UN DOCUMENTO DEL 6 dicembre 2002 – come eravamo – terza ed ultima parte in attesa del supplemento

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Tessere Cultura 6 dicembre 2002 – come eravamo – seconda parte

In quel periodo curavo un lavoro di équipe all’interno del territorio pratese – Questo documento è pubblicato in un libro che raccoglie tutti gli interventi, gli Atti di quel Convegno. E’ soprattutto un testo molto importante per comprendere le “difficoltà del Decentramento” che poi è stato smantellato (in un intervento successivo al mio il prof. Giampiero Nigro mi onora di una menzione “Ho sentito dire da Maddaluno cose molto intelligenti, ma ho letto nelle sue riflessioni un problema di rapporti istituzionali più che di politiche culturali.”). Il prof. Nigro aveva ben compreso quali fossero gli elementi della contesa; ed infatti con il 2014 il Decentramento a Prato ha smesso di esistere con grande sospiro di sollievo da parte dell’Amministrazione.

– terza ed ultima parte –

Abbiamo davanti a noi “tempi lunghi” ma dobbiamo avere occhi e cervelli per guardarli; non si può governare l’emergenza e il contingente: dobbiamo perciò progettare, essere in grado di farlo per bene sapendo dove si va, come si va e con chi si va.
Ho letto con attenzione l’intervento introduttivo dell’Assessore e lo condivido così totalmente che mi vergogno di aver preparato come Coordinatore un intervento, che non posso rinnegare nella sostanza ma che è di livello molto più basso dello standard normale di questo Convegno. Esso, vi prego, non deve essere letto soltanto come “polemica” (peraltro, anche se fosse – lo dicevo prima – sarebbe giusto considerare quel documento come “propositivo”). Sfido chiunque, sotto questo aspetto, a voler strumentalmente rilevare che ci sia acrimonia o astio nei confronti di chicchessia: c’è in quelle pagine molta preoccupazione verso il futuro, non solo quello nazionale, ma soprattutto quello locale, quello per il quale noi siamo qui. Quello che lì si chiede alla fin fine è di lavorare insieme di più e meglio: lo potremmo fare dividendoci sulle polemiche? No che non lo potremmo fare: sfasceremmo tutto. Ma c’è di più: nel complesso delle cose, aborro soprattutto, non la polemica costruttiva, ma l’indifferenza, la scarsa chiarezza, i tatticismi, il dire e il non dire, la scarsa fiducia, ed il procrastinare. In poche parole, aborro questo modo di fare politica, che va molto di moda. Odio quelli che professano che i tempi devono maturarsi e quelli che si schierano per convenienza.
Per fortuna che c’è l’intelligenza e la Cultura, e di questo davvero ringrazio l’Assessore. Le cose che Ambra ha detto sono tutte estremamente importanti ed interessanti. Lo è anche il titolo del Convegno che richiama in modo intenso da una parte la caratteristica peculiare di Prato dall’altra quello che è il nostro obiettivo. Obiettivo, peraltro, cui noi quotidianamente miriamo e per il quale già scontiamo positivi risultati.
L’Associazionismo, ad esempio, ha un ottimo rapporto con le Circoscrizioni, così come lo hanno gruppi di artisti, anche singoli; così come le Circoscrizioni hanno attivato da qualche anno rapporti con le grandi Istituzioni Culturali della città, costruendo una rete che ha fornito la possibilità di costruire bei progetti, fra i quali ricordavo quello dell’EDA.
Fra i tanti punti toccati dall’Assessore, per il tempo ristretto che ho a disposizione ne vorrei sottolineare molto brevemente due:
1) il tema della sicurezza (o dell’insicurezza);
2) il tema dell’utilità dell’inutile.
Quanto al primo ritengo che sia doveroso da parte degli Amministratori saper rispondere a chi avverte oggi maggiore insicurezza con progetti complessivi. Vorrei ricordare a tale proposito che, nella campagna elettorale relativa a questa legislatura nella mia Circoscrizione la forza politica alla quale aderivo presentò un Programma da me suggerito che ribaltava completamente l’ordine delle priorità: al posto della sicurezza inserii la Cultura come elemento strategico per contrastare il senso di insicurezza, in quel periodo artatamente e strumentalmente ancora più diffuso.
Sull’utilità dell’inutile la riflessione è di certo più ambigua e difficile. Sarebbe sbagliato un approccio che tenda a distinguere i due binomi utile = buono \ inutile = cattivo, soprattutto perché risulta impossibile sapere davvero in modo immediato cosa sia davvero utile, così come non si comprenderebbe perché una produzione artistica debba essere considerata inutile, quando comunque la sua fruizione da parte fosse anche di un solo spettatore potrebbe produrre stimoli nuovi e creare percorsi nuovi. Se poi si pensa davvero che a decretare il successo di un’artista non sia solo il mercato (ma allo stesso tempo mi chiedo perché negare l’importanza del “mercato”) occorre allora lavorare in modo più intenso e forte sul pubblico, formarlo senza soffocarlo, rendergli più immediata e semplice la fruizione.

Questo, ad esempio, è un lavoro che le Circoscrizioni potrebbero svolgere, è uno dei loro ruoli possibili, è una delle tante potenzialità che noi abbiamo.
Noi siamo qui, già lavoriamo, lo facciamo da soli o insieme.
Io credo comunque, e lavoro per questo, che sia meglio farlo insieme.

Prof. Giuseppe Maddaluno
Presidente della Commissione Cultura della Circoscrizione Est e
Coordinatore dei Presidenti delle Commissioni Cultura delle Circoscrizioni.

Joshua Madalon più tardi pubblicherà un altro documento nella sua interezza (ci si scusa per la lunghezza) che era precedente a questo e che riesce a far emergere ancora in modo più acuto l’insofferenza che le Amministrazioni avevano nei confronti delle Circoscrizioni….

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UN DOCUMENTO DEL 6 dicembre 2002 – come eravamo – seconda parte

Tessere Cultura 6 dicembre 2002 – come eravamo – seconda parte

In quel periodo curavo un lavoro di équipe all’interno del territorio pratese – Questo documento è pubblicato in un libro che raccoglie tutti gli interventi, gli Atti di quel Convegno. E’ soprattutto un testo molto importante per comprendere le “difficoltà del Decentramento” che poi è stato smantellato (in un intervento successivo al mio il prof. Giampiero Nigro mi onora di una menzione “Ho sentito dire da Maddaluno cose molto intelligenti, ma ho letto nelle sue riflessioni un problema di rapporti istituzionali più che di politiche culturali.”). Il prof. Nigro aveva ben compreso quali fossero gli elementi della contesa; ed infatti con il 2014 il Decentramento a Prato ha smesso di esistere con grande sospiro di sollievo da parte dell’Amministrazione.

– seconda parte –

Devo dire che questa premessa ci consente di collegarci all’intervento fatto dall’Assessore Giorgi, che non ho ascoltato ma che ho letto con molta attenzione, in una direzione tutta particolare: è possibile, oggi, per dare risposte concrete ai bisogni dei cittadini, ricercare obiettivi e percorsi comuni o dobbiamo, ciascuno nel suo territorio, intervenire in maniera separata, per salvaguardare eventualmente ciascuno la nostra identità e la nostra personale visibilità?
Io penso che, se noi agiamo, pur in maniera diversa ed articolata, ma con obiettivi comuni con un Progetto generale comune, questo potrà essere nel nostro piccolo cosmo, un elemento di forte positività.
Infatti se si pensa davvero, ma proprio davvero (il dubbio a volte è forte) che cooperando tutti, come peraltro in alcune occasioni ci è riuscito di fare, si riesca dunque a fare meglio e di più con costi anche inferiori (che di questi tempi è davvero importante), non dobbiamo avere paura di ricevere critiche e di suscitare polemiche. Sfido chiunque infatti a porre sui piatti di una bilancia da una parte le polemiche e dall’altra i risultati e tutti si accorgerebbero che i risultati ottenuti, pur fra le tante difficoltà, sono più consistenti e pesanti delle critiche e delle polemiche. D’altra parte voglio aggiungere che temere le critiche e le polemiche (anche per me lo dico nei confronti di chi me le rivolge) mi sembra davvero ben poca cosa in un mondo, quello nostro, questo nostro, che ci permette poi comunque di lavorare, di ottenere risultati positivi, di avere le soddisfazioni di costruire tanti piccoli progetti utili.
Nelle realtà periferiche che noi rappresentiamo si costruiscono, spesso con le nostre mani e la nostra intelligenza, progetti culturali validi per tutte le fasce d’età; sono progetti utili perché producono, perché creano nuove occasioni, fermenti nuovi, idee nuove, che per qualcuno possono anche sembrare “vecchie” ma che sono nuove per chi ne usufruisce.
Gli esempi possono essere tanti, ma io ne farò uno solo. Ed è quello legato al progetto di Educazione degli Adulti, “Gestire il cambiamento” che ha coinvolto, grazie alle Circoscrizioni, tante diverse realtà grandi e piccole della nostra rete culturale.
Quel Progetto, inoltre, almeno per la mia esperienza, sta creando nuovi percorsi, nuove domande e saranno perciò costruite nuove occasioni per i cittadini del mio territorio.
Dopo di che voglio dire che parlare di “mio territorio” è completamente fuori luogo perché le iniziative che noi facciamo sono aperte a tutti i cittadini.
E’ utile progettare? Serve? Può sembrare di no (perché ci vuole un’idea e ci vuole del tempo). Può sembrare di sì.
Comunque se vi è un Progetto, questo, se funzionasse male, potrebbe essere modificato. Viceversa sarebbe tutto più difficile. Certo, anche la verifica risulta difficile perché i veri risultati, positivi o negativi, si coglierebbero solo dopo qualche tempo. E mi viene così da ricordare che solo da poco stiamo lentamente superando quel periodo di crisi innescato dal “riflusso” (ve lo ricordate?) degli anni Settanta. Andate a riguardarvi tutti i dati: dopo l’impegno il disimpegno la casa la famiglia la televisione il gatto le pantofole, dopo il pubblico il privato e poi uno dopo l’altro calci nel sedere e pugni sui denti e non è finita ancora ma da poco come è bello manifestare eravamo in tanti quanta gente che bella gioventù.

– fine seconda parte….continua –

reloaded di un post dell’8 giugno u.s. – PRATO E DILETTANTISMO AMMINISTRATIVO – L’emergenza rifiuti

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reloaded di un post dell’8 giugno u.s. – PRATO E DILETTANTISMO AMMINISTRATIVO – L’emergenza rifiuti

Una città allo sbaraglio: non parlo della Capitale, dove la responsabilità del degrado è antica e non può essere addebitata esclusivamente alla Giunta in carica, sulla quale ho espresso forti critiche soprattutto in relazione ai livelli culturali ed alla possibilità di discostarsi da quelle precedenti per rinnovare in meglio quei territori. Parlo di Prato, la cui realtà penso di poter conoscere meglio in modo diretto, vivendoci da circa 35 anni ed avendo ricoperto incarichi politici ed amministrativi di secondo livello a cavallo del passaggio di secolo per tre quinquenni.
Nelle prossime settimane tratterò altri aspetti del degrado urbano da diversi punti di vista. Oggi mi soffermo sull’emergenza rifiuti.
Da alcuni mesi è stato completato gradualmente nell’intera città il progetto di raccolta porta a porta dei rifiuti solidi urbani. La partenza ha rilevato grossolane sottovalutazioni dal punto di vista educativo in larga parte della città, insieme ad una profonda incapacità gestionale complessiva delle esigenze reali. Come spesso accade, le critiche in partenza si sono dirette sui classici “capri espiatori” rappresentati dagli “stranieri”, in primis la comunità cinese. Ci sta che possa anche essere parte “rilevante” della verità, visto il degrado che caratterizza l’habitat di larga parte di quelle comunità, condizionate dal “mercato” a vivere in ambienti del tutto insufficienti sia per spazio che per igiene. E quindi occorreva una riflessione globale che colpevolmente sarebbe far partire a posteriori, consolandosi con un “meglio tardi che mai”.
E’ così: manca la “progettazione” e si viaggia a tentoni, facendosi prendere da isterismi vari, come quel punitivo infantile rifiuto di far svolgere una delle manifestazioni culturali più riuscite che coinvolgeva realtà locali con la comunità cinese, la “Festa delle luci”.
Andando “oltre” le comunità straniere destinatarie dei primi “strali” popolari, cavalcati dalla Destra e dalla pseudo-Sinistra di governo, il degrado appare diffuso a tappeto in tutta la città, essendo chiaramente insufficiente il servizio di raccolta porta a porta programmato dalla società ALIA che ha inglobato Asm. Occorrerebbe un intervento progettuale che crei intanto una profonda intensa “cultura del riciclo”, coinvolgendo il tessuto complessivo della società, creando semmai sovrastrutture e strutture territoriali umane coinvolgenti. Non è certamente inutile sottolineare come nell’ultimo quinquennio sia venuto a mancare completamente l’apporto della sovrastruttura amministrativa, denominata Circoscrizione, che non è stata sostituita nemmeno da un livello volontaristico riconoscibile e riconosciuto.
In alcune parti della città più che in altre il degrado è evidente; le abitazioni nel centro storico o nell’immediata periferia sono state costruite in assenza di vincoli specifici per garantire il rispetto dell’igiene: tante di esse non hanno spazi sia interni che esterni in grado di sopportare il “lezzo” dell’organico nell’attesa del turno di raccolta ed il “package” esagerato richiesto da un “mercato” assolutamente impermeabile a rinnovarsi, adeguarsi alle nuove esigenze non consente di essere raccolto in spazi esigui senza creare problemi di convivenza nella comunità dei condomini. E quindi che dire? Non vale la pena stare a discutere dei massimi sistemi senza rendersi conto che è dalle nostre radici, dai piedi, dalla terra che calpestiamo che bisogna partire.

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UN RACCONTO D’ESTATE – disservizi ed altri vizi – prima parte

d’estate alcune attività rallentano, soprattutto con l’avanzare dell’età, altre – in particolare quelle dei giovani – invece diventano frenetiche. Ma la fantasia, d’accordo con la memoria, aiuta anche gli anziani a rielaborare – ecco dunque che la “realtà” bussa alle porte e chiede di essere raccontata come se fosse una “fantasia”.

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UN RACCONTO D’ESTATE – disservizi ed altri vizi – prima parte

Il display segnalò che era venuto il suo turno: a quell’ora l’attesa era di cinque massimo dieci minuti. Con la calura estiva non c’era ressa alle 3 pomeridiane.
“Devo ritirare le analisi di mia figlia; ho la delega e la fotocopia del suo documento!” Gil sapeva presentarsi senza tanti fronzoli per ottimizzare i tempi di lavoro dei suoi occasionali interlocutori.
“Perfetto! Pochi arrivano qui che hanno già preparato tutto. Complimenti!” fece l’impiegato che subito dopo aver rapidamente controllato che fosse tutto a posto digitò le lettere del codice fiscale per accedere attraverso il monitor alla documentazione richiesta.
Gil scherzosamente volle rilevare che, in un’altra occasione, sempre per sua figlia, gli era stato consegnato un referto che apparteneva ad un’altra persona. Se ne era accorto mentre usciva, avendo aperto il plico per verificare i dati delle analisi della ragazza che, essendo via voleva esserne informata.
E l’addetto disse che non sarebbe stato possibile; lo ribadì, mentre però verificava con ulteriore attenzione i dati. Poi chiuse il tutto nella busta e la consegnò a Gil.
Appena fuori fece la stessa identica operazione delle volte precedenti. Il nome corrispondeva; scorse i vari dati comparandoli con il range indicato a margine: era tutto nella norma con un lieve calo dei globuli rossi, ma poco al di sotto del minimo. Girò la pagina e… tutto appariva regolare…. ma c’era qualcosa di strano in una delle regolarità.
*******************
Anche d’estate il clima al mattino è abbastanza fresco. Gil aveva accompagnato sua figlia Mary al Centro comunale per le analisi mediche. Bisognava arrivare presto per poter poi tornare a casa e ripartire per l’Archivio entro metà mattinata. Mary non voleva prendere un permesso lungo. Quella mattina ad un certo punto vennero giù, brevi ma fitte e grosse, gocce di pioggia proprio mentre Gil, dopo aver fatto scendere la ragazza per potersi anticipare nella fila “esterna”, era andato a parcheggiare l’auto. Pagò il parcheggio alle macchinette e rientrato in auto ne prelevò uno degli ombrelli per ripararsi mentre aumentava il passo per raggiungere Mary. Da lontano vide che era in compagnia di una signora, anch’ella in fila, che la proteggeva con il suo ombrello……e rallentò tranquillo.

…fine prima parte….continua…

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UN DOCUMENTO DEL 6 DICEMBRE 2002 – come eravamo – prima parte

Tessere Cultura 6 dicembre 2002 – come eravamo –
prima parte

In quel periodo curavo un lavoro di équipe all’interno del territorio pratese – Questo documento è pubblicato in un libro che raccoglie tutti gli interventi, gli Atti di quel Convegno. E’ soprattutto un testo molto importante per comprendere le “difficoltà del Decentramento” che poi è stato smantellato (in un intervento successivo al mio il prof. Giampiero Nigro mi onora di una menzione (“Ho sentito dire da Maddaluno cose molto intelligenti, ma ho letto nelle sue riflessioni un problema di rapporti istituzionali più che di politiche culturali.”). Il prof. Nigro aveva ben compreso quali fossero gli elementi della contesa; ed infatti con il 2014 il Decentramento a Prato ha smesso di esistere con grande sospiro di sollievo da parte dell’Amministrazione.

Data la lunghezza ve lo propongo in tre parti:

Sono il Presidente della Commissione Cultura della Circoscrizione Est e coordino i Presidenti delle Commissioni Cultura di tutte le altre Circoscrizioni; queste due cose sono due purissimi “accidenti” solo contingenti, cioè di passaggio. Non così è il mio ruolo di insegnante.
Quando, insieme ai miei studenti, rifletto sulla contemporaneità, di tanto in tanto parlo loro del ruolo della letteratura “profetica” e rammento, ad esempio, “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury. La nostra società contemporanea non è di certo ancora quella di quel libro né quella del tanto altrettanto profetico “1984” di George Orwell.
Ma il ruolo della letteratura “profetica” è quello di indicare la “non strada” da percorrere, è quella di dare luce agli obbrobri possibili futuri, dove sarebbe l’incultura o la “NON CULTURA” a farla da padrone.
Molti sono stati i segnali già pervenuti. Si guardi, per esempio, all’abbassamento qualitativo dello spettacolo televisivo, non solo quello della tv pubblica di cui tanto si chiacchiera negli ultimi tempi, ma quello complessivo della tv. Prima gli spettatori sono stati assuefatti un poco alla volta con spettacoli dignitosi ma poi questi ultimi sono diventati progressivamente sempre più imbecilli e gli spettatori “assuefatti” sono stati man mano incapsulati, un po’ come quell’altro capolavoro della cinematografia simbolico-fantascientifica, “La cosa dall’altro mondo”. Ora, questo che stiamo vivendo appare sempre più un momento di presa di coscienza, in cui per fortuna tanti spettatori sono sempre meno attratti dal consueto mezzo televisivo.
E’ inutile dire che, appartenendo alla generazione della radio e della prima fase televisiva sono stato un tantino più protetto,, lo sono ancora di più perché con quello che ho da fare ho davvero poco tempo per stare davanti alla tv.
E questo è dunque anche il momento di riappropriarsi dei vecchi mezzi di comunicazione, più riservati, meno invasivi: la radio, il giornale, il libro, gli spettacoli dal vivo, le conferenze, la formazione diretta. E così si allontana il pericolo di un “Fahrenheit 451”. E allora?

…fine prima parte…continua…

Joshua Madalon

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