Parole

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“Collera” nell’uso in italiano la parola significa espressamente “rabbia”, quasi sempre violenta (“durante la manifestazione è scoppiata la collera dei giovani” oppure “in un impeto di collera ha aggredito…”). Nel dialetto napoletano invece il termine si ammorbidisce arrivando a significare “dispiacere” (‘A papà nun me fa piglià collera” dice il padre al bimbo che trasgredisce, oppure “M’’e fatto piglià collera” se il comportamento sgradito è avvenuto), ed è soprattutto un modo tenero di rapportarsi con l’interlocutore, sia esso un parente o un amico caro che ha commesso, o sta per commettere un atto che potrebbe dispiacere. Ben diverso è il senso di “raggia” (vera e propria traduzione in dialetto partenopeo dall’italiano “rabbia”): “Nun me fà arraggià” (Non farmi arrabbiare) espresso con severità e prossemica violenta, più o meno aggressiva, a seconda delle occasioni. Il termine, deriva da “rage” (francese) ed è stato evidentemente acquisito nel corso di tutte le dominazioni in larga parte del Meridione. Oltre che a Napoli

anche in Sicilia

sciopero e manifestazione

– il significato dei due termini non può essere confuse. Invece l’altro giorno, discutendo sulla “manifestazione” a sostegno degli operai della “Superlativa” di Prato e delle multe comminate ad alcuni di loro e a due studentesse fiorentine per aver partecipato ad uno sciopero il 16 ottobre scorso, una persona avveduta e riflessiva su Facebook ha confuso i due termini. La “manifestazione” di cui si parla è quella dello scorso 18 gennaio. Oltre ai danni subiti dagli operai e dalle due ragazze si protestava per richiedere il ritiro dei “decreti Sicurezza” del Governo gialloverde.

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Il commento, che però non ritrovo più, confondeva i termini: ai manifestanti il Sindaco di Prato lanciava accuse, rilevando che il corteo aveva interferito con lo “shopping” del fine settimana delle famiglie. Il post criticava i partecipanti adducendo che uno “sciopero” va fatto “contro” chi non ha rispettato le “regole del lavoro” (gli operai non vengono pagati da mesi) e non “contro” la gente comune che ha tutto il diritto di vivere in tranquillità la propria esistenza anche nel week end. In realtà non si trattava di uno “sciopero” ma di una “manifestazione” che sono due termini ben distinti. Nello “sciopero” ci si astiene per un periodo più o meno lungo dal lavoro e di solito si fanno i “picchetti” davanti alla sede della ditta; nella “manifestazione” invece ci si muove per un percorso prestabilito, anche cercando di avere consensi popolari, perché non anche da parte delle “famiglie”. A Prato il 18 gennaio è accaduto poi che la manifestazione si sia mossa deviando dal percorso, e questa è un’altra storia. Nei giorni precedenti il principale Sindacato confederale aveva criticato la manifestazione e lo stesso primo cittadino era aveva attaccato in modo abbastanza sopra le righe gli organizzatori. Appare curiosa la debolezza mostrata dalle forze dell’ordine nel consentire in “spazi davvero ristretti” – e quindi facilmente controllabili – il passaggio dei manifestanti verso la Piazza del Comune. Non dico altro, se non che condividere la posizione espressa da parte di alcune consigliere di maggioranza PD, a favore delle motivazioni degli operai e contro i “decreti Salvini”.

Joshua Madalon

….a seguire “Diseguaglianze”…….

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