IL DEGRADO STRUTTURALE DEL POPULISMO e i rischi che corriamo

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IL DEGRADO STRUTTURALE DEL POPULISMO e i rischi che corriamo

Non è possibile affrontare i nodi nazionali ed internazionali che il nostro tempo ci presenta  senza l’Europa. Lo era già da prima, molto prima; ma oggi, di fronte alle problematiche  collegate da una parte ai nazionalismi diffusi e dall’altra alla necessità di fronteggiare emergenze mondiali, è ancora più urgente.

Parto con affermazioni ovvie, perfino banali, per segnalare gli immensi pericoli connessi alla volontà espressa dagli attuali nostri governanti in un contesto peraltro sempre più caratterizzato da una parcellizzazione di egoismi e visioni sovraniste che molto difficilmente  potrebbero comprendersi e convergere su una linea comune che non preluda a soluzioni apocalittiche, quelle che con l’idea di Europa che molti dei nostri “padri” hanno costruito abbiamo potuto evitare per più di mezzo secolo.

Tra poco più di un anno l’Europa potrebbe cambiare; sarà ancor più nostra responsabilità indirizzarne gli obiettivi anche alla luce delle esigenze che vengono espresse da una larga parte delle popolazioni. Non sono qui a negare la legittimità di una forza di Governo a pretendere con forza che tutti i Paesi dell’Europa in modo indistinto e secondo un piano condiviso aprano le porte a coloro che fuggono da teatri di miserie e di guerre; rilevo tuttavia che tale richiesta cozza contro le idee di Paesi che altrettanto legittimamente negano l’accoglienza di tali immigrati. L’Europa è in questo senso estremamente disarmata, incapace ed impossibilitata ad agire se non di fronte ad emergenze umanitarie palesi.

Devo dire tuttavia che il nostro Paese pur avendo dimostrato di possedere una grande apertura nell’accoglienza di tantissimi immigrati non è stato in grado di organizzare al proprio interno un progetto di integrazione diffusa. I Governi di Centrodestra e quelli di Centrosinistra che si sono alternati e susseguiti nel corso degli ultimi venti anni non sono stati in grado di educare la popolazione ad accogliere ed integrare positivamente queste masse. Il tutto è peraltro avvenuto con la complicità di linee di politica economica e strutturali che si riferivano a forme neocapitalistiche che hanno progressivamente impoverito i ceti medi, che sono divenuti di riflesso il serbatoio di voti per populisti e sovranisti, diffondendo posizioni razzistiche di rifiuto totale verso gli  immigrati. Gravissimi sono stati gli errori del Centrodestra, ma molto di più lo sono stati quelli del Centrosinistra che hanno prodotto sconquassi in particolare nel loro elettorato.

Alla base di tutto c’è stato certamente  il rifiuto “organizzato” da parte di numerosi Enti locali afferenti alle Destre che hanno negato l’afflusso di poche unità di immigrati sui loro territori. Davanti a questa pur legittima opposizione si sono verificati concentramenti abnormi in poche realtà soprattutto urbane, anche per questo motivo male organizzate pur in presenza di interventi  onerosi che hanno visto in azione numerose cooperative sociali, molte delle quali fondamentalmente inadeguate a svolgere tali ruoli ma ben pronte ad assumerseli. Hanno avuto di certo il loro bel da fare in situazioni di continua emergenza: molto guadagno ma una grande confusione.

E’ evidente che occorrerà continuare a riflettere su questi temi: l’immigrazione non si fermerà per le urla di qualche tribuno locale. Né peraltro è pensabile che basti dire “aiutiamoli a casa loro” per fronteggiarla. Soprattutto perché finora molti di quelli che lo hanno detto lo hanno fatto a loro vantaggio; escludo a tutta evidenza  la miriade di persone per bene (ne conosco tantissime) che hanno inteso dedicare parte o tutta la loro vita alla cura di quelle popolazioni.

Ma chi pronuncia di nuovo quella frase è un ipocrita che non tiene conto volontariamente delle connessioni  mondiali che stanno ancor più impoverendo quei territori con interventi monocolturali spropositati e depauperamento delle risorse, all’interno di un neocolonialismo perverso. Se non lo sa è un ignorante che non è degno di rappresentare un Paese a livello non solo europeo ma mondiale.

 

J.M.

 

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