PERCHE’ L’UNITA’ DELLE SINISTRE deve essere “oltre” il PD

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PERCHE’ L’UNITA’ DELLE SINISTRE deve essere “oltre” il PD

Nelle vicende storiche, in quelle personali o collettive di donne ed uomini normali, quel che avviene si spiega come conseguenza di altre vicende che si sono verificate e snodate nel corso del tempo. Quel che accade non è il frutto di una casualità né l’espressione di un capriccio individuale che può coincidere con scelte di singoli e di gruppi in modo indistinto.
Anche per questo motivo la scelta di costruire un nuovo soggetto di Sinistra che coinvolga le Sinistre è per tante e tanti la conclusione di un percorso di ricerca meditato a lungo e che ha a che fare con la consapevolezza che non vi sia altra scelta nella rappresentanza di quelle che sono le principali urgenze da affrontare relative ai bisogni in primo luogo davvero primari della stragrande maggioranza della popolazione. Indubbiamente la principale forza che si avvale solo in parte di un retaggio antico di Sinistra ha vissuto progressivamente un degrado culturale e politico che l’ha allontanata dai valori fondamentali avvicinandola sempre più ad un neocentrismo depositario di valori capitalistici più consoni alle Destre, ancorché illuminate democratiche e liberali.
Le scelte politiche del Partito Democratico sono dunque state forgiate dagli interessi dei gruppi finanziari e imprenditoriali. Quel Partito si è così allontanato dal mondo che lo aveva sorretto, preferendo acquisire meriti da parte di una leadership arrogante insensibile ed aggressiva nei confronti delle richieste dei più deboli.
La crisi attuale di quel Partito è tutta inscritta in quel quadro che molto sinteticamente ho qui sopra delineato. Di fronte alla crisi solitamente si risponde con una presa di coscienza oppure con un’alzata di spalle. Il Partito Democratico, la sua dirigenza “in toto” con minime prese di distanza, ha scelto il secondo atteggiamento. Ancor di più, ancor peggio, questo Partito ha riconosciuto gli addebiti ma non ha proposto le soluzioni; ancor più, ancor peggio, i maggiori responsabili di queste “storie” sono stati riconfermati nei loro ruoli e, quando può apparir bene, dirigono nell’ombra i fili dell’agire politico sia sui territori che a livello nazionale. Per capirci, Renzi è solo apparentemente “dietro le quinte”: c’è, è lì, ma ancora dirige i fili dei suoi burattini. La stessa cosa accade nelle realtà periferiche.
Quel che ho scritto è un semplice preambolo: sintetico quanto basta. Voglio infatti rispondere a compagne e compagni che avvertono il rischio di nuove divisioni e potrebbero essere disponibili ad un ultimo appello all’unità da parte del PD, semmai accompagnato da una sorta di anatema verso coloro che vadano lavorando per un’altra forma di UNITA’, scaricando su di loro l’eventuale probabile inevitabile debacle a favore della Destra. Spero non si lascino incantare: sono sempre gli stessi, non hanno riconosciuto gli errori e quando hanno accennato a farlo non hanno poi dato seguito a quell’atto. Continueranno a dire: “Compagni, non è il momento!” rispondendo alla vostra richiesta di una revisione; e vi prenderanno per la gola.
Qualcuno “sembra” esserci cascato in quella trappola; ma non è così. Vecchie volpi, “pesce ‘e cannuccia”, creduloni dalla bocca buona ed in perenne attesa di un riconoscimento. Loro, questi ultimi, diranno che sono alternativi: pura ipocrisia d’accatto.

Joshua Madalon

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LE CULTURE – UN NUOVO VIAGGIO

Qualche mese fa scrivevo un post con altro titolo; lo ripropongo con diverso titolo e pressoché identico contenuto (tranne i riferimenti alla precedente occasione, che potrebbero essere inutilmente fuorvianti).
J.M.

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LE CULTURE – UN NUOVO VIAGGIO

In quell’occasione mi sorprendeva la posizione quasi defilata del tema “Cultura”.
Sarà una mia fissazione: ma la CULTURA dovrebbe essere al primo punto dell’agenda politica perlomeno nelle accezioni che io ho da sempre dato a questo termine.

Non penso infatti a quella CULTURA legata agli eventi ed a ciò che gira intorno ad essi, legati essenzialmente al business. Quella è in linea di massima una forma di subcultura, sottomessa al mercato ed a quello collegato indissolubilmente. Quella Cultura non può interessare il processo civile del Paese, non può avere status di attenzione particolare per una formazione politica di Sinistra che voglia rinnovare, cambiare “davvero e non in modo propagandistico fittizio” dalle fondamenta, la vita delle nuove generazioni.
Quel che noi “oggi” osserviamo e giudichiamo negativamente della nostra società (lo scarso rispetto delle regole, la valorizzazione dell’apparire, il disprezzo per il merito, l’umiliazione verso i deboli) deriva dalla scarsa considerazione verso le tematiche culturali, del sapere e della conoscenza che nel corso dei decenni una classe dirigente spesso incolta e famelica di potere ha prodotto. Ne sono segnali incontestabili il degrado progressivo della contesa politica con l’apparire di movimenti che hanno finito per valorizzare personaggi populistici e demagogici (non solo quelli afferenti al M5S).

Sarebbe altresì importante approfondire un’analisi severa sulle ragioni per cui si vanno riproponendo in modo crescente formazioni che afferiscono alle Destre più aggressive e razziste.

La CULTURA, dunque, sia al centro del Progetto politico dei prossimi anni. Una grande Rivoluzione Culturale non necessariamente configurata come alcune di quelle che abbiamo conosciuto come “imposte” dall’alto! Una grande Rivoluzione Culturale che riprenda idealmente il percorso, ad esempio, delle straordinarie esperienze delle 150 ore (anche in questo caso non mi riferisco ad una riproposizione di quei momenti e di quel periodo, essendo passati più di quaranta anni da allora). Mi piacerebbe che la parola CULTURA venisse abbinata a “del Lavoro”, dell’Ambiente”, “della Salute”, “del Sapere e della Conoscenza”, “della Legalità”, “dei Diritti”, “delle Differenze” e “dell’Umanità”.

Fondamentale dovrà essere il riferimento costante alle “periferie” cuore pulsante della vita di ogni città, piccola, media e grande, soprattutto per le ultime due categorie. Negli ultimi decenni si è avuta maggiore attenzione per i centri storici, lasciando alle periferie le briciole dell’attenzione politica, spesso collegate ad interessi personalistici e senza una vera e propria progettualità che ne affronti le emergenze, il degrado, l’abbandono.

Joshua Madalon

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IL POLVERONE

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IL POLVERONE

Non c’è molto di nuovo sotto il sole del nostro Paese in questa fine anno 2018. Anche quello che viene alla luce attraverso le indagini degli organi inquirenti qui a Prato in relazione a fatti che sarebbero avvenuti nel corso degli ultimi anni nella gestione dei migranti da parte di una grande cooperativa quasi certamente confermerà la profonda trasversale ipocrisia della classe politica ed amministrativa che ha governato questa città. Perchè, come spesso accade, si scoprirà che molti sapevano, molti vedevano, molti sospettavano ma “tutti” alla fin fine si tenevano per mano. E non c’è Destra, Sinistra o Centro, o Movimenti vari, che possano tirarsi fuori dalle responsabilità. Il colmo dell’ ipocrisia è peraltro espressa da chi pensa di lucrare su queste vicende dal punto di vista elettorale da Destra; basterebbe ricordar loro che di fronte alle proteste dei migranti che lamentavano di non essere trattati bene, si rispondeva con forme esclusivamente xenofobe. Mentre sarebbe stato più produttivo andare a fondo di quelle denunce. Non ne parlo con ampia cognizione di causa e dunque attendo i risultati delle indagini. Ritengo tuttavia che la gestione dei migranti non sia stata – e ancor più oggi non lo sia – condotta in piena regola. In modo particolare in relazione ai progetti di integrazione che sono stati vanificati all’interno di strutture – i CAS – spesso decentrate e affollate a causa del rifiuto di una gran parte della popolazione “italiana” che non accetta la presenza dello straniero, riconoscendo in lui esclusivamente gli aspetti negativi che mass media in fondo razzisti diffondono. Tutti concentrati in quei luoghi fa diventare difficile la convivenza sul territorio procurando in ultima analisi un’apparente certezza delle percezioni negative.
Indubbiamente serve alzare il polverone da parte del Centrodestra governativo (Lega e M5S) su queste vicende, senza attendere che si accerti la verità, per allontanare dall’attenzione della gente gli scarsissimi risultati del Governo, espressi all’interno della Legge di Bilancio, che si tiene in piedi ancora una volta, come sempre, alzando la pressione fiscale, operando prelievi su assegni pensionistici ai limiti della povertà ed operando forti tagli e riduzioni di spesa su Scuola e Sanità. In piena confusione sui fondamentali pilastri programmatici (quota 100 per le pensioni – reddito di cittadinanza) non sanno che pesci pigliare, tranne che suggerire elenchi “fantasma” di cose fatte e consigliare ai sostenitori di spiegare meglio i successi del Governo a qualche parente nel corso dei “cenoni”.

Joshua Madalon

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Si chiamava Christmas Blues e io non lo sapevo!

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TEMPO DI SINTESI

Le mie assenze sono il segno di una forma schizofrenica mai portata agli eccessi e per questo motivo non sempre evidenziata. Si accentuano quando si annunciano momenti di passaggio come la fine di un anno caratterizzata peraltro da una situazione meteorologica che tende al declino collegata ad un periodo dell’anno astronomico che non offre sufficienti garanzie a chi è depresso.
E allora mi soffermo a riflettere sullo stato delle cose, su quel che ho fatto e su quel che non sono riuscito a fare. Sin da quando ero fanciullo la mia condizione esistenziale mi conduceva a rinchiudermi nel mio “io” proponendo un aspetto di me che era in controtendenza rispetto agli standard di uomo mediterraneo latino: di me la famiglia di una zia che era emigrato nel Regno Unito per amore diceva che avevo un carattere britannico, austero e riservato. Certamente ero talvolta immerso nei miei pensieri, imbronciato (‘o pizzo a chiàgnere” diceva di me mia suocera) e tormentato da oscuri pensieri.
Comprendo tuttavia che le complessioni opposte, che si ritrovano tra quelle persone che si danno un gran da fare a ridosso delle feste natalizie e del passaggio tra l’anno vecchio e quello nuovo, siano il frutto di un’esorcizzazione estrema verso la fine della vita e l’esigenza di non essere troppo critici nei confronti di se stessi, utilizzando a proprio vantaggio una forma di “carpe diem” non sempre interpretata culturalmente e scelta consapevolmente.
Ho da sempre vissuto in modo schivo i tempi della “caciara”, cercando di utilizzare quella parte della vita per riprendere in mano i fili del discorso talvolta interrotti dal ritmo frenetico dei giorni che man mano sono diventati sempre più corti con il passare degli anni.
Non mi è mai tuttavia – forse in virtù di questo carattere – venuto in mente di coinvolgere altri (dai più vicini ai più lontani) in questo mio comportamento e, fino ad oggi, l’ho conservato dentro di me come un necessario segreto, figlio di quella mia riservatezza congenita.
Forse d’ora in poi cambierò, forse no. Di certo, chi si muove come me non ha molto da chiedere agli altri, oggi più che ieri e domani ancora più di oggi; ma, come ieri oggi e domani, non sono disposto neanche a svendere le mie idee per uno o due piatti di lenticchie, che di questi tempi sarebbero anche beneagurali per l’Anno nuovo!

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UN VERO DISASTRO

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UN VERO DISASTRO

Càpita abbastanza spesso sui social dover dialogare con alcune persone note o ignote, ma degne a parer mio di attenzione e cura, nell’occasione in cui ci si ritrova a discutere criticamente di Politica. Ho discusso a lungo negli anni passati con coloro che si ergevano a difesa dei Governi con marchio PD e Renzi, in modo animoso ed a volte superando le righe della moderazione. in qualche occasione di fronte all’impossibilità di un dialogo sereno abbiamo anche rotto i rapporti. Indubbiamente non è facile contrapporsi attraverso forme sintetiche ed i social non sono fatti per ospitare sproloqui dettagliati.
A volte la critica politica verso le azioni dei Governi del Centrosinistra intercettava le posizioni del Movimento 5 Stelle. Ne conoscevo i limiti “democratici” collegati alle modalità di adesione, ma indubbiamente alcune proposte avevano un lieve odore di Sinistra, di giustizia, di equità, di rivoluzione. Peraltro la campagna referendaria del 4 dicembre 2016 è stata condotta da tante persone che appartenevano a forze politiche trasversali, comprese quelle del PD, degli ex PD, della Sinistra ma anche del M5S.
Molte campagne di quest’ultimo movimento erano condivisibili: la moralizzazione del mondo politico, la riduzione obbligata dei tempi di un percorso politico che non diventasse mai “carriera”, la riduzione delle spese della Politica fino ad arrivare alle questioni legate al mondo del lavoro che partivano dalla critica comune al Job’s Act ed alle conseguenze della riforma Fornero. Non convincevano invece le soluzioni proposte per aggredire la tragedia della disoccupazione perché non avevano sostanza culturale socioantropologica che ne reggesse l’impatto concreto nel corpo vivo del nostro Paese.
Quel che è avvenuto il 4 marzo 2018 ha poi prodotto un vero e proprio disastro politico. L’approdo condiviso tra M5S e Lega verso un contratto per il Governo misto all’ambizione non del tutto fuori luogo messa in campo da Di Maio e Salvini, che non volevano perdere l’occasione di far valere i loro ruoli, è in questo momento un serio pericolo per la nostra democrazia. In sè e per sè il M5S aveva un’anima trasversale, comprendendo Sinistra, Centro e Destra; ma l’accordo con la Lega ha creato una miscela esplosiva che sta portando l’Italia verso la Destra. Ne è la riprova la ripartizione sempre più favorevole alla Lega all’interno dei sondaggi sulle intenzioni di voto.
Le scelte politiche portate avanti dal Governo risentono di questa presenza predominante della Destra, anche se tra le due forze politiche sembra reggere un accordo: ciò ovviamente non depone a favore del Movimento pentastellato, costretto essenzialmente a subire anche con numeri alla mano (andate a leggervi i sondaggi) l’azione leghista. Ed è così che si sta dando vita ad una Legge Finanziaria che non ha una vera e propria anima distintiva, essendo una corta coperta che viene tirata con diversa forza da una parte e dall’altra.
Tornando alla intro di questo post intendo riferirmi alle “critiche” acide di alcuni difensori acritici del M5S che ad un mio post attaccano con formulazioni che si riferiscono a quanto non siano stati in grado di fare altri Governi (in particolare quelli Renzi-Gentiloni, io credo) e rafforzano questa invettiva con l’elenco di alcune scelte politiche di quei Governi che avrebbero prodotto danni, evidentemente maggiori. A volte temo però di creare un equivoco allorquando sinteticamente affermo di aver condiviso (vedi sopra) quelle critiche in decine di miei interventi su questo Blog: vi assicuro che non ci guadagno nulla se entrate sulla mia Pagina. E, tutto sommato, poi sono molto fiero di esprimere con ragionamenti le mie critiche. Credetemi, in gran sintesi: sarà un vero disastro!

Joshua Madalon
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La Politica senza l’apporto della Cultura – delle Culture – è una pratica arida

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La Politica senza l’apporto della Cultura – delle Culture – è una pratica arida. Uno dei motivi per cui la nostra società sta regredendo in modo vertiginoso sta nella mancanza di un punto di riferimento prioritario sui temi della Conoscenza e del Sapere da parte di quella che è stata ed è la classe politica italiana. Accanto all’incultura si ritrova in essa l’arroganza e la presunzione di essere pervenuti ai vertici fondamentalmente in modo immeritevole. Non c’è Buona Politica senza la Conoscenza profonda ed il Sapere diffuso; sono elementi base che non appartengono alla leadership vincente. Quella precedente aveva dentro di sé il germe di quella che oggi appare egemone o comunque alla ricerca della conquista di un’egemonia demoniaca. Il berlusconismo ed il renzismo hanno preparato “insieme” questo mix pericoloso per la “democrazia”, rincorrendo allo scopo di ottenere consenso i poteri forti (l’Alta Finanza, le lobbies più variegate a partire da quelle locali per andare a quelle internazionali) e dimenticando di difendere gli interessi dei più deboli. Gli stessi interventi a favore di questi ultimi sono sempre stati contrassegnati da atteggiamenti pietistici e caritatevoli che offendevano la dignità delle persone per bene, che chiedevano certezze e sicurezze per la sopravvivenza delle proprie famiglie. Si sono infatti trincerati a difesa dei loro interessi con scelte “ad personam” sia Berlusconi che Renzi. Quest’ultimo – accompagnato poi dal successivo governo Gentiloni – ha stretto accordi con la Confindustria ben sapendo che gli incentivi alle imprese per sostenere il Job’s Act sarebbero stati utili solo a far arricchire ulteriormente la parte peggiore – che è purtroppo la parte maggiore – degli imprenditori. Nel caso in cui qualcuno volesse giurare che non sia stato voluto in questo modo per insipienza, bisognerebbe anche aggiungere che non si conosce la realtà e si capirebbe come l’attuale Governo rappresenti la continuità non l’eccezione non il cambiamento non il rinnovamento che invece si vuole rappresentare populisticamente. Su quest’ultima caratteristica bisognerebbe davvero operare un approfondimento di tipo sociologico, dal momento che credo non sia una novità rappresentata da Salvini e Di Maio, ma sia stata ben preparata dai venti anni precedenti, culminati in quello sciagurato Referendum del 4 dicembre 2016. Ad ogni modo e senza alcun dubbio coloro che verranno di fronte alle macerie dell’incultura – generate, si spera, da una guerra senza morti e feriti, senza prigionieri e torture – dovranno cominciare a recuperare il gusto del bello e del sapere, interrogando prima di tutto se stessi nel profondo, partendo dal dubbio e rinunciando alla certezza assoluta del proprio credo.
In generale questa apatia che ci ha bloccato le menti accompagnata da un pragmatismo ideologico funesto va abbandonata. Bisognerà partire certamente dai valori fondamentali retaggio delle Rivoluzioni culturali dei secoli passati ma con l’obiettivo di analizzare gli errori e procedere per la creazione di una società che sappia partire dalle Culture, abolendo l’Ignoranza.

Joshua Madalon

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IL FUTURO DELLA SINISTRA

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IL FUTURO DELLA SINISTRA

Ho speso molta parte del mio tempo a tracciare il mio pensiero politico sulle vicende degli ultimi anni. Sono da un po’ di tempo convinto, dopo essere passato per una serie di delusioni – o illusioni, che tutta la storia del Partito Democratico così come si è venuta a concretizzare, subito dopo – o addirittura “durante” – la sua fase costitutiva, sia stata una vera e propria beffa nei confronti di quella parte che aveva dato fiducia ad un progetto di rinnovamento dei metodi e delle scelte politiche, dopo gli anni della Prima Repubblica ed i tentativi di costituire un blocco progressista democratico di Sinistra. Non ho mai accettato la posizione dei compagni della Sinistra che non aderivano a quel progetto, anche perché probabilmente con il loro dissenso non hanno consentito al nuovo Partito di affermare con chiarezza i fondamentali valori democratici. Detto ciò, tuttavia, sono ancor più convinto, oggi, che non si sarebbe comunque riusciti a creare una forza politica davvero innovativa nei contenuti e nei metodi. Troppi e potenti erano gli interessi particolari in gioco per consentire al “nuovo” di emergere e cambiare il verso della Politica.
Per questi motivi ho assunto insieme ad altre ed altri una posizione critica anche se sempre condotta con moderazione, punteggiata da forme caratteriali personali di rifiuto silente o di protesta dirompente. Tranne che per brevi periodi la mia, e quella di altre figure a me affini, è stata una visione di minoranza, accentuata dal “golpe” interno del renzismo caratterizzato da una serie di scelte mortificanti. In questi frangenti non c’è stata da parte di chi oggi rappresenta l’opposizione interna la consapevolezza di essere corresponsabili in toto del disastro che si è generato nel Partito e nel Paese. Taccio per ora (anche se ho già trattato questo tema in altri post) su quel che ha significato il tradimento profondo di coloro che avevano sostenuto surrettiziamente e forse in modo ignobile la posizione di Civati.
Anche le riflessioni che ho – oggi -sottomano perché Marzio attraverso una delle rappresentanti della minoranza attuale me le ha inviate in file sono eleganti ma deludenti. A scuola l’avrei descritta come “aria fritta”. Si parla di “Sinistra”, presumendo di poterla identificare come “SempliceMente Sinistra”. Ma si capisce perfettamente che si vuole ancora una volta gabellare gli umili ingenui come sono stato io per tanto tempo. La Sinistra di cui si parla è in fin dei conti una costruzione che ha lo scopo di mantenere anche se in una posizione di minoranza un ruolo ed una funzione che non è in grado di svincolarsi dai rapporti di Potere con gruppi di interesse, lobbies e congreghe varie che non hanno lo scopo di livellare i profitti a favore di chi ha perso forza economica e potere d’acquisto.
Non funziona purtroppo nemmeno la parte critica verso l’attuale (s)compagine governativa perché pur riconoscendo che le risposte del sovranismo e del populismo sono sbagliat(issime)e, purtroppo dobbiamo rilevare che sono state – e sono – le “uniche” che tentano di collegarsi al mal di pancia diffuso nel Paese, che non è stato minimamente intercettato dai precedenti Governi.
In tutto questo certamente il futuro della Sinistra non può essere quello di una galassia indistinta di monadi impazzite ed autoreferenziali ma non può – oggi – ergersi a capofila una congerie di personaggi ormai screditati – a torto o a ragione, non spetta a me dirlo – dall’aver mantenuto il bordone alla maggioranza del PD per garantirsi qualche posizione, accettando a volte anche delle umiliazioni.
Sarà faticosa la traversata e forse ci si incontrerà in qualche oasi, sperando che si sia ritrovata l’unità “ideale” non a scopi personali ma per cambiare davvero questo nostro Paese, a partire da Prato e con uno sguardo all’Europa.

Joshua Madalon

VADEMECUM di una fine d’anno 2018 – alcune riflessioni

VADEMECUM di una fine d’anno 2018 – alcune riflessioni

Non è da meravigliarsi se l’attuale scompagine governativa pur non riuscendo a realizzare le variegate e multiformi dissonanti promesse elettorali non arretra di un millimetro nei consensi complessivi. Sembra che si confermi quella regoletta matematica che tutte/i noi abbiamo imparato sin dalla tenera età e cioè la proprietà commutativa “Cambiando l’ordine degli addendi, la somma non cambia”.

Non è complicato nella necessaria semplificazione di un post, che non pretende di essere un trattato socio antropologico, comprendere che una stragrande parte della popolazione italiana trasversale per cultura e posizione geografica (la proprietà commutativa può essere applicata anche in questo ambito) aveva raggiunto un punto di non ritorno in relazione alla prosopopea della classe politica egemone in un periodo governativo che data perlomeno dalla fine di quella che è stata etichettata come “Prima Repubblica”. Il culmine di tale atteggiamento, che si collegava in modo stretto al berlusconismo rampante (epigono della “Milano da bere” o “primum vivere” craxiano), si è verificato al tempo del Referendum costituzionale che ha prodotto una profonda lacerazione all’interno proprio del mondo intellettuale progressista e democratico. La febbre del Potere non ha consentito di far intravedere a quella leadership sconfitta la necessità di fare non un solo passo indietro, ma molti di più. Ed andavano in quel momento assunte tutte le opportune strategie per un cambio rivoluzionario di metodo, che partissero dalla piena consapevolezza di non aver saputo ascoltare la parte più sana ed onesta del Paese, la parte migliore di esso. Allo stesso tempo, rincorrendo i Poteri che pur singolarmente a volte deboli costruiscono la loro Forza nel mettersi insieme in lobbies e cartelli, si è acuito il divario tra coloro che si arricchiscono a dismisura ed immeritatamente e coloro che invece vivono ai margini della società, alcuni barcamenandosi per sopravvivere, altri non riuscendo neanche più a farlo dignitosamente, altri ancora che hanno visto man mano calare progressivamente i loro redditi. Tutti insieme però hanno costituito un blocco pericoloso per la tenuta democratica: i primi, preoccupati di ricercare un approdo più sicuro per difendere i loro Poteri, i secondi, angosciati per il futuro destino proprio e quello dei loro figli e nipoti.

Quel che non è stato fatto da chi ieri governava e non è stato peraltro neanche formulato da chi era all’opposizione sia di Destra che di Sinistra, che hanno proseguito a mantenere una forma di elaborazione politica tutto sommato ideologica e testimoniale (del tipo “i più belli siamo noi, e ce ne frega del mondo!”), va avviato ora!

Non possiamo permetterci di consegnare il Paese a forze retrogade populiste e violente, antilibertarie e razziste (un razzismo diffuso che comprende le diversità, oltre che l’appartenenza a popoli); ma per poterlo fare bisognerà saper ascoltare e poi proporre declinate con i fondamentali democratici le nostre idee.

Per poterlo fare occorre, come dicevo appena qui sopra, “saper ascoltare, non presumere di sapere, avanzare proposte chiare e concrete nella loro fattibilità”.

Joshua Madalon

“Prima gli italiani…ma sì! andate pure avanti!”

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“Prima gli italiani…ma sì! andate pure avanti!”

Avevo detto a Mary “Comincia ad entrare tu…io sposto la macchina” Mi ero accorto di averla fermata davanti ad un ingresso – o forse un’uscita – del parcheggio del piccolo centro commerciale di Coiano. L’ho spostata di cinque metri, giusto lo spazio per liberare il passaggio. Mi sembrava logico doverlo fare, anche se vi erano moltissimi spazi vuoti vista l’ora, tarda mattinata, e il clima gelido del solstizio che incombe.
Ero appena uscito dall’auto ed avevo cliccato sul comando di chiusura che un’altra auto aveva ben pensato di occupare il posto che avevo lasciato vuoto. Avrei voluto dire alla signora che era al posto di guida che forse non era il caso di star lì, ma sono stato distratto da un’altra signora che era entrata nella sua auto per ripartire e, prima di chiudere la porta, aveva ben pensato di liberarsi dello scontrino, appallottolandolo e con nonchalance lasciarlo cadere come per caso là a terra.
Mary aveva intanto avviato le sue compere tra gli scaffali dei dolciumi e del pane. L’avevo raggiunta, e le ho portato via il carrello puntando sulla verdura. “Compra una riccia. La facciamo stufata e poi facciamo la focaccia ripiena” “Buona!” pensando soprattutto alla focaccia. Andai da quella parte. Le confezioni della riccia sono già cellofanate, ma vanno pesate. Guardai il codice e lo digitai alla bilancia.
Mary arrivò con i suoi acquisti; era passata anche ai formaggi e ne aveva trovato uno, squisito, al tartufo. Lo ripose nel carrello e, sollevando la “riccia” per controllarne il peso, finì per tranciarne il contrassegno con il peso ed il prezzo proprio all’altezza del codice a barre. “Pazienza!” mi spostai verso la bilancia fiducioso nella mia memoria, ma non mi ricordavo più quale fosse il numero da digitare. Allungai il collo per intercettare il settore della “riccia” ma nulla da fare. Girandomi incrociai lo sguardo severo, arcigno, di una matura signora che era dietro di me in attesa con una busta di carote ed un’altra di cetrioli. “Prego” le dissi senza avere un minimo battito di ciglia da parte sua “Prego! Ma per favore non mi guardi così” le dissi e, fatto due passi, ritrovai il codice necessario per l’acquisto.
Pensai per tutto il tempo a quell’infelice signora, incapace di sopportare la quotidiana routine della propria esistenza; e pensai a quella donna altrettanto matura, per l’età, che lasciava tracce dietro di sè e fuori dalla sua auto “lindissima”, dubitando sul suo ruolo educativo all’niterno del suo nucleo familiare ed a quell’altra incapace di osservare la realtà. Era di certo casuale tutto ciò, che fossero delle donne.
Ma, uscendo, un largo sorriso ci accolse, Mary ed io. “Da quanto tempo…! Dove eri finito?” Il nostro amico Senegalese, Moudou, un ragazzone alto ed esile con capelli e cappello di lana arcobalenato alla Bob Marley, che non vedevamo da mesi allargando le braccia si avvicinò. E fu capace di farmi dimenticare l’assurda presunzione di “essere I migliori” con la pratesità e l’italianità che serve a raccattare voti di gente modesta che avrebbe davvero tanto da imparare se sapesse aprire le braccia ed il sorriso.

Joshua Madalon

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reloaded mio post “datato” 22 marzo 2018 “PASSAGGI CRITICI – un metodo democratico necessario (che non c’è)”

reloaded mio post “datato” 22 marzo 2018 “PASSAGGI CRITICI – un metodo democratico necessario (che non c’è)”

La pigrizia ed un pc che recalcitra a suo piacimento mi spingono ad affrettarmi per il post odierno – è una riproposizione che andrebbe spiegata più a fondo, ed ha un suo senso soprattutto riferibile a quel che ho espresso forse non troppo bene nei confronti ma che ho scritto da mesi, anche quando la mia scelta tra una Sinistra di testimonianza ed una con un possibile progetto governativo mi ha portato a preferire la seconda senza mai contrappormi alla prima. Il desiderio era di rivederci presto!

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PASSAGGI CRITICI – un metodo democratico necessario (che non c’è)


Tra le riflessioni che emergono maggiormente tra tutti coloro che guardano al futuro per affrontare le conseguenze di una tornata elettorale disastrosa per la Sinistra vi è la mancanza di un metodo critico democratico che fosse in grado di far emergere gli aspetti negativi dell’azione di Governo e di produrre analisi concrete per agganciare parte dell’elettorato deluso.
Se per il Partito Democratico questa mancanza di metodo è da assegnare al suo ruolo di “maggioranza” ed alla presunzione del suo gruppo dirigente, per altre forze che si sono – e sono state – “rappresentate” come di “Sinistra radicale” può servire come giustificazione soltanto la fretta con la quale si è dovuto procedere alla elaborazione di un “Progetto”, ivi compreso il nome (mi riferisco chiaramente a LeU) ed il Programma, elaborato il primo in un ristretto “caminetto” ed il secondo con cinque “dibattiti tematici aperti” della durata di una giornata. Ho assistito ad uno solo di questi dibattiti e ne ho ricavato il ragionevole dubbio che non siano serviti a produrre – se non che in minima parte – il programma.
Nel corso della “campagna elettorale” ho scritto molti post sul Programma e ne ho rilevato alcuni aspetti che stridevano ragionevolmente con la logica di fondo che dovrebbe possedere una forza di Sinistra che voglia avviare un processo di rinnovamento e di cambiamento partendo dal basso.
LeU prosegue un percorso, in questa fase postelettorale, che presenta numerose ambiguità ed incertezze a quelle collegate. Tra l’altro più si è “piccoli” e maggiormente si dovrebbe applicare alla propria azione politica un metodo democratico, per aggregare e poter poi crescere. Invece si applica un metodo centralistico con una leadership ristrettissima ed indistinta che si muove perseguendo una linea che non ha alcuna rispondenza con il sentire comune dei “militanti” più attivi. Questo accade dappertutto e non è un mistero che produca disaffezione (in diretta seguo “PIAZZAPULITA” con le intenzioni di voto al 22 marzo dai quali LeU non avrebbe neppure rappresentanza parlamentare, essendo ben al di sotto del 3%). E’ molto difficile capire chi decida a livello nazionale cosa si fa o cosa non si fa in Parlamento: Grasso tratta con le altre forze politiche, ma quando decide chi rappresenta? A livello locale, la domanda che ho posto è: “quando si discute con l’attuale Sindaco di cosa si parla e cosa si propone?”.
E allora, diciamocela tutta: “se si fanno le assemblee, per discutere del “sesso degli angeli” e piangersi addosso e poi alla fine si annunciano incontri “di vertice” sui quali nessuno ha avuto modo di intervenire “in merito”, a questo punto o se ne ragiona prima in un incontro appositamente convocato oppure evitiamo del tutto di perdere del tempo, non raccontiamoci fandonie “pseudodemocratiche” ed ognuno viva la sua esistenza in modo libero.

Joshua Madalon

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