RACCONTO D ‘ESTATE

RACCONTO D ‘ESTATE

Il display segnalò che era venuto il suo turno: a quell’ora l’attesa era di cinque massimo dieci minuti. Con la calura estiva non c’era ressa alle 3 pomeridiane.
“Devo ritirare le analisi di mia figlia; ho la delega e la fotocopia del suo documento!” Gil sapeva presentarsi senza tanti fronzoli per ottimizzare i tempi di lavoro dei suoi occasionali interlocutori.
“Perfetto! Pochi arrivano qui che hanno già preparato tutto. Complimenti!” fece l’impiegato che subito dopo aver rapidamente controllato che fosse tutto a posto digitò le lettere del codice fiscale per accedere attraverso il monitor alla documentazione richiesta.
Gil scherzosamente volle rilevare che, in un’altra occasione, sempre per sua figlia, gli era stato consegnato un referto che apparteneva ad un’altra persona. Se ne era accorto mentre usciva, avendo aperto il plico per verificare i dati delle analisi della ragazza che, essendo via voleva esserne informata.
E l’addetto disse che non sarebbe stato possibile; lo ribadì, mentre però verificava con ulteriore attenzione i dati. Poi chiuse il tutto nella busta e la consegnò a Gil.
Appena fuori fece la stessa identica operazione delle volte precedenti. Il nome corrispondeva; scorse i vari dati comparandoli con il range indicato a margine: era tutto nella norma con un lieve calo dei globuli rossi, ma poco al di sotto del minimo. Girò la pagina e… tutto appariva regolare…. ma c’era qualcosa di strano in una delle regolarità.
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Anche d’estate il clima al mattino è abbastanza fresco. Gil aveva accompagnato sua figlia Mary al Centro comunale per le analisi mediche. Bisognava arrivare presto per poter poi tornare a casa e ripartire per l’Archivio entro metà mattinata. Mary non voleva prendere un permesso lungo. Quella mattina ad un certo punto vennero giù, brevi ma fitte e grosse, gocce di pioggia proprio mentre Gil, dopo aver fatto scendere la ragazza per potersi anticipare nella fila “esterna”, era andato a parcheggiare l’auto. Pagò il parcheggio alle macchinette e rientrato in auto ne prelevò uno degli ombrelli per ripararsi mentre aumentava il passo per raggiungere Mary. Da lontano vide che era in compagnia di una signora, anch’ella in fila, che la proteggeva con il suo ombrello……e rallentò tranquillo.

…rallentò e, curioso come era, lentamente Gil, meno preoccupato avendo la certezza che Mary fosse protetta dagli scrosci, si avvicinò alle due donne allo scopo di poter capire di cosa stessero confabulando. Lo capì quando riuscì ad avvicinarsi meglio. La signora era inglese ed aveva frequentato da ragazza gli stessi ambienti universitari nei quali lavorava Mary. Fecero rapide presentazioni poiché intanto le porte magiche dei Laboratori si erano aperte e tutti stavano affluendo in un ordine tutto italiano verso l’ingresso. Soltanto una donnina gentile si accodò loro riconoscendo forse in modo non del tutto corretto ma a suo svantaggio che era arrivata dopo.
Un gran caos che proseguì davanti ai distributori di numeri ma che era solo un timido annuncio di quel che avvenne poi…

Eterogenee etnie ed una babele linguistica moderna affollavano la sala d’attesa; la maggior parte dei pazienti e di alcuni accompagnatori, tra quelli soprattutto che erano arrivati molto presto quella mattina, sedeva tenendo a vista il display, che però non dava segni di vita.
Nel silenzio dell’attesa, quando la pazienza ha ancora un po’ di limiti da sopportare, si percepirono alcune voci, piuttosto agitate, non chiare, al di là della porta avetri che dava alla reception amministrativa – primo step della sequenza degli impegni dei “pazienti” – ed alle salette per i prelievi – successivo step per coloro che attendevano in sala – ma non si comprendeva quali fossero le ragioni di tali dissidi. Anche dopo l’avvio delle chiamate, ogni volta che veniva aperta la porta a vetri, sia che ne entrasse sia che ne uscisse qualcuno, arrivavano alle orecchie degli astanti voci e urla: era soltanto evidente che là dentro i “conti”, quali fossero le caratteristiche di essi non essendo ben chiaro, non tornavano.
Gil si allontanò dalla sala mentre Mary continuava a leggere e scrivere appunti, utilizzando il suo tablet in mezzo a quella bailamme. Il suo cellulare vibrava; era un suo amico che quello stesso giorno sarebbe partito per gli Stati Uniti e non se la sentiva di dirgli che non poteva parlare. Uscì fuori sullo spiazzo dal quale erano entrati.
La telefonata fu abbastanza lunga: peraltro mentre parlava con il suo amico, Gil aveva incrociato lo sguardo di un suo ex allievo, un suo coetaneo del Corso per adulti che non vedeva da alcuni anni. Terminato il dialogo telefonico “Come va?” si dissero all’unisono, e solite ovvietà senza alcun senso di chi si rivede con piacere, ma non più di tanto, poi. Era seduto insieme alla moglie su un’aiuola rialzata e circondata da un muretto; erano arrivati piuttosto tardi ed il loro turno sarebbe stato di certo in là con i tempi tra più di mezzora forse anche un’ora. Tra l’altro degli scrosci di prima nulla era rimasto…..
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Ancora berci ed urla provenienti dall’interno dei laboratori, più chiare e più forti quando si aprivano le porte per far uscire o entrare i pazienti che dovevano sottoporsi ai controlli. Gil nel rientrare si era accorto che Mary non c’era e si affacciò verso l’interno attraverso i veri delle due porte; scorse sua figlia al desk e con la dovuta riservatezza si rimise a sedere…
“Sì, Mary è già dentro. Sono qui nell’ingresso; non penso per molto…” Gil rassicurò la moglie che lo aveva chiamato e poi riprese ad inviare messaggi in chat ad alcuni suoi amici. Passò mezzora ed allora decise di far finta di essere un paziente e varcò le porte della reception. Una grande confusione lo colpì e si sorprese a vedere che Mary era ancora là seduta ad aspettare. “Ho già fatto un’analisi ma mi hanno detto che ne devo fare un’altra per la quale è necessario che io stia ferma qui. Mi chiameranno a momenti; perlomeno così sembra debba essere…. Tu vai di là!” gli disse.
Più paziente del solito, con Mary lo era in modo insolito, si rimise a sedere nella saletta d’attesa e la aspettò.
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Con i fogli delle analisi Gil decise di andare direttamente dal medico di famiglia, chiedendo di essere ricevuto tra un paziente e l’altro solo per la “lettura” dei dati, che – a suo parere – erano davvero sorprendenti. Tra le diverse voci ce n’era una che non si aspettava potesse trattare un soggetto femminile.
Era regolare, però, ma riguardava il test di PSA prostatico. “E’ da rifare!” fu la sentenza del dottore. Gil uscì dallo studio con una nuova richiesta e continuò a chiedersi di chi fossero quelle analisi, con la curiosità di sapere a chi fossero poi state consegnate le altre di Mary.

J.M.

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