“…adelante con juicio” dedicato ai “compagni” irriducibili e “coerenti”! (ma…la coerenza non sempre è un valore positivo!)

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“…adelante con juicio” dedicato ai “compagni” irriducibili e “coerenti”! (ma…la coerenza non sempre è un valore positivo!)

La responsabilità di una rottura – auspico provvisoria (ma temo sempre più definitiva, se il livello dello scontro non viene abbassato dagli “ultrà” di ambedue gli schieramenti) – all’interno di quel contenitore che ha preso il nome dal luogo in cui ci si riunì (il Teatro “Brancaccio”) non può essere addebitata ad una sola parte. Innanzitutto perchè molteplici sono le “anime” che compongono in modo grossolano le due parti e, secondariamente, per la differenza di approccio alle problematiche segnatamente alla “prassi” che dall’analisi delle questioni porti alla “sintesi”, necessario sbocco per stilare un percorso programmatico politico concreto.
Negli ultimi giorni il livello polemico è apparso sempre più velenoso. Ma è la perduranza, ovverosia l’ostinazione, con la quale qualcuno insiste ad attizzare lo scontro, a suggerire o una pausa, ancor più oggettivamente condita con la parola “riflessione”, o un’esclusione temporanea “amichevole” (anche se con interruzione improvvisa) dal novero degli “amici di Facebook”.
Vorrei ricordare ai miei concittadini (i “pratesi”) quanto è accaduto nella Sinistra che si è “organizzata” (un’accezione abbastanza superficiale per descrivere quanto è realisticamente avvenuto) in quel contenitore che con difficoltà decidemmo di chiamare “Prato A Sinistra”. Già in quel “collettivo” si confrontavano idee molto vicine nell’analisi non così nella elaborazione che non è sfociata in alcuna sintesi.
A Prato la frazione “programmatica movimentista” non si è connessa a quella “programmatica governativa”. Abbiamo “autorevoli” esempi anche nella quotidianità del lavoro politico, a volte inteso come incessante rincorsa di “eventi” scollegati tra loro anche se connotati da ideologismi progressisti e “rivoluzionari”; a fronte di un impegno di carattere politico inteso a proporre una progettualità che affronti le problematiche più urgenti per il Paese a partire dal quadro contingente del territorio.
Rilevo una incapacità a comprendere che l’essenza battagliera da barricata di chi formula critiche feroci e ingenerose a coloro che, con senso di responsabilità (quello che manca a chi si ferma ai “proclami”) e con sofferenza personale, hanno consentito al Governo italiano di procedere in mezzo a tutte le difficoltà di una società piegata ai diktat della finanza internazionale globale, è sterile ed improduttiva ed è necessario costruire un grande “Patto sociale” che, mettendo insieme le parti migliori della società, quelle illuminate sia laiche che non, si propongano di “governare” il Paese nella costruzione di un progetto politico di Sinistra, con l’obiettivo di realizzare una società migliore. Se non si è in grado di comprendere questo, per motivi diversi (calcoli di bottega, complessione generale), sarà sempre più difficile connettersi.
“Mai dire mai” e avere fiducia nell’intelligenza creativa costruttiva di un Progetto comune nell’immediato prossimo futuro nella nostra città è l’obiettivo che propongo.

Joshua Madalon


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VECCHIA POLITICA – deprimente!

La classe dirigente

VECCHIA POLITICA – deprimente!

Facce serie, silenzio diffuso interrotto solo da sintomatologie catarrose invernali e urla esterne dei giocatori di briscola: tutti all’ascolto dei cahiers de doleances, vergati da prevedibili sentenze. Questo il parterre numericamente ricco dei concorrenti ad essere orfani del Partito che “quasi tutti” hanno contribuito a fondare. Uno dopo l’altro i “big” presenti esprimono il loro disappunto per le scelte non condivise in relazione alle “liste”! si accenna “anche” ad un malessere diffuso preesistente ma è un “anche” che non emerge in modo particolare.
Non c’è “sintesi”: le parole fluiscono numerose ma non creano partecipazione. C’è e interviene anche il segretario provinciale, più grigio e buio del solito: avrebbe potuto, e forse dovuto, già essere fuori, dimissionato senza una comunicazione ufficiale.
Ma è ancora lì, forse per poco.
Lo schiaffo non solo morale lo dovrebbe avere sentito: un territorio così importante (Prato è – e qualcuno lo sottolinea – la seconda città dell’Italia centrale per popolazione, ma forse non se ne accorge più nessuno, piegata e mortificata da più fronti) senza un “suo” rappresentante e con presenze inquietanti.

Le parole si sprecano in un profluvio che non tocca la sostanza “politica”: non c’è un solo riferimento ai problemi del Lavoro, della Istruzione, della Sanità, del Welfare nel suo complesso.

Niente di niente!

L’incontro appare semplicemente come uno “sfogatoio” delle amarezze contingenti, condite con attestazioni di “fede”, di attaccamento comunque alla “ditta”; l’incontro serve a mantenere una coesione che possa essere utile alla bisogna per qualcuno. Vecchia Politica: nulla di più. Deprimente.

Joshua Madalon

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LAVORIAMO PER UNA VERA SINISTRA DI GOVERNO – con umiltà e costanza

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LAVORIAMO PER UNA VERA SINISTRA DI GOVERNO – con umiltà e costanza

La difficoltà che ha avuto il Partito Democratico a proporre una candidatura credibile che appartenga al nostro territorio (Prato, per la precisione) è il segno che tutte quelle che sono apparse critiche ingenerose, frutto di un rancore unilaterale, erano sempre più e sempre più concretamente – nell’andar indietro con la memoria agli ultimi tre anni – inviti alla riflessione inascoltati.
I difetti del prodotto iniziale, già denunciati con affetto da parte di tanti che vedevano nel nuovo soggetto politico la possibilità di superare metodi e pratiche che avevano caratterizzato in negativo la prima Repubblica, invece che dimunuire si andavano vieppiù moltiplicando.
Questo accadeva quindi già all’apparire del PD di Veltroni ed i suoi limiti venivano denunciati dal gruppo Democraticidavvero che si era costituito intorno alla figura di Rosy Bindi.
Alcuni di noi hanno vissuto un paradosso, creato dall’avvento del renzismo, con i suoi obiettivi di rinnovamento basati sulla rottamazione. Il personaggio appariva sostanzialmente molto simile a noi che chiedevamo un cambiamento forte, con una partecipazione dal basso che avevamo riconosciuto nella proposta di Fabrizio Barca, quella denominata “sperimentalismo democratico”. Ma a noi Renzi già allora non piaceva, ambizioso, arrogante, incapace di confrontarsi apertamente e democraticamente con chi, anche non in linea con il suo pensiero, avesse esperienze da mettere in comune.
I segnali dell’allontanamento progressivo dal PD erano sempre più forti, in misura crescente con la conseguente adesione al renzismo da parte di personaggi che nel corso del processo democratico, fatto anche di voti e di sconfitte interne (congressi) ed esterne (elezioni locali), si erano catalizzati intorno a Renzi; e di altri personaggi che avevano avuto storie molto diverse e lontane dalla Sinistra che allo stesso tempo, subodorando l’occasione propizia, si tuffavano a sostegno del nuovo leader. E lo facevano spudoratamente, contando anche su aiuti “interni” (voglio qui ricordare il caso del “registro” nel quale dovevano essere riportati tutti i dati dei certificati per la partecipazione alle Primarie: era stabilito che i registri fossero utilizzati e conservati da “responsabili” – al solito i Coordinatori – di Circolo all’interno di questi ultimi in armadi chiusi a chiave. Uno di questi registri, guarda un po’, era stato traslocato in uno studio privato il cui responsabile era uno dei sostenitori del Sindaco di centrodestra eletto nel 2009. La mia è un’asserzione confortata dall’affermazione pubblica di un ingenuo elettore): “interni” perché da quel che si evinse quel registro era stato affidato, come già accennato, ad un Coordinatore di Circolo, il quale aveva evidentemente ben pensato di affidarlo all’esterno, forse per poco o forse no. Ma questo poco importa!
Quell’episodio ha avuto un profondo significato rivelatore della deriva centrodestrista del Partito Democratico. D’altronde, come ebbe a dirmi l’attuale Segretario Provinciale, riconoscendo forse involontariamente le mie ragioni, non “condividevo più niente del PD”. E vorrei vedere!
Ora stiamo vivendo una fase significativa di trasformazione; molti hanno preso consapevolezza di quanto si è prodotto negli ultimi anni ed è venuto il momento di far sentire il proprio dissenso. Sarebbe stato meglio tutto ciò fosse avvenuto prima, con l’ascolto e con scelte ad esso conseguenti: non è accaduto e il dissenso è diventato sempre più forte, più compatto, più deciso. Ai miei amici e compagni di LeU ribadisco che non bastano loro, e soprattutto non è in assoluto opportuno che, per costituire e rafforzare LeU, sia prioritario mantenere rapporti con questo PD.

Dobbiamo essere distinti, diversi, non solo alternativi. Il PD non rappresenta più la Sinistra: noi dobbiamo invece rappresentarla; altrimenti rischiamo di essere non alternativi ma sostitutivi. E questo a me non piace proprio.

Joshua Madalon

fuochi-parco7-mb-CopiaLa mia firma

LIBERI E UGUALI A PRATO – i nostri avversari

LIBERI E UGUALI A PRATO – i nostri avversari

La campagna elettorale della lista “Liberi e Uguali” (LeU) per le elezioni politiche del 4 marzo 2018 si avvia – per quanto riguarda Prato – con i migliori auspici di ottenere un risultato ampiamente positivo spendibile direttamente sul territorio anche per le prossime contese elettorali, in primo luogo quelle amministrative.
I nostri naturali avversari sono le Destre, sono i sostenitori delle Destre, quelli ad esempio rappresentati ieri sera da una coppia di coniugi che, dopo aver compreso quali fossero i temi trattati da quei cittadini – tanti e tanti giovani – che si erano fermati in Piazza Duomo ieri sera 27 gennaio a ricordare le nefandezze del nazifascismo, si sono allontanati con aria infastidita affermando in modo chiaro: “Non se ne può più di questa Shoah!”.
I nostri avversari sono coloro che operano per mantenere nette distinzioni di classe, tendenti ad arricchire e rinforzare il potere economico dei pochi a sfavore della stragrande maggioranza della nostra società che arranca sempre più a mantenere un minimo di dignità.
I nostri avversari sono quelli che non si adoperano per aumentare l’accesso alla Sanità pubblica e promuovono quella “privata” che non può essere “per tutti” ma solo “per pochi”. I nostri avversari sono coloro che continuano a mortificare l’Istruzione pubblica a favore di quella privata.
I nostri avversari sono quelli che hanno fatto e visto crescere i loro profitti con una legislazione del Lavoro che ha dato mano libera in modo indistinto all’imprenditoria senza garanzie per i datori d’opera.
I nostri avversari sono coloro che, in modo ipocrita, si ergono a difensori dell’italianità e nel contempo utilizzano la presenza di stranieri soprattutto quelli più indifesi “sans papiers” come forza-lavoro a bassissimo costo.
I nostri avversari sono quelli che per ottenere i loro personali vantaggi non rispettano i valori dell’Ambiente.

Di certo LeU si colloca nella parte Sinistra; di certo si può affermare che i nostri avversari non sono nè “Potere al popolo” nè il PD.
Di certo non lo sono la gran parte delle elettrici ed elettori che hanno fin qui sostenuto il Partito Democratico; ma non vi è alcun dubbio (altrimenti la stessa lista “LeU” non avrebbe avuto alcuna necessità di esistere) che le politiche di quest’ultimo Partito (il PD) sono state in netto contrasto con quanto sarebbe stato necessario operare per una forza di Sinistra.

Interventi legislativi come il Job’s Act, l’abolizione dell’art.18, la “Buona Scuola” e la conduzione di una politica sugli “immigrati” che non si è distinta da quella delle Destre, i tagli al Welfare fatti con linearità svantaggiosa per le fasce più deboli, la creazione di un intervento pauperistico incentrato sui “bonus” e l’incapacità di intervenire sul sistema pensionistico sono elementi che hanno prodotto sfiducia da parte dell’elettorato di Sinistra che si riconduceva al PD.

E’ per questi (ed altri buoni) motivi che agli elettori che sono stati delusi da questi Governi e che si riconoscono nelle Sinistre si rivolge “Liberi e Uguali” per ottenere consensi.
A Prato, poi, che è la città in cui opero dal 1982, la lista “Liberi e Uguali” è stata in grado di presentare due autorevoli esponenti della società civile, rappresentanti della campagna referendaria del 4 dicembre 2016, Luca Mori e Angela Riviello, sui quali nei prossimi giorni scriveremo.

Joshua Madalon

Bisogna parlare,/addestrare la memoria/per ricordare. ANNIVERSARI 2018 – VERSO IL GIORNO DELLA MEMORIA (27 GENNAIO 1945 – 27 GENNAIO 2018) parte 8

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Bisogna parlare,/addestrare la memoria/per ricordare. ANNIVERSARI 2018 – VERSO IL GIORNO DELLA MEMORIA (27 GENNAIO 1945 – 27 GENNAIO 2018) parte 8

“…Bisogna parlare,
addestrare la memoria
per ricordare.”

Con questi versi si concludeva il brano poetico di Lisa Panella che ho “posto” ad apertura e chiusura del mio intervento di ieri su questo Blog.
All’interno del video vi sono due miei specifici interventi concordati nel gruppo di scrittura che ha sceneggiato il videofilm “”APPUNTI…SULL’UMANA FOLLIA DEL XX° SECOLO: LA DEPORTAZIONE”

“CAPIRE – RICORDARE – NON DIMENTICARE – NON E’ STATO FACILE DIMENTICARE QUESTA ESPERIENZA DELLA DEPORTAZIONE PER CHI L’HA VISSUTA DIRETTAMENTE ED E’ RIUSCITO A TORNARE.
PER GLI ALTRI, QUELLI CHE SI DICHIARANO SCETTICI, QUELLI CHE SI DICONO PACIFISTI COME TANTI DI NOI, LA CONOSCENZA E LA CULTURA DEVONO VIAGGIARE DI PARI PASSO COL DUBBIO, ATROCE MA RICCO DI SIGNIFICATO.
OGGI, IN TEMPO DI DEMOCRAZIA, CIASCUNO DI NOI LIBERAMENTE E SENZA PAGARNE ALCUNA CONSEGUENZA PUO’ ESPRIMERE LA PROPRIA OPINIONE, IL PROPRIO PENSIERO.
COSA AVREMMO FATTO, ALLORA, IN UN REGIME OPPRESSIVO E TOTALITARIO?
SAPERE E RICORDARE SERVE A MIGLIORARE CIASCUNO DI NOI E PUO’ SERVIRE A NON RIPETERE GLI STESSI DRAMMATICI ERRORI.
MA OCCORRE ANCHE SAPERE CHE IN QUESTO SECOLO ED IN QUESTO SCORCIO DI FINE SECOLO TROPPI SONO STATI GLI ORRORI IN NOME DELLA RAZZA, IN NOME DEI NAZIONALISMI, IN NOME DELLA RELIGIONE, E DI QUESTI ERRORI SI SONO MACCHIATI ANCHE GIOVANI CHE SI CONSIDERVANO FINO AL GIORNO PRIMA PACIFISTI, CHE SI RITENEVANO PIENAMENTE DEMOCRATICI, CHE CONSIDERAVANO CON ATTENZIONE LE IDEE DEGLI ALTRI, MA CHE SI LASCIAVANO AFFASCINARE DAL POTERE – DAL POTENTE DI TURNO.
SUL DUBBIO BISOGNA COSTRUIRE IL NOSTRO FUTURO NON PER GIUSTIFICARE QUALSIASI NOSTRA POSSIBILE SCELTA ED AZIONE MA PER RAFFORZARE LE SCELTE PER LA PACE, LA DEMOCRAZIA, LA TOLLERANZA.”

Questo è il primo. Il secondo è “corale”: sulle scene finali di guerra e di distruzione Giulia e gli altri giovani del Liceo Classico “Cicognini”, quello di via Baldanzi per capirci ed in particolare il gruppo teatrale scolastico diretto dal prof. Antonello Nave, leggono questo brano, a me ispirato dal titolo del testo di cui parlo in uno dei post precedenti, quello relativo alla parte 2 del 17 gennaio u.s..

“IO, IO NON POSSO TACERE GLI ORRORI
NON POSSO TACERE L’UMANA PERVERSA FOLLIA
NON POSSO TACERE LE INFINITE TRAGEDIE DELLE GUERRE CHE CHIAMANO “CIVILI”
NON POSSO TACERE L’ARROGANTE PRESUNZIONE DELL’ANIMO UMANO.

NON POSSO TACERE L’OTTUSA INTOLLERANZA
NON POSSO TACERE LE UMILIAZIONI, LE TORTURE,
LA VOLONTA’ DI ANNIENTAMENTO TOTALE DELL’AVVERSARIO
LE “PULIZIE ETNICHE”, IL FANATISMO IDEOLOGICO E RELIGIOSO
NON POSSO TACERE LA STUPIDITA’ DI CHI, SENZA MAI DUBITARE,
CONSENTE.
NON POSSO TACERE GLI ORRORI DI QUESTO SECOLO CHE SI COMPIE.”

Oggi è il 27 gennaio 2018.
Oggi è la giornata dedicata alla MEMORIA di quella subcondizione dell’animo umano, non solo quella degli oppressi ma anche quella degli oppressori.
Se non si analizzano le ragioni profonde che portarono nel corso della prima metà del secolo scorso a quelle aberrazioni e nel corso dei decenni successivi ad altre simili nefandezze il mondo nella sua globalità procederà verso un’autodistruzione inevitabile.
Non si può pensare di fermare le Destre razziste e violente senza un riconoscimento degli errori costanti che la Sinistra democratica e progressista ha per debolezza e sottovalutazione inconsapevolmente compiuto. Quei giovani che sollevano braccia e grida minacciose verso l’altro, il diverso, lo straniero interpretano la realtà spesso condizionati da un’emarginazione sociale all’interno di contesti che non hanno prodotto risposte al loro desiderio di giustizia. Molti di loro sono strumenti umani nelle mani di fomentatori ideologici. Tocca alla vera Democrazia fornire risposte adeguate ai bisogni diffusi; diversamente queste organizzazioni troveranno sempre più adesioni e le conseguenze potrebbero essere davvero tremende!

Joshua Madalon

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Bisogna parlare,/addestrare la memoria/per ricordare. ANNIVERSARI 2018 – VERSO IL GIORNO DELLA MEMORIA (27 GENNAIO 1945 – 27 GENNAIO 2018) parte 7

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Bisogna parlare,/addestrare la memoria/per ricordare.
ANNIVERSARI 2018 – VERSO IL GIORNO DELLA MEMORIA (27 GENNAIO 1945 – 27 GENNAIO 2018) parte 7

Bisogna parlare,/addestrare la memoria/per ricordare.

Venti anni fa, più o meno un anniversario perché fu nella prima parte del 1998 che girammo quel videofilm sull’Olocausto, tra i giovani studenti collaboratori per la scrittura della sceneggiatura ci furono anche due poeti, Luca Vannini del Liceo “Cicognini” (quello collegato al Convitto in Piazza del Collegio) e Lisa Panella dell’ITC “Paolo Dagomari”.

I loro versi arricchirono di un valore superiore la sceneggiatura, accompagnando immagini di repertorio, quelle più crude e drammatiche dei campi di sterminio. Ai diffusori di menzogne e creatori di scetticismi diffusi consiglio di vedere quei reportage che furono ripresi “in diretta” dagli operatori che accompagnarono la Liberazione; proprio per evitare che quel genocidio perpetrato nei confronti degli Ebrei, delle minoranze e degli oppositori politici al regime nazifascista fosse occultato agli occhi della società locale, i membri di quest’ultima furono invitati a visitare quei luoghi: dalle riprese di operatori, tra i quali va ricordato Alfred Hitchcock, notiamo in un primo momento il loro atteggiamento come visitatori comuni in gita di piacere e poi, di fronte alle cataste umane di morti e semimorti, scheletri vaganti, il raccapriccio e l’orrore.

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Qui di seguito trascrivo una delle poesie di Luca Vannini riportata a pagina 37 del suo libro “La Disperazione Di Non Esistere” edito nel 1996 da Attucci. Il titolo è

“CIVILTA’”

Ho seguito centinaia di processioni,
Ho preso parte al più misero
Dei riti funebri.
Nella mia giovane vita
Ho visto crocifiggere
L’innocenza
Da giovani ariani,
Che protendevano il loro braccio
Verso il paese in cui
Non sorge più il sole;
Ho visto seppellire
La Libertà
Sotto il putrido fango
Dell’intolleranza e dell’odio:
Ho visto squallidi becchini
Vomitare il loro disprezzo
Sulla tomba dell’eguaglianza.
Ho visto la carcassa putrefatta
Della giustizia,
Scarnificata dall’ingordigia
Di luridi vermi.
Ho visto il cadavere
Della solidarietà
Penzolare inerte
Dal cappio dell’egoismo.
Ovunque l’uomo.
Ovunque la morte.
Non so cosa mi spinga
A vivere in questo
“Olocausto”.

Questi versi portano in calce una data, il 28 gennaio 1995, a conferma che l’ispirazione sia stata collegata proprio al giorno precedente, il 27 gennaio. Da ricordare che l’istituzione ufficiale di una Giornata da dedicare alla Memoria dell’Olocausto nel nostro Paese è datata 20 luglio 2000; l’ONU l’ha istituita il 1° novembre del 2005. Storicamente e nella sensibilità diffusa si operava nei contesti scolastici e nella società sulla data del 27 gennaio già negli anni precedenti al suo riconoscimento.

Un’altra delle poesie di Luca Vannini accompagnò proprio le immagini dei “visitatori” autoctoni al campo di Auschwitz, quelli di cui si dice sopra. Il titolo è esemplificativo dell’atteggiamento di questi, vestiti a festa come se si trattasse di una piacevole escursione.

“GIORNI DI FESTA”

Ora, ora che i giorni trascorrono
Vuoti, immutabili, spenti,
Ora che la solitudine è la mia
Unica compagna,
Ora che la melanconica e atroce
Vacuità dell’esistenza si fa viva,
Comprendo quale triste e disperato
Destino ci sia riservato.
E non so se andarmene
O se restare: se fuggire
Quest’ultimo, inutile giorno di festa.

L’altra poeta, Lisa Panella, compose in diretta due testi senza titolo. Ne ripropongo uno.

Quando l’odio sprofonda
nelle menti deboli,
la passione spietata
pervade nei diletti pensieri.

Pastori superiori,
questi schiavi del male,
disegnano progetti corrotti:
concentrano…
correggono…
cancellano….
finiscono l’intento
…e muoiono.

Così
si confondono
i lamenti innocenti
con lo sfondo dell’universo.
Non riconosci le voci?

Gli uomini
vestiti tutti uguali
vivono
e piangono preghiere,
ingoiano il silenzio
lentamente.

Ogni palpito diventa un grido,
ogni attimo, tremito ardente.

Ancora adesso
mi affonda nel cuore
l’inquietudine
di quegli sguardi languidi.

Bisogna parlare,
addestrare la memoria
per ricordare.

Riprenderemo da questo nel prossimo post: Bisogna parlare,/addestrare la memoria/per ricordare.

Joshua Madalon

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ANNIVERSARI 2017-2018 – DANILO DOLCI, PIERO CALAMANDREI E LA COSTITUZIONE ITALIANA UNA ESEMPLARE DENUNCIA parte 8 e ultima

ANNIVERSARI 2017-2018 – DANILO DOLCI, PIERO CALAMANDREI E LA COSTITUZIONE ITALIANA UNA ESEMPLARE DENUNCIA parte 8 e ultima

Colleghi e amici siciliani, noi siamo venuti in Sicilia, e vi ringraziamo di averci consentito di essere qui al vostro fianco, per dirvi che tutto quello che vi addolora, tutto quello che vi offende, addolora e offende anche noi. Questa vostra angoscia è anche la nostra angoscia: anche noi ci sentiamo bruciare dal vostro sdegno. Vogliamo anche noi prendere sulle nostre spalle, con l’aiuto della Costituzione, il destino del nostro Paese.

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Concludo la pubblicazione della difesa che Piero Calamandrei fece in occasione del processo a Danilo Dolci, reo di avere “digiunato” per protesta contro le angherie perpetrate a danno dei poveri pescatori di Trappeto da parte di operatori ittici – contrabbandieri e potenti protetti dalle autorità. Il richiamo costante alla Costituzione ci impegna ancora oggi alla sua realizzazione ed alla difesa dei principi e dei valori in essa contenuti. Bisogna vigilare ancor di più oggi, senza abbassare la guardia! Ad attentare ad essa hanno già provato governi di diversa (forse presunta forse reale) collocazione politica. Noi cittadine e cittadini non possiamo disarmare il nostro impegno.

Joshua Madalon

La mia firma

Certo, Danilo Dolci non è un personaggio comodo per i commissari di pubblica sicurezza. Io mi immagino i loro discorsi: “In fondo, un brav’uomo. Ma uno scervellato, un seccatore, un piantagrane”.
Mi viene in mente una lettera scritta pochi giorni fa dal mio amico Jemolo a una altissima autorità.
Dopo avere attestato l’altezza morale di Danilo, egli continuava: “Certo sarà noioso per le autorità costituite; ma pensa quanto lo saranno stati a loro tempo San Francesco o San Bernardino da Siena”.
Si, i santi sono noiosi: e in generale, anche senza disturbare santi, è certo che in questa società compressa da una crosta di accomodante scetticismo sono noiosi in generale gli uomini onesti, gli uomini che prendono le cose sul serio. Per chi sta bene e ha la vita facile, sono insopportabili questi importuni che ricordano col loro esempio, fastidioso come un rimprovero vivente, che nel mondo esiste la onestà e la dignità.
Imparai da ragazzo su qualche antologia un episodio della vita di un santo; in questi giorni mi è tornato in mente. Vi confesso che a Firenze, prima di partire per venir qui, invece di consultare i codici per prepararmi a questa discussione, mi sono messo a ricercare nelle vite dei santi il testo preciso di questo episodio: mi pareva di ricordarmi che fosse nella vita di San Filippo Neri ma non l’ho trovato. Forse è nella vita di Don Bosco.
Certo, o l’uno o l’altro, si trattava di un santo: ma finché fu vivo era considerato come un terribile spettatore dei ricchi, alle cui porte andava a battere ogni giorno per chiedere carità per i poveri. A tutti i momenti se lo ritrovavano dinanzi: li perseguitava con le sue preghiere, fino a che anche i più avari, pur di levarselo di torno, gli davano quello che chiedeva: e lui correva a portare pane agli affamati.
Un giorno andò a bussare alla porta di un signore ricchissimo, ma particolarmente iracondo e prepotente: e tanto insistè, nonostante i ripetuti dinieghi, che questo alla fine, gonfio d’ira, lo investì di ingiurie e lo prese a schiaffi. Il santo stette impassibile a ricevere le percosse senza muoversi, come se fosse il pagamento di una cosa dovuta: senza neanche ripararsi il viso con le mani (forse lo fece per non essere imputato, dal P.M. di quei tempi, di “resistenza”). E alla fine, quando quel prepotente si fu sfogato, riprese candidamente: “sta bene, questi sono per me: il conto torna. Ma ora bisogna riprendere il nostro discorso: bisogna che tu mi dia i denari per i poveri…”.
Io mi auguro che il P.M. ritrovi per conto suo il testo originale dove questo episodio è raccontato per esteso. Siamo d’accordo: anche Danilo è un seccatore: per questo gli hanno messo i ferri; per questo lo hanno arrestato; per questo lo hanno trascinato nel fango; per questo lo vorrebbero tenere per altri otto mesi in prigione.
E sia pure. E poi? E i disoccupati di Partinico? E la fame di Partinico? I bambini che muoiono di fame a Partinico? Che darete ad essi? Che parola di speranza di conforto uscirà per essi dalla vostra sentenza?
No, questa non è, onorevole signor P.M., una “comunissima vicenda giudiziaria”. Questo non è il processo di Danilo Dolci. Su quella panca degli imputati non c’è lui; altre colpe, altre incurie, altre crudeltà, altri delitti siedono su quella panca: tutti li conosciamo anche voi li conoscete.
Questa non è la causa di Danilo; e neanche di Partinico; e neanche della Sicilia. E’ la causa del nostro Paese: del nostro Paese da redimere e da bonificare.
Si parla tra i giuristi di “bonifica costituzionale”; siate voi, magistrati, gli antesignani di questa bonifica. Nella Maremma della mia Toscana, nelle terre incoltivate che si distribuiscono ai
contadini, per poter arrivare a seminare bisogna prima spezzare la crosta di tufo pietroso che vi è depositata da due millenni di alluvioni; per spezzarla occorrono i trattori: e solo così, sotto quella crosta, si trova la terra fertile e fresca, e in essa, ancora intatte le tombe dei nostri padri etruschi.
Bisogna in tutta Italia spezzare nello stesso modo questa crosta di tradizionale feudalesimo e di inerte conformismo burocratico che soffoca la nostra società: e ritrovare sotto la crosta spezzata il popolo vivo, il popolo sano, il popolo fertile, il popolo vero del nostro Paese: e le tradizioni di saggia ed umana equità che esso ha conservato dai lontani millenni.
Vorrei, signori Giudici, che voi sentiste con quale ansia migliaia di persone in tutta Italia attendono che voi decidiate con giustizia, che vuol dire anche con indipendenza e con coraggio questa causa eccezionale: e che la vostra sia una sentenza che apra il cuore della speranza, non una sentenza che ribadisca la disperazione.

Colleghi e amici siciliani, noi siamo venuti in Sicilia, e vi ringraziamo di averci consentito di essere qui al vostro fianco, per dirvi che tutto quello che vi addolora, tutto quello che vi offende, addolora e offende anche noi. Questa vostra angoscia è anche la nostra angoscia: anche noi ci sentiamo bruciare dal vostro sdegno. Vogliamo anche noi prendere sulle nostre spalle, con l’aiuto della Costituzione, il destino del nostro Paese.

Qualche giorno fa, sfogliando un giornale straniero, vi ho letto una notizia dall’Italia che mi ha fatto arrossire. C’era scritto, a proposito di questo processo di Danilo, questo titolo: “In Italia a chi chiede rispetto della Costituzione si nega la libertà provvisoria”. Non è vero, non è vero! Signori Giudici, diteci che non è vero! Permetteteci di dire agli stranieri che non è vero!
Voi dovete aiutarci, signori Giudici a difendere questa Costituzione che è costata tanto sangue e tanto dolore voi dovete aiutarci a difenderla, e a far sì che si traduca in realtà.

Vedete, in quest’aula, in questo momento, non ci sono più giudici e avvocati, imputati e agenti di polizia: ci sono soltanto italiani: uomini di questo Paese che finalmente è riuscito ad avere una Costituzione che promette libertà e giustizia.
Aiutateci, signori Giudici, colla vostra sentenza, aiutate i morti che si sono sacrificati e aiutate i
vivi, a difendere questa Costituzione che vuol dare a tutti i cittadini del nostro Paese pari giustizia è pari dignità!

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avviso ai naviganti del “mare magnum” della Politica in vista del 4 marzo – CONDITIO SINE QUA NON e PER PIACERE, NON CI NASCONDIAMO DIETRO UN DITO ovvero non ci prendiamo per i fondelli

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2487,0,1,0,289,256,455,1,0,36,45,1,0,100,0,1976,1968,2177,176521

avviso ai naviganti del “mare magnum” della Politica in vista del 4 marzo – CONDITIO SINE QUA NON e PER PIACERE, NON CI NASCONDIAMO DIETRO UN DITO ovvero non ci prendiamo per i fondelli

Non ha alcun futuro una proposta politica che, atteggiandosi a farsi credere di Sinistra, ponga come obiettivo palese o segreto (ovviamente l’ipocrisia di quel mondo è ben nota) un accordo con una forza che abbia espresso politiche centriste, pur se intese in buona fede ad ottenere un coinvolgimento degli apparati produttivi e finanziari disponibili ad assumersi la responsabilità di ridurre lo stato di sofferenza della parte più debole del Paese. Poichè, in fin dei conti, quella parte di Paese ha davvero molto poco corrisposto a tale invito, espresso peraltro con scelte legislative che le consentivano indubbi e fruttuosi vantaggi, è in assoluto sempre più indispensabile affermare l’esigenza che nasca un soggetto nuovo chiaramente di Sinistra competitivo ed alternativo. Non possiamo accontentarci della radicalità di un soggetto come quello di “Potere al popolo” nè possiamo pensare che “Liberi e Uguali”, lista nella quale sono rappresentate essenzialmente tre soggetti (MdP art.1, Sinistra Italiana e Possibile), possa avere un futuro se l’obiettivo rimanesse quello di formare un nuovo soggetto di Centrosinistra, con un occhio privilegiato “solo” al cambiamento di leadership all’interno del Partito Democratico.
Quest’ultima forza ha evidenziato i suoi limiti ben prima dell’avvento di Renzi, per cui non può in alcun modo rappresentare le esigenze della parte che ha subito e sta subendo sempre più i colpi della crisi. Narrare che, in questo mondo, non vi sia più spazio per la connotazione Destra-Sinistra è una delle peggiori fandonie diffuse, mentre nell’alveo della crisi si vanno insediando formazioni neo naziste e neo fasciste sempre più forti e presenti, anche per colpa di quanti – da posizioni pseudo progressiste – hanno perseguito forme moderate di acquiescenza, forse anche interessate, ai poteri finanziari nazionali e multinazionali.

Giuseppe Maddaluno

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ANNIVERSARI 2017-2018 – DANILO DOLCI, PIERO CALAMANDREI E LA COSTITUZIONE ITALIANA UNA ESEMPLARE DENUNCIA parte 7

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ANNIVERSARI 2017-2018 – DANILO DOLCI, PIERO CALAMANDREI E LA COSTITUZIONE ITALIANA UNA ESEMPLARE DENUNCIA parte 7

Ancora una volta quello che pubblico, riferito ad un evento di circa 60 anni fa, possiede una straordinaria attualità.

…la cultura, se vuol essere viva e operosa, qualcosa di meglio dell’inutile e arida erudizione, non deve appartarsi dalle vicende sociali, non deve rinchiudersi nella torre d’avorio senza curarsi delle sofferenze di chi batte alla porta di strada….

…L’eroismo di Danilo è questo: dove più la miseria soffoca la dignità umana, egli ha voluto mescolarsi con loro e confortarli non con i messaggi ma con la sua presenza; diventare uno di loro, dividere con loro il suo pane e il suo mantello, e chiedere in cambio ai suoi compagni una delle loro pale e un po’ di fame….

Joshua Madalon

parte 7

….Danilo mi fa venire in mente la storia di fra Michele Minorita. È un’antica cronaca fiorentina, rievoca anche la figura di un monaco, appartenente all’ordine dei “fraticelli della povera vita”, che praticavano la povertà assoluta che predicavano che nel Vangelo Cristo e gli apostoli non avevano mai riconosciuto la proprietà privata. Il Papa Giovanni XXII condannò questa affermazione come eresia: e fra Michele per averla predicata fu condannato, nel 1389, al rogo.
La cronaca racconta la prigionia e il processo e descrive il corteo che accompagnò dalla prigione al supplizio il condannato e le sue soste lungo la strada, come se fossero le stazioni della Via Crucis.
Dal carcere del Bargello per arrivare al rogo egli passa, scalzo e vestito di pochi cenci, in mezzo agli armigeri, per le vie di Firenze. Due ali di popolo lo stanno a vedere: e gli lanciano al passaggio frasi di incitamento e di scherno, invocazioni esaltate o beffardi consigli. I più lo consigliano all’abiura: “sciocco, pentiti, pèntiti, non voler morire, campa la vita!”. Ed egli risponde, mentre passa, senza voltarsi: “pentitevi voi de’ peccati, pentitevi delle usure, delle false mercantzie”. (Forse tra quel pubblico che lo incitava a pentirsi e a non voler morire c’era anche, pieno di buone intenzioni, il commissario Di Giorgi: “Illusioni, utopie, chi te lo fa fare?”.)
A un certo punto, quando ormai è vicino al rogo, poiché ancora uno dei presenti torna a gridargli: “Ma perché ti ostini a voler morire?”, egli risponde: “Io voglio morire per la verità: questa è una verità, ch’io ho albergata in me, della quale non se ne può dare testimonio se non morti”. E con queste parole sale sul rogo; ma proprio mentre stanno per dar fuoco, ecco che arriva un messo dei Priori a fare un ultimo tentativo, per persuaderlo a smentirsi e così salvargli la vita. Ma egli dice di no. E uno degli armigeri, di fronte a questa fermezza, domanda: “ma dunque costui ha il diavolo addosso?”; al che l’altro armigero, nel dar fuoco, risponde (e par di sentire la sua voce strozzato dal pianto): “Forse ci ha Cristo”.

Per questo, signori Giudici, voi avete visto le “correnti di pensiero”, che in questo momento sono vicine a Danilo, sfilare in quest’aula a testimoniare. Esse non sono arrivate qui per esercitare su di voi pressioni o intromissioni sulla vostra coscienza intemerata e fiera: sono venute soltanto per testimoniare la loro solidarietà a Danilo. Ma questa solidarietà della cultura italiana per Danilo Dolci è un fatto, che voi non potete ignorare; siete anche voi uomini del nostro tempo, e anche voi sentite il dovere di valutarle, di spiegarle storicamente.

Come si può spiegare questa solidarietà? Certamente voi avete avvertito nelle parole di questi testimoni non soltanto un senso di solidarietà e quasi di complicità con Danilo, ma altresì un senso più profondo, quasi direi di umiliazione e di contrizione di questa cultura: per aver tardato tanto ad accorgersi di questi dolori; per aver atteso, prima di accorgersi, che fosse Danilo a dare l’esempio.

Il carattere singolare ed esemplare di Danilo Dolci è proprio qui: di questo uomo di cultura, che per manifestare la sua solidarietà ai poveri non si è accontentato della parola parlata o scritta, dei comizi, degli ordini del giorno e dei messaggi; ma ha voluto vivere la loro vita, soffrire la loro fame, dividere il loro giaciglio, scende nella loro forzata abiezione per aiutarli a ritrovare e a reclamare la loro dignità e la loro redenzione.
Questa è la singolarità di Danilo: qualcuno potrebbe dire l’eroismo; qualcun altro potrebbe anche essere tentato di dire la santità.
Qui e fuori di qui siamo in molti a pensare e a ripetere che la cultura, se vuol essere viva e operosa, qualcosa di meglio dell’inutile e arida erudizione, non deve appartarsi dalle vicende sociali, non deve rinchiudersi nella torre d’avorio senza curarsi delle sofferenze di chi batte alla porta di strada.

Tutto questo lo diciamo e lo scriviamo da decenni; ma tuttavia siamo incapaci di ritrovare il contatto fraterno con la povera gente. Siamo pronti a dire parole giuste; ma non sappiamo rinunciare al nostro pranzo, al nostro comodo letto, alla nostra biblioteca appartata e tranquilla. Tra noi e la gente più umile resta, per quanto ci sforziamo, come uno schermo invisibile, che ci rende difficile la comunicazione immediata. Il popolo ci sente come di un altro ceto: sospetta che questa fraternità di parole sia soltanto oratoria.
Per Danilo no. L’eroismo di Danilo è questo: dove più la miseria soffoca la dignità umana, egli ha voluto mescolarsi con loro e confortarli non con i messaggi ma con la sua presenza; diventare uno di loro, dividere con loro il suo pane e il suo mantello, e chiedere in cambio ai suoi compagni una delle loro pale e un po’ di fame.
Questo intellettuale triestino, che se avesse voluto avrebbe potuto costruirsi in breve, coi guadagni del suo lavoro di artista, una vita brillante e comoda in qualche grande città e una casa piena di quadri e di libri, è andato a esiliarsi a Partinico, nel povero paese rimasto impresso nei suoi ricordi di bambino, e si è fatto pescatore affamato e spalatore della trazzera per far intendere a questi diseredati, con la eloquenza dei fatti, che la cultura è accanto a loro, che la sorte della nostra cultura è la loro sorte, che siamo, scrittori e pescatori e sterratori, tutti cittadini dello stesso popolo, tutti uomini della stessa carne. Egli ha fatto quello che nessuno di noi aveva saputo fare. Per questo sono venuti qui da tutta Italia gli uomini di cultura a ringraziarlo: a ringraziarlo di questo esempio, di questo riscatto operato da lui, agnus qui tollit peccata di una cultura fino a ieri immemore dei suoi doveri….

…fine parte 7…continua

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ANNIVERSARI 2018 – VERSO IL GIORNO DELLA MEMORIA (27 GENNAIO 1945 – 27 GENNAIO 2018) parte 6

ANNIVERSARI 2018 – VERSO IL GIORNO DELLA MEMORIA (27 GENNAIO 1945 – 27 GENNAIO 2018) parte 6

Il videofilm ha inizio con il buio. Scegliemmo congiuntamente quella forma, seguita subito dopo dall’ouverture corale della Passione secondo Matteo BWV 244 di Johann Sebastian Bach

Kommt, ihr Töchter, helft mir klagen
Kommt, ihr Töchter, helft mir klagen,
sehet! – Wen? – Den Bräutigam.
Sehet ihn! – Wie? – Als wie ein Lamm.
Sehet! Was? – Sehet die Geduld!
Sehet! – Wohin? – Auf unsre Schuld!
Sehet ihn aus Lieb und Huld
Holz zum Kreuze selber tragen!

Venite, figlie, aiutatemi a piangere…
Guardate! – Chi? – Lo sposo.
Guardatelo! – Come? – Come un agnello.
Guardate! – Che cosa? – Guardate la pazienza!
Guarda! – Dove? – Per nostra colpa!
Guardatelo come per l’amore e per la grazia
porta egli stesso il legno della croce!

Quando arriva la luce ci troviamo nella platea del Magnolfi con una breve carrellata sulle macerie e sulla svastica disegnata in modo grossolano sopra una delle pareti. Ci si sposta poi ai piani superiori dove il Coro, Taltibio ed Ecuba con altre ancelle-donne si muovono nell’esprimere il senso fatale del loro destino di oppressori ed oppressi.
Al termine del testo euripideo Ecuba si allontana nell’ombra divenendo anch’essa ombra errante. Il buio ritorna ad essere forma e in lenta dissolvenza lascia il posto al segno del tempo che scorre fino ad una deflagrazione espressa attraverso le immagini di Zabriskie point del maestro Michelangelo Antonioni sotto le quali voci confuse di idioma germanico sovrapposte indicano l’avvento del nazismo con le sue minacce nei confronti della libertà e della democrazia.

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Ecuba ritornerà nella scena finale come ombra solitaria che ripercorre le stanze della patria abbandonata, memore della tragedia consumata con la morte atroce del piccolo Astianatte. Ci aiutarono moltissimo le parole del testo (“NON POSSO TACERE GLO ORRORI – per Suada e gli altri) elaborato insieme al professor Antonello Nave in una scrittura drammaturgica in un atto fra la guerra di Troia e quella di Bosnia, che qui di seguito riporto:
(il brano è il numero 7)

Giulia-Ecuba: lamento su un bambino ammazzato.
“Tu piangi, bambino? Hai dei tristi presentimenti? Perché ti avvinghi a me, ti stringi alle mie vesti, perché ti getti sotto le mie ali come un uccellino? Ettore non uscirà da sottoterra, impugnando la lancia, per salvarti; la famiglia di tuo padre e la forza di questa città non esistono più. Non ci sarà pietà: precipiterai con un salto orribile dalle mura, sfracellato esalerai l’ultimo respiro.
Cosa aspettate?! Su, forza, scaraventatelo dalle mura, se avete deciso così: spartitevi le sue carni. Perché gli dei ci annientano e noi non possiamo impedire la morte di questo bambino.
Perché vi siete macchiati di un delitto tanto mostruoso? Per paura di un bambino? Temevate che avrebbe resuscitato Troia dalle sue ceneri?….”

A questo testo in uno dei miei commenti avevo fatto precedere un’elaborazione ispirata dal titolo “NON POSSO TACERE GLI ORRORI” dei testi sopra riferiti.

“Io, io non posso tacere gli orrori
non posso tacere l’umana perversa follia
non posso tacere le infinite tragedie delle guerre che chiamano “civili”
non posso tacere l’arrogante presunzione dell’animo umano.
Non posso tacere l’ottusa intolleranza
non posso tacere le umiliazioni, le torture,
la volontà di annientamento totale dell’avversario
le “pulizie etniche”,
il fanatismo ideologico e religioso
non posso tacere la stupidità di chi, senza mai dubitare, acconsente.

Non posso tacere gli orrori di questo secolo che si compie.”

Queste parole vengono pronunciate da Giulia Risaliti mentre percorre le stanze e vi fanno eco gli altri componenti (Irene Biancalani, Stefano Mascagni e Linda Pirruccio)

fine parte 6….continua….

Joshua Madalon

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