incontrando Norman McLaren

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incontrando Norman McLaren


Su questo Blog ho dedicato spazio ai miei ricordi, ed in particolare ho aperto una serie di riferimenti alla mia formazione professionale, culturale e politica con “da giovane….”. Il post di oggi è in parte un’aggiunta anche se ha una sua funzione autonoma relativa al contesto in cui viviamo. Gli anni di Feltre erano caratterizzati da altre battaglie politico-culturali, anche se in quella parte di Nord Est del nostro Paese si avvertivano già alcuni sentimenti ostili: ero essenzialmente “straniero” anche se accettato largamente perché il mio desiderio di conoscenza non mi faceva rinchiudere nel privato così come accadeva per tanti altri che continuavano a rimpiangere il loro personale “piccolo mondo”.

A Feltre conobbi Norman McLaren, non lui di persona ma il suo cinema sperimentale. L’incontro avvenne attraverso quelle casualità che mi hanno fatto crescere e che contribuiscono a far crescere tanti giovani: la curiosità immensa che sin da bambino mi aveva portato a costruire “ombre” che a me davano l’idea della proiezione cinematografica. Ho amato la settima Arte anche se poi non ho definito in quella direzione il mio impegno professionale. E così capitò di avere tra le mani un catalogo di filmati dell’Ambasciata del Canada e, forte anche della collaborazione già avviata con Carlo Montanaro, di concentrare la mia attenzione sui prodotti dell’animazione e del documentario. Una gran messe di filmati portava la firma di Norman McLaren, di origine scozzese, approdato nel 1941 dopo esperienze come la partecipazione alla guerra civile spagnola al National Film Board of Canada, nel quale riuscirà anche a produrre filmati di propaganda a sostegno degli sforzi bellici nella seconda Guerra mondiale, nel mentre approfondisce le tecniche sperimentali che lo faranno diventare uno dei maestri assoluti del cinema d’animazione.

In verità oggi non pensavo di dilungarmi su Norman McLaren. Senonché ho pensato ad uno dei suoi film più noti, mentre meditavo su alcuni aspetti antropologici contemporanei espressi innanzitutto attraverso i social e corroborati da una serie di risultati reali e virtuali, che stanno facendo emergere la parte peggiore del nostro Paese.

Ciò significa che c’è un ampio fondo “nero” che si è depositato nel corso degli anni di crisi ed è andando crescendo nel buio, una sorta di “vaso di Pandora” che attendeva di essere sollecitato ad aprirsi.

Ebbene, riflettendo sull’odio e la cattiveria, la volgarità e la violenza non solo – ma anche – verbale, ricordavo la sintesi di quello straordinario apologo che è “Neighbours” di Norman McLaren.

In un luogo ameno, felice, idilliaco, due vicini, molto simili conducono una vita serena, anche se qualche segnale ci avverte di una diversità di vedute: i due leggono quotidiani dai titoli diversi e contrastanti. Uno riporta il titolo “PEACE CERTAIN IF NO WAR”, l’altro è “WAR CERTAIN IF NO PEACE”. Entrambi fumano la pipa e si scambiano il fuoco, ma dietro questo quadretto ottimistico si nasconde il tema della “proprietà privata” di oggetti e territori, che spinge al dissidio. “Neighbours” vinse l’Oscar come miglior cortometraggio nel 1953.
La tecnica utilizzata è assolutamente innovativa e si inscrive nel solco della ricerca incessante di nuove frontiere mettendo in animazione non solo oggetti reali ma soprattutto per la prima volta persone reali non disegni. Straordinaria rilevanza tra l’altro ha l’uso della colonna sonora che è disegnata direttamente sulla pellicola “positiva”. Norman McLaren utlizzerà questa tecnica studiando i segni riprodotti sulla banda sonora dai suoni reali registrati e riproducendoli manualmente a sua volta in quella forma sulle bande delle pellicole da lui stesso disegnate.

Vi propongo dunque di vedere “Neighbours” e due degli altri film del grande McLaren disegnati direttamente sulla pellicola, compreso la colonna sonora, come rapidamente spiegato prima. Ho scelto “Dots” (trad.ne “Punti” o “puntini”) del 1940, anticipatore del “Minimalismo” e “Boogie Doodle” . Ma, per chi volesse, youtube aiuta gli audaci e i curiosi.

Joshua Madalon