COSA DIREBBERO OGGI PASOLINI E BERLINGUER?

COSA DIREBBERO OGGI PASOLINI E BERLINGUER?

Spesso ci chiediamo cosa farebbero oggi alcuni dei personaggi di ieri, chi sosterrebbero politicamente, cosa scriverebbero e direbbero di fronte ad eventi particolarmente significativi. E’ accaduto ed accade frequentemente: “cosa direbbe Pasolini?” e “cosa sceglierebbe di fare Berlinguer?” e via diicendo. Ma lo abbiamo sempre scritto e detto: non è corretto ed è azzardato avviare una riflessione che possa avere valore scientifico, anche perché il sottoscritto e credo la grandissima parte dei miei interlocutori non possediamo nè capacità divinatorie nè fiducia nei maghi e negli intermediari con l’aldilà.
Tuttavia sarebbe molto difficile che i due personaggi su menzionati oggi sarebbero sostenitori della forza politica che sostiene di essere erede di quello che fu il PCI: a stento avrebbero potuto riconoscere la sua trasformazione in atto dopo il 1975 (Pasolini parlava genericamente allora di mutazione antropologica in atto nella società dei consumi) e dopo il 1984. Figurarsi con quel “monstrum” che è diventato il Partito Democratico! “Monstrum” nella sua accezione negativa, ovviamente ed a mio avviso.

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La sensazione che ho avuto negli ultimi anni e che mi sotiene in questo periodo nel lavoro che sto svolgendo come cittadino attivo ed intellettuale impegnato è che si stia procedendo verso una vera e propria catastrofe degli apparati politici superiore a quella che si annunciò e non si concluse positivamente con la fine della Prima Repubblica. La crisi che sta colpendo il Partito Democratico non è ancora del tutto evidente per coloro che ci vivono dentro, mentre lo è in modo più chiaro anche se non completo per tutti coloro che conoscono quel Partito avendo contribuito a costruirlo ma che ne sono usciti da qualche anno.
Anche in questa città dalla quale parlo è stato un vero e proprio flop il Congresso per la scelta del Segretario e degli altri organi dirigenti e gli esiti appaiono paradossali. Ne parleremo. Anche se quel che ci interessa prioritariamente è la costruzione di un’ALTERNATIVA di Sinistra a quel Partito, che si è completamente liberato da coloro che ne avrebbero potuto portare la “bandiera”.

j.m.

CHE FARE? FARE! (piccole riflessioni sul “passato” e sul “presente” per costruire un grande “futuro”)

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CHE FARE? FARE! (piccole riflessioni sul “passato” e sul “presente” per costruire un grande “futuro”)

Le contraddizioni all’interno della Sinistra da sciogliere sono moltissime, ma non sono rinviabili se si ha l’intendimento di costruire un vero e proprio “polo culturale-politico”.
L’attuale Sinistra – quella vera i cui obiettivi sono la riduzione massima delle ineguaglianze (il che non vuol dire la negazione delle differenze anche di natura economica ma un riequilibrio che consenta alle cittadine e ai cittadini che vivono di reddito dipendente di rientrare in possesso della dignità umana nel rispetto dei primi articoli della Costituzione) – non può limitarsi al ruolo di “testimonianza” e deve dedicare la sua “mission” a conquistare la piena rappresentanza degli interessi dei lavoratori, quelli salariati e stipendiati, siano collegati alla esclusiva manodopera o ai settori del servizio ed a quelli professionali liberi, costruendo tuttavia un arpporto forte con quella parte di imprenditoria capace di comprendere che la felicità dei dipendenti arricchisce quella dei produttori e genera maggiore ricchezza.

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“The Mediator Between Head And Hands Must Be The Heart!” dice la principale didascalia del grande capolavoro di Fritz Lang “Metropolis” del 1927.

Per realizzare tutto questo occorre un grande impegno. Nelle ultime settimane il dibattito è molto acceso ed a volte più che incontrarci ci si scontra e ci si divide. Uno degli elementi divisivi è sul rapporto con il Partito Democratico. Personalmente sono contrario a prescindere dall’intrattenere rapporti con quel Partito, all’interno del quale vi sono migliaia di persone onestamente convinte che si tratti ancora di una forza di Sinistra: e questo convincimento spesso limita le scelte autonome di coloro che “invece” vorrebbero costruire un soggetto chiaramente di Sinistra indisponibile a scendere a compromessi mortificanti per il mondo del lavoro, così come ampiamente sopra descritto. E’ del tutto evidente che d’altra parte quel Partito non ha alcun interesse a trattare alla pari con chi considera semplicemente dei “vassalli” o addirittura “servitù della gleba”; e non si ha alcuna intenzione di rivedere scelte portate avanti convintamente all’interno di un rapporto condizionato dalla presenza di larghe parti di Destra (AD e ALA) e da quel Patto del Nazareno mai negato e mai rotto, visto l’esito dell’approvazione della Legge elettorale chiamata “Rosatellum”.
A livello locale l’interesse del PD è quello di “neutralizzare” parte (o il tutto) della possibile composizione del nuovo soggetto di Sinistra che nei mesi scorsi ha provato a costituirsi. Lo ha fatto invitando singolarmente le diverse anime della Sinistra: c’è chi ha accolto l’invito, affermando che il PD non è certo un nemico e chi, coerentemente con il processo in corso, ha scelto di non confrontarsi in attesa di poterlo eventualmente fare (l’eventualità è nelle “cose” ed attiene alle scelte “comuni”). In tutto questo “traccheggiare” si producono divisioni utili per rendere meno forte il nuovo soggetto (laddove veda la luce) acquisendo semmai anche qualche servigio. La leadership locale del PD ha certamente grande interesse a vanificare un “progetto” della Sinistra, verso la quale non ha avuto la stessa attenzione nel corso dei quattro anni di Amministrazione a guida PD nella città. Ora che intravede la concreta possibilità di andare verso un probabile insuccesso davanti alla desertificazione progressiva dei luoghi di aggregazione che avevano costruito il consenso negli anni passati mostra interesse verso quella parte della società che aveva trascurato.
Che fare? Certo, ciascuno è padrone del proprio destino, ma non pretenda di decidere per gli altri.

Joshua Madalon

UNA RIFLESSIONE ED UNA SERIE DI PRECISAZIONI “DOVUTE” per andare avanti nella costruzione di un’ALTERNATIVA di SINISTRA

UNA RIFLESSIONE ED UNA SERIE DI PRECISAZIONI “DOVUTE” per andare avanti nella costruzione di un’ALTERNATIVA di SINISTRA

Quando scrivo della mia appartenenza al Partito Democratico da “fondatore” (ed il termine non è “casuale e generico” in quanto ero coordinatore del Comitato – l’unico presente e costituito a Prato) ed esprimo contestualmente critiche verso la progressiva deriva cui è stato sospinto dall’avvento “renziano” con quelle modalità insolite utilizzate nella scelta del Segretario (Primarie aperte a 360° anche ad elementi che con il Centrosinistra avessero minimi elementi in comune), intendo sottolineare che non condivido del tutto per la sua lentezza la resipiscenza di alcuni “leader” come D’Alema, D’Attorre, Speranza, Bersani ed ora Grasso (e non so se sia o meno un caso che tutti abbiano contribuito – a parte l’ultimo che non si sa ancora dove andrà – a fondare Art.1 – MDP, da cui mi aspetto ancora molta più chiarezza negli esiti) mentre apprezzo la scelta di Civati e di coloro che “onestamente” lo hanno seguito, dimostrando di volerlo sostenere realmente.

Personalmente ho scelto di non aderire ad alcun partito o movimento ma di collocarmi – senza nulla pretendere – tra coloro che guideranno le scelte per un soggetto ALTERNATIVO della Sinistra nel Paese e sul territorio, un soggetto pienamente ALTERNATIVO al PD nel Paese e sul territorio, che evidenzi l’inadeguatezza dell’interpretazione di una rappresentanza delle esigenze e dei bisogni della parte maggiormente indifesa cui dare risposte certe e possibilmente immediate. Un soggetto che si proponga di denunciare anche i “falsi ideologici” espressi da coloro che affermano “di essere sempre stati di Sinistra” ma che intendano continuare a permanere all’interno di quel contenitore che corrisponde al PD, a parte il fatto che, come ho rilevato sopra, è sempre più tardi per uscirne senza generare sospetti.

28 marzo 2014 – il video è riferito al Circolo Sezione Nuova San Paolo come era una volta – non ha alcun riferimento a quel che è ora – i responsabili di allora – compreso il sottoscritto – non sono nella stragrande maggioranza più iscritti al Partito Democratico

Joshua Madalon

RIEMPIRE IL VUOTO – ALTRE RIFLESSIONI SU QUEL CHE E’ NECESSARIO OGGI PROPORRE ALLA SINISTRA DEL PAESE

RIEMPIRE IL VUOTO – ALTRE RIFLESSIONI SU QUEL CHE E’ NECESSARIO OGGI PROPORRE ALLA SINISTRA DEL PAESE

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Forse quando si preparano le “rivoluzioni” non tutti sono contenti di farsi da parte per l’irrompere di quel “nuovo” che avanza e costringe all’improvviso a doversi confrontare con schemi diversi da quelli cui ci si era abituati. Bisogna mettere in conto che non si era del tutto pronti anche se da più parti veniva forte la richiesta di un cambiamento di metodi e di pratiche. Ma – qualcuno obietterà – è anadata quasi sempre così: dopo il nuovo – o quello che appare tale perché così si annuncia – subentra l’abitudine inveterata al reintegro delle vecchie abitudini. Non è un caso che anche nel rinnovo di esecutivi si vada parlando di “100 giorni”, di “luna di miele” con un chiaro riferimento a quanto accade nei matrimoni quando tutto è più bello e sereno rispetto a quando la vita di coppia riserva poi sorprese inattese non del tutto positive. In Italia nella pratica politica si scoprono gli “altarini” con maggiore lentezza ed a volte occorre un ventennio, che è un’eternità soprattutto quando si è giovani ed inesperti e pieni di sano idealismo ed entusiasmo. E’ accaduto nel ventennio sciagurato del “fascismo” ed è accaduto in quello “berlusconiano” che rischia per l’insensatezza che ci ha caratterizzato negli ultimi anni “renziani” di ritornare in auge ancora per qualche tempo. Eh già! Renzi e quel che chiamiamo “renzismo” finisce per essere un piccolo intervallo, caratterizzato da diffusi egoismi nella Sinistra che non sono stati però temperati a causa di altrettante forme di egoismo in quella parte di Centrosinistra riformista e moderata che si è catalizzata nel Partito Democratico sempre più rivolto ad imbarcare figure e metodi tipicamente di Destra.

Quando si preparano le rivoluzioni troppe volte non si va molto per il sottile e si prevaricano anche le migliori energie; e così accade che dopo gli sconquassi si debbano governare le macerie con tutte le difficoltà connesse. Sembrava a tanti che quello renziano fosse un movimento rinnovatore e rivoluzionario, ma già all’alba di quel percorso alcuni di noi compresero che gli sforzi che si erano prodotti per avere il nuovo davvero lavorando sui metodi nel renderli più aperti e democratici non avrebbero potuto trovare una buona accoglienza in tutti coloro che, nelle pieghe del rinnovamento, volevano inserire i propri destini e non gradivano protagonismi disinteressati, o perlomeno sedicenti tali (perché in Politica ci si fida sempre poco di ciascun altro e spesso si sente dire “ma come mai costui si dà tanto da fare, cosa nasconde, quali sono i suoi obiettivi?”). La politica “renziana” in quel Partito che ha continuato a mantenere l’attribuzione di “Democratico” è stata tutt’altra che “tale”; e non è un mistero che i Circoli si siano desertificati, in mancanza di una vera e propria sede di confronto, ed il numero di aderenti – ivi compreso tutte quelle persone alle quali piaceva partecipare pur senza iscriversi – è man mano scemato.
Occorre ricostituire questo “tessuto”: queste sono le “macerie” della pseudorivoluzione renziana.
C’è tanta gente disillusa e mortificata, che potrebbe essere rimotivata sulla base di proposte concrete e realisticamente realizzabili: non libro dei sogni, dunque! Il PD non è più in grado di dare queste risposte: la Sinistra si prepari!

Joshua Madalon

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UN NUOVO INVITO ALLA SINISTRA A FAR PRESTO!

UN NUOVO INVITO ALLA SINISTRA A FAR PRESTO!

Segnali diffusi di profondo malessere come quello emerso anche ieri con le dimissioni dal Partito Democratico da parte del Presidente del Senato (costituzionalmente seconda carica per importanza del nostro Paese, dopo quella del Presidente della Repubblica, vedi art.86 comma 1 “Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato”) non possono passare sotto silenzio. Molti di noi nel corso di questi ultimi mesi – per quanto mi riguarda, “anni” – hanno vieppiù segnalato la “deriva populistica e demagogica” del PD “renziano”; pochi alla volta alcuni “pezzi” del PD sono venuti via: ne attendiamo degli altri (Emiliano ad esempio sta in questi minuti facendo un suo “pianto da coccodrillo” continuando a pensare – almeno così dice – di poter riportare su una via più retta quel Partito! Si dia una mossa ed esca con la schiena dritta da quella fanghiglia!), anche perché – proprio se si vuole fare un’operazione di profonda chiarezza – bisogna che il RE sia del tutto denudato e vengano a galla completamente tutte le falsità. Certamente stanno contribuendo a questa “operazione” le ultime mosse che mostrano come vi sia un profondo disprezzo per la Democrazia da parte di quel Partito: non solo la legge elettorale approvata senza discussioni parlamentari (si può anche comprendere la necessità di andare ad elezioni con “una” legge elettorale ma non si può accettare che essa non venga discussa, in quanto questo – a mio parere – nega in toto il ruolo e la funzione del Parlamento), ma anche quella mozione PD che puntava a non rinnovare l’incarico del governatore di Bankitalia Ignazio Visco, presentata senza una preventiva discussione nel Partito ed in barba allo stesso Presidente del Consiglio.
Ritornando alla legge elettorale non può certamente sorprendere che, con quelle modalità attuate dal PD renziano, abbia raccolto i voti di Ala (in primis quello di Denis Verdini), oltre che quelli annunciati da AP, Lega e Forza Italia, modificando così nei fatti la maggioranza di Governo, connotandola finalmente per quella che è stata finora con un colore di Centrodestra, dove il Centro è rappresentato con un certo sforzo dal PD. Le dichiarazioni di Verdini non contestate da alcuno dei sedicenti “Democratici” sono la cartina di tornasole di quel che è accaduto in questi anni, mesi, settimane: egli ieri ha detto tra l’altro

“….oggi si dice che si è realizzata una maggioranza con l’uscita di Articolo 1 – MDP e con il nostro ingresso. Non è vero. Non è vero, perché noi c’eravamo, ci siamo stati e ci saremo fino all’ultimo giorno della legislatura …La nostra scomoda presenza ha sterilizzato i massimalismi post-comunisti e gli integralismi cattolici, che vivono ancora con la testa nel passato e i piedi nel trapassato, condizionando la vita interna dei loro partiti…..”.

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Se è così, mi chiedo cosa ancora ci facciano alcuni “compagni” nel Partito Democratico ed allo stesso tempo chiedo a coloro che “non sono mai stati e non lo hanno mai votato” ed a coloro che non lo dicono ma lo hanno fatto che cosa aspettano a darsi una mossa ed a costituire in questo Paese una forza di Sinistra di Governo unica e riconoscibile che mettendo da parte gli inutili massimalismi riesca a costruire un Progetto che sia utile per i milioni di cittadine e cittadini che sono stati progressivamente marginalizzati a favore dei pochi. A costruire questo Progetto dovranno essere chiamate le forze progressiste, democratiche, laiche e non, disponibili a confrontarsi per unirsi contro la barbarie di Destra.

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CAPORETTO 1917 – 2017 – Gabriele D’Annunzio

CAPORETTO 1917 – 2017 – Gabriele D’Annunzio

Alle origini della “ritirata” da Caporetto vi furono moltissimi episodi che caratterizzeranno la vita militare nella sua crudezza, acuita dalla profonda insensibilità oltre che impreparazione da parte delle alte gerarchie politiche e militari di quel tempo.
A dire il vero, troppe volte quella impreparazione ed insensibilità, scarsa “cultura”, è stato aspetto costante in quegli ambienti; è la “violenza” in sè e per sè che genera simili aberrazioni.

Nel ricordare ancora una volta “Caporetto” a cento anni da quell’evento ecco la testimonianza eccellente di Gabriele D’Annunzio.

Tra il 15 ed il 16 luglio 1917 c’è uno dei fatti più gravi relativi alla repressione di alcuni ammutinamenti, che precedono la ritirata di Caporetto.

Joshua Madalon

Gabriele D’Annunzio scrisse in proposito:
Dissanguata da troppi combattimenti, consunta in troppe trincee, stremata di forze, non restaurata dal troppo breve riposo, costretta a ritornare nella linea del fuoco, già sovversa dai sobillatori come quel battaglione della Quota 28 che aveva gridato di non voler più essere spinto al macello, l’eroica Brigata “Catanzaro” una notte, a Santa Maria la Longa, presso il mio campo d’aviazione si ammutinò. (…) La sedizione fu doma con le bocche delle armi corazzate. Il fragore sinistro dei carri d’acciaio nella notte e nel mattino lacerava il cuore del Friuli carico di presagi. Una parola spaventevole correva coi mulinelli di polvere, arrossava la carrareccia, per la via battuta: “La decimazione! La decimazione!”. L’imminenza del castigo incrudeliva l’arsura (…) Di schiena al muro grigio furono messi i fanti condannati alla fucilazione, tratti a sorte nel mucchio dei sediziosi. Ce n’erano della Campania e della Puglia, di Calabria e di Sicilia: quasi tutti di bassa statura, scarni, bruni, adusti come i mietitori delle belle messi ov’erano nati. Il resto dei corpi nei poveri panni grigi pareva confondersi con la calcina, quasi intridersi con la calcina come i ciottoli. E da quello scoloramento e agguagliamento dei corpi mi pareva l’umanità dei volti farsi più espressiva, quasi più avvicinarmisi, per non so qual rilievo terribile che quasi mi ferisse con gli spigoli dell’osso. I fucilieri del drappello allineati attendevano il comando, tenendo gli occhi bassi, fissando i piedi degli infelici, fissando le grosse scarpe deformi che s’appigliavano al terreno come radici maestre. Io traversavo il muro col mio penoso occhio di linee; e scoprivo i seppellitori anch’essi allineati dall’altra parte con le vanghe e con le zappe pronti a scavare la fossa vasta e profonda. Non mi facevano male come gli sguardi dei condannati alla fossa. I morituri mi guardavano. I loro sguardi smarriti non più erravano ma si fermavano su me che dovevo essere pallido come se la vita mi avesse abbandonato prima di abbandonarli. Gli orecchi mi sibilavano come nell’inizio della vertigine, ma era il ronzio delle mosche immonde.
Siete innocenti?
Forse trasognavo. Forse la voce non passò la chiostra de’ miei denti. Ma perché allora il silenzio divenne più spaventoso, e tutte le facce umane apparvero più esangui? E perché l’afa del mattino d’estate s’approssimò e s’appesantì come se il cielo della Campania e il cielo della Puglia e il cielo della Calabria e il cielo di Sicilia precipitassero in quell’ardore fermo e bianco?
Siete innocenti? Siete traditi dalla sorte della decimazione? Si, vedo. La figura eroica del vostro reggimento è riscolpita nella vostra angoscia muta, nell‘osso delle vostre facce che hanno il colore del vostro grano, di quel grano grosso che si chiama grano del miracolo, o contadini. Siete contadini. Vi conosco alle mani. Vi conosco al modo di tenere i piedi in terra. Non voglio sapere se siete innocenti, se siete colpevoli. So che foste prodi, che foste costanti. La legione tebana, la sacra legione tebana, fu decimata due volte. Espiate voi la colpa? O espiate la Patria contaminata, la stessa vostra gloria contaminata? Ci fu una volta un re che non decimava i suoi secondo il costume romano ma faceva uccidere tutti quelli che nella statura non arrivassero all’elsa della sua grande spada. Di mezza statura voi siete, uomini di aratro, uomini di falce. Ma che importa? Tutti non dobbiamo oggi arrivare con l’animo all’elsa della spada d’Italia? Il Dio d’Italia vi riarma, e vi guarda. I fanti avevano discostato dal muro le schiene. Tenevano tuttora i piedi piantati nella zolla ma le ginocchia flesse come sul punto di entrare nelle impronte delle calcagna. E, con una passione che curvava anche me verso terra, vidi le loro labbra muoversi, vidi nelle loro labbra smorte formarsi la preghiera: la preghiera del tugurio lontano, la preghiera dell’oratorio lontano, del santuario lontano, della lontana madre, dei lontani vecchi. (…) Le armi brillarono. (…) M’appressai. Attonito riconobbi le foglie dell’acanto (…). Recisi i gambi col mio pugnale. Raccolsi il fascio. Tornai verso gli uomini morti che con le bocche prone affidavano al cuor della terra il sospiro interrotto dagli uomini vivi. E tolsi le frasche ignobili di sul frantume sanguinoso. Chino, lo ricopersi con l’acanto.
Gabriele D’Annunzio

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LA CRISI DELLE POLITICHE DEL PARTITO DEMOCRATICO “RENZIANO” E IL FUTURO DELLA SINISTRA NEL NOSTRO PAESE

LA CRISI DELLE POLITICHE DEL PARTITO DEMOCRATICO “RENZIANO” E IL FUTURO DELLA SINISTRA NEL NOSTRO PAESE

Non sono mica pochi circa 329.000 elettori in meno o in più nell’arco di una sola settimana. Si parla dello 0,7% in meno o in più in sette giorni “di ordinaria follia”. Ed è una sequenza di errori a favore della Destra e del movimentismo incolto dei grillini. Fossi rimasto nel Partito Democratico ne sarei di certo uscito nel corso di questi ultimi mesi, settimane, giorni. L’arroganza e la presunzione supponente del leader e dei suoi “fedeli” sudditi stanno lasciando il posto alla diperazione. Da un lato la proposta di una legge elettorale che va alla ricerca di una via d’uscita dai numerosi “impasse” progettuali (riforme che mortificano l’intelligenza costruite per valorizzare le plutocrazie) dall’altra il maldestro attacco al vertice della Banca d’Italia che non risolve i problemi ma tende a strizzare l’occhio all’opinione pubblica che ormai è avvezza a simili stratagemmi populistici e demagogici più tipici dell’opposizione che dell’area governativa. I segnali di difficoltà da parte del Partito Democratico si rilevano anche nella fase congressuale in corso: a Prato, i votanti non hanno superato il 40% degli aventi diritto e nemmeno il dato sugli iscritti su tutta la Provincia è confortante (sono di poco superiori ai 1000 e solo poco meno del 64% di questi hanno partecipato al voto). Sarà anche perché la scelta di non candidare una figura alternativa al Segretario uscente, che è così rientrato a pieno senza colpo ferire nelle sue mansioni, non ha creato alcun segno di possibile rinnovamento della classe dirigente: ciò non significa di certo che tutto sia andato per il verso giusto in questi anni. Il Partito che rappresenta in toto l’Amministrazione comunale in tutta la Provincia con pochissime eccezioni non è riuscito a costruire un Progetto credibile per la città e per il suo territorio vasto, facendosi condizionare da scelte esterne. Negli ultimi quattro anni l’Amministrazione ha progressivamente perduto il credito che nel 2014 l’elettorato le aveva assegnato, con l’elezione al primo turno dell’attuale Sindaco Matteo Biffoni, che, per accondiscendere a Renzi, abbandonò il suo posto di parlamentare alla Camera. Nella campagna elettorale del 2014 riuscì a costruire un accordo anche con parte della società civile orientata più verso il Centro e la Destra, creando però “in quel momento” fratture a Sinistra e scontentando poi nel corso degli anni sia gli uni che gli altri.
I più “vecchi” ricorderanno quel che accadde nel 2008-2009 quando “qualcuno” promosse un sondaggio segreto che poi fu ad arte svelato per screditare gli Amministratori di allora: il risultato finale fu che si aprirono le porte alla Destra. E non fu certo colpa di chi guardava a Sinistra!
Ecco, oggi il rischio di avere nuovamente la Destra tra poco più di un anno (ma, attenzione, non è mica detto che non sia “poco meno” di un anno) a governare la città di Prato (sorrido amaramente a quella battuta che mi fece un carissimo amico tempo fa: “Prato non è Pistoia!”).
La Sinistra, quella vera, può oggi avere l’occasione buona per compattarsi. Ci si provi, abbandonando schematismi obsoleti, rinunciando a protagonismi improduttivi, e si costruisca un soggetto unico alternativo al Partito Democratico.

Joshua Madalon

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CAPORETTO 1917 – 2017 ANNIVERSARI a Montemurlo – 6 – 13 e 20 novembre (vedi programma)

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CAPORETTO 1917 – 2017
ANNIVERSARI a Montemurlo – 6 – 13 e 20 novembre (vedi programma)

Già in precedenti post ho ricordato questo evento – di esso parleremo in modo più diffuso a Montemurlo il 6 – 13 e 20 novembre
J.M.

Fu nella notte tra il 23 ed il 24 ottobre del 1917 che l’esercito austriaco e tedesco sferrò l’attacco decisivo contro quello italiano nella XII battaglia dell’Isonzo, meglio nota come quella della disfatta di Caporetto. Se si guarda la cartina geografica si può notare oggi che quella piccola cittadina è al di là del confine italiano in terra slovena. La battaglia fu durissima e l’esercito italiano fu costretto a ritirarsi dopo poche ore nell’arco di due giornate durante le quali fu evidente l’incapacità degli ufficiali ed in primo luogo di Luigi Cadorna che, dopo aver dato l’ordine di ritirata generale, di fronte alle difficoltà oggettive collegate alle condizioni precarie della maggior parte dei soldati sia dal punto di vista psicologico sia da quello più propriamente legato alle loro funzioni (gran parte dei soldati era mal equipaggiato, senza armi quasi preparato a produrre attacchi suicidi giusto per fare massa), ebbe un ripensamento ed ordinò di resistere ancora, smentito dall’altro generale Montuori, capo della seconda Armata. In questa immensa confusione si verificò lo sfondamento e gli austriaci occuparono Cividale del Friuli il 27 ottobre e Udine il 28, facendo molti prigionieri (circa 60.000) lasciandone sul terreno altrettanti, mentre tutti gli altri diedero corso al ripiegamento generale attestandosi poi sulle rive del Piave, quel fiume che “mormorò” poi nel giugno 1918 a contrassegnare la rivincita italiana.
“Caporetto” fu possibile anche per la condizione favorevole che si venne a creare dopo la rinuncia, non ancora però formalizzata ma comunque concreta da parte della Russia, a proseguire la guerra. In quei giorni si andava delineando con grande chiarezza l’esito della Rivoluzione in quel paese, ad opera dei bolscevichi, il cui capo, Lenin, già da qualche mese era rientrato (uscendone però poi brevemente per poter evitare di essere arrestato dal Governo borghese che aveva preso il posto dello zar Nicola II), grazie ad un sostegno proprio da parte dei tedeschi che vedevano in lui il possibile paladino della pace sul fronte orientale. Anche l’esercito russo tra l’altro versava in condizioni precarie e tutti anelavano di ottenere un trattato di pace che interrompesse finalmente quel tremendo supplizio. La stessa Rivoluzione fu possibile a causa delle sofferenze imposte ai russi da parte di gerarchie militari incapaci di gestire e dirigere gli eserciti, più disponibili a pretendere disciplina ed infliggere punizioni incomprensibili ed assurde. Dappertutto d’altronde fu così; anche sull’altro fronte, quello occidentale francese, si contarono in definitiva più morti di quanti ne ebbero gli altri eserciti. L’insensatezza era materia comune. Caporetto ne fu l’emblema perenne, diventando proverbialmente sinonimo di “disfatta”

Joshua Madalon

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PESSIMISMO DELL’INTELLIGENZA E OTTIMISMO DELLA RAGIONE (su un articolo di Giuliano Da Empoli)

PESSIMISMO DELL’INTELLIGENZA E OTTIMISMO DELLA RAGIONE

In una lunga riflessione (“Ottimisti contro pessimisti”) sull’ultimo numero del Magazine “IL” de “Il Sole 24ore” Giuliano Da Empoli utilizza il motto gramsciano, ripreso da Romain Rolland ( su “L’Ordine Nuovo” dell’aprile 1920, Gramsci glielo attribuisce: « La concezione socialista del processo rivoluzionario è caratterizzata da due note fondamentali, che Romain Rolland ha riassunto nel suo motto d’ordine: – Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà ».)
Il panegirico pseudofilosofico del Da Empoli viene strumentalmente utilizzato a sostegno di Matteo Renzi, per il quale fu Assessore alla Cultura al Comune di Firenze. Egli sostiene che “L’avvento di Matteo Renzi alla guida del Partito Democratico ha orientato quel partito, storicamente piuttosto incline al pessimismo della ragione, nella direzione di un marcato ottimismo della volontà, al punto da provocare una scissione della componente pessimista.” Dimostrando con questo accostamento di non aver compreso (o di storcere volutamente – come io credo avendo fiducia nella sua intelligenza – “ad usum delphini” quella illustre e illuminante riflessione di Gramsci) quanto di straordinario vi sia nella necessità di utilizzare entrambi i parametri del “pessimismo della ragione” e dell’ “ottimismo della volontà”. L’uno senza l’altro e l’altra senza l’una non sortirebbero alcun effetto positivo. D’altronde lo stesso Gramsci in diverse occasioni lo evidenza: su “L’Ordine Nuovo” del 10 luglio 1920 il filosofo sardo precisa il suo pensiero, utilizzando quel motto: “ Uno sforzo immane deve essere compiuto dai gruppi comunisti del Partito Socialista, che è quello che è, in ultima analisi, perché l’Italia è nel suo complesso un paese economicamente arretrato. La parola d’ordine: – Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà, deve essere la parola d’ordine di ogni comunista consapevole degli sforzi e dei sacrifici che sono domandati a chi volontariamente si è assunto un posto di militante nelle file della classe operaia.”
Si potrà obiettare che non esistono più i comunisti, aggiungendo che sono trascorsi quasi cento anni ma “mutatis mutandis” i punti di riferimento sostanziali della vita e dell’esistenza umana, fatta di passione e razionalità, non sono cambiati.
Trovo una storpiatura insopportabile, meschina e anticulturale voler portare a proprio (o ad altrui “vicino e sodale”) vantaggio lo scorporo strumentale di ottimismo e pessimismo, ponendoli in contrapposizione, senza riflettere (e far pensare agli interlocutori “intelligenti”) sul fatto che solo contemperando “pessimismo della ragione” con “ottimismo della volontà” la società potrà procedere verso quel profondo e radicale rinnovamento che, a parole, da troppo tempo ormai, è annunciato e non realizzato.
Tutto quel che argomenta, il buon Giuliano Da Empoli, non ha alcun riferimento a Gramsci. Egli si avvale di un sondaggio secondo il quale gli italiani sono più ottimisti oggi rispetto al 2016: egli nota un salto di 7 punti a vantaggio dei più felici. Ma non dice quale parte della società italiana lo sia. Ad osservarlo meglio, questo nostro mondo è sempre più profondamente diviso soprattutto per il reddito e non penso proprio che la felicità sia insita negli 80 euro elargiti dalla bontà dei signori. Sempre più giovani (e meno giovani, negli ultimi tempi) decidono di allontanarsi, l’occupazione è sempre più precaria, non continuativa, “flessibile” a vantaggio dell’impresa; c’è ancora una parvenza di ricchezza, grazie all’utilizzo di fondi provenienti da chi ha lavorato ed accumulato nei decenni passati. Nulla di più.
Osservando la realtà, ci occorre il pessimismo della ragione per poter progettare il futuro con l’altro elemento indispensabile che è l’ottimismo della volontà. Solo così renderemo omaggio al grande Antonio Gramsci.

Joshua Madalon

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A ruota delle dichiarazioni di Renzi dall’Annunziata (Rai 3) ed in risposta a quell’amico che mi ha inviato l’intervista che Roberto Speranza di Art.1 –MDP ha rilasciato a “Repubblica” oggi

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A ruota delle dichiarazioni di Renzi dall’Annunziata (Rai 3) ed in risposta a quell’amico che mi ha inviato l’intervista che Roberto Speranza di Art.1 –MDP ha rilasciato a “Repubblica” oggi

– Avevo già preparato questo post ma ho atteso che ci fosse una risposta da parte di Renzi: non mi aspettavo di più. Ha pienamente confermato quel che pensavo! –

Non è certo in discussione che il Partito Democratico abbia avuto nella sua “mission” iniziale la volontà di aggregare una parte dei “moderati illuminati” della società italiana! Voglio qui ricordare ancora una volta due questioni: intanto la seconda legata al fatto che sono un “fondatore” di quel Partito; la prima invece ed è la più importante è che ho contribuito a fondarlo “in prima linea” essendo, insieme alla compianta amica Tina Santini, coordinatore del Comitato – l’unico presente a Prato – per il Partito Democratico quando tanti non lo volevano perché temevano di perdere posizioni. Ed eravamo già scomodi, perchè credevamo “ingenuamente (?)” a quel che dicevamo e facevamo.
Trovo fuori luogo le affermazioni continue “non sono mai stato del PD; non l’ho mai votato!” che vengono da parte soprattutto di membri “autorevoli” a livello locale di quella molecola di Sinistra che è Campo Progressista.
Non essere stati fondatori nè esserne stati elettori non convince nessuno soprattutto in relazione alle prospettive: non esserlo stati non significa volerlo essere stati o volerlo essere in futuro.

Ed è questo che ci distingue: quelli di noi che lo hanno votato ieri, oggi non lo voterebbero più.
Soprattutto, e questo è certo, non voterebbero mai il PD a trazione “renziana” che a tutta evidenza poi non dispiace molto ai nostri interlocutori di cui sopra. Perché il PD a trazione “renziana” interpreta in modo molto lontano quell’assioma iniziale guardando non alla parte “illuminata” del Centro ma accordando credito proprio a quella parte più retriva e reazionaria della società italiana che, non trovando più sponda verso la Destra berlusconiana, proproneva e propone i suoi servigi per ottenerne vantaggi personali e per le proprie categorie.

Venendo ad oggi, e rispondendo a chi provocatoriamente posta sul mio whatsapp l’articolo di “Repubblica” di questa mattina, ritengo che faccia molto bene Speranza dell’MPD a stuzzicare Renzi ed il PD sui rischi che una divisione nel corpo della Sinistra (una parte minima della quale è nel PD; la stragrande maggioranza è nel “mare magnum” dell’astensione) possa comportare a vantaggio delle Destre. Fa molto bene a chiedere un confronto a 360° che comporti il riconoscimento che le Riforme tanto strombazzate sul Lavoro e sulla Scuola siano state contrassegnate da valori squilibratamente vantaggiosi per l’imprenditoria e per la Burocrazia e non hanno prodotto significativi pur minimi passi in avanti per i lavoratori e i maggiori fruitori della Scuola, cioè gli studenti, abbassando i livelli di Conoscenza a valori da Terzo o Quarto mondo.

Se, dunque, da parte di Renzi e del “suo” PD vi fossero segnali importanti positivi in tale direzione, ottimo l’intervento di oggi. Ma temo che non vi sia altra soluzione se non quella di mettere in piedi una solida ALTERNATIVA secca al PD che faccia da punto di riferimento di quelle migliaia e migliaia di cittadini “orfani” e “senza casa”. Se invece si vuole proseguire nell’ambiguità e nell’ipocrisia illudendo anche i propri elettori, lo si faccia pure; ma non ci si sorprenda troppo se ai commensali limitrofi venga riservato un pugno sul grugno, alla fine della corsa: nè più nè meno di quanto è già accaduto nel 2014.

Joshua Madalon

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