da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale…e quella politica – ottava parte – 1

Ritratto dell'artista da giovane 2
da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale….e quella politica – ottava parte – 1

Il “papa” buono aveva lasciato un grande ricordo in particolare nella sua terra e l’ideatore del Concilio che aveva aperto le porte verso i non credenti era anche un punto di riferimento per l’arte cinematografica in quegli anni di speranze. Bergamo era anche la città di Ermanno Olmi, attento indagatore della realtà sociale urbana degli anni del boom economico con tutte le sue contraddizioni ed allo stesso tempo autore capace di recuperare i meccanismi sociali della vita contadina nelle sue valli.

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Straordinaria ed unica nel suo genere fu proprio negli anni della mia esperienza settentrionale la descrizione della difficile esistenza di una comunità bergamasca alla fine del XIX secolo, riportata in quel capolavoro che è “L’albero degli zoccoli” insignito – tra gli altri premi – della Palma d’oro a Cannes nel 1978. Ma le prime prove, quelle d’esordio che diedero il segno del modo in cui il Cinema poteva – oltre il Neorealismo – abbinare la documentazione sociale alla fiction furono per me, frequentatore assiduo di sale cinematografiche d’essai, una vera “epifania”. I giovani che con tanta cura Olmi descrive nei tre primi film sono i rappresentanti di un mondo reale già allora alla ricerca di una propria collocazione nel mondo del lavoro. Olmi, chiaramente cattolico e cristiano, parlava a tutti in modo aperto, allargando il suo orizzonte sulle questioni più rilevanti del mondo operaio. Di fronte a lui, con uno sguardo in partenza alternativo, Pier Paolo Pasolini aveva da più tempo volto lo sguardo agli “ultimi”, ai diseredati con film quale “Accattone”, suo esordio seguito dall’altro capolavoro, “Mamma Roma”. E, poi, aveva guardato con grande attenzione dentro di sé e si era interrogato intorno ai misteri dell’esistenza, indagando percorsi della fede e del mito attraverso opere ricche di una forma di cristianesimo naturale.
Questo era il mondo che mi circondava in quegli anni nei quali la mia maturazione culturale, sociale e politica prendeva forma. Erano gli anni, quelli precedenti alla mia partenza da Pozzuoli, nei quali già frequentavo la “Pro Civitate Christiana” di don Giovanni Rossi con i Convegni di fine anno, dove incrociai Pasolini e il giovanissimo Guccini. Ed erano anche gli anni in cui organizzavo Cineforum di frontiera, sfidando senza però alcuna volontà di provocazione la mentalità retrogada di una parte della Chiesa, che – malgrado tante aperture “conciliari” – non aveva aperto le braccia a coloro che chiedevano di essere ascoltati.
A Bergamo rimasi poco più di un mese; poi mi si aprì un mondo che non conoscevo in modo diretto ma che portò a compimento la mia scelta ideologica. Erano gli anni Settanta e furono quelli che al culmine di una lunga battaglia sindacale permisero agli operai di accedere a percorsi di studio mirati al conseguimento di un titolo. Non ero impegnato direttamente nelle “150 ore” ma il mio coinquilino, un ragazzo di Rieti, il cui cognome oggi mi appare davvero “strano” (si chiamava Renzi, ma non aveva nulla che lo potesse far somigliare a quel personaggio dei nostri giorni), aveva avuto l’incarico di seguire uno dei corsi attivati alla Scuola Media “Rocca” di Feltre. Io, intanto, mi ero iscritto – per la prima volta volontariamente – al Partito Comunista Italiano ed alla CGIL.

fine settima parte – 3….continua

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