Commento su quel che è accaduto pochi giorni fa sulla tratta ferroviaria Milano – Verona

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Commento su quel che è accaduto pochi giorni fa sulla tratta ferroviaria Milano – Verona

Ieri ho pubblicato un mio vecchio post del 31 maggio scorso, annunciando contestualmente che avrei scritto ancora sul tema dei rom, dei sinti e dei caminanti in Italia, alla luce di eventi e di esperienze generali ed individuali. Già nel post di ieri facevo riferimento al fatto che per ciascuno di noi, al di là di quanto possiamo interpretare i fatti con la nostra personale sensibilità e preparazione culturale, contino le esperienze.

Poiché ne stiamo riparlando anche in relazione al caso della capotreno che, in una corsa del convoglio Milano-Mantova, ha fatto mostra del suo pensiero in modo evidente, utilizzando – volontariamente o meno non importa molto – il canale di comunicazione pubblico interno inveendo in modo peraltro violento e scomposto contro mendicanti e “zingari”, vorrei esporre ulteriormente il mio giudizio politico.

Tra le mie esperienze dirette ho assistito ad un caso esemplare di gestione soft di un evento pressoché simile. Attendevo la partenza del treno metropolitano che da Pozzuoli conduce a Napoli. Abitualmente prima di partire si attende l’incrocio con il treno che da Napoli giunge nella città flegrea. A volte è un treno che poi prosegue verso Villa Literno. Già nell’attesa sul binario mia moglie ed io eravamo stati infastiditi da un gruppo di “nomadi”; la loro presenza di per sé non dovrebbe creare disagio ma già l’attesa di poter essere importunati non è piacevole: è un pregiudizio? Lo sarebbe ancor più se  poi non fosse reale il loro comportamento.   Intanto si erano aperte le porte del nostro convoglio e ci siamo affrettati a salire. Dal nostro “punto di veduta” abbiamo però assistito al trattamento fermo e deciso  di capotreno e conduttore del treno per Villa Literno nei confronti di quel gruppo che intendeva utilizzarlo senza avere il titolo di viaggio. Non un atteggiamento violento, a parte il fatto che, a farne le spese sono stati gli altri viaggiatori, costretti a dover utilizzare una sola porta, essendo state bloccate tutte le altre: non c’è stata forma repressiva indistinta e “razzista” in quanto alcuni componenti del gruppo dei nomadi in possesso regolare del titolo di viaggio sono stati fatti salire.

Molto diverso è stato il caso da cui siamo partiti: la capotreno nell’adempiere alle sue funzioni deve mantenere pur nella fermezza della richiesta del rispetto delle regole un tono basso moderato.  Non può essere tollerato il suo gesto.

Allo stesso tempo chiedere alla popolazione nomade nel suo complesso il rispetto delle regole civili non può in alcun modo significare attacco xenofobo alla storia di quel popolo in particolare riferita alle continue persecuzioni subite.      Né tuttavia quella “storia” può autorizzare quel popolo ad avere trattamenti diversi rispetto al resto della popolazione civile.  Anzi: il perpetuarsi di trattamenti “speciali” nei confronti della popolazione nomade non fa che creare intorno ad essa un senso di impotenza da parte della popolazione stanziale ed una richiesta sempre più esplicita di giustizia sociale, acuendo i toni del rifiuto di tener conto delle ragioni “storiche” che hanno prodotto tale differenziazione.

Parlo soprattutto alla Sinistra: la difesa ad oltranza della “libera attività” del popolo nomade (Rom e Sinti) non può essere assunta a valore. La mendicità ed alri comportamenti “libertari” non possono  essere considerati  “valori”.   Vi sono norme inderogabili: l’igiene, l’istruzione, il lavoro. Lo Stato deve garantire e pretendere.

 

 

Non rendersi conto che, proseguendo nella difesa di comportamenti del tutto alieni dall’essere “civili”, si finisce per fare il gioco delle Destre. Avanzando tali critiche non avverto su di me l’ombra della xenofobia: rinchiudersi a riccio non porta ad alcun risultato positivo e si finisce per non fare gli interessi delle stesse comunità nomadi che rischiano di finire sul banco degli accusati e dei perseguitati, anche per nostra responsabilità.

Tra l’altro occorrerebbe considerare che diventa ancor più difficile far comprendere alla gente che si chiede alle etnie migranti, provenienti da paesi martoriati dalle miserie e dalle guerre,  uno sforzo di integrazione mentre vi sono categorie che da questo punto di vista sono restie da sempre ad integrarsi nel contesto civile all’interno del quale pure permangono.

 

Joshua Madalon

 

 

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