PASSEGGIATE FLEGREE giugno 2018 – parte 2

 

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PASSEGGIATE FLEGREE giugno 2018 – parte 2

Passando davanti alla Chiesa buttai lo sguardo all’ingresso come d’abitudine si fa con un luogo amico. Compresi che tanto tempo era trascorso da quando frequentavo quegli ambienti. Ma a quell’ora non si intravedeva alcun movimento, non sarebbe stato possibile.  Ci inoltrammo su via Luciano, la strada degli addii perché porta al Cimitero. Sulla sinistra cespugli incolti dietro un alto cancello nascondevano il vialetto di ingresso ad una Villa signorile, che apparteneva ad una famiglia che ebbi modo di conoscere da bambino, avendo ricevuto in quel luogo  lezioni private per la “primina” alla quale mi inviarono i miei genitori. Più in là da adolescente ho frequentato quei luoghi perché amico di Ludovico un mio coetaneo del quale ho perso le tracce da un mezzo secolo circa. La villa era interamente abbandonata, circondata da alberi alti e rovi pungenti, allo stesso modo con cui lo erano altre vestigia imperiali all’esterno di quella.

 

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Camminammo lungo la strada tra abitazioni popolari fatiscenti e sorrette da travature di acciaio per difendere i passanti da un possibile crollo e manufatti ristrutturati, tra i quali quelli del complesso che appartiene alla Curia vescovile e che, prima del picco del bradisismo agli inizi degli anni ’80, ospitavano giovani orfani e bisognosi di sostegno economico per gli studi. Dagli anni Ottanta, poi, il “Villaggio del Fanciullo” aveva accolto tutto l’Archivio e la Biblioteca Diocesana. I suoi spazi moderni ed accoglienti vengono utilizzati per Convegni e Seminari non solo afferenti alla cultura cattolica. Poco prima del “Villaggio” c’era uno spazio semi verde che forniva l’idea dell’incuria e dell’abbandono: si trattava di un vallone incolto adibito ad attività artigianali.

Poco oltre sulla sinistra grazie ad un muro meno alto degli altri si apriva a noi uno splendido panorama sul Golfo di Pozzuoli.  Sollevando il nostro sguardo al di sopra del muretto  scorgemmo altri ruderi più corposi ed apparentemente meno trascurati. Si trattava dello Stadio Antonino Pio, una vera e propria rarità, il cui trattamento ci spingeva a maggiori preoccupazioni per il futuro rispetto delle “storie”: l’incuria verso il passato è segno di una inciviltà barbarica.

Era abbastanza presto; di prima estate in prossimità del solstizio i frequentatori del cimitero si riducono, soprattutto nei giorni infrasettimanali lavorativi. Avanzammo lentamente per rendere il nostro saluto ai parenti più stretti. C’era un grande ordine nei viali. Sostituimmo i fiori fradici rinsecchiti e scoloriti con nuovi e sgargianti oggetti floreali in plastica, non essendo consentito con la stagione calda il deposito di fiori freschi. Tra le tombe notammo che in qualche vasetto di nostra pertinenza  avevano sottratto – o erano magicamente spariti – ogni traccia di fiori. Pensammo anche ai colombi che imperversavano nelle aree protette da loggiati, accomodandosi sugli steli fogliosi a costruire una sorta di loro esclusivo nido. Non che quelle bestiole li avessero portati nel becco da una tomba all’altra, ma che li avessero fatti cascare e…raccogliere da qualche umano passante.

Muovendoci da una parte all’altra del luogo gettavo lo sguardo ad osservare cognomi e nomi e date, anche alla ricerca di visi da me conosciuti; per anni ero stato via e di alcuni avevo perso le tracce e non sempre i pochi amici rimasti mi informavano delle “storie” concluse.

….fine parte 2…..

 

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