da giovane: “No! grazie. Ho altri progetti!” quarta parte

Presentatore 001

da giovane: “No! grazie. Ho altri progetti!” quarta parte

Don Salvatore aveva un modo di comunicare che era “doloroso”! ogni volta che ci si accostava il suo approccio era con dei pizzicotti che trasmettevano una sorta di compartecipazione non del tutto decifrabile ma non ho mai dubitato che quella modalità fosse affettuosa e connessa alle sue origini contadine irpine, ma facevano male! Era anche la prima volta che io conoscevo il classico “prete operaio” sempre indaffarato ad aggiustare la Parrocchia impegnato nelle più varie attività sporco di lavoro ed anche per questa sua dedizione al bene comune spesso lo aiutavo, intravedendo in lui qualcosa che lo avvicinava alla figura di mio padre che, pur avendo avuto incarichi di direzione dei lavori edili nei cantieri, non tralasciava mai di cooperare, “sporcandosi le mani” in modo concreto insieme ai suoi operai. Fu forse questa mia “partecipazione” a far emergere l’equivoco che io potessi essere stato colpito da una vocazione al sacerdozio. Don Salvatore me ne parlò ma feci comprendere con la dovuta gentilezza e gratitudine che non avevo affatto questa intenzione; avevo altri progetti. Ma era del tutto evidente che i miei comportamenti impostati ad una correttezza formale di un “bravo ragazzo” conducevano alcuni miei interlouctori all’errore: non ne ero però contrariato. Tutto sommato, non mi scambiavano per un “delinquente”!
Continuavo ad impegnarmi nell’attività teatrale a Procida e memorabile fu la costituzione di una compagnia provvisoria che mise in scena “Miseria e nobiltà” di Eduardo Scarpetta nel Teatro del Penitenziario di Procida che in quel periodo era ancora funzionante anche se non come “ergastolo”.

Procida Penitenzario Miseria e nobiltà 001

A Pozzuoli dopo la fase happening dell’oratorio formammo una Compagnia diretta da Nunzio Matarazzo che mise in scena lavori di Peppino De Filippo (“Cupido scherza…e spazza”) e di Oscar Wilde (“L’importanza di chiamarsi Ernesto”), di Eduardo Scarpetta (‘O miedico d’’e pazze”) e di Guglielmo Giannini, nostro concittadino commediografo ma soprattutto noto per aver fondato nel secondo dopoguerra il Movimento de Il “Fronte dell’Uomo Qualunque” (“Eva in vetrina”). Ci fu poi una proposta da parte di un noto musicologo puteolano, appassionato di teatro, il M° Enzo Saturnino, di mettere in scena uno dei testi più stimolanti e ricchi di connessioni antropologiche partenopee scritto da Raffaele Viviani (“‘O vico”) dove c’erano anche numerose parti musicali e cantate: e fu un grande successo, con numerose repliche. A quel lavoro collaborava anche Giuseppe (Peppe) La Mura, giovane artista che si occupò delle scenografie. E con quest’ultimo grande amico ispirati da Viviani e stimolati dalla vivacità e dalla particolarità linguistica del popolo puteolano intraprendemmo un lavoro di ricerca etnico-linguistico andando a registrare voci e suoni della vita e ad intervistare alcune figure (il pescivendolo, il pescatore, la “nevaiola”). Tutto questo lavorio era progettato per la realizzazione di un lavoro teatrale originale ma ispirato alla famosa “Cantata dei pastori” di Andrea Perrucci, un testo classico popolare scritto nel 1698. L’originalità della versione sarebbe stata quella di trasposizione linguistica nel dialetto puteolano.
Ad interrompere questa attività fu però l’obbligo militare ed il primo incarico del lavoro che ormai stavo intraprendendo. Nel frattempo avevo conosciuto la ragazza che sarebbe diventata mia moglie e proprio in una delle nostre prime uscite insieme a Firenze accadde che……

Joshua Madalon

…fine quarta parte….

Totore 'o guappo 'nnammurato 001