbe occuparsi del benessere dei deboli, degli ultimi, degli sfruttati, dei senza lavoro per affrontarli e portare i loro problemi – anche se lentamente – a soluzione. Non si chiede mica l’impossibile, mentre da un lato ti ingannano dicendo che sono impegnati in tale direzione e dall’altro ti ingannano ugualmente affermando la loro impotenza e semmai scaricando su altro e su altri la loro inettitudine”.
“Appaiono tutti desiderosi di ottenere consenso, promettendo il loro impegno verso la riduzione delle differenze; ma poi ti accorgi che si corre dietro soprattutto ai desideri dei ricchi”.
“La disoccupazione se non cresce è perchè una parte dei disoccupati sparisce non perché c’è più occupazione; in effetti diminuisce anche il numero dei ricchi! ma non c’è da esultare: è semplicemente perché anche tra loro c’è chi è maggiormente baciato dalla fortuna e diventa più ricco, allontanando da quel consesso prefino qualcuno che poco prima vi apparteneva. Insomma i ricchi diminuiscono e sono sempre più ricchi ed, evviva, i poveri aumentano e sono sempre più poveri. Sembra quasi un giochettino di fisica con i vasi comunicanti. Solo che qui si tratta di donne ed uomini e tanti minori. C’è ben poco da scherzare”.
Joe è preso da questi pensieri ed avverte la sua profonda impotenza; attraversa la città e si dirige alla Mensa dei poveri. Ha sentito un appello nei giorni precedenti: in effetti non cercano cibo o derrate varie, hanno bisogno di braccia. Joe però vi entra non a mani del tutto vuote: porta con sè le buste della spesa. Chiede indicazioni al primo che incontra e, lasciandogli le buste, si mette a disposizione per il lavoro di cui hanno bisogno. Ha già avvertito Mary che non ha comprato nulla e che tornerà dopo pranzo.

J.M.

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