C’è aria di nervosismo dalle parti del Partito Democratico

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C’è aria di nervosismo dalle parti del Partito Democratico: da quella parte che sostiene Renzi perché comincia a temere una sonora sconfitta e da quell’altra che invece non lo sostiene preoccupato dal fatto che egli abbia dichiarato che non si farà da parte anche se sconfitto.
La prima delle due parti (ma ve ne è almeno un’altra che, sonnecchiosa, ha dichiarato sommessamente che “non farà campagna elettorale per il PD” – pur facendone ancora parte) è la più severa nei confronti di coloro che man mano – prima pochi e senza clamori, poi tanti ed alcuni con ampie dichiarazioni – si sono chiamati fuori accrescendo il Progetto di “Liberi e Uguali”, sia dopo aver formato nuove compagini (prima “Possibile” con Civati, poi “MdP – Art.1” con Speranza) sia in modo libero. Quella parte del PD dovrebbe essere forse più severa con se stessa e con quel leader tracotante che si sono ritrovati a sostenere: forse deridevano Enrico Letta destinatario del famoso “stai sereno” e sorridevano agli epiteti ancora abbastanza carini di “gufi e rosiconi” rivolti agli oppositori interni e non si scomponevano allorquando Renzi utilizzava verso gli stessi compagni (è un termine che si addice ancora all’interno del PD? Ne dubito sempre di più) dissidenti il verbo “asfaltare”.
Cosa si aspettavano?
Per chi come me si era già allontanato “disgustato” dalla deriva renziana che aveva coinvolto pienamente anche l’Amministrazione cittadina ma ancor più dai “tradimenti” di chi per convenienze si è acconciato (oppure erano, costoro, già delle infide serpi non dissimili da tanti altri?), i transfughi della penultima e ultima ora avevano ormai superato i limiti della pazienza ed anche se portavano dietro di loro il sospetto di aver lasciato la barca ormai insicura e non si fidavano più del nocchiero, che non li avrebbe – complice leggi elettorali ad uso delle segreterie – confermati, non avevano certo altra scelta. Ve ne sono ancora altri che dovrebbero uscire – che hanno dichiarato già da un po’ il loro dissenso (e lo hanno espresso apertamente pur permanendo – sono quelli che hanno dichiarato che “non faranno campagna elettorale”) ma il mio timore è che anche qualcuno di quei “trasformisti” di cui accennavo prima possa buttarsi giù dalla barchetta, se le cose andassero come teme lo stessso leader.
D’altronde in tante realtà presunzione e dissennatezza hanno prodotto sconquassi. Come può un elettore di un PD le cui radici in buona parte sono nella storia della Sinistra sostenere personaggi come Benedetto Della Vedova (Dio mio, sarà anche come appare: signorile, facondo, rassicurante) la cui storia si innesta nella Destra di Fini e Berlusconi? Come si può sostenere a Bologna un Casini a fronte di un Errani; e che probabilità ha la Boschi a Bolzano di sfangarla?
A Prato “Liberi e Uguali” ha proposto due personalità che possiamo definire “civiche”; Luca Mori e Angela Riviello sono due figure conosciute nella realtà culturale, politica e sociale. Sono state persone entrambe ai vertici della campagna referendaria del 2016 ed hanno operato il primo in “Libertà e Giustizia” la seconda nell’ANPI mostrando di avere i titoli per occuparsi della cosa pubblica, a partire dalle problematiche locali.
“Liberi e Uguali” ha con questa scelta indicato l’avvio di un percorso che vada oltre la scadenza elettorale del 4 marzo per continuare a discutere sui programmi di governo locali, visto l’impegno delle amministrative del prossimo 2019.

Joshua Madalon

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reloaded “CONDITIO SINE QUA NON” 26 febbraio 2017

reloaded “CONDITIO SINE QUA NON” 26 febbraio 2017

…ripropongo quanto scrivevo un anno fa per confermare che quanto vado dicendo e scrivendo ancora oggi ad un passo dalle elezioni politiche e ad un tiro di schioppo da quelle amministrative non ha visto un ripiegamento….alcune sortite tendenti all’unità semplicemente per far mantenere una “cadrega” (mi scuserete il “venetismo”) a personaggi che valgono poco più di una “mazza” ed a qualcun altro per continuare a farsi “bello” in attesa del “dono” improbabile ma desiderato mi convincono che a Prato dobbiamo lavorare per costruire un’alternativa di Sinistra….

SINISTRA
CONDITIO SINE QUA NON

“CONDITIO SINE QUA NON” e non per tutelare i miei interessi personali “legittimi o illegittimi” essi siano considerati, ma per costruire una vera alternativa di SINISTRA libera e non al servizio di “interessi” molto particolari e poco più (e qui son buono!) che “personali” è la NON COMPROMISSIONE CON IL PD RENZIANO senza “se” e senza “ma”, assunta come ELEMENTO DI BASE INDISCUTIBILE.
Posso comprendere la “fregola” di qualche giovane ma, dopo la comprensione, la stigmatizzo come “ansia individuale per farsi strada a gomitate, piegate ad una interpretazione di “coerenza”.
Detto questo, poichè la mia vita (lo dico ad uso di coloro che di problemi esistenziali non capiscono una sacra “mazza”) ha di fronte a sè poco FUTURO ma molto PASSATO (il PRESENTE è ingannevole e fuggevole e stenta ad esistere) non intendo impegnare il mio TEMPO in codesto modo.

LA SINISTRA come appendice è inconsistente e non (sol)tanto per le valutazioni demoscopiche, ma soprattutto nella realtà sostanziale. Di fronte a raggruppamenti tendenti alla compromissione un elettore che non sia un convinto militante (e qualche perplessità, con i tempi che corrono, potrebbe apparire anche in quest’ultimo) affida il suo voto a gruppi seriamente demagogici e populisti oppure accresce l’area del non voto molto ampia ed articolata ( scheda bianca, nulla o astensione dal recarsi al seggio).
Quando accenno al mio TEMPO RESIDUO intendo sottolineare soprattutto che la costruzione di un PARTITO della SINISTRA in questo Paese manca dai tempi del grande PCI degli anni Settanta (lo straziante frequente amarcord di Enrico Berlinguer lo attesta). E se era vero “allora” che sarebbe stato impossibile che la SINISTRA assumesse le leve del Potere, oggi possiamo dirci che questo assunto, che ascoltiamo come un “mantra” maledetto, sia una minaccia ed un alibi imperdonabile.
Una minaccia per spaventare i coraggiosi, da parte della Destra e del Centro s.; un alibi per coloro che affidano le loro ambizioni ad un’annacquata forma di SINISTRA che non vede poi l’ora di “calarsi” nella formazione di governi e sottogoverni.

LA SINISTRA che non fa LA SINISTRA fino in fondo diffonde frustrazione e non contribuisce realmente al bene del Paese.
Ho anche la sensazione che qualcuno abbia paura di promuovere la stessa parola “SINISTRA” e che di riflesso come un acuto senso di colpa pensi che quella possa far paura. No, la gente non ha “paura”, è semplicemente “schifata” dalla profonda incoerenza di tanti sedicenti esponenti della SINISTRA.

Perché mai dovrebbe fidarsi delle affermazioni programmatiche ricche di elementi positivi di giustizia sociale da ottenere e ri-ottenere se poi i proponenti si rivelano pron(t)i a mescolarsi nella melassa centrista?

Certo, dopo le deludenti esperienze fin qui avute, gli elettori hanno buone ragioni per mostrarsi ancor più cauti nella scelta e dovrebbero compiere uno sforzo di fiducia; ma, tant’è, se non si comincia non si può concludere, se non si parte (con il piede giusto) non si raggiunge mai una meta.

SINISTRA, dunque, SIA SINISTRA! PUNTO E BASTA

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RACCONTO D’AUTUNNO

c’è un Teatro al quale si accede gratis in un luogo stupendo dove di tanto in tanto duellano con le parole, sprecandole sovrabbondanti ed inutili, semplicemente per auto convincersi che hanno un ruolo. Quel che è strano è che non sempre ciò che si dice vuol dire quel che una persona normale crede di capire….
In un’Aula di Consiglio comunale si discute di un Ordine del giorno e Alfonso, un ragazzino vispo ed intelligente cerca di capire. Ce la farà mai?

– RACCONTO D’AUTUNNO –

“…ha detto che loro sono pienamente d’accordo con il testo e che vogliono aggiungere degli elementi per migliorarla…Buono, no?”.

Un marziano che fosse per caso piombato in quell’Aula, a parte il fatto che non ci avrebbe capito un gran che, si sarebbe convinto di quanto espresso dal giovane Alfonso che accompagnava la madre ed un gruppo di sostenitori dell’ANPI.
Si trovavano in Consiglio comunale ed assistevano ad un dibattito su un Ordine del giorno presentato dalla maggioranza relativo al divieto di concessione di spazi pubblici ad Associazioni, gruppi e singoli che non dichiarassero nel loro Statuto apertamente di ispirarsi ai valori esplicitati nella Carta costituzionale, chiaramente antifascisti. Aveva appena finito di parlare uno dei rappresentanti dell’opposizione di Centrodestra e ad Alfonso era parso che fosse d’accordo con i contenuti dell’Ordine del giorno ma chiedeva che venissero approvate delle integrazioni. Tra l’altro appariva quasi offeso dal fatto che quelli che gli erano di fronte si considerassero “antifascisti” lasciando intendere che, dunque, dall’altra parte fossero “fascisti” o “filofascisti”.
La madre di Alfonso, Rebecca De Vivo, presidente dell’ANPI, cercò velocemente di spiegare ad Alfonso “Guarda, molte volte quel che si dice qui dentro non significa quel che a te sembra…quello lì semplicemente vuole annacquare tutto, metterci ancor più elementi per rendere impossibile poi la vera applicazione di quel che si chiede…alla fine non sarà possibile concedere spazi a nessuno per cui…li si concederanno a tutti….Sei troppo giovane ancora…”. Alfonso con tutti gli sforzi possibili cercò di capire ma non ci riusciva: perché mai uno per dire una cosa ne deve dire una che è esattamente il contrario?
Tra l’altro aveva sentito anche interventi della maggioranza che anche loro non capivano perché mai quegli altri non capissero ma ci aggiungevano tutta una serie di riferimenti a fatti orrendi che si erano verificati settanta anni prima ed esprimevano l’orrore verso alcuni che inneggiavano a coloro che li avevano commessi, accusando l’opposizione di volerli proteggere e fiancheggiare. Si parlava anche di una ripresa delle forze di Destra e del pericolo che correva la Democrazia.
Tra i banchi dell’opposizione ad Alfonso parve di intravedere la figura di Agathe Clery; lo disse a Lucio, che era tra i rappresentanti più giovani dell’Associazione, e questi “Ma no! Agathe Clery è un personaggio inventato…quella è solo una consigliera!”. Eppure aveva le stesse sembianze di quella dirigente d’azienda che odiava dal profondo dell’anima la gente dal coloro scuro e che era stata colpita da una rara malattia che progressivamente le avrebbe fatto cambiare la pelle rendendola simile alle persone che disprezzava.
Intervenne poi una donna dai banchi dell’opposizione, seduta in fondo quasi a volersi distinguere dagli altri e si diffuse in un intervento pedagogico facendo l’elenco dei parenti e degli amici e dei valori comuni a cui ella si era ispirata sin da quando era ragazza, e teatralmente aveva dato anche libero sfogo alle lacrime: un intervento che ad Alfonso apparve una lezione non richiesta di Storia in un contesto che aveva bisogno di un Si o di un NO. Aveva anche aggiunto che la Storia dell’antifascismo era ormai di dominio pubblico e che la studiavano alle elementari, alle medie inferiori ed anche a quelle superiori. Non disse “Uffà” ma poco ci mancava. Chiese lumi a Lucio mentre Rebecca si intratteneva a parlare con alcuni dei consiglieri di maggioranza. “Si tratta di una consigliera eletta nella maggioranza ma che ha lasciato quella parte non condividendone più le linee del Sindaco, lo stesso che aveva convintamente sostenuto in campagna elettorale…Alfò, è un altro dei misteri della Politica. Oggi ti stai proprio facendo una cultura…”

Alfonso era arrivato più tardi rispetto alla madre ed ai suoi collaboratori; si era attardato per seguire gli esiti di un match di volley internazionale che non si decideva a concludere. Abitavano a pochi passi dal Salone del Consiglio ed era abituato a girare per le vie del centro da solo: aveva tredici anni e la Politica lo interessava così a grandi linee, ma quel giorno, invitato dalla madre ad accompagnarlo aveva soltanto chiesto di rimanere ancora un po’ a casa.
Salì per le scale alte insieme ad uno dei vigili che faceva lo stesso percorso ed al quale aveva chiesto come fare per entrare nella sala del Consiglio. Lo seguì e prima di entrare, così come gli aveva suggerito raccomandandosi Rebecca, silenziò il suo cellulare.
Che meraviglia! Un luogo nel quale non era mai stato: la famiglia di Alfonso non era originaria di Prato; era arrivato da circa due anni e non aveva avuto, anche per pigrizia, mai occasione di visitare il Palazzo comunale. Non salutò neanche con un cenno del capo, tutto preso dal girare lo sguardo intorno verso gli affreschi ed i fregi che arricchivano quel luogo. Si diresse pian piano verso il gruppo, che mostrava una grande attenzione al fiume di parole che proveniva dai banchi dei consiglieri attraverso i microfoni. Lui non capiva assolutamente nulla di quel che stavano dicendo perché non aveva per niente capito i meccanismi di quel tanto parlare e dell’agitazione che ciò faceva nascere sia tra chi interveniva sia tra una gran parte di quelli che ascoltavano e si esprimevano con gesti e parole spezzate.
Lucio gli spiegò in larghe linee i motivi della contesa, proprio mentre interveniva un uomo maturo, brizzolato, che dimostrava di essere molto esperto dei duelli politici, apparendo leader della maggioranza: difese l’operato della sua parte, rilevando che fosse necessario creare un argine alla deriva antidemocratica che andavano proponendo gruppi di estrema Destra sempre più presenti in città con le loro provocazioni.
Alfonso era un ragazzino di intelligenza superiore alla media ed afferrò immediatamente il senso del dibattito, anche se non riusciva a capire perchè si esprimessero con tanta foga, poco meno di quella che aveva accompagnato l’esito della partita di pallavolo le cui fasi conclusive aveva voluto seguire poco prima.
Il più anziano del gruppo, Andrea, che era seduto in prima fila insieme a Rebecca, notò l’interesse di Alfonso e si complimentò con lui, chiese però di abbassare le voci, annunciando che stava per intervenire il più folcloristico rappresentante dell’opposizione e che forse, al di là del giusto rispetto dovuto per il luogo, valeva la pena ascoltarlo. Folcloristico lo era doppiamente, anche perchè il suo slang era poco chiaro, parlando in un italiano incerto, ma aggressivo nei toni, disprezzante, irridente. “Voi volete approvare quest’Ordine del giorno solo per continuare a strumentalizzare a vostro vantaggio alcuni episodi irrilevanti. E’ un vero e proprio schiaffo alla Democrazia, alla libertà di espressione. Non c’è differenza tra noi e voi sul piano dell’antifascismo! Siamo forse più antifascisti noi di quanto lo siate voi!”.
Dall’altra parte chiese di intervenire una consigliera di maggioranza. “Se quel che dite rispondesse a verità, e cioè che siete più antifascisti di noi, innanzitutto non stareste a rinfacciarcelo non riconoscendo che la discriminante antifascista è nel nostro DNA costitutiva più di quanto lo possa essere nel vostro che riscontra – o finge di farlo – l’esistenza dell’antifascismo in modo strumentale, e lo dimostrate nell’agire quotidiano, spesso sostenendo in modo celato ma anche aperto le azioni provocatorie di forze dell’estrema Destra in questa città… Anche per questo il vostro tentativo di rendere tutto una melassa confusa ed indistinta non può che fallire. Mentite sapendo di mentire ed in modo non dissimile dallo stile che contraddistingue chi, da antifascisti (se in realtà voi lo foste), dovreste combattere. Non siete credibili in questa farsa da guitti di strada!”

Si andava facendo sera, ma era ancora più buio del solito. Ed infatti ad un certo punto le parole sparse dell’interno furono contrastate da un roboante tuono e per un attimo ci fu anche un calo di pressione dell’energia elettrica. Niente di importante, ma la Presidente del Consiglio titubò un poco, cincischiò con delle frasi smozzicate prima di concedere la parola ad un tizio nei banchi alla sua Destra che somigliava un poco a Dick Tracy e che rivelò subito la sua verve popolare radicata nelle modalità con cui si esprimeva che tuttavia rivelava una buona esperienza oratoria “Non si comprende perché mai avete tutta questa fretta per approvare un Ordine del giorno su questi temi: a noi non sembra che vi sia tanta urgenza. Riparliamone in Commissione.” E sullo stesso schema intervenne un altro dei giovani seduto a Destra “Strano davvero questa fretta di approvare tale delibera: non si è mai visto che si discuta in Consiglio nei primissimi giorni di settembre…”.
Strano, sì. Perché mai? Anche Alfonso se lo chiese e lo chiese a Lucio, che però era attratto da un paio di gambe che sbucavano tra le sedie dei consiglieri ed andava spippolando sul suo smartphone. Non ottenne risposta, ma non insistette più di tanto, anche perché dalla Presidenza venne annunciato che non vi erano più iscritti a parlare e che si poteva procedere alle dichiarazioni di voto.
Ribadirono tutti le loro motivazioni, chi avrebbe votato il Documento chi avrebbe votato gli emendamenti e non avrebbe approvato l’Ordine del giorno se non fossero passati quelli e poi prese la parola una giovane seduta anch’ella sulla Destra, che aveva per tutto il tempo confabulato con altri due consiglieri, un giovane ed una ragazza dai capelli rossi tipo Pippi Calzelunghe, ed annunciò che il suo Gruppo, evidentemente quei tre, avrebbe votato a favore sia dell’Ordine del giorno sia degli emendamenti, a prescindere dal fatto che questi fossero poi approvati o meno dalla maggioranza.
Alfonso aveva ben ragione di essere confuso. Che strano modo di ragionare! Guardò perplesso Andrea che con un sorriso gli rispose: “Alfò, questa è la Democrazia! D’altronde meglio così; un Ordine del giorno approvato dalla sola maggioranza sarebbe stato “zoppo”: dobbiamo anche ringraziarli! anche se continuano ad essere ambigui e la loro scelta è orientata a non scontentare il plafond dei loro elettori, un po’ di Centro un po’ di Destra ed un altro po’ di Sinistra!”.
Qualcuno poi suonò una campanella ed alcuni consiglieri che erano fuori posto si sistemarono per votare….
Alfonso, quella sera, tornando a casa, non ne volle nemmeno parlare. Era andato con curiosità a seguire quel dibattito; forse era ancora troppo giovane. Non ci aveva proprio capito nulla: anzi, era più confuso di prima. E decise che, sì, forse tra qualche anno ci sarebbe tornato. Forse! Ma chissà! La Politica non faceva davvero per lui: aveva un carattere da sognatore. La fantasia non gli mancava. Quel pomeriggio però non era riuscito ad utilizzarla. Era così arida la Politica? Eppure è uno dei compiti più importanti per chi voglia contribuire a migliorare il mondo, a partire dal suo.

— fine —-

anche se alcune figure possono essere riconoscibili il testo ha puramente valore pedagogico orientato come è verso la conquista di una pratica politica che sia meno rigida e che dia più spazio alla fantasia . C’era una volta il Consiglio comunale dei ragazzi: purtroppo finiva per scimmiottare pedissequamente quello dei loro genitori. Invece sarebbe bello che i giovani si esprimessero molto liberamente e al di fuori degli schematismi precostituiti; forse Alfonso avrebbe molto da dire ed altri come lui potrebbero davvero insegnare ai grandi l’essenzialità e la concretezza.

Diamoci subito da fare! Non c’è più tempo!

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Diamoci subito da fare! Non c’è più tempo!

A mia memoria non ricordo altra campagna elettorale caratterizzata quanto quest’ultima da manifestazioni di popolo così participate a sette giorni dal voto.
Ve ne sarà qualche ragione? Dalla mia parte interpreto tutto quel che avviene nel disorientamento ideologico (la si smetta una volta per tutte di dichiarare morte le “ideologie”: al massimo lo possono essere le loro “interpretazioni” pratiche) che sta coinvolgendo la nostra società, e non mi riferisco soltanto a quella italiana. Avere avuto anni di berlusconismo non è servito alla Sinistra per consolidare una leadership omogenea, essendo prevalsa da tempo l’idea in una sua parte consistente che per conquistare il Potere dovessero essere utili compromissioni con realtà economicamente forti quantunque indisponibili dal punto di vista del pensiero politico.
Questo “male” della cosidicasi “Sinistra” proviene da lontano e si era palesato già nella fase finale del PCI con alcune sortite sui miracoli che avrebbe portato la flessibilità in materia lavorativa. Indubbiamente per chi ha ruoli apicali o poco di questi inferiori nel campo lavorativo “flessibilità” significa quasi sempre miglioramento delle condizioni di lavoro e stipendiali. Molto diversa è la flessibilità per chi ha ruoli operativi sia di ufficio che di fabbrica: per questi significa “licenziamento” che quando va bene viene accompagnato da interventi sociali quando va male va molto male.
Siamo, volenti o nolenti, alla resa dei conti. E allora occorre analizzare con attenzione ma senza perdite di tempo la situazione e produrre le vie d’uscita da rappresentare alle persone.
La sfiducia ha già provocato danni: la stessa presenza sempre più forte di gruppi di Destra filofascisti con la incapacità da parte del Governo che si dichiara “antifascista” di dichiararne lo scioglimento a norma della Costituzione italiana (XII disposizione transitoria e finale) e della Legge Mancino (25 giugno 1993, n. 205) ha origine in questo disorientamento.

Diamoci subito da fare! Non c’è più tempo!

Joshua Madalon

La mia firma

UN PARTITO UNICO DELLA SINISTRA – oltre il 4 marzo e non solo con Pietro Grasso

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UN PARTITO UNICO DELLA SINISTRA – oltre il 4 marzo e non solo con Pietro Grasso

Il futuro della Politica italiana è nelle mani di quei gruppi che, disconoscendo le affermazioni che “Destra e Sinistra si equivalgano” e che “Non c’è più differenza tra Destra e Sinistra”, si adoperino a costruire una base di formazione politica che si riconosca nei valori fondativi della Costituzione repubblicana ed antifascista e costituisca un nuovo Partito che possegga al suo interno le caratteristiche progressiste e democratiche di Governo che non appartengono più a quella forza che potenzialmente avrebbe potuto rappresentarle. Non è difficile comprendere che le politiche del Partito Democratico si siano orientate sempre più a sostegno delle classi economicamente egemoni, pronte ad approfittare di tale sostegno. Le posizioni del PD renziane si sono distinte per un netto antisindacalismo, cavalcando le posizioni precedentemente assunte dalla Destra berlusconiana: la somiglianza tra chi “comanda” nel PD e la vecchia struttura di Governo di destra è stata esaltata nelle scelte di abolizione dell’art.18, nel Job’s Act ed in altre materie come la ulteriore burocratizzazione e mercantilizzazione del comparto scolastico, pomposamente definita “Buona Scuola”. Il lavoro si è precarizzato e solo in virtù della campagna elettorale incombente vi sono riconoscimenti di questi aspetti, difesi a spada tratta fino a pochi mesi fa. Il postulato dell’equivalenza tra Destra e Sinistra e quell’altro relativo alla non esistenza di queste due espressioni politiche serve a perpetuare uno stato di liquidità all’interno del quale ciascuno può, di volta in volta, sostenere di essere appartenente ad una o all’altra e districarsi ambiguamente all’interno dell’azione politica amministrativa. Il Partito Democratico ha mostrato chiaramente di avere tali caratteristiche, accontentando fino in fondo la classe egemone già essenzialmente sazia ma formalmente alla ricerca di maggiori soddisfazioni e di rivalse e riservando alla parte più debole le briciole di oboli vergognosi.
C’è un enorme spazio fin d’ora ma soprattutto dopo il 4 marzo per rimettere in piedi una Politica nettamente di Sinistra: i danni inferti alla società italiana da parte soprattutto del Governo renziano (ma Gentiloni non ha prodotto modifiche e quindi ne è chiaramente compartecipe e complice) sono stati immensi. Gran parte dell’elettorato è disgustato, sfiduciato, stanco e piegato alla ricerca di trovare soluzioni spesso di tipo primario per sè e per la propria famiglia.
All’invito che Pietro Grasso ha lanciato l’altro giorno attraverso l’ANSA (“nasca un Partito unico della Sinistra”) ho già risposto, aderendovi. Ma personalmente mi aspetto fatti concreti, un’elaborazione chiara non enunciati ad effetto. Occorrerà procedere rapidamente ma con accorta oculatezza andando oltre i personalismi. Non mi è piaciuta la sacralizzazione frettolosa di un leader unico; non è la modalità che auspico venga prorogata dopo il 4 marzo. Abbiamo giovani leve, in primo luogo i leaders delle tre forze politiche che hanno inteso dare vita a “Liberi e Uguali”, vorrei contare su di loro e su altre figure, giovani o diversamente-giovani; l’aspetto più importante è la proposta, che sia coinvolgente, partecipata, democratica sul serio non nelle affermazioni generiche di principio, delle quali vorrei proprio fare una volta per tutte a meno. Su questa base è necessario aprire da subito un confronto con realtà associative e politiche che in quest’ultima competizione hanno scelto a volte con polemica strade diverse, ancorché a Sinistra.

Joshua Madalon

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PIETRO GRASSO IL PARTITO UNICO DI SINISTRA e l’umiltà

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PIETRO GRASSO IL PARTITO UNICO DI SINISTRA e l’umiltà

La costituzione di un “nuovo soggetto politico di Sinistra” del tutto alternativo al Partito Democratico è la conditio sine qua non per la permanenza di una buona parte dei partecipanti all’attuale campagna elettorale in “Liberi e Uguali” dopo il 4 marzo. E’ per questo essenziale motivo che ho accolto in modo positivo l’affermazione di Pietro Grasso “Dopo le elezioni si fondi un partito unico perché i valori di sinistra vi confluiscano” come una indicazione della strada da percorrere “insieme”.

Non c’è alcuno spazio per riprendere un percorso interrotto e diversificato con il Partito Democratico, che ha evidenziato da molto tempo ed in modo precipuo dall’avvento alla Segreteria di Matteo Renzi e della sua “corte” (non solo il Giglio magico!), di non poter rappresentare in alcun modo la parte più debole ed indifesa delle persone, avendo perseguito scelte politiche soprattutto in materia di Lavoro, di Scuola, di Sanità del tutto discordanti da una linea progressista e democratica, di cui si avverte urgente bisogno.

Ho intravisto negli ultimi giorni tentativi di normalizzazione dei cosidetti transfughi dal PD e dalle sue limitrofe propaggini della prima e dell’ultima ora con un richiamo al senso di responsabilità, utilizzando davvero in modo improprio il tema dell’antifascismo. Anche a livello locale – ed è il caso cui mi riferivo – non c’è spazio alcuno per un raccordo tra chi appronterà un Progetto di Politica locale innovativo soprattutto nei metodi della partecipazione democratica. In questo senso – e solo in questo – accolgo la richiesta di “umiltà” che viene proposta da Maurizio Giardi, che avverto essere critico per l’affermazione di Pietro Grasso. Troppo spesso “soloni” locali hanno ventilato il ricorso all’umiltà, declinandola tuttavia in modo unidirezionale, dividendo dunque la platea dei partecipanti alla costruzione di un Progetto politico in “umili” di serie “A” e “umili” di serie “Z”, con questi ultimi destinati a lasciarsi fregare, raggirare ed i primi a “comandare”!

Il termine “umiltà” mi sta bene se il riferimento è all’approccio culturale, politico, democratico dal basso ma non solo: “con” il basso, intendendo con ciò quel rapporto con la gente, con le persone che è garanzia ultima e definita della costruzione di un percorso la cui principale qualità risieda nella condivisione partecipativa reale, concreta, non come quella fatta di proposte già preconfezionate preventivamente non destinate a modifiche.
Il fallimento dell’attuale Amministrazione comunale di Prato è palpabile da tempo e si palesa con chiarezza nella profonda incapacità di autonomia dai poter forti (non quelli classici spesso menzionati) della Politica toscana e nazionale. C’è un atteggiamento di sudditanza in quella direzione che ha spesso prodotto espressioni di inanità da parte sia del Sindaco che di alcuni amministratori. La vicenda “Pista parallela” e “Divieto di utilizzo spazi pubblici alle forze associative e politiche inneggianti al ventennio” ne sono la dimostrazione. Inoltre molte delle scelte strutturali hanno visto spazi di discussione fasulli, benché fossero pubblicizzati, ad uso esclusivo delle categorie professionali, dimenticando “ad arte” che i fruitori delle modifiche strutturali (nuovi spazi pubblici, viabilità) sono la maggior parte della cittadinanza, ivi comprese tutte le persone che risiedono o transitano in quei luoghi. Occorrerà un coraggio accompagnato da umiltà condivisa e non unilaterale.

Joshua Madalon

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reloaded articolo 18 dicembre 2014 – in Toscana ed a Prato non solo nulla è cambiato, ma la situazione è peggiorata!

reloaded articolo 18 dicembre 2014 – in Toscana ed a Prato non solo nulla è cambiato, ma la situazione è peggiorata!

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Un Paese iniquo perché i loro “leader” sono tendenzialmente iniqui non può essere “riformato”.
La parola “equità” è semplicemente un “boccone avvelenato” offerto al popolo assetato di giustizia. La si prepara come fosse una “torta” per propinarla agli affamati; soprattutto gli ultimi Governi – da Monti a Renzi – hanno utilizzato come arma impropria il timore di interventi “esterni” sull’Economia per andare ad intaccare nel profondo più di quanto sia necessario il “welfare” soprattutto quello della “povera gente” sempre più povera e sempre più affollata (anche la classe media è toccata dalla crisi economica). I detentori della “ricchezza” sono sempre più ricchi; prevale la furbizia della “legalità”, ovverosia la capacità di utilizzare a proprio vantaggio le pieghe delle leggi sempre più costruite a favore dei “potenti” dai loro fedeli servitori. Di fronte agli scandali miliardari che hanno caratterizzato la storia recente e nei quali sono state coinvolte in maniera diretta donne ed uomini che della Politica hanno fatto il loro unico e redditizio “mestiere” si è voluto diffondere l’unico obiettivo di stringere i cordoni della borsa pubblica ma non si è proceduto nel contempo ad una vera e propria moralizzazione. Le forze politiche cui quegli “illustri” esponenti facevano (e fanno) riferimento non hanno per niente avvertito il dovere di operare un reale cambiamento al loro interno ma si sono impegnati fortemente ad intervenire sulla “spesa pubblica” tagliando le risorse ad essa destinate, sostenute in verità in questo loro intento da un’ opinione pubblica passionalmente sospinta nella richiesta di “giustizia ed equità”. Di fatti sta accadendo che gli interventi sulla “spesa pubblica” finiscono per mortificare gli onesti mantenendo inalterata la forza dei disonesti. Ne è prova certa l’intervento sulla Sanità che riducendo gli spazi “pubblici” per la Medicina di base e preventiva incentiva l’intervento “privato” anche per quelle fasce di reddito medio-basse, escludendo del tutto e relegandole verso le agenzie e gli organismi caritatevoli quelle sulla soglia ed oltre della miseria.

E’ quello che accade dappertutto ed un esempio ne è la scelta scellerata della Regione Toscana. In nome della “spending review” si chiudono alcuni Distretti sanitari ed il caso di Prato sollevato da questo BLOG ne è l’esempio. Qui di seguito quello che scrivevo l’11 novembre; subito dopo alcuni cittadini membri di un’Associazione locale ed altri membri del CIRCOLO ARCI di via Cilea si sono impegnati a raccogliere delle firme per una petizione.

LUNEDì 22 alle ore 21.00 presso il Circolo ARCI Borgonuovo in via Lorenzo da Prato ci sarà un’iniziativa dei cittadini per chiedere che la Regione faccia TOTALMENTE marcia indietro.

SMANTELLIAMO IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE in nome e per conto dell’Austerity
– PRATO DUE ESEMPI LOCALI –

Capita, e sì che capita, che in una certa parte della nostra vita si abbia più bisogno di cure, analisi, medicine e via dicendo, si abbia maggior bisogno della Sanità. E di certo ne hanno ancor più bisogno coloro che non sono vissuti negli agi e nella ricchezza; coloro che hanno tribolato, arrancato nelle loro attività lavorative e si trovano nella parte discendente della loro vita, semmai rinunciando ai costosi mezzi di trasporto personali, con difficoltà progressive nella deambulazione. La società anziana e sempre più povera con la crisi crescente subirà nuovi attacchi alla qualità della sua vita con altri interventi che si assommano a quelli già in atto. Per quel che riguarda la Toscana e Prato utilizzo due esempi concreti sui quali intenderei avere anche sostegni e risposte.
Il primo riguarda ciò che è già in atto e che appare un vero e proprio attacco al Servizio Sanitario Nazionale; non so se quel che accade qui in Toscana avvenga anche altrove, ma capita che per tantissime persone, sia per la mancanza di servizi adeguati sulla diagnostica (soprattutto radiografie, TAC e Risonanza Magnetica) sia per i costi, sia maggiormente conveniente servirsi di strutture private. In questo modo si profila il depauperamento del SSN ed il conseguente arricchimento dei “privati”.
Il secondo esempio ha caratteristiche locali. A Prato, a breve, il Distretto Sanitario Prato Ovest in via Clementi – San Paolo chiuderà i battenti. Qualcuno potrebbe dire che da pochi mesi a due passi c’è il “nuovo” Ospedale, ma già si sentirebbero opporre la certezza che quella struttura, per ampiezza (si fa per dire; è più piccolo di gran lunga rispetto al “vecchio”) e per competenze esplicate non ha alcuna possibilità di supplire alla operatività del Distretto di via Clementi. Qualcun altro potrebbe dire che gli ambienti di via Clementi sono angusti ed inadatti ad ospitare tali funzioni; bene! se i politici e gli amministratori si fossero guardati meglio intorno si sarebbero accorti che vi sono decine, forse centinaia di capannoni inutilizzati proprio in quell’area e che, dunque, prima di decidere lo smantellamento dei servizi, si attivassero sullo stesso territorio di San Paolo a trovare soluzioni utili per la collettività.
Il territorio di San Paolo e zone limitrofe è abitato densamente da una popolazione anziana e la chiusura del Servizio Sanitario di via Clementi apporterà un ulteriore arretramento della loro “qualità della vita”.
Il Circolo ARCI San Paolo di via Cilea si fa promotore di una raccolta firme a sostegno del “provvisorio” mantenimento dei servizi sanitari di via Clementi in attesa che venga reperito uno spazio più ampio e dignitoso dove espletarlo in futuro.

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“UNA GIOSTRA IN INVERNO” – riflessioni su una gelida campagna elettorale

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“UNA GIOSTRA IN INVERNO” – riflessioni su una gelida campagna elettorale

In questa campagna elettorale così sgangherata e climaticamente gelida – in tutti i sensi –diventa davvero difficile spiegare le identità e le differenze. A parte tutte le bugie, le fanfaronate, le cialtronerie non è in nessun modo possibile interloquire in maniera del tutto serena e corretta, senza offendere inopinatamente i contendenti con cui possano esserci delle affinità (per “Liberi e Uguali” il PD e Potere al Popolo), con la gente. Ovviamente si tratta di affinità collegate alla “convivenza civile” per la comune matrice antifascista e costituzionale: e queste sono le principali identità valoriali cui ci ispiriamo. Ci dividiamo però poi sul metodo e sulle scelte ed il loro esito. Molti di noi vengono dall’esperienza fondativa del Partito Democratico ed in quel contesto hanno già dato! Altri provengono dal percorso precedentemente tracciato nella Sinistra. Tutti insieme non hanno condiviso molte delle scelte fatte dal Partito Democratico degli ultimi anni; forse è stato – e la Storia ce ne darà conto – un errore madornale l’aver “preteso” di mettere insieme entità politiche allora apparentemente affini, visto che i problemi di convivenza sono apparsi nell’immediatezza di ardua soluzione. C’è stato pressappochismo, sciatteria e ci si è affidati a personaggi che della Politica avevano un’idea molto individuale e di parte. Quel pressappochismo non lo assegno solo ad altri, ma in primo luogo, sentendomene responsabile, “anche” a me stesso ed a persone idealiste come me. Il tormento di quei momenti ritorna alla mia mente in modo indelebile: la passione e l’entusiasmo di una scelta democratica che si basasse soprattutto sull’unione di pensieri diversi ma contigui nel collante degli ideali costituzionali ed antifascisti venivano messi a dura prova di fronte alle tattiche delle leadership locali preoccupate non solo di non perdere potere ma soprattutto di poterne guadagnare di più nell’atto costitutivo della nuova formazione.
E’ sempre così! anche in questa nuova occasione, anche se sono pronto a giocare, scommettendo e rischiando di perdere ancora una volta.
Da parte mia, tuttavia, rilevo che un’operazione di chiarezza non sia stata ancora del tutto svolta; vista l’urgenza che ha creato la fretta di scegliere una strada che da qualche parte è apparsa ancora troppo vicina al PD. Sulla giostra della competizione elettorale ad ogni modo ciascuno ha scelto la propria location e, per motivi di sicurezza, non si può scenderne in corsa. Personalmente, non ci penso nemmeno un attimo: ho scelto un “trenino” composto da tre vagoni e sono in buona compagnia. Mentre la “giostra” gira si discute, ci si confronta, si approfondiscono i temi con la giusta animosità ma un dato è certo: ciascuno di noi e gran parte di coloro che osservano il nostro “trenino” con attenzione e partecipazione quasi certamente avrebbe, partecipando al voto, assegnato la propria preferenza al “nullo” o a formazioni populistiche e demagogiche solo apparentemente – o parzialmente – vicine alla Sinistra. Non lo dico la prima volta, e quindi nessuno dovrebbe scandalizzarsi: anche il voto alla Sinistra radicale sarebbe un voto perduto. La tassatività dogmatica di “Potere al Popolo” non è in grado di fornire un utile contributo alla soluzione dei problemi che quella forza denuncia. Abbiamo bisogno di “governo” non di attestazioni testimoniali idealistiche. Fare “opposizione” non ha una valenza progettuale: in quel modo PaP si sterilizza e non può essere preso in considerazione. Questo è stato e può essere il limite di un rapporto futuro.

Joshua Madalon

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Un Progetto complessivo di Educazione declinata in ogni senso per sconfiggere le marginalizzazioni mortificanti della dignità umana – con “Liberi e Uguali”

Un Progetto complessivo di Educazione declinata in ogni senso per sconfiggere le marginalizzazioni mortificanti della dignità umana – con “Liberi e Uguali”

Dopo una serie di interventi sulla Sanità ne avevo prodotto uno ieri sui temi “ambientali”.
Stravolgendo un ordine molto diverso del Programma di “Liberi e Uguali” allego oggi la parte relativa all’Istruzione ed alla Ricerca, cui viene assegnato – come si evince dallo stesso titolo – il “primo posto”. Condivido pienamente tale scelta: essendo stato per quindici anni amministratore “senza emolumenti” e periferico (è forse questo per me un “titolo di merito” – per altri un segno di “marginalità”) e periferico in questa città (Prato) ho sempre considerato Istruzione e Cultura elementi centrali dell’agire amministrativo e politico.
Negli ultimi giorni peraltro l’Osservatorio Nazionale della Salute ha sottolineato l’incidenza del livello di istruzione sulla “speranza di vita”. In Italia si vive più a lungo a seconda del lugo di residenza o del livello di istruzione. Sulle questioni “sanitarie” ed “ambientali abbiamo già svolto alcune riflessioni, me è importante allungare il collo sulle problematiche dell’Istruzione. Una popolazione poco o – in alcuni casi – per nulla acculturata (sarà importante ad esempio rilevare, anche se ridotto, quale sia ad oggi il dato sull’analfabetismo totale o di ritorno) non possiede in generale gli strumenti per comprendere quali siano i propri diritti nei confronti di un sistema sanitario che, pur essendo nazionale, non riesce ad applicare i protocolli che, a chiacchiere, dovrebbero essere comuni e nei fatti vengono disattesi.
Anche per questi motivi sarebbe necessario un rilancio dell’Istruzione diffusa sui territori per tutte le età, tendente al recupero delle competenze minime. Occorrerà mettere in piedi un Progetto complessivo di Educazione declinata in ogni senso per sconfiggere le marginalizzazioni mortificanti della dignità umana.

Ne riparleremo. Ecco qui di seguito la parte del Programma relativo all’Istruzione ed alla Ricerca.

Joshua Madalon

Istruzione

Istruzione e ricerca: al primo posto.

Da anni siamo collocati agli ultimi posti in Europa per investimenti nel settore. Eppure, tra mille difficoltà, la scuola ha saputo affrontare sfide enormi, come quella dell’inclusione.
Dobbiamo cancellare la logica della cosiddetta “Buona scuola” e ripartire da una scuola che si fa comunità educante, che si dà l’obiettivo fondamentale di contrastare la dispersione scolastica e di creare condizioni di uguaglianza sostanziale. Una scuola ancorata ai principi costituzionali, rendendola realmente gratuita, riqualificando e ampliando il “tempo scuola”, moltiplicando l’offerta pubblica di nidi, rendendo universale la scuola dell’infanzia.
Solo una scuola felice e piena di dignità può essere buona.
Una scuola che funzioni davvero, dove gli insegnanti siano persone fiere del loro lavoro e restituiscano ai nostri figli il meglio di loro stessi. Una scuola povera, senza mezzi, con insegnanti mortificati costruisce – al di là del valore dei singoli – una società frantumata e rancorosa in cui la lotta tra poveri inizia tra i banchi di scuola perchè non tutti possono permettersi di pagare le attività sportive, culturali, ricreative, la mensa, i materiali didattici.
E’ necessario riconoscere la dignità e il valore della funzione degli insegnanti, stabilizzando i precari attraverso un piano pluriennale, dando risposte a chi (vittima di un algoritmo impazzito) ha subito una mobilità inutile e dannosa, adeguando gli stipendi di docenti e personale Ata agli standard europei.
L’alternanza scuola-lavoro è da rivedere completamente con il riconoscimento della volontarietà dell’adesione, dando agli studenti strumenti per comprendere il mondo del lavoro e portarvi elementi di innovazione, spirito critico, autonomia intellettuale.
Serve un piano per l’edilizia scolastica in linea con il progetto di conversione ecologica.
Nel corso dell’ultimo decennio si è assistito al continuo sotto-finanziamento del sistema universitario e della ricerca pubblica, accompagnato dal crollo delle immatricolazioni: l’Università diventa sempre di più un club per pochi. Contestualmente, gli enti pubblici di ricerca hanno subito una razionalizzazione selvaggia, un’esplosione del precariato in spregio all’utilità strategica di molti istituti.
È irrinunciabile un investimento sul diritto allo studio e sulla progressiva gratuità dell’accesso a partire dall’abolizione delle tasse universitarie, sull’effettivo sostegno con borse di studio e residenze per gli aventi diritto, sulla qualità dell’insegnamento, sulla valorizzazione di professori e ricercatori, sulla stabilizzazione dei precari dell’Università e del sistema pubblico di ricerca, sulla valutazione seria della ricerca definendo nuovi criteri e finalità della valutazione dei singoli e delle istituzioni. Strumenti strutturali per la ricostruzione di un sistema universitario e della ricerca pubblica all’avanguardia e diffuso lungo tutta la penisola.

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Un Ambiente sano è un ottimo punto di partenza per la Prevenzione sanitaria.

Sinistra-Liberi-e-uguali-MuroniUn Ambiente sano è un ottimo punto di partenza per la Prevenzione sanitaria.

Nell’accompagnare la parte del Programma relativa alle tematiche ambientali intendo ancora una volta sottolineare l’importanza della cura del nostro Ambiente, da quello più vicino a noi a quello generale (le nostre abitazioni, le nostre strade, i nostri Quartieri – soprattutto quelli periferici, spesso i più trascurati, le Città nel loro complesso, l’Aria che respiriamo). Mi piace connettere le problematiche ambientali con quelle della Salute, soprattutto riferite alla Prevenzione, aspetto molto negletto dalle nostre classi dirigenti locali e nazionali, dal momento in cui ci si preoccupa non sempre in modo adeguato delle “cure” solo quando gli aspetti peggiori delle malattie sono conclamate. Un Ambiente sano è un ottimo punto di partenza per la Prevenzione sanitaria.

Joshua Madalon

…la parte del Programma di “Liberi e Uguali” dedicata all’Ambiente

Quel grande piano verde

Abbiamo di fronte una grande transizione fatta di cambiamenti climatici divenuti ormai una costante minaccia anche a causa dello stato di colpevole fragilità in cui versano territorio, costruzioni, infrastrutture oltre ad essere alla base di guerre, violenze, carestie, migrazioni e nuove disuguaglianze. Dobbiamo rendere di nuovo l’Italia un luogo di capace di anticipare e accelerare le trasformazioni.
Il settore strategico, capace di intervenire su tutte le dimensioni della transizione, è la conversione ecologica dell’economia, capace di liberare l’enorme potenzialità per il rilancio di eccellenze industriali italiane, per la creazione di posti di lavoro diffusi, stabili, per la promozione delle economie sane in grado di produrre più risorse di quante vengano sottratte, in termini ambientali e sociali.
Per tutto questo, serve un Grande Piano Verde che contenga visione e strategia per puntare senza più indugi verso una totale decarbonizzazione del nostro paese e per passare dall’economia lineare a quella circolare: strategia “rifiuti zero”, riduzione dei consumi e in particolare di quelli energetici, radicale efficientamento di casa, mobilità e trasporti, e la contestuale conversione dei consumi residui verso uno scenario al 100% rinnovabile entro il 2050. Un obiettivo che si innesca sia agendo opportunamente sulla leva fiscale per esempio attraverso l’introduzione di una carbon-tax, sia investendo in programmi di efficientamento energetico, sia liberando le energie rinnovabili dalle norme fossili che le imbrigliano e, permettendo così alle imprese di guadagnare in competitività e alle famiglie di liberare risorse per altri consumi e investimenti.
Operare per il superamento della dipendenza dalle energie fossili significa, anche, costruire un modello di “democrazia energetica” che favorisca l’autoproduzione di energia pulita, in cui i cittadini e le comunità siano sempre di più consumatori, produttori e distributori di energia, riducendo così lo strapotere economico e geopolitico degli oligopolisti che oggi controllano nel mondo il settore energetico e spesso agiscono senza riguardo per i diritti umani e per l’ambiente.
Occorre poi reindirizzare gli ingenti sussidi statali attualmente diretti al sostegno di attività dannose per l’ambiente verso interventi virtuosi per la rigenerazione delle nostre città, per imporre un definitivo stop al consumo di suolo urbano e agricolo, per varare un piano di tutela e promozione del capitale naturale del nostro paese, per intervenire seriamente sulla riduzione degli impatti del mondo agricolo e dell’allevamento, per pianificare ed attuare le bonifiche dei territori devastati da attività industriali dissennate e dalla diffusione di manufatti in amianto, per migliorare la qualità dell’aria partendo da un forte potenziamento dei trasporti pubblici urbani e pendolari su ferro e dei sistemi logistici intermodali nonché per un programma strutturale per la conversione dell’industria pesante ed inquinante.
Immaginiamo la creazione di una sorta di sala verde, una cabina di regia da convocarsi in modo permanente per la concertazione e la programmazione e che non consenta mai più, ad esempio che possa vararsi una Strategia Energetica Nazionale per il 2030, senza che essa sia coerente e coordinata con la strategia per il Clima al 2050. Che serva a delineare sia un grande piano di investimenti pubblici (diametralmente opposti alla logica delle grandi opere), sia una vera “bonifica” normativa per rimuovere gli ostacoli che impediscono la libera iniziativa sana in campo economico e produttivo, a cominciare dalla burocrazia e dalle sue scadenze. Nel segno della più totale trasparenza, della legalità, della qualità, del rispetto delle peculiarità e vocazioni dei territorio e anche dell’innovazione ambientale.
Questa prospettiva rappresenta per l’Italia uno speciale valore aggiunto perché consente di valorizzare, di più e meglio, ricchezze e talenti tipicamente italiani: la bellezza de nostri luoghi, la creatività della nostra tradizione artigianale che ha fatto grande il made in Italy, l’eccellenza qualitativa del lavoro italiano. Una nuova economia capace di superare l’odierna organizzazione dei mercati e la dicotomia “profit- non profit”, dunque aperta al ruolo fondamentale della cittadinanza attiva e delle imprese responsabili.
Dobbiamo costruire nuove relazioni con i mondi che ci circondano: per il benessere animale, contro la caccia in deroga, per la promozione della biodiversità, per comportamenti più salubri, per ridurre l’impronta ecologica, per tutelare la natura e quindi noi stessi.

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