L’inutile dannosa pervicacia

 

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L’inutile dannosa pervicacia

Insistono, non vogliono capirlo. Eppure non siamo stati zitti. Dico “siamo” non per utilizzare il “plurale majestatis” che non mi appartiene, ma perchè insieme a me hanno percorso lo stesso tragitto politico moltissime persone. Ne sono prova iniziative e documenti collettivi che negli ultimi dieci anni dall’avvio del percorso costitutivo del Partito Democratico fino a “oggi” sono stati prodotti.

Abbiamo affermato il nostro pensiero partendo da quelli individuali, affinati al magistero del confronto dialettico. Da analisi siamo pervenuti a sintesi e le abbiamo proposte, raccogliendo  adesioni sia convinte sia ipocrite, queste ultime soprattutto da parte di dirigenti che tendevano a calmierare le passioni procrastinandone gli effetti più avanti possibile. Come scrivevo l’altro ieri, la corda poi si rompe.

Le abbiamo espresse le nostre critiche, non sotto forma di slogan: abbiamo avanzato proposte, che tenevano conto di quel che interessava alla gente. Se ne sono infischiati; è successo a Prato ma non soltanto qua: in tante altre parti del nostro Paese c’era chi argomentava in dissenso. E veniva ignorato, umiliato, mortificato. I luoghi delle discussioni non erano più adatti al metodo che la leadership locale e nazionale avevano privilegiato. Il mondo era cambiato e non ce ne eravamo accorti. Così dicevano in modo tronfio i vincitori e c’era chi, alla fin fine, non ne faceva un dramma, mentre molti di noi avevano ben compreso che i “luoghi” delle scelte sarebbero stati sempre più luoghi chiusi.

Il 4 marzo è accaduto che i nodi molto rappresi dalle concrezioni siano stati sciolti ed è apparso a tanti di noi, che ormai non avevano più nulla in comune con quel Partito, che fosse giunto il momento di aprire una riflessione sui colpi mortali che erano stati inferti ai valori ed ai principi di Sinistra.

A circa sei mesi dalle elezioni non c’è segnale di critica a tutto campo sulle politiche attuate; c’è una difesa strenua di ciò che è stato fatto, che non fa giustizia avverso le baggianate del Movimento 5 stelle e le giggionate della Lega. Sono tutti impegnati in un gioco di ruolo che non tiene conto di quel che è sempre più necessario fare, non certamente i pannicelli caldi “as-si-sten-zia-li” del “reddito di cittadinanza”, rincorrendo il quale rischiamo di andare in default. Non basta parlare di rassicurazioni; quando i conti salteranno oltre il dovuto sarà troppo tardi.

Intanto tutto tace, al di là di schermaglie per candidarsi, senza pestare i calli di qualcuno che si vorrebbe alleato. E tutto va avanti, fino al baratro.

 

J.M.

 

beni-comuni

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