SONO NATO CON LA COSTITUZIONE ITALIANA – un mio intervento nei primi giorni del 2008

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SONO NATO CON LA COSTITUZIONE ITALIANA

Nei primi giorni del 2008 festeggiando i sessanta anni della Costituzione italiana promulgata il 27 dicembre del 1947 fui invitato da un caro amico di Campi Bisenzio a tenere un intervento pubblico sulla nostra Carta. Quel che segue è il testo di quel mio contributo.

Come sempre mi accade in occasioni come queste, nel preparare – anche se breve – un intervento su un argomento così importante come quello di stasera sulla nostra Carta Costituzionale, ho messo insieme le poche conoscenze accumulate nei miei 61 anni con la rilettura di qualche pagina di “testimonianze eccellenti di prima mano” e cioè dei “costituenti” stessi e la lettura di qualche testo “giovane” uscito perlopiù nella stessa circostanza che ci spinge a discutere stasera, e cioè il 60° della Costituzione italiana.

La nostra Costituzione, dobbiamo dire, ha sessanta anni ma – come vorrei fosse per me – davvero non li dimostra. In questi anni spesso abbiamo sentito alzarsi voci che la ritenevano “vecchia” e superata dai tempi; ma a coloro che la considerano tale vorrei solo ricordare che una delle più belle e grandi Costituzioni, quella degli Stati Uniti d’America, ha già duecento e più anni, essendo stata promulgata nel settembre 1788, e dunque quasi 22° anni fa.

Quando gli amici mi hanno interpellato ho fatto presente che non sono un “costituzionalista” e che, oltre che essere un modesto docente di italiano e storia con la passione smodata per il Cinema, ritenevo e ritengo di poter essere ascritto più chiaramente alla categoria di “cittadino impegnato all’interno delle Istituzioni”, essendo infatti in questo periodo Presidente della Commissione Cultura e Formazione della Circoscrizione Est del Comune di Prato.
Voglio anche poter credere di essere stato invitato come tale, dunque; e come umile espressione di quella parte dei cittadini che hanno rappresentato in questo nostro Paese la “sinistra democratica e riformista” che sta contribuendo negli ultimi anni a cambiare decisamente e profondamente le regole, pur avendo il massimo rispetto verso quella prima parte della nostra Costituzione che sono i primi 54 articoli ( i primi 12 dei Principi fondamentali più tutti quelli sui Diritti e Doveri ).

Mi è parso di capire che mi si chieda di rappresentare in un “giuoco delle parti” le posizioni della Sinistra in quegli anni.

Gli eventi storici che sono stati rappresentati sono di certo alla base dei comportamenti diversi tenuti dalle diverse “parti in giuoco” ma la comune tragica esperienza dei Fascismi europei e di riflesso della Seconda Guerra Mondiale li aveva stemperati negli animi di chi, studioso di Storia, di Economia e di Politica, aveva potuto cogliere la genesi della tragedia nazionalistica e populistica nelle profonde divisioni proprio in quella parte più liberista e democratica che avrebbe dovuto raccogliere “insieme” i consensi:

Questa atmosfera è ben presente nel discorso pronunciato da Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea Costituente, l’ 8 febbraio 1947 dopo le dimissioni di Giuseppe Saragat.
Egli auspica che “dopo dibattiti lunghi ed anche appassionati, la Costituzione abbia il suggello – se non dell’unanimità dell’Assemblea – per lo meno di un tale numero di voti da dare garanzia anche ai più sospettosi e malvolenti che la nostra legge fondamentale, somma di libertà già raggiunte ed avviamento ad altre, maggiori, di sociale contenuto che essa appena delinea, non sarà frutto d’una vittoria di parte”.

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breve post – Chi è causa del suo mal pianga se stesso

Danza

Chi è causa del suo mal pianga se stesso

La distanza tra gli apparati (grandi, medi e piccoli) politici della Sinistra (nessuno escluso, in quanto tutti sodali a difesa dei propri parchi, giardini, giardinetti, orti ed orticelli) ed il sentire della gente non può essere colmata dal pannicello delle “sardine”. Anche se affollate quelle piazze sono la dimostrazione evidente della sconfitta e della debacle futura. Anche se ci si aggrappa a valori fondativi dell’antifascismo, tutti condivisibilissimi, non rimane altro ed emerge tutta l’incapacità a riprendere un cammino che sia di rinascita. Per mantenere i loro posti, ci si accorda con le lobbies, bypassando totalmente i bisogni primari della gente (in ordine alfabetico quelli che mi vengono in mente sono Ambiente, Casa, Istruzione, Lavoro, Salute). Tutti ormai capiscono che per fare Politica occorrono gli “schei” ma questo impedisce nei fatti di privilegiare gli interessi comuni, a partire da quelli minimi riferiti alla parte più debole. Invece si opera attraverso meccanismi diabolici condizionanti che finiscono per allontanare sempre più le persone dalla Politica: i più deboli, poi, verranno condizionati da ricatti vergognosi in nome di un antifascismo farlocco, che in defintiva serve a coprire le nefandezze politiche alle quali stiamo assistendo.

Joshua Madalon

che dire? ODIO ANCOR PIU I CONFORMISTI E I PARACULI QUELLI CHE SI PIEGANO AI RICATTI PER ACCONDISCENDERE SEMPLICEMENTE AL DESIDERIO DI POTERE DI SINGOLI O LOBBIES CONSORZIATE

reloaded di questo post del 23 maggio scorso

Gramsci diceva di odiare gli indifferenti. Io non solo quelli, ma odio ancora di più i falsi e gli ipocriti.

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Gramsci diceva di odiare gli indifferenti. Io non solo quelli, ma odio ancora di più i falsi e gli ipocriti.

Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
Antonio Gramsci

che dire? ODIO ANCOR PIU I CONFORMISTI E I PARACULI QUELLI CHE SI PIEGANO AI RICATTI PER ACCONDISCENDERE SEMPLICEMENTE AL DESIDERIO DI POTERE DI SINGOLI O LOBBIES CONSORZIATE

Una volta un amico mi disse: “Non farai mai carriera!” interpretando le sue ambizioni e scaricandole su di me. Alcuni pensano che ci si occupi di Politica per intraprendere una carriera. E’ una delle idee che prende piede più facilmente soprattutto nelle persone deboli; ed infatti nella campagna elettorale attuale, fotocopia di altre precedenti, lo sguardo delle persone che mostrano disgusto e disapprovazione “Siete tutti uguali! volete tutti la poltrona ed il guadagno facile” è quasi sempre lombrosianamente da idioti (anche se non lo fossero, appaiono tali) e non lascia trasparire ombra di intelligenza. Quel giudizio è peraltro offensivo in modo pregiudiziale nei confronti di quanti si affacciano alla Politica in modo genuinamente consapevole che il loro sarà un impegno civile al servizio volontario dei cittadini. Ora, che il giudizio popolare non sia stato capace di evolversi, è un dato di fatto. L’attacco è a 360° verso tutto e tutti. Colpa di una disinformazione diffusa, della quale è corresponsabile anche il servizio pubblico radiotelevisivo.
Non si può certo negare che qualcuno tra quanti sono disinformati si dedichi alla Politica con scopi tuttaltro che ideali ed indubbiamente costoro non rendono un buon servizio alla “considerazione” che si dovrebbe invece avere nei confronti di quella parte di politici ed amministratori che prestano la loro opera in modo realmente disinteressato.
“Non farai mai carriera!” e chi pensava di farla? Bastavano poche scelte oculate ed avrei potuto avere qualche riconoscimento al di là di quanto con fatica avevo già ottenuto. E, infatti lo stesso amico di prima: “Ora, se tu fossi stato più paziente, avresti avuto quel posto!” La sua era in ogni caso una riflessione che non avevo stimolato, del tutto gratuita. Anche se era vero. Non avessi rotto le scatole, non avessi lasciato quel gruppo “forse” per davvero avrei avuto quel riconoscimento. Ma non ho alcun rammarico e non cambio per nulla; non ho mai buttato il mio cervello all’ammasso. Ho una mia visione del mondo che non collima con tanti e questo mi rende felice. Metto a disposizione liberamente la mia esperienza, il mio modo di rapportarmi agli altri, la felicità di incontrare gente che mi stima probabilmente proprio per questo. Gramsci diceva di odiare gli indifferenti. Io non solo quelli, ma odio ancora di più i falsi e gli ipocriti.

Giuseppe Maddaluno

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GLI ESSERI UMANI sono tutti uguali

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GLI ESSERI UMANI sono tutti uguali
di Joshua Madalon

Un essere umano è parte di un tutto che chiamiamo ‘universo’, una parte limitata nel tempo e nello spazio.
Sperimenta se stesso, i pensieri e le sensazioni come qualcosa di separato dal resto, in quella che è una specie di illusione ottica della coscienza.
Questa illusione è una sorte di prigione che ci limita ai nostri desideri personali e all’affetto per le poche persone che ci sono più vicine.
Il nostro compito è quello di liberarci da questa prigione, allargando in centri concentrici la nostra compassione per abbracciare tutte le creature viventi e tutta la natura nella sua bellezza.

(Albert Einstein)

Quando si può, se non piove a dirotto o se fa tanto freddo o c’è un vento forte Gil e Mary escono a piedi anche solo per comprare un pezzo di pane. Non amano i piccoli supermercati vicini e quindi si allungano verso via Pistoiese fino alla Pam.
La giornata di sabato ha già l’aria di festa. Dopo alcune giornate di pioggia incessante c’è un’arietta freschina ma pulita; e non c’è vento. La palazzina dove abitano è impacchettata con impalcature ferrose ricoperte da drappi fatti di plastica tipo canapa per sacchi. Gli operai pur in una giornata semifestiva stanno lavorando a rifinire la base di alcuni balconi prima di procedere con la posa delle piastrelle.
Davanti al bar di fronte alcuni avventori osservano i lavori con il solito interesse dei nullafacenti, mentre sgranocchiano patatine e noccioline per il consueto rito dell’aperitivo. Da un balcone di fronte una giovane signora gentile accenna un saluto, al quale Gil e Mary cordialmente rispondono. Con un sorrisino beffardo rilevano come in modo ben diverso altri, nascondendo la loro maleducazione dietro una presunta timidezza, anche se salutati, sembrano non avvedersi della loro esistenza. Ma la sorpresa è in arrivo lungo il marciapiede che Mary e Gil percorrono.
Prato – quando si andava in giro per il Paese negli anni passati – era nota per il “tessile”, per il “panno”; da qualche anno invece, allorché da pratesi si rivela la loro dimora, “ci sono i cinesi?!” dicono esprimendo l’incapacità ad approfondire altre caratteristiche, come la presenza di luoghi d’arte magnifici, di un Museo dedicato al tessuto, di un Teatro che ha vissuto grandi successi, di un Centro per l’Arte contemporanea unico al mondo per la sua “mission”.
Quando cammini, particolarmente nelle vie di San Paolo, ne incontri di cinesi! Ci sono anche due famiglie nel condominio di Gil e Mary, gente operosa e molto aperta all’Occidente, e non importa se tale ampiezza di vedute sia strumentale nella forma tipica dei “mercanti”.
Non è stato semplice avviare una convivenza condominiale, ma non lo è a prescindere dalle diverse nazionalità: ad esempio, nel contesto di cui si tratta, è più difficile il rapporto tra la gran parte degli altri, autoctoni o comunque immigrati interni come Gil e Mary. Diverse questioni, a partire dal corretto conferimento dei rifiuti, per il quale tuttavia non vi è stata cura da parte dell’ente preposto a tali controlli.
Un raggio di sole illumina lo stretto marciapiede attraverso il sorriso di una piccola bimba, tenuta per mano dalla mamma, che già da qualche metro agitava la manina per mostrarsi a Gil che in realtà era stato distratto da alcuni suoi pensieri e vagava con la mente. Gil infatti se la ritrova direttamente abbarbicata ad una delle sue gambone. Vuole essere sollevata, ricorda Gil di averlo fatto con i propri figli che ora sono molto grandi e, anche se non obesi, pesanti. La solleva e la bimba lo abbraccia come se fosse pratica consueta, quella con un nonno o con uno zio. Sprizza energia attraverso gorgheggi come un uccellino…..
Anche la madre, una giovane ragazza probabilmente abituata ad un contatto non ostile, è sorpresa. Chissà quali siano i suoi pensieri e quali quelli della bimba, si chiede Gil. E’ solo un attimo: sempre sorridente, dopo l’abbraccio si sporge verso la mamma e passa tra le sue braccia. Rivolge il sorriso a Gil dal comodo nido conquistato. Chissà, pensa Gil, che non lo abbia fatto proprio per quel transito furbesco. Ma è proprio bella e gli ricorda la sua bambina. A dire il vero, a Gil ricorda in quello stesso momento un cagnolino che aveva incontrato, condotto dal suo padrone al guinzaglio: non voleva camminare e continuava a piccoli passi con lo sguardo innalzato supplichevole verso il ragazzo, rifiutandosi di procedere. Lo disse a Mary, alla quale tornò in mente subito un altro episodio con un cane di grossa taglia che praticamente si stendeva spiaccicato in un corridoio di un discount. Sorrisero e proseguirono verso il supermercato. La dolcezza degli esseri viventi ha espressioni che li rendono molto simili tra loro. Anche lo sguardo truce di un uomo o quello sprezzante di una donna può assomigliare al ringhio di un doberman.
Camminare a piedi permette di osservare il mondo gli oggetti i condomìni; meglio farlo lentamente senza avere fretta. Mary e Gil passarono attraverso i giardini di via dell’Alberaccio e si diressero verso quelli di via Vivaldi, in fondo. Mary riferendosi agli stranieri che da alcuni anni hanno cominciato ad abitare quei caseggiati si rammentò di una querelle nella quale due famiglie di un contesto complesso di ben dodici condòmini avevano portato in tribunale le altre dieci perché non avevano accettato che in due occasioni all’anno lo spazio comune venisse impegnato in incontri multiculturali coinvolgenti tutto il caseggiato compreso alcune delle famiglie formate da persone di altre nazionalità. Per fortuna, dice Mary, che hanno trovato un buon giudice, un giudice giusto che ha dato loro torto, riconoscendo la funzione civile di un contesto condominiale.
Parlando parlando arrivano al supermercato. E’ uno di quelli frequentato quasi esclusivamente da stranieri, in massima parte cinesi. La spesa è anche l’occasione in uno spazio non tanto affollato di guardare le merci come si fa al mercato generale. Non c’è molta scelta, ma ciascuno si ferma a particolari banchi. Mary al pane, Gil alle verdure; Gil ai formaggi, Mary alle carni e via via poi ci si guarda intorno e si va verso le casse. Accanto ad esse ci sono prodotti vari, dai rasoi ai chicchi dolci, dalle ricariche telefoniche alle batterie di diversa forma e potenza. C’è anche lì in fila una giovane mamma cinese con una bimbina che frigna e allunga la mano verso una mini confezione di cioccolatini. La madre la dissuade ma pur se con dignità la bimba continua a mugolare. C’è dietro Gil e Mary un signore di età avanzata che mostra visivamente di non sopportare l’espressione della bambina e con voce alta avvia ad affermare che non se ne può più di questa gente, che se ne tornassero a casa loro. Mary non può tacere e sottolinea come i bambini siano molto simili tra loro qualsiasi sia la provenienza geografica delle loro famiglie. Si avvia una controversia intorno alla educazione da impartire ai propri figli. I miei, dice quel signore là, non hanno mai piagnucolato. E lo afferma con sguardo truce. Saranno stati repressi e cresciuti nella rabbia e nel rancore, aggiunge Mary, che si becca un “cattolica di merda” dall’aggressivo signore. Mary, che peraltro “cattolica” non è, soggiunge “meglio cattolica che infelice come lei”. Il commesso ha seguito ma, professionalmente, non interviene. La bimba ha smesso di frignare, mentre gioca con i corti capelli della madre, ignara di avere scatenato un empito cieco razzistico. Gil e Mary pensano ai figli del signore, infelici e repressi. Saranno, ora, grandi e da genitori forse saranno diversi, pensano. Lo si spera, ma forse, quel signore là, non ha mai avuto figli; o perlomeno non ha mai avuto bambini come tutti quelli che noi conosciamo. E si avviano verso casa.

Joshua Madalon

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UNA NUOVA “non” recensione – ASINO VOLA

UNA NUOVA “non” recensione ASINO VOLA

Dormo poco e, quindi, di notte vado digitando sullo smartphone alla ricerca di film che non sono riuscito a vedere, ora che per tanti motivi ho difficoltà ad andare al cinema.
Quando ero ragazzo e, poi, nei primi anni della mia attività professionale trascorrevo lunghe ore nei locali cinematografici, piccoli medi e grandi.
Frequentavo i festival dove sin dal mattino e poi fino alle prime ore dei giorni successivi si guardavano film con l’interruzione per pranzo o per cena o per gli obblighi fisiologici. A volte ho coinvolto anche qualche amico o parente, ma non hanno mai resistito.

Negli ultimi anni obblighi diversi e la maledetta passione politica mi hanno costretto a diradare la mia presenza nei locali appositi; ma non ho mai rinunciato a seguire con gli strumenti tecnologici avanzati la produzione cinematografica anche se non sono riuscito mai a vedere tutto quello che valeva la pena.

Con RaiPlay recupero qualcosa, ma non riuscirò a colmare la mia profonda ignoranza.

Per di più nei mesi scorsi, dovendo fare i conti con l’età che avanza e lo spazio che – pur in appartamenti ampi come i nostri – comincia a mancare, sto cercando di mettere ordine nella mia videoteca personale che conta su non meno di 50000 (cinquantamila, avete letto bene) titoli e ho alienato parecchie centinaia di videocassette VHS cedendoli ad appassionati al prezzo simbolico di zero euro. Ho dato l’annuncio su Facebook ed ho liberato uno spazio notevole.

Stanotte durante il periodo di insonnia non patologica ho visto un altro film delizioso, pensato e diretto da uno straordinario Marcello Fonte insieme a Paolo Tripodi.
Marcello Fonte è uno straordinario interprete (nel film “Asino vola” interpreta ben quattro personaggi) assurto ai vertici della cinematogrtafia grazie ai riconoscimenti avuti per il film “Dogman” di Matteo Garrone come “miglior attore” al Festival di Cannes 2018 e all’ European Film Award dello stesso anno. Interprete sorprendente ed unicamente e felicemente anomalo.

https://it.wikipedia.org/wiki/Marcello_Fonte

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“Asino vola” è del 2015 e venne presentato in quell’anno non in concorso al Festival di Locarno. E’ un film in gran parte autobiografico, chiaramente di formazione (molti degli ambienti e delle vicende narrate appartengono alla “storia” di Marcello Fonte). E’ una favola etnoantropologica dallo straordinario impatto emotivo; è ambientata nei luoghi dove ha vissuto la sua infanzia e adolescenza Marcello Fonte, lungo le fiumare calabre dove la vita si svolge nella ricerca quotidiana di guadagnare il minimo per la sopravvivenza. E’ la storia di Maurizio Fontani, un bambino dalla sensibilità eccezionale che conduce la sua infanzia dividendosi tra un rapporto molto intenso con la gallina Angiulina e l’asino Mosè e le restrizioni economiche della famiglia, tra pratiche magiche e feste paesane. La fantasia e la passione per la musica lo accompagneranno fino all’età adulta quando, interpretato da Luigi Lo Cascio, si appresta a dirigere l’ “Ernani” al Regio di Parma. La storia di Marcello Fonte, il Marcello vero non il personaggio, ha un esito diverso anche se ugualmente positivo: la potete trovare sul web, https://it.wikipedia.org/wiki/Marcello_Fonte
Uno dei limiti del film è l’uso del dialetto calabro; uno dei pregi è dato dall’uso delle animazioni gradevoli ed accattivanti, che accompagna tante scene del film a partire dai titoli di testa. L’autore è Michele Bernardi. A dare voce a Mosè c’è Lino Banfi ed a Angiulina Maria Grazia Cucinotta.
Scusate se ho sforato in una recensione che voleva essere una “non” recensione.

http://www.asinovola.it/

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GLI ESSERI UMANI sono tutti uguali

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GLI ESSERI UMANI sono tutti uguali seconda parte

Anche la madre, una giovane ragazza probabilmente abituata ad un contatto non ostile, è sorpresa. Chissà quali siano i suoi pensieri e quali quelli della bimba, si chiede Gil. E’ solo un attimo: sempre sorridente, dopo l’abbraccio si sporge verso la mamma e passa tra le sue braccia. Rivolge il sorriso a Gil dal comodo nido conquistato. Chissà, pensa Gil, che non lo abbia fatto proprio per quel transito furbesco. Ma è proprio bella e gli ricorda la sua bambina. A dire il vero, a Gil ricorda in quello stesso momento un cagnolino che aveva incontrato, condotto dal suo padrone al guinzaglio: non voleva camminare e continuava a piccoli passi con lo sguardo innalzato supplichevole verso il ragazzo, rifiutandosi di procedere. Lo disse a Mary, alla quale tornò in mente un altro episodio con un cane di grossa taglia che praticamente si stendeva spiaccicato in un corridoio di un discount. Sorrisero e proseguirono verso il supermercato. La dolcezza degli esseri viventi ha espressioni che li rendono molto simili tra loro. Anche lo sguardo truce di un uomo o quello sprezzante di una donna può assomigliare al ringhio di un doberman.
Camminare a piedi permette di osservare il mondo gli oggetti i condomini; meglio farlo lentamente senza avere la fretta. Mary e Gil passarono attraverso i giardini di via dell’Alberaccio e si diressero verso quelli di via Vivaldi, in fondo. Mary riferendosi agli stranieri che da alcuni anni hanno cominciato ad abitare quei caseggiati si rammentò di una querelle nella quale due famiglie di un contesto complesso di ben dodici condòmini avevano portato in tribunale le altre dieci perché non avevano accettato che in due occasioni all’anno lo spazio comune venisse dedicato ad incontri multiculturali coinvolgenti alcune delle famiglie formate da persone di altre nazionalità. Per fortuna, dice Mary, che hanno trovato un buon giudice, un giudice giusto che ha dato loro torto, riconoscendo la funzione civile di un contesto condominiale.
Parlando parlando arrivano al supermercato. E’ uno di quelli frequentato quasi esclusivamente da stranieri, in massima parte cinesi. La spesa è anche l’occasione in uno spazio non tanto affollato di guardare le merci come si fa al mercato generale. Non c’è molta scelta, ma ciascuno si ferma a particolari banchi. Mary al pane, Gil alle verdure; Gil ai formaggi, Mary alle carni e via via poi ci si guarda intorno e si va verso le casse. Accanto ad esse ci sono prodotti vari, dai rasoi ai chicchi dolci, dalle ricariche telefoniche alle batterie di diversa forma e potenza. C’è anche lì in fila una giovane mamma cinese con una bimbina che frigna e allunga la mano verso una mini confezione di cioccolatini. La madre la dissuade ma con dignità la bimba continua a mugolare. C’è dietro Gil e Mary un signore di età avanzata che mostra visivamente di non sopportare l’espressione della bambina e con voce alta avvia ad affermare che non se ne può più di questa gente, che se ne andassero a casa loro. Mary non può tacere e sottolinea come i bambini siano molto simili tra loro qualsiasi sia la provenienza geografica delle loro famiglie. Si avvia una controversia intorno alla educazione da impartire ai propri figli. I miei, dice quel signore là, non hanno mai piagnucolato. E lo afferma con sguardo truce. Saranno stati repressi e cresciuti nella rabbia e nel rancore, aggiunge Mary, che si becca un “cattolica di merda” dall’aggressivo signore. Mary, che peraltro “cattolica” non è, soggiunge “meglio cattolica che infelice come lei”.
Il commesso ha seguito ma, professionalmente, non interviene. La bimba ha smesso di frignare, mentre gioca con i corti capelli della madre, ignara di avere scatenato un empito cieco razzistico.
Gil e Mary pensano ai figli del signore, infelici e repressi. Saranno, ora, grandi e da genitori forse saranno diversi, pensano. Lo si spera, ma forse, quel signore là, non ha mai avuto figli; o perlomeno non ha mai avuto bambini come tutti quelli che noi conosciamo. E si avviano verso casa.

Joshua Madalon

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Due euro l’ora e altri film

Due euro l’ora e altri film

Poche volte il “caso” bussa alla porta in perfetto orario. E’ accaduto ieri sera. Come molte altre volte, trascorro la prima parte del riposo collegandomi con il mio smartphone a RaiPlay (in tempi di Fiorello, tuttavia, non ho ancora visto una sola delle puntate del suo “VivaRaiPlay”: sarà che il titolo non mi convince!). Guardo film, documentari (molto belli quelli sul Cinema non solo quelli della RAI ma anche e soprattutto le “sintesi” di “Blow Up, l’actualité du cinéma (ou presque) – ARTE” di cui allegherò una clip per consentirvi di accedere (l’app è gratuita). Vado sulla “banda” delle opzioni e digito “On demand” e scorro le offerte.

Ieri sera, però, ho cliccato su “La mia lista”, casualmente. E mi è apparso un titolo di cui non sapevo nulla (di solito i film si scelgono e, poi, non avendo il tempo di guardarlo, lo si accantona in una “lista”. In questo caso, no. Non riesco a comprendere come mai ci fosse “quel” titolo. Forse il “sistema operativo” ha interpretato le mie sensibilità, i miei gusti, così come la “mia” propensione politica ideologica.

“Due euro l’ora”. Il titolo suggerisce immediatamente problematiche lavorative di sfruttamento della manodopera e mette a nudo questa pratica diffusa sui nostri territori capillarmente (non c’è luogo immune da essa ed è ancor più presente nelle realtà periferiche) e non esclusiva di una nazionalità (uno dei protagonisti, il perfido padrone della ditta di confezioni, è “italiano”). Le operaie subiscono trattamenti violenti, vessazioni, angherie senza avere neanche il supporto delle forze dell’ordine e questo mette in luce una delle tante questioni che non sono state affrontate con vigore per poter essere risolte (diciamo che il “buonismo” va male da una parte e va bene dall’altro).
Ovviamente, il film è molto più altro nella narrazione complessa del tema “emigrazione” che ci coinvolge: c’è chi è andata e chi ritorna, c’è chi è andato e chi vuole partire. Le terre meridionali (il film si basa su una vicenda realmente accaduta a Montesano sulla Marcellana, un piccolo comune in provincia di Salerno ai confini con la Lucania) sono sempre state povere, ma la globalizzazione ha spinto più rapidamente alla loro desertificazione.
Tutto il film è costruito in maniera egregia. Un piccolo capolavoro di cui sentiremo ancora parlare: una menzione speciale voglio tuttavia dedicare alla colonna sonora di Fausto Mesolella, straordinaria figura di musicista autore, componente degli Avion Travel (a proposito il perfido è interpretato da uno straordinario Peppe Servillo, anima del complesso), scomparso a fine marzo del 2017.

Negli ultimi tempi il cinema ha prodotto dei veri piccoli “capolavori” a basso costo che parlano del nostro Sud. Uno di questi è “Lucania – Terra Sangue e Magia” di Gigi Roccati, giovane documentarista alle prese con un vero e proprio film; è uscito nella prima parte di quest’anno. L’altro che è invece uscito da qualche giorno è “Aspromonte – La terra degli ultimi” di Mimmo Calopresti, regista di successo che ha alternato nel tempo la realizzazione di documentari e di film. Nel primo, quello sulla Lucania, troviamo Pippo Delbono che interpreta un malvivente ecologico; nel secondo troviamo Marcello Fonte. “Gli ultimi” mi richiama alla mente quel film dimenticato di padre David Maria Turoldo: siamo lontani dal Sud ma in terre altrettanto povere.

Andiamo avanti – Contenuti e non mere forme – progettualità e non personalismi

Andiamo avanti – Contenuti e non mere forme – progettualità e non personalismi

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Il letargo è finito.
Ritorno a esprimermi.
Cerco di non controbattere banalità a banalità.
Anche se qualche volta la banalità può adornarsi di semplicità per farsi comprendere.
E’ il caso per l’appunto degli apologhi.
Ricordate quel racconto del bimbo ingenuo che addita la nudità dell’imperatore?
Per quale ragione dobbiamo conformarci alle indicazioni che vengono suggerite da una macchinazione del tutto ignota?
In primo luogo molti di noi, non penso di essere l’unico anche se quando esprimo un pensiero esso mi appartiene, posseggono la capacità critica di analizzare la realtà. Poi, ci si può sbagliare; ma tanto è che possa essere errata l’idea espressa con il dito accusatorio verso di noi.
Il bimbo della narrazione di Hans Christian Andersen esprime il suo giudizio “politico” e svela gli inganni, rivelando la nuda realtà dei fatti contro la mera propaganda mediatica.
Quando ciò avviene tuttavia non si può rimanere a guardare e tirare avanti come niente fosse. Nella favola purtroppo c’è un finale amaro.

«Non ha niente addosso! C’è un bambino che dice che non ha niente addosso!»
«Non ha proprio niente addosso!» gridava alla fine tutta la gente. E l’imperatore, rabbrividì perché sapeva che avevano ragione, ma pensò: “Ormai devo restare fino alla fine.” E così si raddrizzò ancora più fiero e i ciambellani lo seguirono reggendo lo strascico che non c’era.

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I funzionari “di corte” alla pari degli apparati che somigliano sempre più a quel pupazzo che rimane “sempre in piedi” qualsiasi sia la direzione del vento proseguono il cammino in modo servile allo scopo di avvantaggiarsene prima o poi nella gara all’ottenimento di regalie sostanziose.
Ovviamente sto riferendomi anche all’epifenomeno delle “sardine”. Anche io sono di Sinistra ed apprezzo che i leaders (!) di quel “movimento”(!!??) facciano dichiarazioni favorevoli alla Sinistra, ma mi chiedo quali siano i contenuti che essi esprimono. Non ne vedo alcuno. Le dichiarazioni frenetiche degli ultimi giorni con l’apparizione mediatica non fanno che confermare il mio sgomento. Nel post di ieri anticipavo queste critiche e qualche amico mi ha scritto che “sono un po’ severo”, ma non posso essere indulgente proprio di fronte al rischio di una debacle a favore della Destra.
In realtà la critica più severa è rivolta al Partito Democratico ed alle forze della Sinistra incapaci, sia per scelta che per insipienza e per un approccio (quello delle Sinistre) troppo ideologizzato, di rinnovarsi nei metodi e nelle pratiche di Governo.
La situazione a Prato è drammatica anche se ciò non appare chiaro a tutti. Manca un progetto, manca una strategia; con la scelta di puntare al Governo della città, raccattando voti (ed ovviamente, consensi e gruppi civici di Centrodestra) da qualsiasi parte provenienti, l’Amministrazione non ha una maggioranza coesa ed è obbligata a navigare a vista. D’altra parte la stessa Sinistra nel PD (l’ala zingarettiana) è praticamente ingessata e condizionata dalle circostanze avverse (quel “non è il momento” prima delle Amministrative e delle Europee e quello incipiente delle Regionali della primavera 2020).

E nessuno pare abbia una strategia per emergere dal pantano.

Noi (plurale majestatis) non staremo a guardare.

Andiamo avanti – Il peso del coraggio (e non è solo una “canzonetta”)

Andiamo avanti – Il peso del coraggio (e non è solo una “canzonetta”)

Molte cose sono accadute in questi ultimi giorni da quando non ho scritto più alcun post su questo Blog. Ma non c’è davvero nulla di sorprendente: nè la grande confusione che permane tra le file dei Partiti (tutti) dell’attuale Governo sia le incertezze intorno ai grandi (e piccoli) luoghi di lavoro sia in quel fenomeno da baraccone travestito da “espressione democratica” che sono le “sardine”. Su quest’ultimo devo rilevare che non sono molto diverse se non nel senso peggiorativo rispetto a rassemblement parademocratici ma molto snob come “i girotondi” o “le ribellioni” interne ai Partiti (ricordate la “giovane” Serracchiani?) che poi si allineano oppure si eclissano nel breve spazio di un mattino. E non sono molto diverse da quei raggruppamenti di cui noi “anziani” veniamo saltuariamente a conoscenza e che vedono protagonisti “fenomeni” mediatici (direi quasi “epifenomeni”) banali nella sostanza e pretenziosi nelle forme, sbarbatelli e sbarbatelle che pretenderebbero di passare alla “storia” ed illudono masse ingenue ma rese schiave dai luccichii. Non mi ha mai convinto nemmeno la più quotata Greta, anche se trovo sgradevoli le critiche, in quanto i contenuti che ella esprime sono condivisibili. Le “sardine” no, non hanno un progetto. Lo hanno anche espresso con chiarezza: sono “contro” la Destra (e qui ci siamo!) ma non più di questo. Non è che il Partito Democratico post-renziano sia in una condizione migliore. L’uscita del bullo (o via, volevo dire “bello”!) di Rignano non ha avuto un seguito sostanzioso per poter dare la via libera a coloro che hanno sconfitto nelle Primarie i suoi epigoni; tanto che costoro vivono nel Limbo e non riescono ad affrancarsi da un ruolo che appare ancora di eterna opposizione (una visione diversa? No?) rispetto alla minoranza che continua a fare la maggioranza: da cartina di tornasole ha fatto “la scelta di aprire al M5S” voluta da Renzi già pronto con le valigie e mal sopportata da Zingaretti, segretario sbiadito ben prima di avere indossato i galloni. Con la solita solfa del “non è il momento” anche a Prato i rappresentanti della mozione Zingaretti che dalle Primarie “aperte” hanno ottenuto il 58,9% sono stati bloccati nelle loro legittime richieste prima con l’imminenza delle elezioni europee e soprattutto quelle amministrative comunali e poi, complici i mesi estivi (dove la Politica ancora oggi viene fatta essenzialmente “fuori” dalle stanze), si sta arrivando a ridosso delle Regionali, senza peraltro discutere di temi ma fermandosi ai nomi, scelti in strimiziti elitari “caminetti”, sempre più naturalmente lontani dal sentire comune. Va aggiunto tuttavia che non appare che vi sia una vera e propria strategia organizzativa, nè all’interno del Partito intero (zingarettiani, postrenziani, giachettiani, martiniani e franceschiniani) nè in quella parte di esso cui la Sinistra potrebbe avere maggiore attenzione.
Abbiamo bisogno di “coraggio”. Andiamo avanti!

Joshua Madalon

GLI ESSERI UMANI sono tutti uguali

GLI ESSERI UMANI sono tutti uguali
di Joshua Madalon
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Un essere umano è parte di un tutto che chiamiamo ‘universo’, una parte limitata nel tempo e nello spazio.
Sperimenta se stesso, i pensieri e le sensazioni come qualcosa di separato dal resto, in quella che è una specie di illusione ottica della coscienza.
Questa illusione è una sorte di prigione che ci limita ai nostri desideri personali e all’affetto per le poche persone che ci sono più vicine.
Il nostro compito è quello di liberarci da questa prigione, allargando in centri concentrici la nostra compassione per abbracciare tutte le creature viventi e tutta la natura nella sua bellezza.

(Albert Einstein)

Quando si può, se non piove a dirotto o se fa tanto freddo o c’è un vento forte Gil e Mary escono a piedi anche solo per comprare un pezzo di pane. Non amano i piccoli supermercati vicini e quindi si allungano verso via Pistoiese fino alla Pam.
La giornata di sabato ha già l’aria di festa. Dopo alcune giornate di pioggia incessante c’è un’arietta freschina ma pulita; e non c’è vento. La palazzina dove abitano è impacchettata con impalcature ferrose ricoperte da drappi fatti di plastica tipo canapa per sacchi. Gli operai pur in una giornata semifestiva stanno lavorando a rifinire la base di alcuni balconi prima di procedere con la posa delle piastrelle.
Davanti al bar di fronte alcuni avventori osservano i lavori con il solito interesse dei nullafacenti, mentre sgranocchiano patatine e noccioline per il consueto rito dell’aperitivo. Da un balcone di fronte una giovane signora gentile accenna un saluto, al quale Gil e Mary cordialmente rispondono. Con un sorrisino beffardo rilevano come in modo ben diverso altri, nascondendo la loro maleducazione dietro una presunta timidezza, anche se salutat, sembrano non avvedersi della nostra esistenza. Ma la sorpresa è in arrivo lungo il marciapiede che Mary e Gil percorrono.
Prato – quando si andava in giro per il Paese negli anni passati – era nota per il “tessile”, per il “panno”; da qualche anno invece, allorché riveliamo la nostra dimora, “ci sono i cinesi?!” ci dicono rivelando l’incapacità ad approfondire altre caratteristiche, come la presenza di luoghi d’arte magnifici, di un Museo dedicato al tessuto, di un Teatro che ha vissuto grandi successi, di un Centro per l’Arte contemporanea unico al mondo per la sua “mission”.
Quando cammini, particolarmente nelle vie di San Paolo, ne incontri di cinesi! Ci sono anche due famiglie nel condominio di Gil e Mary, gente operosa e molto aperta all’Occidente, e non importa se tale ampiezza di vedute sia strumentale nella forma tipica dei “mercanti”.
Non è stato semplice avviare una convivenza condominiale, ma non lo è a prescindere dalle diverse nazionalità: ad esempio, nel contesto di cui si tratta, è più difficile il rapporto tra la gran parte degli altri, autoctoni o comunque immigrati interni come Gil e Mary. Diverse questioni, a partire dal corretto conferimento dei rifiuti, per il quale tuttavia non vi è stata cura da parte dell’ente preposto a tali controlli.
Un raggio di sole illumina lo stretto marciapiede attraverso il sorriso di una piccola bimba, tenuta per mano dalla mamma, che già da qualche metro agitava la manina per mostrarsi a Gil che in realtà era stato distratto da alcuni suoi pensieri e vagava con la mente. Gil infatti se la ritrova direttamente abbarbicata ad una delle sue gambone. Vuole essere sollevata, ricorda Gil di averlo fatto con i propri figli che ora sono molto grandi e, anche se non obesi, pesanti. La solleva e la bimba lo abbraccia come se fosse pratica consueta, quella con un nonno o con uno zio. Sprizza energia attraverso gorgheggi come un uccellino…..

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