“oggi in Sicilia domani nel resto d’Italia” C’è chi gradisce il flauto renziano, quanti topi lo seguiranno?

Sun background, vector illustration
Sun background, vector illustration

“oggi in Sicilia domani nel resto d’Italia”

“oggi in Sicilia domani nel resto d’Italia”
C’è chi gradisce il flauto renziano, quanti topi lo seguiranno?

Cosa accade in Sicilia, nell’approssimarsi delle elezioni regionali? Sono in molti a dire che le varie formazioni politiche si stiano preparando per le Politiche prossime venture, allenandosi in Trinacria. In effetti, si litiga a Destra ed a Sinistra, all’interno di nuove forme-Partito che purtroppo ricordano le vecchie di quella che chiamammo Prima Repubblica e che speravamo aver sepolto definitivamente al termine del secolo scorso.
E su questo “deserto etico” della Politica d’antan sguazzano i ragazzotti incolti del Movimento pentastellato, pubblicizzandosi per la loro pretesa onestà che cela l’imperizia e la dabbenaggine che hanno da sempre fatto più male della grandine, perché per la loro ingenuità sono vittime degli eterni furbastri pescecani che circolano in acque torbide del sottobosco eterno, circuendoli e blandendoli, mettendosi al loro servizio prima, durante e dopo le diverse campagne elettorali per ricavarne il più possibile in appalti di governo e sottogoverno.

La mia personale preoccupazione è per la Sinistra: il PD è sempre più alla deriva e sta tentando in Sicilia di consolidare la sua “mission” segreta (sempre, però, meno segreta) di convergere verso il Centrodestra, aggregando voti di quella parte attraverso la figura di Alfano, con il quale intende confermare un’alleanza specifica “oggi in Sicilia domani nel resto d’Italia”, pensando di scompigliare le carte del Centrodestra berlusconiano-meloniano-salviniano ma nei fatti rendendo sempre più impensabile un accordo con quella parte della Sinistra interna ed esterna al PD che guarda a ricompattare una Sinistra che riesca a dare risposte non demagogiche non populiste non pietistiche a quanti sono rimasti indietro, sempre più indietro nella scala sociale.

E’ un vero e proprio suicidio neanche tanto assistito, ma programmato ad arte per poter screditare, davanti ad un sicuro insuccesso (il PD – la sua possibile coalizione – non è accreditato tra i probabili vincitori), le forze della Sinistra, rendendole responsabili della débacle. E’ assolutamente improbabile che la Sinistra possa allearsi con un Partito che privilegi accordi con forze chiaramente di Destra e dunque non può di certo il PD, che è potenzialmente la maggiore forza politica di quel Polo, chiedere assunzione di responsabilità a forze minoritarie chiaramente di Sinistra. Questo modo di agire è con tutta chiarezza un pretesto per buttare all’aria qualsiasi forma di coalizione che abbia quale punto di riferimento i valori fondamentali della Pace, del Progresso, della Solidarietà, dell’Eguaglianza, della Libertà, della Democrazia. Anche per questo viene diffusa ad arte la “fabula” del “non esiste più Destra o Sinistra”! E’ un modo come l’altro, anche questo, di screditare gli sforzi che donne ed uomini, giovani e maturi, portano avanti quotidianamente nelle nostre città, impegnandosi in Associazioni, Comitati, Gruppi vari in modo del tutto volontario, alzando bandiere che simboleggiano quei valori in cui fermamente credono.

Quel che accadrà in Sicilia darà certamente segnali a tutti noi. Lavoriamo per un’Unità delle Sinistre da presentare alle prossime elezioni, anche per consentire a coloro che ancora credono che il PD sia un Partito di Sinistra di ravvedersi e convergere per davvero sulla loro Sinistra. Non è possibile in assoluto barattare il proprio impegno per mescolarsi con chi non può oggi più avere la rappresentanza del mondo del Lavoro, della Cultura e della Cooperazione: non è affatto credibile chi propone la Politica dei due tempi “ci alleiamo e poi facciamo contare la nostra alleanza”.
Non funziona, soprattutto non con chi ritiene già in partenza di essere superiore e più furbo di altri.

E allora perché non provare da Sinistra la stessa strada? “oggi in Sicilia domani nel resto d’Italia”?

Joshua Madalon

Tramonto

RICOMINCIA L’ANNO SCOLASTICO – alcune precisazioni dopo il mio post di ieri

RICOMINCIA L’ANNO SCOLASTICO – alcune precisazioni….

Dopo il mio post di ieri su come vorrei che fosse la Scuola in merito ai Programmi ed ai tempi di loro attuazione dovrei precisare alcuni aspetti: 1) la riduzione degli anni da cinque a quattro proposta dalla Ministra Fedeli dovrebbe essere funzionale ad equiparare i percorsi di studio complessivi adeguandoli agli standard europei: ciò dovrebbe avvenire per tutto il resto, però! e mi spiegherò meglio dopo; 2) la ristrutturazione di alcuni Programmi, in particolare quelli che si basano su una loro specifica temporalità cronologica (per comprenderci meglio: Italiano, Storia e Letterature straniere), dovrebbe essere funzionale a creare delle specializzazioni anticipate rispetto all’Università, creando con quest’ultima un raccordo preventivo; 3) la distinzione all’interno del quadro docente tra burocrati (utilizzo il termine come qualifica positiva) ed insegnanti dovrebbe portare ad una valorizzazione delle specificità acquisite creando figure intermedie tra la Dirigenza e la Docenza.

The-400-Blows-French-Cinema

Parto da quest’ultimo punto – il terzo – per meglio precisare il mio pensiero: con la nuova funzione “burocrate” si eliminerebbero le figure ambigue e spurie di docenti che, proseguendo a svolgere la loro attività, si occupino “anche” degli aspetti organizzativi, accedendo a compensi aggiuntivi molto spesso inadeguati. Allo stesso tempo si risolleverebbero da incombenze burocratiche la gran parte dei docenti “insegnanti”. (Badate bene, la mia non è un’accusa nei confronti di chicchessia: ho detto ieri che “invidio” alcune capacità “professionali” più propriamente organizzative sul piano delle “burocrazie” ma poiché queste ultime “esistono” ed “insistono” sulle attività pedagogiche generali appesantendole trovo importante un intervento specifico nella direzione da me proposta!).

Quanto al secondo punto mi spiego meglio: lo studio di autori lontani da noi come Dante, Petrarca e Boccaccio (sono i tre grandi del Trecento, ma spesso sono accompagnati da altre figure di quel periodo) è estremamente faticoso per una platea generica come quella di un primo anno della seconda fase di studio superiore (c’è chi ha uno specifico interesse e c’è chi ha invece una crisi di rigetto letale verso la Letteratura tout court!): quegli autori parlano di tempi lontani in una lingua che avrebbe bisogno di essere tradotta in linguaggio corrente per poter far apprezzare il “pensiero” espresso. La mia proposta sarebbe quella di parlare di Letteratura come costruzione del “vissuto” personale: una sorta di Laboratorio di scrittura attraverso la lettura del proprio presente, quello che volgarmente oggi sentiamo chiamare “storytelling”. A coloro che apprezzano invece uno studio “storico” della Letteratura offrirei moduli da affidare a personale competente dedicati a periodi e figure tra le più rilevanti a livello internazionale. Per quanto concerne la Storia proverei ad avanzare una proposta “rivoluzionaria”: perché non farla studiare “a ritroso”? Utilizzando le “conseguenze” per recuperare le “cause”?

Sul primo punto intendo rilevare che va benissimo adeguare il nostro “corso di studi superiore” a quelli europei ma senza combinare quel pasticcio che è la proposta Fedeli. Intanto cominciamo con il dire che la scuola in Europa è strutturata in orari scolastici prolungati ma onnicomprensivi dell’impegno dello studente (in parole povere, quando il ragazzo esce da scuola non ha compiti da svolgere a casa, né scritti né orali); inoltre è noto che gli stipendi dei docenti nel resto d’Europa sono molto più alti di quanto non lo siano in Italia.
Ovviamente quel che scrivo è contrassegnato da alcuni limiti: 1) sono (stato) un docente di Materie letterarie in una scuola superiore di secondo grado; 2) sono in pensione; 3) mi occupo di scrittura creativa; 4) odio la burocrazia.

Perdonatemi! ma allo stesso tempo ascoltate quanto dico: il disastro della nostra Scuola italiana lo pagheranno i nostri figli ed i nostri nipoti, ma già adesso i segnali sono molto chiari e rischiamo di avere al Potere una massa di ignoranti delle loro stesse radici, delle ragioni primarie della nostra Storia. Abbiamo il dovere di parlare, anche se questo offenderà qualcuno….


Joshua Madalon

563537_329377607150335_456347080_n (1)

RICOMINCIA UN ANNO SCOLASTICO : riflessioni e proposte

RICOMINCIA UN ANNO SCOLASTICO : riflessioni e proposte

“Io li invidio…non credano che li sottovaluti nella loro abilità!”

Mi sono ritrovato a confessare questa mia “in-abilità” molte volte negli ultimi anni della mia “carriera” scolastica a tal punto da rinunciare a presentare progetti, pur poi realizzandoli “gratuitamente”; e nel corso dei quattro anni di “pensione” che mi separano dalla cessata attività ho continuato a stimare “diversamente” i colleghi docenti che hanno resistito e cor-risposto positivamente alla burocratizzazione del lavoro scolastico. Devo confessare che non ho mai apprezzato personalmente quell’approccio, resistendo a non praticarlo del tutto, ma non ho mai allo stesso tempo espresso disistima verso coloro che – invece – in quell’ambito esprimevano potenzialità di buon ed alto livello.
L’insegnamento però è ben altro che le scartoffie troppo spesso ripiene di ipocrisia che il Ministero impone ai “docenti”, allorquando, solo per portare un esempio, si utilizzano circonlocuzioni per dire ma “non dire” intorno a questioni che attengono a capacità che, pur non emergendo del tutto, possono però apparire all’improvviso (in pratica si scrive ciò che “non è” per non esprimere ciò che “è”!). E poi cosa aggiungere sull’utilizzo del formato elettronico così strombazzato e super valutato, che però non ha mai fatto abbandonare l’uso della carta!?

scartoffie10-e1496897243674

Ritornando, però, a quell’ “invidia” positiva che ho avuto ed ho nei confronti dei colleghi che tanto abilmente utilizzano gli aspetti burocratici, anche a vantaggio dell’istituzione specifica per cui svolgono quell’attività (i progetti vari, quelli europei e quelli locali, sono costruiti per ottenere contributi) ed a sostegno delle proprie orgogliose capacità, mi sono spesso chiesto, proprio per non disperdere e per valorizzare quelle competenze, perché non creare un ruolo specifico per loro, consentendo peraltro a coloro che vogliono impegnarsi meglio ed in modo più diretto al lavoro di trasmissione delle passioni culturali e professionali di potersi meglio esprimere.
Ho faticato, io, a sopportare incombenze che mi allontanavano dal rapporto diretto con i giovani che mi venivano affidati ed ho molto spesso anche negli anni di pensionamento – ancor oggi – dovuto ascoltare i “lai” di quanti – tanti – denunciano la deriva burocratica dell’insegnamento. Proprio perché già da tempo mi rendevo conto sulla mia pelle del tempo prezioso che quell’aspetto richiedeva a tutti noi mi sembrerebbe logico intervenire strutturalmente sulle “carriere” per migliorare i risultati altalenanti della nostra Scuola.
Più cultura più trasmissione di passione e saperi che pratiche burocratiche come registri elettronici da compilare, Programmi Operativi Nazionali ed Europei, schede personali, verbali verbali verbali e piani di lavoro circostanziati preventivi redatti senza una benchè minima conoscenza della materia viva con cui ci si confronterà. Non è davvero questo che potrà contribuire a far crescere la nostra società, a migliorarne i livelli culturali. Occorrerebbe davvero una Riforma, ma non come quelle proposte negli ultimi venti anni: una Riforma dei livelli minimi e di quelli però successivi della qualità dell’insegnamento.
Quell’accapigliarsi recente intorno ai quattro anni invece che cinque con un carico di lavoro soprattutto per gli studenti invariato e con orari di presenza a scuola complessivamente invariati è assurdo laddove invece di mirare all’essenzialità con un metodo completamente ribaltato rispetto a quello precedente che si è basato su scuola e casa (compiti a scuola e compiti a casa) non dà alcun segnale di rinnovamento.
Quelle affermazioni a vantaggio di uno studio della storia e della letteratura più recente tradiscono l’impianto umanistico della Scuola e non spiegano a dovere che, per avvicinare i giovani alla lettura, non si può proporre che si occupino prevalentemente di “lingue morte” ( non solo il latino ed il greco ma soprattutto la lingua italiana dei secoli precedenti che troppo spesso avrebbe avuto bisogno di essere accompagnata da traduzioni moderne). Non escludo peraltro lo studio né del latino né della letteratura del Duecento e Trecento fino a tutto l’Ottocento, ma lo riserverei a moduli specifici riservati a particolari studenti che abbiano obiettivi esclusivamente umanistici cui dedicare supplementi di approfondimento. E poi affrontare l’annosa questione dell’analfabetismo scientifico che relega la media dei nostri studenti al di sotto di realtà di bassissimo livello qualitativo civile (o che perlomeno così ci vengono descritte).
E ancora, cosa dire della Storia? L’analfabetismo sui fatti del Novecento ha creato un disastro civile, uno iato colossale; ed in pratica per scelta ministeriale degli ultimi venti anni si assiste al capovolgimento di quella che sarebbe la mia proposta: alle questioni collegate agli eventi novecenteschi ed in misura maggiore per “mancanza di tempo” (i programmi ahi ahi i programmi!)ora vengono dedicate delle attività collaterali spesso riservate a pochi; io invece propongo che avvenga il contrario, come ho scritto sopra.

Joshua Madalon

MCM20027
MCM20027

Parlo di me, oggi

Parlo di me, oggi:

sono nato a Napoli, mio padre era puteolano doc, mia madre procidana. Ho vissuto fino a 26 anni in Campania poi sono andato in Alto Veneto e di là a Prato, in Toscana.
Qualche anno fa, richiesto di declinare la mia discendenza materna da un’autorevole ricercatrice romana, avviai sinteticamente a dire quel che ho qui sotto riportato:

“Cercherò di esserle utile! Comincio subito:
Sono nato a Napoli (semplicemente perchè mia madre, Ruocco Assunta, procidana di Ciraccio, che aveva sposato un puteolano, ebbe la necessità di partorire in clinica, diversamente dalla maggior parte delle donne che abitualmente era assistita direttamente da un’esperta – “la vammana” – in casa). Ma fin dai primissimi giorni di vita, una delle mie zie procidane, Agnese, la più energica ed attiva, veniva a prenderci a Pozzuoli e si attraversava il mare per portarci molto spesso alla casa dei nonni materni in via Flavio Gioia.
La famiglia materna era soprannominata “Mainardo”; è un’abitudine frequente e diffusa da quelle parti.
Di mio nonno Vincenzo ricordo vagamente e lontanamente come un’ombra i contorni; avverto ancora ora la sua presenza patriarcale e mi rivedo sollevato dalle sue braccia. Mia nonna Rachele la ricordo invece molto bene perchè, al contrario di mio nonno è venuta meno quando ero negli anni della pubertà e di lei rammento il periodo della senilità durante il quale aveva problemi di memoria e suscitava in noi nipoti una certa irriverente ilarità.
Fra gli episodi più significativi che io ricordi vi erano quelli che ponevano mia nonna in rapporto alle tecnologie di comunicazione (parlo delle radioline a transistor – il televisore arrivò successivamente alla sua morte in quella casa) per le quali non solo non riusciva a comprendere il funzionamento – e sarebbe stato normale per tutti noi – ma non si capacitava che qualcuno parlasse e lei non riuscisse a vederlo; e per questo lo cercava sempre dietro agli strumenti………..

Ho detto che iniziavo; parlerò di molto altro fino a quando lei vorrà.

Copio e incollo per mantenere la memoria (tenga presente che mentre scrivevo avevo dimenticato il soprannome della famiglia di mia madre e solo grazie a questo esercizio me ne sono ricordato; non è più il tempo di aspettare per fermare i ricordi; la ringrazio per la sollecitazione).
Un saluto affettuoso”

Giuseppe Maddaluno

RACCONTO D ‘ESTATE

RACCONTO D ‘ESTATE

Il display segnalò che era venuto il suo turno: a quell’ora l’attesa era di cinque massimo dieci minuti. Con la calura estiva non c’era ressa alle 3 pomeridiane.
“Devo ritirare le analisi di mia figlia; ho la delega e la fotocopia del suo documento!” Gil sapeva presentarsi senza tanti fronzoli per ottimizzare i tempi di lavoro dei suoi occasionali interlocutori.
“Perfetto! Pochi arrivano qui che hanno già preparato tutto. Complimenti!” fece l’impiegato che subito dopo aver rapidamente controllato che fosse tutto a posto digitò le lettere del codice fiscale per accedere attraverso il monitor alla documentazione richiesta.
Gil scherzosamente volle rilevare che, in un’altra occasione, sempre per sua figlia, gli era stato consegnato un referto che apparteneva ad un’altra persona. Se ne era accorto mentre usciva, avendo aperto il plico per verificare i dati delle analisi della ragazza che, essendo via voleva esserne informata.
E l’addetto disse che non sarebbe stato possibile; lo ribadì, mentre però verificava con ulteriore attenzione i dati. Poi chiuse il tutto nella busta e la consegnò a Gil.
Appena fuori fece la stessa identica operazione delle volte precedenti. Il nome corrispondeva; scorse i vari dati comparandoli con il range indicato a margine: era tutto nella norma con un lieve calo dei globuli rossi, ma poco al di sotto del minimo. Girò la pagina e… tutto appariva regolare…. ma c’era qualcosa di strano in una delle regolarità.
*******************
Anche d’estate il clima al mattino è abbastanza fresco. Gil aveva accompagnato sua figlia Mary al Centro comunale per le analisi mediche. Bisognava arrivare presto per poter poi tornare a casa e ripartire per l’Archivio entro metà mattinata. Mary non voleva prendere un permesso lungo. Quella mattina ad un certo punto vennero giù, brevi ma fitte e grosse, gocce di pioggia proprio mentre Gil, dopo aver fatto scendere la ragazza per potersi anticipare nella fila “esterna”, era andato a parcheggiare l’auto. Pagò il parcheggio alle macchinette e rientrato in auto ne prelevò uno degli ombrelli per ripararsi mentre aumentava il passo per raggiungere Mary. Da lontano vide che era in compagnia di una signora, anch’ella in fila, che la proteggeva con il suo ombrello……e rallentò tranquillo.

…rallentò e, curioso come era, lentamente Gil, meno preoccupato avendo la certezza che Mary fosse protetta dagli scrosci, si avvicinò alle due donne allo scopo di poter capire di cosa stessero confabulando. Lo capì quando riuscì ad avvicinarsi meglio. La signora era inglese ed aveva frequentato da ragazza gli stessi ambienti universitari nei quali lavorava Mary. Fecero rapide presentazioni poiché intanto le porte magiche dei Laboratori si erano aperte e tutti stavano affluendo in un ordine tutto italiano verso l’ingresso. Soltanto una donnina gentile si accodò loro riconoscendo forse in modo non del tutto corretto ma a suo svantaggio che era arrivata dopo.
Un gran caos che proseguì davanti ai distributori di numeri ma che era solo un timido annuncio di quel che avvenne poi…

Eterogenee etnie ed una babele linguistica moderna affollavano la sala d’attesa; la maggior parte dei pazienti e di alcuni accompagnatori, tra quelli soprattutto che erano arrivati molto presto quella mattina, sedeva tenendo a vista il display, che però non dava segni di vita.
Nel silenzio dell’attesa, quando la pazienza ha ancora un po’ di limiti da sopportare, si percepirono alcune voci, piuttosto agitate, non chiare, al di là della porta avetri che dava alla reception amministrativa – primo step della sequenza degli impegni dei “pazienti” – ed alle salette per i prelievi – successivo step per coloro che attendevano in sala – ma non si comprendeva quali fossero le ragioni di tali dissidi. Anche dopo l’avvio delle chiamate, ogni volta che veniva aperta la porta a vetri, sia che ne entrasse sia che ne uscisse qualcuno, arrivavano alle orecchie degli astanti voci e urla: era soltanto evidente che là dentro i “conti”, quali fossero le caratteristiche di essi non essendo ben chiaro, non tornavano.
Gil si allontanò dalla sala mentre Mary continuava a leggere e scrivere appunti, utilizzando il suo tablet in mezzo a quella bailamme. Il suo cellulare vibrava; era un suo amico che quello stesso giorno sarebbe partito per gli Stati Uniti e non se la sentiva di dirgli che non poteva parlare. Uscì fuori sullo spiazzo dal quale erano entrati.
La telefonata fu abbastanza lunga: peraltro mentre parlava con il suo amico, Gil aveva incrociato lo sguardo di un suo ex allievo, un suo coetaneo del Corso per adulti che non vedeva da alcuni anni. Terminato il dialogo telefonico “Come va?” si dissero all’unisono, e solite ovvietà senza alcun senso di chi si rivede con piacere, ma non più di tanto, poi. Era seduto insieme alla moglie su un’aiuola rialzata e circondata da un muretto; erano arrivati piuttosto tardi ed il loro turno sarebbe stato di certo in là con i tempi tra più di mezzora forse anche un’ora. Tra l’altro degli scrosci di prima nulla era rimasto…..
*****
Ancora berci ed urla provenienti dall’interno dei laboratori, più chiare e più forti quando si aprivano le porte per far uscire o entrare i pazienti che dovevano sottoporsi ai controlli. Gil nel rientrare si era accorto che Mary non c’era e si affacciò verso l’interno attraverso i veri delle due porte; scorse sua figlia al desk e con la dovuta riservatezza si rimise a sedere…
“Sì, Mary è già dentro. Sono qui nell’ingresso; non penso per molto…” Gil rassicurò la moglie che lo aveva chiamato e poi riprese ad inviare messaggi in chat ad alcuni suoi amici. Passò mezzora ed allora decise di far finta di essere un paziente e varcò le porte della reception. Una grande confusione lo colpì e si sorprese a vedere che Mary era ancora là seduta ad aspettare. “Ho già fatto un’analisi ma mi hanno detto che ne devo fare un’altra per la quale è necessario che io stia ferma qui. Mi chiameranno a momenti; perlomeno così sembra debba essere…. Tu vai di là!” gli disse.
Più paziente del solito, con Mary lo era in modo insolito, si rimise a sedere nella saletta d’attesa e la aspettò.
*********
Con i fogli delle analisi Gil decise di andare direttamente dal medico di famiglia, chiedendo di essere ricevuto tra un paziente e l’altro solo per la “lettura” dei dati, che – a suo parere – erano davvero sorprendenti. Tra le diverse voci ce n’era una che non si aspettava potesse trattare un soggetto femminile.
Era regolare, però, ma riguardava il test di PSA prostatico. “E’ da rifare!” fu la sentenza del dottore. Gil uscì dallo studio con una nuova richiesta e continuò a chiedersi di chi fossero quelle analisi, con la curiosità di sapere a chi fossero poi state consegnate le altre di Mary.

J.M.

PERCHE’ NON CI SI VUOLE CHIAMARE “RAZZISTI”, SE LO SI E’?

PERCHE’ NON CI SI VUOLE CHIAMARE “RAZZISTI”, SE LO SI E’?

“No, io non sono razzista, ma…” e giù una lunga serie di argomentazioni che riguardano proprio il “razzismo”. In pratica, si scopre la propria “natura” ma non la si vuole riconoscere; è la scoperta di essere “diversi” da come si è sognato di diventare: allo “specchio” si scoprono rughe profonde che identificano le persone che non vorrebbero però possederle. In certo qual modo, però, questo modo di essere diventati che apparentemente non viene accettato è una sorta di autogiustificazione culturale che denuncia l’incapacità di approfondire le questioni, quella di variarne le possibili soluzioni, subendole in modo passivo, acquiescente e supino. E’ l’autodenuncia di un livello culturale di bassissimo profilo di cui gran parte dei nostri cittadini sono portatori. Il nostro incontro quotidiano con le realtà extracomunitarie è essenzialmente collegato ai giovani “neri” che ci salutano, moderni “clientes”, alle porte di alcuni negozi con il cappello in mano, oppure quelli che lungo la strada protendono delle cianfrusaglie ( un accendino, un pacchetto di fazzolettini, un ventaglio – se fa caldo – un ombrello se sta per piovere ); su alcune strade li si incontrano perché offrono i loro servigi a piccoli sfruttatori negrieri moderni, in cambio di pochi euro e forse di un pasto per poi tornare nei loro maleodoranti e scomposti giacigli, quelli di cui non si vogliono vedere i contorni ma indignano quando ce li presentano e rappresentano nei vari dossier giornalistici e televisivi.
“Io non sono razzista, ma…aiutiamoli a casa loro!” ecco la frase che più di tutte rileva il tasso di razzismo dilagante in una società che si dice “cristiana”: quella società che è disponibile a partecipare semmai a quelle forme di campagne di sostegno a distanza, che ha pianto quando era “giovane” per i bambini del Biafra, ha applaudito i Pontefici per il loro impegno “terzomondista” ma che non si occupa politicamente in modo serio di affrontare per risolvere gradualmente ma più rapidamente possibile le condizioni di queste comunità. Non possiamo continuare ad essere insensibili a questi eventi, perché essi ci travolgeranno, scombussoleranno la nostra società, ma non perché questi popoli siano aggressivi o che abbiano un progetto di “invasione” (queste “amenità” lasciamole alla strumentale propaganda di Salvini e altri come lui, M5S, Fd’I., Forza Nuova, Casa Pound ed i sedicenti “non razzisti, ma…”), ma piuttosto perché tutta l’organizzazione dei loro movimenti dalla profonda Africa, dalla vicina Asia, attraverso i deserti ed i mari alle rive del Mediterraneo nostrum fino ad arrivare alle nostre “porte” reali, è connotata da interessi colossali che solo con una Politica seria che si occupi dell’accoglienza senza “business” noi riusciremmo a regolare ed a condurre verso soluzioni positive per tutta la nostra società. E’ fin troppo chiaro che la legislazione fin qui proposta da Destra e da quella che si dice Sinistra ha soltanto tamponato gli eventi guardandoli, come spesso fa con altri accadimenti come i terremoti , sotto l’ottica dell’emergenza.
Quelle persone che noi incontriamo sono uomini e donne come noi, amano ed odiano come noi, mangiano e bevono come noi, ridono e piangono, cantano e danzano, giocano insieme ai loro compagni ed ai loro figli come noi, corrono, saltano, ascoltano e parlano anche la nostra lingua; e lavorano, vogliono ordinare la loro vita alla pari di quella nostra, e pregano il loro Dio come fanno tanti di noi. L’aiuto che va dato non è quello pietistico delle buone “dame” che si battono il petto per espiare i loro peccatucci; è quello essenzialmente del Potere che noi abbiamo di poter regolare i nostri giorni futuri e non in senso repressivo ed oppressivo. A me con tanta ironia davanti a momenti drammatici la vicenda di Roma mi ha ricordato “Anche le formiche si incazzano”….
ma ne torneremo a parlare, anche perché questi argomenti dovremo sviscerarli a puntino e dobbiamo proporre “soluzioni di civiltà”!

Joshua Madalon

nero

Un poliziotto in tenuta antisommossa e una donna eritrea di nome Genet si tengono la mano in piazza Indipendenza a Roma, durante lo sgombero di ieri (ANSA/ANGELO CARCONI)
Un poliziotto in tenuta antisommossa e una donna eritrea di nome Genet si tengono la mano in piazza Indipendenza a Roma, durante lo sgombero di ieri (ANSA/ANGELO CARCONI)

25 AGOSTO 1917 – uno degli “ANNIVERSARI”

25 AGOSTO 1917 – uno degli “ANNIVERSARI”

Il progetto “ANNIVERSARI” prosegue occupandosi di uomini ed eventi del passato utili per i nostri tempi. Ad 80 anni dalla morte di Antonio Gramsci ed a cento dagli eventi che diedero vita alla Rivoluzione russa organizziamo incontri per parlarne insieme ad esperti locali e nazionali.
Qui di seguito un articolo scritto da Antonio Gramsci il 25 agosto del 1917.

Ecco così Kerenski mettersi da un lato contro la reazione che tenta rialzare la testa; eccolo all’opera, dall’altro lato, contro i massimalisti; ed ecco la dittatura che cerca, fra il proseguire della guerra e il desiderio di pace, il punto di appoggio nella tendenza media. Ma ecco Lenin e i suoi fedeli lottare per la maggior conquista con quanto più è possibile imporre di rinunce ai detentori della ricchezza, non dimenticando che essendo il socialismo il punto di arrivo, occorre che le folle considerino il Governo d’oggi non come il legittimo rappresentante delle proprie aspirazioni, ma come il nuovo “migliore avversario” che ha preso il posto del peggiore avversario precedente”. Questo lo stralcio di un articolo del prof. Concetto, stralcio di articolo che in brevi tratti fotografa chiarissimamente la situazione Russa compendiata nei suoi uomini più rappresentativi: Kerenski e Lenin. Per conto nostro aggiungiamo: forse Kerenski rappresenta la fatalità storica, certo Lenin rappresenta il divenire socialistico; e noi siamo con lui, con tutta l’anima.

Questo è quel che scriveva 100 anni fa – 25 agosto 1917 – Antonio Gramsci (l’articolo non è firmato) su “Il Grido del Popolo”.

Dopo le “giornate di luglio” che avevano visto rafforzarsi il Potere nelle mani di Kerenski ed avviare conseguentemente una fortissima repressione contro i bolscevichi, che costringono alcuni dei capi di quella fazione all’esilio (Zinov’ev e Lenin troveranno rifugio in Finlandia) o all’arresto (Kamenev, Trockij, Lunacarskij e altri), non c’è più tempo da perdere: o i bolscevichi si organizzano per la Rivoluzione o saranno destinati perennemente a soccombere. Gramsci, utilizzando una riflessione del prof. Omero Concetto pubblicata su “Avanti!” del 10 agosto 1917, non ha dubbi su da che parte stare.


Il titolo dell’articolo è “Kerenski e Lenin” ed è riportato nel libro “Come alla volontà piace – Scritti sulla Rivoluzione russa” di Antonio Gramsci curato da Guido Liguori e pubblicato nel 2017 dall’editore Castelvecchi.


Nel novembre 2017 con il Comune di Montemurlo stiamo organizzando una serie di incontri per parlare del centenario della Rivoluzione russa. Due di questi saranno propedeutici al terzo, nel quale (il 20 novembre) è prevista la partecipazione del prof. Angelo d’Orsi, docente di Storia del pensiero politico all’Università di Torino.

Joshua Madalon

signature_3

NUOVE EMERGENZE per coprire le inadempienze e continuare a percorrere la strada dell’illegalità


NUOVE EMERGENZE per coprire le inadempienze e continuare a percorrere la strada dell’ illegalità

“Non avete sentito il terremoto?” su Whatsapp amici lontani dalla provincia di Belluno ci interpellavano conoscendo il nostro “privato” e riservato viaggio. Era intorno alla mezzanotte ed il trillo ci aveva colpito, suscitando in noi preoccupazioni genitoriali. “No, non abbiamo avvertito alcun movimento” fu la sintesi in risposta. Ma subito dopo sono corso nella sala ed ho acceso il televisore. “Ma come, è là vicino, a Ischia!” suggeriva Whatsapp da parte degli amici. “Ah, a Ischia! Già ma noi siamo ormai tornati a Prato!” ho scritto mentre cominciavo a seguire gli speciali di tutte le emittenti e leggevo le notizie nei sottopancia.

A Casamicciola, là dove altri eventi sismici avevano prodotto immani disastri e dove di recente vi era stato uno smottamento franoso che aveva distrutto una parte del territorio, c’era stata una scossa 3,6 della scala Richter e si annunciavano già due morti ed un numero imprecisato di feriti oltre ad alcune case crollate.

3,6? E che terremoto è stato? 3,6 e 10 chilometri di profondità. Raffrontato con quello di un anno fa ad Amatrice e Norcia, farebbe ridere; eppure ci sono crolli, morti e feriti e tanta tanta confusione. Dopo alcune ore il livello è salito a 4,0 e la profondità è stata ulteriormente ridotta a 5 chilometri: un sisma locale, molto locale, forse da collegare al tipo di terreno ma anche a ciò che vi è depositato sopra e forse sotto, poco sotto ma abbastanza sotto: e non mi riferisco al possibile magma vulcanico.

terremoto-abruzzo

Essendo le conseguenze catastrofiche dichiarate molto delimitate nello spazio non sarebbe fuori luogo un’analisi profonda del territorio geologico, anche per meglio comprendere se su quegli spazi si possa, al di là di quanto non consentito e che andrebbe rispettato, continuare ad edificare. Gli eventi di cui si è sopra accennato potrebbero essere collegati tra loro e se questo sospetto fosse confermato non sarebbe in assoluto il caso di continuare a dibattere su ciò che è o non è abusivismo, su quelle infrazioni che con molta leggerezza si vogliono coprire con il termine “necessità” e che il più delle volte nascondono azioni immobiliari lucrose.
La mia, lo so, è un’ipotesi molto avventata; ma ritornando al cuore del problema non posso non rilevare che – spero di non continuare a dirlo vanamente – è l’ora di farla finita con queste “manfrine” politiche, di questa Politica di basso profilo per la quale, all’indomani di un evento catastrofico, si annunciano rivoluzioni copernicane che durano “l’éspace d’un matin” o “un fiat” se vi fa piacere.
Occorrono regole molto precise e restrittive e non possono essere delegate ad amministratori locali che, avendo un rapporto molto diretto e normalmente “di comodo” con le loro comunità, hanno troppe volte abdicato ad applicare le leggi e le regole, chiudendo uno o più occhi. Occorrono interventi diretti da parte dello Stato con la possibile applicazione immediata e diretta di sanzioni amministrative e penali da parte degli organismi di controllo. Contemporaneamente, però, si deve procedere con una campagna estesa in tutto il territorio nazionale per un Piano di Edilizia Pubblica Residenziale diffuso, che consenta ai giovani single o coppie di poter accedere con forme vantaggiose al possesso di una propria abitazione ed allo stesso tempo varare un Piano di verifica del patrimonio edilizio abitativo e non per procedere al necessario adeguamento alle norme sismiche ed a quelle ambientali, fornendo opportune garanzie di recupero sostanzioso delle spese sostenute dai proprietari. Tutto questo potrebbe apparire un “costo” insostenibile ma se lo accostiamo ai presunti costi sostenuti dallo Stato per le continue “emergenze” se ne comprenderebbero con grande chiarezza i vantaggi.

Joshua Madalon

signature_4IMG_8439

UNA NUOVA POLITICA – è tempo di pensarci

images

UNA NUOVA POLITICA – è tempo di pensarci

Non è solo l’età a spingermi ad insistere su quelle perplessità che avverto intorno alla figura di Pisapia; non quella “umana” sulla quale non ho riserve significative e l’apprezzamento per il suo ruolo “civile” non è ancor oggi in discussione (tra l’altro poco mi interesserebbe il continuare a valutare in senso negativo la sua adesione alla proposta referendaria dello scorso dicembre se quell’ “outing” non fosse poi collegato alla figura del leader del PD che lo aveva difeso in modo spropositato), mentre lo è il suo perpetuo rapporto di confidenza e sudditanza con Renzi.

Continuo a avvertire il modo superficiale con il quale mi si rimprovera questo eterno odio che ho nei confronti dell’ex Sindaco di Firenze ed ex Presidente del Consiglio e mi limito a dire che non comprendo fino in fondo neanche io le ragioni di questa incomprensione al di là del bisogno che una parte “debole” di questo Paese possiede nell’avere un personaggio, una figura nella quale credere ed obbedire (come interpretare l’alibi che alcuni dei miei critici frappongono allorquando affermano “non c’è alternativa!”?). Se qualcuno ricerca l’alternativa sappia che esiste ed è l’intelligenza del popolo! Nei giorni scorsi ho speso qualche riga a parlare di giovani: qualcosa si muove, anche se, per esperienza, voglio essere ancor più cauto che nel passato.
Occuparsi di Politica, intanto, non può limitare il proprio raggio d’azione dalla espressione delle idee proprie e comuni al conseguimento di un riconoscimento formale di questo impegno: questo dovrebbe essere stato superato nel passaggio dalla vecchia alla nuova Politica, ma invece permane come unico riferimento (mi occupo di Politica così come si raccolgono i punti alla Coop: dopo un po’ c’è un Premio, uno sconto, un vantaggio) della pratica politica e crea inevitabili sconquassi. Per capirlo basta riferirsi ad una delle tante competizioni elettorali: un candidato Sindaco si presenta sotto una sigla (Partito o Lista Civica) e crea un nugolo di apparentamenti attraverso altre Liste civiche che rappresentano tasselli di una realtà composita. Il candidato vincitore ha accolto tutti, promettendo varie postazioni ma si ritrova che la domanda supera di gran lunga l’offerta soprattutto quella sostanziosa di assessorati e sottogoverno locale.

Ecco, questo tipo di Politica è inossidabile ed è legata a doppio filo con tutto ciò che dovremmo cambiare, a partire da noi con barba e capelli bianchi, capovolgendo quello che normalmente sentiamo dire dai demagoghi intorno alla necessità che siano i giovani a “cambiare”. Quell’idea è fallita! I giovani sono stati educati ad una Politica di ipocrisie ed inganni, elaborata intorno a parole d’ordine che fingono di mirare al rinnovamento. Occorre oggi un’assunzione di responsabilità da parte nostra, canuti osservatori della realtà, per produrre un percorso educativo rigenerativo che, culturalmente alto, dia un senso alla partecipazione ad un progetto di medio e lungo periodo per riprendere un cammino democratico. Occorre che si attui una finzione positiva, immaginando di essere usciti da una strada buia e dantescamente propendere verso la luce superando la fatica della salita e le angosce di incontri pericolosi.

Si può entrare nella Storia se si è in grado di modificare la realtà in senso positivo, anche se ci vuole più tempo (la fretta è cattiva consigliera: nessuno è stato capace di dirlo a Renzi? O forse il suo “ego” è così forte da non avvertire i buoni consigli?); nel modo in cui ci si è mossi si sceglie la porta più vicina e larga ma dopo i prati ed i fiori c’è il baratro, mentre scegliendo quella più stretta e lontana, la strada è più lunga non ci sono rose e viole e solo sterpi accolgono il viaggiatore ma dopo una serie di curve pericolose c’è un gran giardino.

Joshua Madalon

20431677_1529027800525253_5137081188921902575_n

PAUSILYPON E LA GAIOLA – un viaggio tra il mito ed il moderno nel ventre di Napoli di fronte al suo mare

PAUSILYPON E LA GAIOLA – un viaggio tra il mito ed il moderno nel ventre di Napoli di fronte al suo mare

In sei otto mesi traforare e – come oggi si direbbe – “mettere in sicurezza” la base di un promontorio vulcanico fatto di tufo e pozzolana è un’impresa improponibile ai nostri tempi. Non lo era – e non lo fu – per i Romani che intorno al 37 a.C. costruirono una galleria alta circa quindici metri larga almeno quattro che da Coroglio per una lunghezza di settecento metri porta, attraversando la collina di Posillipo, ad un complesso residenziale di epoca imperiale prospiciente le due isole della Gaiola nel golfo di Napoli.
Non aggiungerò molto di più, evitando sia “sfondoni” sia “sfoggio di sapienza” inutile, invitando però i lettori curiosi del mio Blog a mettersi in contatto con l’organizzazione delle visite guidate, che costano tanto poco da non consentire il dubbio che io abbia interessi personali da far valere in cambio della pubblicizzazione.

I numeri di telefono sono 081 2403235 e 328 5947790; la mail è info@gaiola.org; il sito per accedere ad altre informazioni è www.gaiola.org

La pubblicizzazione del sito è per me doverosa, dopo aver conosciuto alcune delle operatrici culturali che se ne occupano – devo dire – in modo altamente professionale con eccellente capacità di interagire con ciascuno dei visitatori.
Come ci si arriva? Bene, vi dirò come ci siamo arrivati mia moglie ed io. Negli anni passati transitando dalla spiaggia di Bagnoli verso Coroglio ed imboccando la salita che porta nei pressi del Parco Virgiliano di Posillipo (quante volte lo abbiamo fatto da fidanzati e quante altre volte da genitori alla ricerca di spazi aperti, verdi e panoramici!) sulla destra subito dopo la “sosta” del primo Belvedere a destra si intravedeva un’apertura di uno spazio profondo che può far ricordare la consimile Galleria che si chiama Piedigrotta e si trova accanto al tunnel che porta gli automobilista da Mergellina a Fuorigrotta. Bene, quella era (ed è) la Grotta di Seiano, quella di cui stiamo parlando. Sempre chiusa, però, fino a qualche mese fa, forse poco più di un anno.
L’altro giorno ci siamo fermati al Belvedere e dialogando con un cortese netturbino di mezza età abbiamo espresso l’ipotesi di visitare il sito; è stato lui stesso a dirci che anche a lui era venuta quell’idea e mentre noi girovagavamo sul bordo del Belvedere, cercando angoli di visuale inediti da fermare con la nostra Canon, era già di ritorno e soddisfatto con alcune informazioni. A quel punto noi non potevamo essere da meno, anche perché dovevamo appagarci nella nostra curiosità. E siamo andati al botteghino in legno dall’interno del quale attraverso un’apertura è spuntata la testolina castana di una giovane donna dagli occhi vivaci e ragionanti, che ci ha fornito una marea di indicazioni ed ha prenotato la nostra visita “guidata” per il giorno dopo alle 10.

2487,0,1,0,360,256,443,5,2,183,52,0,0,100,0,1972,1968,2177,714091
2487,0,1,0,360,256,443,5,2,183,52,0,0,100,0,1972,1968,2177,714091
2487,0,1,0,360,256,443,5,0,111,51,0,0,100,0,1972,1968,2177,350705
2487,0,1,0,360,256,443,5,0,111,51,0,0,100,0,1972,1968,2177,350705

Per capire meglio la straordinarietà della visita che vi propongo occorre che siate in possesso di una cartina geografica, oppure che conosciate già le caratteristiche morfologiche del luogo.
Ad ogni modo non posso, in ciò spalleggiato da mia moglie (che non sempre è però d’accordo con me), non rilevare la straordinaria competenza professionale di Alessia, che è stata per l’occasione la nostra guida. Ed infine non mi dispiace (anche in ciò sostenuto dalla mia consorte) ricordare che il sito è protetto da Sua Maestà Gattesca il cui nome è Menelao, una splendida gattina nera che seguirà ciascuno dei visitatori una volta raggiunto il sito dopo i settecento metri di percorso in leggera salita.
Chi lo desidera ( e si ricordi di farlo presente ) può anche prenotare un giro in barca nei dintorni della Gaiola.

Joshua Madalon