“PACE E DIRITTI UMANI” un intervento di Giuseppe Panella in suo ricordo – quinta parte (vedi post 18 febbraio 2020)

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“PACE E DIRITTI UMANI” un intervento di Giuseppe Panella in suo ricordo – quinta parte (vedi post 18 febbraio 2020)

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Oggi può sembrare ovvio che intellettuali milanesi del secolo XVIII ed in particolare gli aderenti all’Accademia dei pugni voluta fortemente da Alessandro e Pietro Verri alla quale non solo Beccaria aderì fra i primi ma di cui fu uno degli animatori, non è a dire appunto che gli intellettuali che facevano parte di questa accademia non fossero intinti, impregnati, pieni di cultura francese, ma è anche vero, caso anch’esso raro, rarissimo anche nella cultura italiana del ‘700 che qui fossero gli italiani, fossero gli illuministi italiani ad insegnare qualcosa ai filosofi francesi dei quali non solo avevano ripreso ma dai quali avevano attinto la principale ispirazione per la loro opera di riforma della cultura ma soprattutto dell’Amministrazione e per l’instaurazione della felicità pubblica in Lombardia.
Non è un caso infatti che il piano di legislazione criminale di Beccaria abbia come intento non soltanto la riforma del codice penale, ma anche la riforma della società che tale codice penale deve in certa misura sostenre, nel senso che è impossibile e questo ovviamente è un dato di fatto con il quale i legislatori continuamente e quotidianamente si scontrano, è impossibile riformare in astratto un codice penale o civile se non si porta avanti contemporaneamente una conseguente riforma della società ne della cultura inerente a quella società stessa.
Il piano di Beccaria quindi prevedeva la costruzione ed il consolidamento di una società come egli scrive nell’Introduzione a “Dei delitti e delle pene”, una società nella quale gli uomini fossero tenuti insieme da un patto di uomini liberi ed in cui valesse il punto di vista della massima felicità divisa per il maggior numero. Per cui anche il codice penale, anche il codice criminale, come si diceva allora, deve avere come fine non il regno del terrore, non la punizione severa e spietata delle pene, ma il conseguimento di un ideale di felicità passivamente diffuso tra gli uomini. Per cui non solo le pene devono essere miti ma devono essere commisurate alle colpe e comminate in misura tale da renderle alla fine il più possibile inutili, il che costituisce la grande utopia di Beccaria cioè l’addolcimento delle pene in maniera tale che non siano più necessarie a guidare ed indirizzare gli uomini, ma già l’idea di una mitigazione delle pene e dell’abolizione dei supplizi costituisce un atto che non solo era allora anticipatore e sconvolgente ma lo è tuttora.

Prima di passare all’analisi del paragrafo sulla pena di morte infatti a me preme dire una cosa alla quale tengo particolarmente, e che l’importanza di “Dei delitti e delle pene” non è soltanto quella di essere il primo testo di legislazione criminale nel quale la pena di morte viene rifiutata perché inutile e non adeguata al proprio scopo ed al proprio obiettivo.
“Dei delitti e delle pene” è un testo fondamentale perché per la prima volta viene dichiarata inutile, assurda e nociva la pratica della tortura che era diffusissima all’epoca e non solo……

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Questi due signori affianco a me sono i fratelli Verri, divennero tutti e due conti e Pietro Verri (quello piu a destra) fu un filosofo, un economista, uno storico e uno scrittore italiano mentre Alessandro Verri (quello a sinistra) fu solo scrittore e e letterario italiano.
Questi due signori affianco a me sono i fratelli Verri, divennero tutti e due conti e Pietro Verri (quello piu a destra) fu un filosofo, un economista, uno storico e uno scrittore italiano mentre Alessandro Verri (quello a sinistra) fu solo scrittore e e letterario italiano.

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