ANDARE OLTRE LE MACERIE – una riflessione a caldo su un articolo di Antonio Floridia

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ANDARE OLTRE LE MACERIE – una riflessione a caldo su un articolo di Antonio Floridia

Questa sera mentre mi accingevo a scrivere nuovamente su questioni politiche che ci coinvolgono “a partire” dal territorio dove agiamo mi è accaduto di incrociare questa bellissima e condivisibile “in toto” riflessione sullo “stato delle cose”. L’autore è un dirigente di primo piano della lista che abbiamo chiamato “LeU”; si tratta del professor Antonio Floridia, che dirige l’Osservatorio elettorale e il settore “Politiche per la partecipazione” della Regione Toscana. Ha insegnato presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze ed è stato presidente della Società Italiana di Studi Elettorali.
Nell’articolo pubblicato su “NUOVA ATLANTIDE l’isola che non c’è” che richiama nel titolo uno dei testi fondamentali della letteratura utopica, un racconto incompiuto scritto nel 1624 da Francesco Bacone, e nel sottotitolo l’isola immaginaria del mondo di Peter Pan, Floridia invita immediatamente a non fermarsi a piangersi addosso, a non restare “a contemplare le macerie”.
Egli sollecita ad impegnarsi nella ricerca di “metodi innovativi e idee originali” senza i quali “tutto è destinato ad arenarsi, o peggio a produrre dei contraccolpi ancora più negativi”.
Avverte peraltro che dobbiamo mantenere distante la sirena del PD, pur mantenendo aperto un dialogo che non significhi tuttavia “vocazione al compromesso”.

L’invito a costituire un nuovo soggetto è pressante. Egli scrive:
“Un partito della sinistra, ci vuole, comunque. Ed è bene non girarci attorno: non possono esserci surrogati movimentistici, o soluzioni assembleari: occorre pensare ad un partito, degno di questo nome.” Floridia aggiunge alla sua riflessione la convinzione che i voti ottenuti siano essenzialmente una base su cui contare e da cui ripartire per aggregare e coinvolgere. Ed assegna un ruolo di primaria importanza alla democrazia interna ed al collegamento stretto “tra democrazia e partecipazione, e tra partecipazione e decisione.”

Care amiche e cari amici quel che scrive Antonio Floridia è per me la conferma che anche tante delle questioni su cui abbiamo dibattuto e sulle quali continuiamo a dibattere sono di straordinaria importanza ed è “URGENTE” discuterne. Solo ieri sera ne avevo accennato in un altro mio post, che tuttavia riprendeva come una “litania” in un discorso che sembra svolgersi tra “sordi” ed insensibili tante delle questioni da me trattate negli ultimi mesi.

Se avete avuto la pazienza di leggere le poche righe che ho dedicato a quell’articolo spero che abbiate anche la pazienza di leggerlo per intero e vi trascrivo qui sotto il link da utilizzare.

https://www.nuovatlantide.org/leu-non-restiamo-a-contemplare-le-macerie/

Joshua Madalon

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PASSAGGI CRITICI – un metodo democratico necessario (che non c’è)

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PASSAGGI CRITICI – un metodo democratico necessario (che non c’è)


Tra le riflessioni che emergono maggiormente tra tutti coloro che guardano al futuro per affrontare le conseguenze di una tornata elettorale disastrosa per la Sinistra vi è la mancanza di un metodo critico democratico che fosse in grado di far emergere gli aspetti negativi dell’azione di Governo e di produrre analisi concrete per agganciare parte dell’elettorato deluso.
Se per il Partito Democratico questa mancanza di metodo è da assegnare al suo ruolo di “maggioranza” ed alla presunzione del suo gruppo dirigente, per altre forze che si sono – e sono state – “rappresentate” come di “Sinistra radicale” può servire come giustificazione soltanto la fretta con la quale si è dovuto procedere alla elaborazione di un “Progetto”, ivi compreso il nome (mi riferisco chiaramente a LeU) ed il Programma, elaborato il primo in un ristretto “caminetto” ed il secondo con cinque “dibattiti tematici aperti” della durata di una giornata. Ho assistito ad uno solo di questi dibattiti e ne ho ricavato il ragionevole dubbio che non siano serviti a produrre – se non che in minima parte – il programma.
Nel corso della “campagna elettorale” ho scritto molti post sul Programma e ne ho rilevato alcuni aspetti che stridevano ragionevolmente con la logica di fondo che dovrebbe possedere una forza di Sinistra che voglia avviare un processo di rinnovamento e di cambiamento partendo dal basso.
LeU prosegue un percorso, in questa fase postelettorale, che presenta numerose ambiguità ed incertezze a quelle collegate. Tra l’altro più si è “piccoli” e maggiormente si dovrebbe applicare alla propria azione politica un metodo democratico, per aggregare e poter poi crescere. Invece si applica un metodo centralistico con una leadership ristrettissima ed indistinta che si muove perseguendo una linea che non ha alcuna rispondenza con il sentire comune dei “militanti” più attivi. Questo accade dappertutto e non è un mistero che produca disaffezione (in diretta seguo “PIAZZAPULITA” con le intenzioni di voto al 22 marzo dai quali LeU non avrebbe neppure rappresentanza parlamentare, essendo ben al di sotto del 3%). E’ molto difficile capire chi decida a livello nazionale cosa si fa o cosa non si fa in Parlamento: Grasso tratta con le altre forze politiche, ma quando decide chi rappresenta? A livello locale, la domanda che ho posto è: “quando si discute con l’attuale Sindaco di cosa si parla e cosa si propone?”.
E allora, diciamocela tutta: “se si fanno le assemblee, per discutere del “sesso degli angeli” e piangersi addosso e poi alla fine si annunciano incontri “di vertice” sui quali nessuno ha avuto modo di intervenire “in merito”, a questo punto o se ne ragiona prima in un incontro appositamente convocato oppure evitiamo del tutto di perdere del tempo, non raccontiamoci fandonie “pseudodemocratiche” ed ognuno viva la sua esistenza in modo libero.

Joshua Madalon

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EN ATTENDANT ma senza Lucio! una riproposizione “sempre utile” di nostri post del giugno 2014

EN ATTENDANT ma senza Lucio! una riproposizione “sempre utile” di nostri post del giugno 2014

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Eh sì, aspetto qualcosa di nuovo, anche se non ci sono margini per  delle novità… Non ci sono margini perché non è più possibile dialogare quando le distanze diventano incolmabili. Impossibile nemmeno pensare che coloro che si sentono superiori per intelligenza e capacità ed avvertono il vento favorevole che li sostiene possano comprendere quanto sia  deleteria la dispersione e la perdita di risorse intellettuali. Si sbaglia in tal senso ciclicamente e poi, ma solo poi e dopo lungo e drammatico tempo, qualcuno di quelli che verrà dopo forse riconoscerà gli errori in un tempo che può essere lunghissimo e dal quale nessuno potrà fare ritorno. E gli errori si accumulano e si annacquano in un brodo di giuggiole ravvivato da successi concatenati e progressivi ma basati su fondamenta fragili d’argilla. I margini inesistenti sono collegati alla profonda incapacità politica di coloro che avvertono su di sè semplicemente l’aria fresca della navicella veloce le cui vele si gonfiano per i venti e per l’orgoglio. 

Cielo stellato

Il 25 giugno scrivevo a Lucio in risposta ad una precedente riflessione nella quale denunciavo il “conformismo” forse “ideologicamente” interessato di una parte importante della società italiana (Politica, Cultura, Stampa, Mondo della Finanza) in questa fase della nostra Storia: avevo già in altre occasioni denunciato l’abbassamento del livello critico culturale del popolo italiano e la sua scarsa memoria non solo di eventi storici più o meno lontani ma anche di fatti abbastanza a noi vicini che forse ai più attenti ed acuti osservatori possono (potranno) essere interpretati anche come una vera e propria congiura contro coloro che hanno percorso nel solco della Sinistra molti dei loro anni. Personalmente nelle mie minime esperienze politiche amministrative moralmente posso dire di avere avuto ragione ma nei fatti sono stato sconfitto, anche se non mi sono mai piegato a sostenere scelte che non condividevo e che sono state portate avanti con la forza del decisionismo. Non è mica detto – e non è scritto da alcuna parte – che chi decide, potendo e sapendolo fare – sia nel giusto; non è mica detto che la Democrazia sia strumento adatto per tutti i tempi (intendo dire che con i “numeri” si può anche sbagliare; con la forza “democratica” si commettono spesso errori peraltro altrettanto “ideologici”.) (G.M.)

Scrivevo, dunque:
Caro Lucio, tutto quello che tu dici è “vero” e lo condivido; ma è parzialmente riferibile ad uno sguardo “esterno” che è poi lo sguardo populistico che va per la maggiore. Utilizzo il termine “populistico” in senso di concretezza non come elemento negativo in assoluto. E’ chiaro che dopo una discussione si debba decidere (a parte il fatto che tu richiami le “urgenze” di tipo economico che abbisognano di interventi rapidi; e quanti ne abbiamo subiti senza fiatare?); io pongo un “nuovo” (!) quesito relativo al superamento di qualsiasi discussione nei luoghi periferici, che sono poi il cuore pulsante di un Partito democratico di nome e di fatto. Di questo se ne può rendere conto chi quei “luoghi” li ha vissuti, costruendoli non chi ha osservato dall’esterno la vita politica dei Circoli. Eh già, anche questo! sai quanti Circoli del PD ci sono a Prato? sono 41. A Pozzuoli ce n’è uno. Ecco! (G.M.)

E Lucio mi ha risposto ieri sera, 27 giugno
Si, ma in quei 41 (n.d.r. si riferisce ai Circoli PD di Prato) si discuteva di cose marginali, i problemi veri, da me troppo puntigliosamente elencati (ma in maniera affatto esaustiva), non erano discussi (nè lo sono ora) nè nei circoli nè sui media ma venivano decisi sulla testa dei cittadini! La riforma costituzionale dell’art. 81 (pareggio di bilancio) votata in una notte da TUTTI i partiti che appoggiavano il gov. Monti è stata fatta in un battibaleno (mentre vedi quanto si suda per le altre riforme)! Dov’era l’allora segretario Bersani? Poi che vuoi, io sono un uomo all’antica e penso che la democrazia debba essere: “una testa – un voto” e che il voto di un cittadino non iscritto al partito e quindi “esterno” debba valere tanto quanto quello di un interno; lo Stato, la Res Publica è di tutti, non solo degli iscritti e partecipanti alle discussioni nei circoli. Concordo invece sul fatto negativo che Pozzuoli abbia un solo circolo. Ma qui, come ben sai, c’è stata la chiusura delle grandi fabbriche (cantiere, Olivetti, acciaierie di Bagnoli etc.) e successivamente una vera “rivoluzione antropologica”, come tu la chiameresti e, con lo sfascio dei vecchi partiti e delle vecchie strutture sociali, comandano ormai i ras locali; qui ce ne è ora uno solo e quindi un solo circolo, nessuna discussione, nessuna critica e. … “o te magne sta menestra o te vutte da fenestra”! (L. D’I.)

Vedi, caro Lucio, continui a parlare dalla tua “turris eburnea” di un cittadino informato e preparato ma che ignora la vita dei Circoli. Indubbiamente non tutti sono come il “mio” Circolo (dico “mio” perché – insieme ad altri amici e compagni – lo abbiamo voluto e lo abbiamo fatto crescere in autonomia “critica”) ed in alcuni l’attività è per lunga parte dell’anno più di “ricreazione” e molto poco di “culturale”. Ma questo non toglie che vi fervono le discussioni “politiche” tra una briscola ed uno scopone; e non vi è alcun dubbio che al momento delle scelte la partecipazione non viene meno. Quando ti riferisci ad “una testa – un voto” parli di scelte politiche – dal locale al nazionale – o di scelte di leadership? I dibattiti sulle questioni programmatiche (il lavoro, l’ambiente, la Cultura, la Scuola, il Sociale, etc etc) noi li abbiamo sempre tenuti aperti alla partecipazione esterna (il Circolo informava delle riunioni iscritti e non iscritti che avevano espresso il desiderio di partecipare e chi interveniva contribuiva con le sue idee a decidere). Altra cosa è l’apertura indiscriminata e non regolata in modo chiaro e preciso alle Primarie per la leadership locale e nazionale: continuo ad essere fermamente contrario al fatto che un Partito costituzionalmente legittimato sia per quota parte “esterna” retto da chicchessia. E’ una visione della “Democrazia” ad uso di poteri forti che hanno condizionato questa fase e vogliono continuare a farlo.
L’uso dell’imperfetto riferito al Circolo è dovuto alla certezza che da qualche tempo ho riguardo al fatto che a Matteo Renzi (ma, ancor di più, ai suoi sostenitori) importi davvero poco dei Circoli del suo (!) Partito, soprattutto quelli dove ci sono dei rompiballe che vorrebbero discutere in modo aperto su tutti i temi e non farsi “imbonire” dai detentori del Potere. (G.M.)

Joshua Madalon

Foto di Agnese Morganti

NON ABBIAMO SCHERZATO! ed è solo un nuovo appello

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NON ABBIAMO SCHERZATO!ed è solo un nuovo appello

Faccio il punto: a volte sono prolisso ma oggi cercherò di essere sintetico. Mi esprimerò al plurale “non maiestatis (per carità!)”. Tutto quel che dirò è riportato in modo ampio sul mio Blog dai miei post degli ultimi quindici mesi
Insieme ad altre persone abbiamo operato per costituire a Prato un soggetto chiaro e definito di una Sinistra di Governo in vista delle amministrative del 2019.
Lo abbiamo pensato come autonomo ed indipendente da quel PD che nel corso degli ultimi anni (qualcuno potrebbe obiettare – da Sinistra – che lo sia stato “da sempre”) ha evidenziato di voler percorrere strade di neoliberismo sostanzialmente non corrispondenti ai bisogni ed agli interessi della parte più debole del Paese.
“Prato A Sinistra” ha una Carta di Intenti ed uno Statuto già pronto ed in linea di massima operativo.
Quanto è accaduto nella seconda parte dell’anno 2017 ha prodotto uno scollamento di quel gruppo sotto l’attacco da una parte di chi intendeva percorrere strade di possibili accordi – camuffati da confronti nello stile già evidenziato negli anni precedenti – con il Partito Democratico; e dall’altra parte di chi in modo diverso andava preparando la nascita di un contenitore provvisorio nell’urgenza della competizione elettorale politica incipiente.
Abbiamo aderito a quel contenitore, esprimendo costantemente il nostro punto di vista che in qualche occasione è stato divergente, se non altro colmo di dubbi sempre espressi con il “chi siamo e dove andiamo!” appesantiti dalla presenza di personaggi che non garantivano “autonomia” o che si configuravano come espressione del “rancore” al netto della partecipazione diretta alla costruzione di politiche discutibili delle quali giustamente poi si chiedeva l’abolizione (art.18 – Job’s Act – La Buona Scuola).
A Prato il percorso di condivisione della lista “LeU” per noi è stato facilitato dalla scelta di candidati espressione di una visione politica innovativa e positivamente costruita dal basso. La campagna elettorale è stata ugualmente difficile: il clima meteorologico ma anche quello umano era caratterizzato da una preclusione ed indisponibilità molto diffuse che non ha consentito di esprimere al meglio le potenzialità dei candidati e dell’organizzazione.
Nondimeno il risultato è stato generalmente in linea con quanto avvenuto sugli altri territori, a dimostrazione della immaturità del Progetto di alternativa che è poi stato annunciato a ridosso della giornata elettorale. Lo stesso “Programma di LeU” è stato strutturato in gran fretta senza poter diventare patrimonio comune dei sostenitori; allo stesso tempo l’elettorato non riusciva per i motivi precedentemente esposti a riconoscere elementi di vera novità in alcune candidature, che sono diventate un “macigno” insopportabile nelle “polemiche” interessate da parte di forze politiche temporaneamente e ideologicamente “avverse”.
Candidature e scelte programmatiche inadeguate (giustificate dai tempi) sono state alla base dello scarso appeal della lista “LeU”.
Forse è sulla base di queste riflessioni – sintetiche – e partendo da esse che dobbiamo riprendere il cammino. Non siamo disponibili a condividere un “percorso” che non abbia caratteristiche di indipendenza ed autonomia rispetto al Partito Democratico, con il quale ci si potrà pur confrontare da un punto di forza progettuale dopo aver approntato con la maggiore cura e precisione possibile come “soggetto unico della Sinistra” un Programma di Governo della città per il 2019 (non ci interessa avere uno sguardo più lungo verso tempi che per alcuni di noi sono improbabili).
Abbiamo di fronte a noi molte incognite, ma c’è una profonda certezza: il Paese – e Prato – e la parte di esso che ha visto man mano decrescere le garanzie costituzionali minime ha bisogno di essere governato con politiche coraggiose che non abbiano il timore di aggredire posizioni di Potere politico ed economico che hanno umiliato i ceti più deboli garantendo loro solo interventi di carattere assistenziale e pauperistico come i “bonus” (sulla stessa linea possiamo inserire lo stesso “reddito di cittadinanza” proposto dai 5 Stelle). Dobbiamo proporre soluzioni che partano dalla “partecipazione” popolare la più larga possibile, ad iniziare dalle periferie. Dobbiamo affrontare le contraddizioni che hanno caratterizzato le “politiche della Sinistra” costruendo un progetto innovativo concretamente realizzabile a sostegno dei ceti più deboli, senza escludere nessuno, valorizzando il merito e la giustizia sociale.

Joshua Madalon
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PRIMA GLI ITALIANI! Un’introduzione socio-antropologica al tema…. (terza parte)

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PRIMA GLI ITALIANI! Un’introduzione socio-antropologica al tema…. (terza parte)

Il “reddito di cittadinanza” funziona con un meccanismo burocratico apparentemente semplice. Intanto occorre avere avuto un “lavoro” ma non “in nero”, averne uno “sottopagato” ma non “in nero”, non averne avuto ma essere comunque alla ricerca di esso, utilizzando i “Centri per l’impiego”. Ora, qualche “Centro per l’Impiego” funziona ma non come dovrebbe, anche perché spesso, con i meccanismi legislativi, agli imprenditori (che, diciamocelo, sono “in gran parte” onesti!) non conviene assumere attraverso strutture che in qualche modo potrebbero procedere a verifiche ed in ogni caso risulta più utile assumere sotto banco contrattando direttamente con il prestatore d’opera. Ed è proprio per lo stesso motivo che non sarà facile controllare che funzioni il “processo” delle tre chiamate, oltre le quali – se non accolta perlomeno una – si perderebbe il diritto all’assegno di cittadinanza. Per non parlare della parte dove si accenna a “Iniziare un percorso per essere accompagnato nella ricerca del lavoro dimostrando la reale volontà di trovare un impiego”: e qui ritorno alla funzionalità dei “Centri per l’Impiego”. Così come appare ridicolo (ed i moralisti si astengano dal commentare che “ci vuole rispetto” per chi attraversa momenti di difficoltà) il riferimento alle due ore giornaliere durante le quali si dovrà svolgere una “ricerca attiva del lavoro” da parte del detsinatario del reddito. Quanto ad “Offrire la propria disponibilità per progetti comunali utili alla collettività (8 ore settimanali)” sarebbe interessante capire chi li organizza e con quali ulteriori fondi da assegnare a tecnici e funzionari di vari livelli si coprirebbero queste spese. Quanto poi al “Comunicare tempestivamente qualsiasi variazione del reddito” riterrei che vuole fare “le nozze con i fichi secchi” e rimando al post di Introduzione dove si tratta dell’inveterata abitudine degli “italiani” alla “furbizia”.

Non vorrei far torto all’intelligenza dei miei pochi lettori, ma non riesco a fare a meno di sottolinearvi come tantissime strutture pubbliche, private o partecipate, in modo particolare nel Sud (là dove la “protesta” a favore dei 5 Stelle è stata più forte), sono oberate da presenze e pratiche illegali (che, alla lunga, sono state viste come consolidate e dunque “necessarie”).

In Sicilia, inaugurando l’anno giudiziario della Corte dei Conti Gianluca Albo ha tra l’altro scritto:

“Un insidioso fenomeno che caratterizza la gestione delle risorse in Sicilia, ma, non dubito, anche altrove, è quello della metabolizzazione dell’atto illecito In sostanza, la condotta amministrativa vietata ma non immediatamente perseguita viene reiterata nel tempo divenendo prassi amministrativa ove la percezione di illiceità si affievolisce sempre di più nel tempo, tanto poi da suscitare addirittura sorpresa (o simulazione di sorpresa) l’intervento della Procura contabile volto a reintegrare le conseguenze della condotta illecita. Ipotesi emblematica al riguardo è la vicenda dei milioni di euro con disinvoltura elargiti extrabudget agli enti di formazione professionale. Un approccio serio e sereno con la sana gestione finanziaria delle risorse siciliane non può, quindi, prescindere da una convinta adesione ai principi di legalità e ragionevolezza, presidi democratici imprescindibili, sia nella fase di indirizzo politico che nella fase di gestione delle risorse pubbliche. In questa ottica, va da sé, non possono ipotizzarsi deroghe riconducibili all’autonomia statutaria o parlamentare”.

Lo riporto dal seguente link http://www.palermotoday.it/politica/inaugurazione-anno-giudiziario-corte-dei-conti-2018-regione.html

E qui mi fermo.

Ho tuttavia un aneddoto, un vero e proprio apologo da riportare, per avvalorare drammaticamente le mie riflessioni.

Nella mia giovinezza ho incontrato tante persone che si impegnavano nel loro lavoro: una di queste era mio padre. Ha avuto anche lui periodi di disoccupazione, ma erano altri tempi, ma non è di lui che voglio parlarvi.

Non farò nomi, ma è “gente in carne ed ossa” che rappresenta una parte della nostra popolazione.
Allorquando il figlio A. ormai in età da aspirare ad un lavoro ne trovò uno in Germania, il padre lo chiamò e, premuroso ed affettuoso, gli disse:

“Tu, quando sei insieme agli altri, fatti valere; non appena, però, sei in disparte e nessuno ti controlla, riposati!”

Il ragazzo acquisì tale lezione e dopo poche settimane ritornò forzatamente alla sua casa.
Ebbe un’altra occasione e, memore della sollecitudine paterna, non si comportò diversamente.
Il risultato fu uguale.

Con questi presupposti maligni il Movimento 5 Stelle avrà gioco facile a dire che “non è colpa loro” se il meccanismo non avrà funzionato.
E’ del tutto evidente che non basta “cambiare” le facce e qualcosaltro dei politici per far cambiare le cose. E’ necessario anche questo, intendiamoci!
In realtà occorre cambiare gli “italiani”. PRIMA GLI ITALIANI!

Joshua Madalon
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reloaded post 18 marzo 2017 – “NON POSSUMUS” e non abbiamo scherzato!

reloaded post 18 marzo 2017 – “NON POSSUMUS” e non abbiamo scherzato!

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Non possumus

Chissà quante volte sono stato ipocrita, nascondendo a me stesso la realtà dei fatti e scendendo a piccoli compromessi: me lo chiedo, convincendomi che non ne ho più voglia di agire oltre quelle che sono le mie convinzioni. Anche se la confusione regna sovrana ed, a chi mi chiede come va, rispondo che non ho più lacrime, rivelando tuttavia che il mio è soltanto un modo di spiegare parte della mia disperazione. C’è il vuoto nella politica che spesso viene temporaneamente riempito da chi vuole approfittarne per tornaconti più o meno personali. Era bella la Politica, per me, quando mi impegnavo senza avere particolari obiettivi che non fossero quelli, e sì lo devo ammettere, di elevazione “personale” dal punto di vista della conoscenza. Certamente, io sono abbastanza estraneo agli sgomitamenti per ottenere questo o quel vantaggio; di fronte al gorillaio timidamente mi metto da parte. Non fa per me: sono strafelice quando riesco a costruire progetti culturali senza avere sostegni al di là dei sorrisi e delle collaborazioni di amiche ed amici. Questa è la mia vita, che dirvi? Non mi si chieda di fare ciò in cui non credo. Non posso.

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PRIMA GLI ITALIANI! Un’introduzione socio-antropologica al tema….

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PRIMA GLI ITALIANI! Un’introduzione socio-antropologica al tema…. (seconda parte)

Un preambolo reso necessario dalla difficoltà che hanno mostrato alcuni lettori (i pochi che mi seguono) a comprendere il senso del titolo. Ho la sensazione anche che non abbiano però avuto la pazienza di leggere tutto il post fino in fondo. Allora vi dirò pensando di parlare davvero a pochi che c’è dell’amara ironia in quel titolo che richiama lo slogan preferito dalla Destra sovranista. In fin dei conti, sono convinto che nulla cambia se non cambiano gli italiani!

Le due foto riportano un’indicazione relativa al divieto di “sputare per terra” – norma igienica necessaria in un consesso civile. A Prato con l’arrivo dei cinesi che utilizzano questa pratica a loro modo necessaria molti nostri concittadini la rilevano come forma tipica di inciviltà “etnica”. Tuttavia quella stessa pratica è molto diffusa tra i ceti popolari autoctoni. Anche in questo caso occorrerebbe sanzionare complessivamente e non in linea unidirezionale tale comportamento!

La nostra “italianità” va difesa, certamente, ma sarebbe anche più urgente impegnarci a costruire una società maggiormente rispettosa delle regole, meno incline a valorizzare le furbizie e le trasgressioni, meno isterica nei rapporti con le altre comunità, alle quali spesso “indebitamente” richiediamo che rispettino quelle regole che noi stessi non siamo sempre pronti ad osservare diligentemente.

E’ quasi ovvio che qualora una forza politica avanzasse la proposta di sviluppare un’azione pedagogica che riducesse fino al limite massimo gli elementi negativi di carattere quasi ormai connaturati nella cosidetta “italianità”, l’insuccesso sarebbe inevitabile. Ed è per questo che nessuna delle forze politiche che conosciamo prova a proporre nulla che possa essere perlomeno accostato a quell’idea.
E’ evidente che utilizzo un paradosso, ma è anche molto chiaro che la mia è una visione pessimistica globale. Non nutro peraltro fiducia alcuna nelle attuali forze politiche egemoni all’indomani delle elezioni. Ed allo stesso tempo non sono in grado di riprendere fiducia pensando a Partiti presenti e futuri che rappresentino idee ed ideologie che siano a me congeniali.
Assumo per dimostrare l’impossibilità di un cambiamento uno degli aspetti che ha permesso al Movimento 5 Stelle di raggranellare migliaia e migliaia di voti: la proposta del “reddito di cittadinanza”. Non intendo pormi in opposizione netta e ottusa come farebbe un bambino nel rifiutare pregiudizialmente un cibo, ritenuto gustoso e nutriente da parte dei genitori. Ma comincio il mio ragionamento chiedendo a me stesso: “Perché mai una soluzione così “intelligente” del problema della sopravvivenza di chi si trova temporaneamente in indigenza non è stata approvata da chi ha finora governato?”. Risponderei da cialtrone dicendo che non trovo “intelligente” tale proposta ed urterei doppiamente la sensibilità delle persone che ci hanno creduto e di quelle che lo hanno proposto, anche se per queste ultime nutro scarsa stima, e lo spiegherò meglio, riportando l’attenzione su quanto dicevo nell’Introduzione. Allo stesso tempo assegno la patente di “intelligente” a chi finora, affidandosi al pragmatismo, non ha provato ad affrontare il problema dell’indigenza con quella modalità. Non credano – questi ultimi però – di cavarsela senza essere redarguiti. E lo capiranno subito dopo.

….continua….

Joshua Madalon

MARTEDI’ 20 MARZO ORE 17.30 – EMILIA BERSABEA CIRILLO a Firenze per presentare il suo libro di racconti “Potrebbe trattarsi di ali” L’Iguana editrice – al Giardino dei Ciliegi via dell’Agnolo 5 insieme a Maria Ester Mastrogiovanni

MARTEDI’ 20 MARZO ORE 17.30 – EMILIA BERSABEA CIRILLO a Firenze per presentare il suo libro di racconti “Potrebbe trattarsi di ali” L’Iguana editrice – al Giardino dei Ciliegi via dell’Agnolo 5 insieme a Maria Ester Mastrogiovanni

Mentre ci occupiamo di Politica ritornano i vecchi amori letterari. Ho conosciuto Emilia qualche anno fa nel corso di una Edizione di “Libri di terra libri di mare” nei Campi Flegrei – in quell’occasione lessi tutto d’un fiato, di notte come sono ancora abituato a fare, il suo “Gli incendi del tempo” e lo presentai a Villa Cerillo di fronte al bellissimo panorama di Bacoli con il Mare Morto, Miseno e Procida. Oggi per invitarvi a partecipare all’evento che si svolgerà a Firenze martedì prossimo (la presentazione a cura di Maria Ester Mastrogiovanni del libro “Potrebbe trattarsi di ali”) vi ripropongo “temporaneamente” in attesa di poter scrivere sul racconto che dà il titolo alla raccolta la mia umile recensione già pubblicata su questo Blog de “Gli incendi nel tempo”.

Gli incendi del tempo

 

Cirillo

 

E’ lo scorrere della vita, della vita e del tempo quello che si respira nei 7 racconti che Emilia Bersabea Cirillo ha voluto regalarci in “Gli incendi del tempo” edito nel 2013 da “et al.”, una casa editrice voluta da Sandro D’Alessandro, mancato purtroppo all’improvviso lo scorso 10 ottobre.
Fu proprio lui a scegliere il nome della casa editrice per rendere omaggio al lavoro collettivo che sottende alla produzione di un libro. La sua è una figura alla quale occorrerebbe rendere omaggio in una delle prossime occasioni pubbliche; anche per ricordare quanti piccoli oscuri ma importanti editori in occasioni come questa del Festival della Letteratura nei Campi Flegrei propongono lavori di altissimo livello, come quello su cui voglio parlare.

Il mondo che è rappresentato dalla Cirillo è di certo riferito ai versi introduttivi di Paul Celan dai quali, a delinearne la sintesi, è tratto il titolo del libro.
Sono racconti che parlano di amori resi eterni ma impossibili come quello di Adriana per Leo nel primo dei sette – per l’appunto “Gli incendi del tempo”. Ci sono fiamme accese che vanno tuttavia per inerzia spegnendosi come si va consumando l’esistenza della giovane ormai non più in grado di mostrare passioni verso colui che amava e che scelse strade diverse ed irrazionalmente tragiche negli anni Settanta, gli “anni di piombo”. Leo ritorna dopo vent’anni (siamo all’incirca alla fine degli anni Novanta) ma non è più la stessa cosa: la vita per Adriana continuerà nella sua ordinata monotonia. In altri racconti il tema è quello “comune” di emigrati ed immigrati con le loro storie diverse e simili nella condizione precaria che li costringe ad una vita difficile.

“Diverse”, anche perché in “Capo lavoro” il protagonista Nicola (Sacco come il più famoso “anarchico” che, insieme a Bart Vanzetti, aveva subito una triste sorte da emigrato negli States) trova lavoro in Germania ma non desidera ritornare nella sua terra, Torre Annunziata, dove la malavita ha violentato la moglie.
Ed uno dei temi che ricorre, anche nel racconto tragico ed onirico “Sogno di sabbia”, è la difficoltà di ambientarsi in terre diverse e lontane ed in ambienti faticosi ed ingrati fra persone umili ma anche fra gente arrogante ed insensibile. Non è diversa la condizione della protagonista in “Il violino di Sena”, storia di una bosniaca rifugiata in Italia, scelta da lei che è violinista ed il marito grafico – per la sua arte e la sua musica; ma nel racconto non esiste più la speranza di un mondo di pace e di solidarietà e si affacciano immagini di distruzione e di morte. Negli altri racconti troviamo i ricordi che ritornano a bussare alla nostra porta e ci offrono momenti di profonda nostalgia come accade a Mimma ne “Gli infiniti possibili”; oppure, come avviene in “Ocean” è la “bellezza” scoperta così per un caso fortuito a sconvolgere l’esistenza di Sabina. La presenza di immigrati, positiva per il servizio che rendono alle nostre famiglie, ritorna nell’ultimo epico e lirico racconto (“Tutto il suo”) di una “vita” colta nella parte terminale di essa, in assoluta serenità e compostezza: la musica diventa qui elemento centrale ma la sua presenza è diffusa anche in altri racconti già citati (“Il violino di Sena” e “Gli infiniti possibili”). Sono, dunque, episodi apparentemente separati nei quali è la vita che pulsa; è il tempo che scorre fino alla sua naturale conclusione. Anche la lettura è apparentemente facile (la prosa è lineare, scorrevole e ti prende per mano); ed è infatti la rilettura, che ho già spiegato come mio metodo di analisi in uno dei post precedenti, a consentirci una migliore comprensione. “Gli incendi del tempo” è un libro che avrei consigliato volentieri di leggere ai miei studenti, se non fossi in pensione.

Joshua Madalon

SCATOLE VUOTE E SCATOLE PIENE – utopia ed antiutopia

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SCATOLE VUOTE E SCATOLE PIENE – utopia ed antiutopia

Non è trascorso mica tanto tempo, ma a volte (sarà un preannuncio dell’Alzheimer?) non riesco a ricordare le date con precisione: forse febbraio, marzo? dello scorso anno. Ma ci si incontrava e, forse sull’onda del “successo” dei Comitati del NO al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, si discuteva, ci si confrontava, si producevano documenti, a partire da una Carta di Intenti e da uno Statuto. Gruppi di lavoro erano riusciti a produrre materiali costitutivi essenziali: la campagna referendaria e la persistenza di obiettivi comuni avevano prodotto un humus virtuoso facendo decantare anche i reciproci sospetti che fino a poco più di un anno prima sembravano essere una possente “palla al piede” di un’Idea comune.
Era nata “Alternativa 2019” trasformata poi (siamo nella città toscana nota per i tessuti ed i cinesi) in “Prato A Sinistra”. Poi, in apparenza inspiegabilmente, c’è stato – a Prato e non in tante altre città – una lunga “stasi”, una fase prolungata di “stanchezza” che ha portato al fallimento di ogni sforzo precedentemente profuso. L’estate ha aiutato con la tradizionale “dispersione” vacanziera ad allentare la tensione (questa attitudine tipicamente nostrana è ancora più forte in Toscana che in altre realtà: sarà per questo che il grande Goldoni ambientò dalle parti di Livorno la famosa “Trilogia della Villeggiatura”!). E a Prato poi “settembre” è mese sacro per la sua “Fiera” e non si muove foglia……….!
Il dubbio che il fallimento fosse proprio in quella connotazione “A Sinistra” inserita a maggioranza è venuto man mano crescendo con “l’apparir del vero” di alcuni “gruppi” che a tutta evidenza “tenevano” come si dice a Napoli “’o serpone dint’’o manecone”. Per non essere alla pari, parlo di coloro che – pur partecipando ad un consesso che operava per costruire l’Alternativa al Partito Democratico – intendevano privilegiare il rapporto di “collateralità” con quel Partito, aderendo a Campo Progressista. Questo scollamento ovviamente ha prodotto una dispersione di energie i cui effetti negativi si sono poi riversati sul futuro assetto in vista delle elezioni politiche. Non è stato solo quella “ambiguità” protratta a fare rompere il fronte delle Sinistre a livello nazionale con riflessi drammatici sulle realtà locali, ma è stato molto forte il suo contributo in quella direzione.
Contemporaneamente si era dato vita all’esperimento del Brancaccio cui guardavo – e non solo io – con una certa attenzione, anche se con cautela, essendo interessato ad un’operazione politica di tipo governativo rappresentativo e non essesnzialmente ideologica testimoniale. Dall’ideologia preferisco trarre i valori fondamentali irrinunciabili e fermarmi a declinarli pragmaticamente; non sono interessato ad un ruolo quasi statico e sterile, essenzialmente improduttivo di cambiamenti con una funzione di testimonianza.

Le utopie sono stupende scatole, decorate in modo variopinto ma è molto importante che non siano vuote ed al loro interno bisogna che vi siano progetti realizzabili oltre che coraggiosi e rivoluzionari. La migliore rivoluzione è nella messa in pratica dei progetti tesi a rendere la vita delle nostre popolazioni meno difficile, affinchè si possa lentamente guardare al futuro con minore preoccupazione.

Joshua Madalon

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16 marzo 1916 – 16 marzo 2018 mio padre oggi avrebbe 102 anni

16 marzo 1916 – 16 marzo 2018 mio padre oggi avrebbe 102 anni
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Sì questa è una data importante per le mie radici; 102 anni fa nasceva mio padre, Raffaele. Una persona umile, riservata, dedita alla sua piccola famiglia (sono stato figlio unico), alla quale debbo tantissimo. Non credo di essere l’unico a ricordarlo così. Per anni, forse ancora oggi, attendevo una sua telefonata di sera, dopo la sua morte.
Lo ricordo attraverso una metanarrazione in “Procida l’eterno ritorno” allegro e divertente, baldanzoso ma anche molto serio. Un uomo affidabile, a ben vedere, che pur non avendo conseguito il diploma minimo di scuola elementare era in grado di far di conto discorrendo con geometri ed ingegneri nei calcoli del cemento armato. Un uomo di altri tempi, nei quali la Cultura era pane quotidiano formazione di vita, vera e propria Scuola di Lavoro.

Joshua Madalon