OLTRE LO STATUS QUO per una giustizia sociale

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OLTRE LO STATUS QUO per una giustizia sociale

Di tanto in tanto emergono solo come punta di un iceberg – e solo “di tanto in tanto” – le problematiche più dure ed insopportabili del “mondo del lavoro”. A Prato, la città, simbolo di una operosità intensa soprattutto espressa nel secondo dopoguerra nel settore tessile, può rappresentare solo un pallido esempio delle ingiustizie che – in tempi di deregulation a lungo tollerata – si praticano come pane quotidiano a danno dei lavoratori troppo spesso lasciati alla mercè di padroni la cui principale mission industriale è predatoria ed aggressiva. Nell’età dell’oro non mancava di certo la protervia e l’aggressività abbinata alla pretesa verso le maestranze allo scopo che fossero produttive, ma a ciò si abbinava un trattamento “speciale” sugli straordinari (molto spesso “a nero”) ed una generosità che si traduceva in “bonus” economici a fine bilancio industriale. Niente di tutto questo (con buona pace della illegalità) oggi accade; anzi, come di tanto in tanto avveniva in quel tempo lontano, la corresponsione dei compensi tarda di alcuni mesi e quando arriva è decurtata, con la giustificazione che gli affari sono stati magri; ed a volte senza alcuna giustificazione.
La Sinistra, oltre che a denunciare questo stato delle cose, dovrebbe approfondire l’origine di tali mali e produrre una giusta e sana autocritica. In particolare le principali forze sindacali, non sempre aliene da rapporti di tipo politico – ed in particolare partitico – economico, avrebbero dovuto farlo, in quanto assertori paladini della difesa dei mondi del lavoro. Se negli ultimi decenni il livello partecipativo dei lavoratori alle organizzazioni sindacali è andato sempre più scemando è anche e soprattutto perché non sono stati difesi gli interessi dei lavoratori come era giusto e sacrosanto fare. Se negli ultimi decenni sono apparse sempre più sigle che si riferiscono ad organizzazioni “autonome” e “di base” un motivo – o più di uno – pur ci sarà. E non è di certo dovuto a questioni di leadership mancate.
A Prato sono emerse irregolarità grazie alle denunce plateali di alcuni operai stranieri, soprattutto stranieri ma non solo. E’ del tutto evidente che nelle sacche create da una incerta legislazione collegata al fenomeno delle immigrazioni extracomunitarie si siano inseriti meccanismi perversi che hanno abbassato in modo “anche” illegale il costo del lavoro a vantaggio indubbio di imprenditori famelici e disonesti. Questo era sotto gli occhi di tutti e si è lasciato che accadesse: non ci sono responsabilità solo di una “parte” politica e/o sindacale. Tutti non hanno prodotto i necessari interventi legislativi affinchè ciò non accadesse, ciò non continuasse perdurantemente ad accadere. Ci si limita ad alzare le spalle, chiudendo uno o due occhi, raccontando che non ci sono sufficienti elementi per controllare. Pur tuttavia, quando c’è una denuncia si può, utilizzando personale “sotto copertura”, avviare una verifica. Si racconta che quando si arriva in una fabbrica, in un laboratorio, molti addetti dichiarino di essere “appena” arrivati: si proceda ad una identificazione e poi si utilizzino sistemi di rilevamento periodico a campione. L e forze sindacali e politiche diano un nuovo segnale di intransigenza verso queste forme di ingiustizia palese, abbandonando forme di protagonismo conflittuale che sono utili in modo esclusivo, creando qualche dubbio nell’opinione pubblica più avveduta, al mantenimento di uno “status quo” insopportabile nella sua illegalità.

Joshua Madalon

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