PASSEGGIATE FLEGREE giugno 2018 – parte 8

2487,0,1,0,324,256,373,2,2,129,52,0,0,100,18,2026,2026,2292,240974
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PASSEGGIATE FLEGREE giugno 2018 – parte 8

Un ingresso molto stretto attraverso una porticina aperta solo a metà introduceva ad un corridoio buio, ancorché illuminato da una flebile luce che proveniva dal fondo sulla nostra sinistra: scendemmo due gradini e curiosando all’ingrosso sugli oggetti posti alla rinfusa sugli scaffali ci rendemmo conto di essere in un ambiente dal fascino archeotecnologico. Ci dirigemmo verso quella che doveva essere la figura di Claudio, che intanto aveva sospeso quello che appariva essere un impegno di coordinamento di altri due giovani seduti, di fronte dietro un ampio tavolo ricolmo di testi di varia misura, ed intenti a smanettare su due portatili. La stanza era illuminata in gran parte naturalmente da un balcone che affacciava sulla linea ferroviaria. Dappertutto una grande confusione tipica degli ambienti di studio e di arte; non ne potevamo essere sorpresi né tantomeno potevamo ergerci a giudici severi:  casa nostra spesso aveva posseduto  quell’aspetto.

Sì, di Claudio avevo già sentito parlare come di un operatore culturale intelligente ed originale; sapevo ma, come troppo spesso è accaduto, la lontananza non mi ha consentito di mantenere i vecchi contatti o di costruirne di nuovi.  Non è che non ci abbia provato, ma poi il ritmo della vita a circa 900 poi 600 chilometri di distanza non me lo ha permesso. Non sapevo, però, di queste due grandi passioni di Claudio: quella per l’archeocinema e quello per il recupero bibliografico di testi attraverso la digitalizzazione, anche di testi unici ed introvabili.  Egli  ci fece accomodare, la qual cosa con il caldo e con la stanchezza che non veniva meno era gradevole;  ci offrì dell’acqua fresca che era quel che desideravamo e ci raccontò di alcune iniziative sul territorio flegreo in relazione agli anni ed ai temi del bradisismo ed alle bellezze archeologiche riprese e montate con l’ausilio di strumenti modernissimi come i droni e le centraline digitali. I ragazzi intanto uno dopo l’altro stavano andando via ed anche Claudio sembrò mantenere la pazienza con noi per cortesia.    Bastò uno sguardo tra me e Marietta e “Ti ringraziamo, passeremo nei prossimi giorni. Semmai ti chiamiamo per fissare con comodo”. E dopo esserci scambiati i numeri di cellulare ci salutammo.

Riprendemmo a salire, confortati dal ristoro materiale e culturale, verso il Carmine. Le scale sono basse e lunghe e se non si ha fretta sono meno faticose di tutte le altre che dal mare portano in collina. C’è un gran bel panorama quando si passa sotto il complesso dell’Immacolata  i cui muri sono cosparsi di ottime piante di cappero. Arrivati al culmine mentre si dà un ultimo sguardo al panorama del golfo ed alla struttura della chiesa barocca di San Raffaele da un lato e dall’altro della Villa Avellino, ci si trova davanti all’ex residenza dei carabinieri ora trasformata in uno splendido elegantissimo complesso residenziale. Subito dopo c’è il Cinema che porta il nome della più importante figura artistica vivente di Pozzuoli, Sofia Loren.

Pian piano eravamo tornati sotto casa.

“Fru fru” la nonnina con lo sguardo smarrito catatonico vagava tra le auto in sosta. “Fru fruuu” e sapemmo che si trattava di una gattina randagia che tuttavia di norma a quell’ora gradiva servirsi al desco dell’anziana donna e quel giorno non si era presentata……. Ci descrisse come era e gli occhi trasmettevano affetto per una sorta di figliola o nipotina surrogata. Per qualche attimo girammo lo sguardo affacciandoci anche sotto le auto; qualche gatto c’era ma non corrispondeva alla descrizione e tra l’altro non mostrava interesse al nostro richiamo. Salutammo la vecchina augurandole di poter ritrovare Frufru. Ed in modo irriverente mi venne in mente un classico della canzone napoletana, “Dove sta Zazà”.

 

J.M.

 

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