AGOSTO FLEGREO 2018 – 2

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AGOSTO FLEGREO 2018 – 2

 

E ce ne stavamo seduti su queste assi, mentre di fronte a noi su un banco colmo di oggetti indistinti e non particolarmente invitanti alcune donne svolgevano il ruolo di organizzatrici di una “Pesca di beneficenza” certamente allo scopo di coprire parte delle spese dei vari eventi previsti. Erano molto indaffarate e questo deponeva a favore del successo della loro iniziativa. Avevo intravisto tra loro un volto familiare di tempi molto lontani: una signora  che all’apparenza evidenziava il suo essere a capo del gruppo; tutte le altre signore infatti si riferivano a lei ed anche i ricavi affluivano sotto il suo diretto controllo. Dai miei ricordi ad oggi sembrava  non essere trascorso molto tempo: segno che l’età oggettiva non aveva prodotto cambiamenti nella fisionomia.

“Ciao. Ti ricordi di me?” rivolgendomi a lei ho allungato la mano, dopo essermi alzato ed essere andato sul davanti del banco. “Certamente! Come stai? Abiti al Nord?” “Sì, a Prato ma di tano in tanto ora che sono in pensione ritorno qui” e “Allora? Hai trovato la nostra città migliorata?” Di fronte a questo tipo di domanda mi sento disorientato e rispondo vagamente, genericamente con un “Sìììì…” strascicato seguito da un “Insomma!”. Per fortuna, a salvarmi da questo imbarazzante quesito si è affacciato un altro volto per me noto, avendolo già incontrato in altre mie occasionali puntate flegree.  Me lo presenta come suo marito ed a quel punto mi sovviene che avrei dovuto ricordarmene ma mi mancavano i punti di riferimento: per me erano tutte facce note ma difficilmente accostabili per parentele ed affini. “Sì, ci siamo già incontrati al Circolo; a proposito come stanno i miei amici di infanzia e di gioventù?”   mi riferisco a due fratelli che vivevano nella mia prima abitazione in via Campana 25, quella in cui sono arrivato dopo essere nato a Napoli e ad un grande artista dal volto di pescatore, un po’ stanco ed invecchiato già qualche anno fa, a cui risale l’ultima volta che l’ho incontrato. “Sì, qualche volta lui (l’artista) viene giù ma il maggior tempo ormai lo dedica alla sua famiglia”.

Le campane suonano e gli altoparlanti lanciano a tutto volume i salmi a significare che a secondi uscirà la processione. Ed infatti i fedeli sciamano già per collocarsi in posizione utile ad essere in prima fila sia ai lati che alle spalle della statua. Lascio il dialogo e recupero Mary che intanto aveva trovato degli amici che le ricordavano gli anni dell’Alto Veneto. Li salutammo e “Mi ha chiesto se avessi trovato dei miglioramenti nella città…!” e Mary “E tu? Le potevi chiedere in che senso!”.   “Ma in che senso vuoi che te lo chiedano? A me sembra semplicemente un modo come l’altro per non dire niente. Vale un “come va? Stai bene?” così giusto per dire qualcosa di inutile ad una persona che non vedi da decenni”.

Il problema vero è che questa città opera come una Penelope, che di giorno fila la tela e di notte ne smonta le trame. In più e diversamente dalla donna di Ulisse a Pozzuoli quel che si fa o di giorno o di notte si disfa negli stessi periodi indistintamente e progressivamente, con il risultato che quel che poteva essere un abbellimento  finisce per diventare più brutto e tremendo di quel che c’era prima.

 

J.M.

 

 

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