CINEMA – GLI ANNI VENTI prima del sonoro (vedi 16 maggio)

CINEMA – GLI ANNI VENTI prima del sonoro (vedi 16 maggio)

Prima di aprire il percorso annunciato intorno ai tre maggiori autori del Cinema tedesco del periodo espressionista, va rilevato che in quello stesso tempo, all’interno dell’Avanguardia artistica, in Germania si va sviluppando anche in contrapposizione allo stesso Espressionismo il “Cinema da Camera” (“Kammerspiel”) che, utilizzando molti primi piani ed una narrazione all’interno di ambienti “normali” produce opere significative. L’autore più importante di questo movimento fu Lupu Pick con La rotaia del 1921 o La notte di San Silvestro del 1923. Ascrivibile in gran parte al Kammerspiel è anche “Hintertreppe” di Leopold Jessner.

Nel primo di questi tre film della durata di circa un’ora è da notare la scarsissima presenza delle didascalie (diciamo una e mezza) a vantaggio dell’espressione fornita dai primi piani e dagli stessi ambienti. “La rotaia” soprattutto dimostra come il Cinema non avesse bisogno del sonoro.

Un altro dei capolavori anch’esso riferibile “in parte” al Kammerspiel è “L’ultima risata” ( Der letzte Mann) di Murnau, di cui accenneremo subito dopo.
Nel seguire la carriera dei tre grandi autori tedeschi che diedero vita e forza all’Espressionismo cinematografico dobbiamo ricordare le modeste (in relazione all’eccellente precedente del “Caligari”) opere di Robert Wiene nei primi anni venti: nel 1923 un “Delitto e Castigo” e nel 1924 un’incursione nel genere epico religioso non del tutto riuscito, “I.N.R.I.”, mentre per quel che riguarda Fritz Lang lo troviamo in netta ascesa con la celebrazione nazionalistica dell’epopea dei Nibelunghi con i due film epici-fantastici datati 1924:
I Nibelunghi: Sigfrido, conosciuto anche come I Nibelunghi: la morte di Sigfrido (Die Nibelungen: Siegfried) e
• I Nibelunghi: la vendetta di Crimilde (Die Nibelungen: Kriemhilds Rache).

I due film erano separati anche in virtù delle profonde differenze dal punto di vista scenografico e dei costumi, ma poi vennero uniti in un solo blocco mastodontico ma monumentale e molto attento ai riferimenti artistici.

L’anno successivo, il 1925 è invece contrassegnato dall’uscita del nuovo capolavoro di Murnau “L’ultima risata”, straordinario sguardo impietoso sulla misera esistenza di un portiere d’albergo sul viale del tramonto in una società sempre più grigia e rinchiusa in una profonda inarrestabile crisi etica.

E’ opportuno in ogni caso fermarsi a dare uno sguardo al resto della cinematografia mondiale che in quel periodo stava conoscendo uno sviluppo straordinario. Non bisogna dimenticare che già da questi anni si sviluppa il divismo: personaggi come Rodolfo Valentino e Louise Brooks diventeranno delle icòne virali non solo del mondo cinematografico. E non bisogna nemmeno dimenticare che il primo lungometraggio di Chaplin fu “Il monello”, grandissimo successo del 1921 mentre nel 1922 venne presentato per la prima volta un grande documentario, “Nanook l’esquimese” di Robert Flaherty, opera straordinaria sotto l’aspetto etnico ed antropologico che non trovò immediato sostegno dal punto di vista industriale, tanto che venne considerato come film di sostegno a una comica di Harold Lloyd.

Nell’URSS intanto si affacciava Dziga Vertov che sempre in quel periodo si impegnò nel cinema di documentazione con i suoi “Kino-Pravda” (Cine Verità). Sempre nell’ambito tedesco-austriaco, così come Fritz Lang, anche Eric von Stroheim si era affermato in quegli stessi anni e nel 1922 aveva realizzato uno dei suoi film più interessanti della prima fase (von Stroheim lasciò presto l’attività registica per dedicarsi a quella di interprete attore fino agli inizi degli anni Cinquanta): “Femmine folli” che ottenne un grande successo di pubblico. Negli Stati Uniti intanto si sviluppa la scelta epico biblica con la realizzazione di film come “I Dieci Comandamenti” (1923) di Cecil B.De Mille, che ebbe un grandissimo successo commerciale, ripetuto poi nel 1956.

“PACE E DIRITTI UMANI” un intervento di Giuseppe Panella in suo ricordo XV (vedi 19 maggio per 14ma)

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“PACE E DIRITTI UMANI” un intervento di Giuseppe Panella in suo ricordo XV (vedi 19 maggio per 14ma)

Prosegue l’intervento della Vicepresidente del Consiglio Provinciale di Prato, Gerardina Cardillo:

“…Non so quanti di voi hanno visto questo film, eravamo al Cinema Terminale. Nel film, lo dico per chi non lo avesse visto, una ragazza subisce un atto di violenza carnale; Antonia, che è la nonna, imbraccia il fucile, va incontro a questo giovane che ha violentato sua nipote e puntandogli il fucile contro gli dice con la forza delle parole di andare via dal posto, da quella comunità e gli dice puntandogli il fucile: “Io non lo ho mai utilizzato e non lo voglio utilizzare”, forse non sono le parole esatte, ma questo è il senso, e con la forza della parole fa scappare, costringe questo giovane ad uscire da quella comunità ed il giovane si avvia. Alcuni compaesani raggiungono questo giovane e lo ammazzano. Ora davanti a questa scena si levò un applauso in sala. Naturalmente io ero lì con questi ragazzi e chiesi se quell’applauso fosse stato istintivo; quello era stato in pratica un gesto di compartecipazione, perchè effettivamente quel soggetto aveva commesso un atto intollerabile. E allora davanti al gesto brutale, davanti alla reazione violenta, il massimo della violenza, praticamente l’avevano ammazzato anche loro, gli avevano tolto la vita con un applauso? E lì si innescò un gran dibattito, tra questi giovani ma meritava e naturalmente c’erano alcuni giovani che condividevano l’atteggiamento avuto da Antonia da questa donna che sovrasta tutti nel film, questa donna forte e che fa ricorso alla forza della parola; e c’era invece chi condivideva l’azione di chi aveva ammazzato ed aveva, a suo modo di vedere, giustamente punito. Dicevano infatti che chi aveva violentato quella ragazza “che non aveva sicuramente” tra virgolette “nessuna colpa” come veniva detto ecc. ecc. ecc. Allora, per ritornare al significato di oggi, di proclamare la Festa della Toscana sta in questo, la necessità di confrontarsi sui diritti, sui grandi temi dei diritti umani e di capire come bisogna coltivarli, perché effettivamente possiamo veramente tutti poi goderne. E poi un’ultima considerazione, oggi parliamo di pena di morte, il prof. Panella ha parlato di tortura e di altri argomenti; oggi parlare di diritti umani significa anche ben altro in una società quale quella nostra che si evolve, che è sempre più complessa: parlare di diritti umani significa ben altro e molto probabilmente noi abbiamo il dovere in una società quale la nostra, anche guardandoci intorno, di capire che significa oggi diritto di cittadinanza, pari opportunità per tutti, e via dicendo. Se vogliamo semplicemente scorrere poi quelli che sono i principi della nostra Costituzione, una carta sempre a tutt’oggi attualissima, magari non realizzata in tutte le sue parti, forse riusciremo a concretizzarla soltanto, e solamente, se ancora continuerà ad esserci una coscienza critica in tutti noi, e solamente se riusciamo ad essere sempre molto attenti e vigili, capire i fenomeni e trovare di volta in volta le soluzioni….

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SUCCEDE A PRATO

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SUCCEDE A PRATO

Era facile, anche se a qualcuno oggi questa affermazione può apparire ingenerosa ed inveritiera, era facile governare la città nel periodo più duro della pandemia. Tutto sommato la vita era sotto controllo, sotto l’autocontrollo della stragrande maggioranza dei cittadini e sotto il controllo delle forze dell’Ordine. Per lunghi giorni e settimane non ci si muoveva se non che per necessità; e l’indicazione di massima era che ci si allontanasse per non più di duecento metri dalla propria abitazione e che ci si servisse dei negozi di vicinanza. C’è stato un boom di ordinazioni on line e quando si derogava dai duecento metri “a piedi” ci si muoveva come dei ladri notturni, scegliendo le stradine meno frequentate nel timore che qualche pattuglia potesse interrogarci e sanzionarci. Nulla di importante si andava a fare: si sceglieva eventualmente un supermercato che non era proprio il più vicino ma forse era il più fornito e conveniente e ci si caricava di vettovaglie da portare a casa. Poche volte si è utilizzata l’auto caricandola all’inverosimile per spese che fossero più che settimanali, ma anche in quel caso ci si muoveva portandosi dietro il Modulo d’ordinanza, assicurandosi che fosse quello giusto, e sobbarcandosi a lunghe file di attesa. Nell’auto la benzina – ma non c’era il pieno – è durata oltre la prima decade di maggio: è stata quasi del tutto ferma per molte settimane. Parlo della mia famiglia ma posso confermare che, dall’alto del mio sesto piano da cui osservo il Duomo di Firenze, tutta la piana verso il Montalbano e Quarrata, e Pistoia con la sua schiera di colline sfumanti verso il mare, non vedevo muoversi quasi nulla: l’aria era tersa, le api al lavoro, le industrie (la Santo Stefano, ad esempio) non erano fumanti, c’era un grande straordinario silenzio, potevi ascoltare i versi dei vari volatili, che si avvicinavano peraltro più fiduciosi a noi umani. C’era angoscia diffusa per tanti, il timore di leggere notizie non rassicuranti sulla salute dei cittadini. La cronaca locale non si occupava d’altro: bollettini quotidiani aggiornati (contagiati, ricoverati, deceduti e via dicendo ogni giorno) e qualche notiziola qua e là legata agli interventi delle autorità (risposte a domande, ricerca di soluzioni alla sofferenza materiale indotta da una situazione già emergenziale ben prima dello scoppio della pandemia) alle sollecitazioni delle famiglie, soprattutto quelle con figli “piccoli” e scarsi spazi a disposizione, che hanno dovuto di punto in bianco riorganizzarsi in assenza del servizio scolastico, alle spinte del mondo imprenditoriale che avrebbe riaperto tutto già nella seconda metà del mese di marzo. C’erano le nuove povertà cui fornire rapide risposte. Ma tutto questo era inserito all’interno di un contesto molto ben definito: ecco perché, lo ripeto, non era difficile affrontarne le criticità. Bastava solo resettare una parte della struttura amministrativa in quella direzione, preparandosi tuttavia a quando molto di quello che era “fermo” si sarebbe mosso in modo molto repentino ed a quel punto non facilmente governabile.
Non essersi preparato a questo, che era nel novero delle possibilità più certe, è un grave segno di incapacità amministrativa. Ed ecco che non si è in grado di reggere la spinta giovanile a riappropriarsi degli spazi “perduti”, che per dare risposte apparentemente sollecite ai genitori si inventano riaperture scolastiche che non essendo state “programmate” quando lo si poteva fare si caratterizzano come forme demagogiche. Verrebbe il dubbio che lo si faccia semplicemente per occultare la propria incapacità amministrativa.
Joshua Madalon
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LE MIE PASSIONI

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LE MIE PASSIONI

Tra le mie “passioni” oltre alla Politica c’è lo Spettacolo (dal Cinema al Teatro) che ho praticato in molti sensi e di cui mi nutro costantemente. “Nutrirsi”, care amiche e cari amici, non è solo una necessità fisiologica, come qualcuno ha voluto sottolineare.
In questi mesi di “lockdown” condizionato, riconoscendo che potevo ritenermi tra quelli più fortunati anche se la preoccupazione di un futuro complicato soprattutto per quelli che verranno non mi ha mai abbandonato (ho 73 anni ed in ogni modo non sono “nel mezzo del cammin” ma molto oltre), non ho mai tralasciato di dedicarmi alle mie “passioni”. Tanto è che non appena siamo “emersi”, non appena ne abbiamo avuta la possibilità, il primo pensiero è stato l’ascolto del “grido di dolore” che emergeva da una delle parti più messe in difficoltà dalla crisi: il mondo dello “spettacolo”. Con il quale, anche passati gli anni dei miei impegni “diretti” in Filodrammatiche universitarie e Collettivi (fine anni Sessanta-metà anni Settanta) ed in produzioni videocinematografiche (anni Ottanta, metà anni Novanta), non ho mai staccato del tutto (noto è il mio impegno in Altroteatro di Antonello Nave).
La passione per il Cinema che mi ha portato anche a cimentarmi come scrittore e regista, abbinata alla mia principale attività professionale come docente di Italiano e Storia in un Istituto Tecnico Commerciale, il “Dagomari” di Prato, mi ha spinto a privilegiare una ricerca costante sulle “motivazioni” che hanno spinto gli Autori cinematografici ad intraprendere quel tipo di impegno. Ecco quindi la ragione per cui, già negli anni scorsi, ho prodotto dei Powerpoint dedicati a pochi autori, quelli che ho più amato, forse proprio per una certa consonanza esistenziale che avevo riscoperto comune in loro.
Sul mio account di Facebook, sulla mia pagina e sul mio Blog, dal 25 marzo ad oggi ho presentato in modo secco “non professorale” le “prime opere” di 66 autori e ne sono pronti altrettanti. Indubbiamente credo di poter elaborare dei percorsi per costruire un discorso più ampio; sto provando a metterlo in cantiere.

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Allo stesso tempo, attratto dai grandi interpreti e memore di una ricerca molto attenta pubblicata nel 1981 dalla casa editrice “La Casa Usher” dal titolo “Divi & Divine” a cura di Davide Turconi e Antonio Sacchi, dal primo giorno di Maggio ho rivolto la mia attenzione al mondo del “divismo” cinematografico.

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E, poi, un ultimo blocco quotidiano in questo periodo di “insegnamento a distanza” l’ho voluto dedicare (anche se è la prima volta che lo scrivo) agli studenti costretti dalla pandemia a preparare “a distanza” esami di Stato o in ogni caso tesine da impostare. “Cinema e letteratura” mette a disposizione opere cinematografiche la cui sceneggiatura è ricavata – o a volte ispirata – da testi fondamentali della letteratura mondiale. Per ora, avendo iniziato il 15 maggio ne ho postati solo 14, ma ne ho in preparazione molte di più.
Contemporaneamente sul mio Blog (sull’account e sulla Pagina Facebook) sto scrivendo una “Storia minima cronologica” del Cinema (il 23 aprile la prima parte; la seconda il 26 dello stesso mese; il 2, l’8 e il 16 maggio la terza, quarta e quinta parte).
Non ho mai pensato di utilizzare i “social” per cimentarmi in diatribe molto spesso di basso livello: lo ribadisco, intendo esercitare la memoria partendo dalle esperienze dirette che ho fatto.
Joshua Madalon

QUESTO BLOG

Era il secondo giorno dall’apertura del mio Blog, il 20 giugno del 2014. Era il quinto post che pubblicavo: due erano stati inseriti il giorno prima, 19 giugno e tre avevano fatto seguito. Il primo era un resoconto di una mia “incursione” in Piazza Bellini, dove alcune donne appassionate di poesia e letteratura si incontravano per presentare libri scritti da donne e su donne. Il titolo del post è LE DONNE DI EVALUNA – (LE DONNE DELLA CATTEDRALE DI GISELLA MODICA).
http://www.maddaluno.eu/?p=28
Il secondo contributo del 19 giugno è LA “FORMA” E’ “SOSTANZA”, che tratta di una mia riflessione sul modo abbastanza “pittoresco” di portar rispetto alle Istituzioni da parte di una neofita “pentastellata” mia ex allieva che all’insediamento del “nuovo” Consiglio comunale di Prato si era presentata in “short” e camicetta (faceva caldo, sì, ma “est modus in Locus”).
http://www.maddaluno.eu/?p=68

Il terzo post è del 20 giugno ed è tristemente ispirato a Pier Paolo Pasolini: il titolo è significativo LA MUTAZIONE ANTROPOLOGICA e tratta del degrado morale politico e culturale profondo in cui già allora il nostro Paese versava.

http://www.maddaluno.eu/?p=71

Il quarto post sempre del 20 giugno è dedicato ad una giovane artista contemporanea, Emma Grosbois, incontrata fortunatamente nelle settimane precedenti. LA NOSTRA AMICA EMMA GROSBOIS da PRATO a PALERMO… Il titolo è semplicemente beneaugurale ed il post è vuoto.
http://www.maddaluno.eu/?p=97

Il quinto post
http://www.maddaluno.eu/?p=102 è quello che oggi riprendo “paro paro” soprattutto per indicare ulteriormente che la mia strada è sempre la stessa. JOSHUA MADALON – QUESTO BLOG è il titolo ed il contenuto è quello in cui io credo.

 

Cielo stellato

QUESTO BLOG APPARTIENE A GIUSEPPE MADDALUNO ED OGNI SCRITTO E’ DI SUO PUGNO (E LA RESPONSABILITA’ DI QUANTO SCRIVE E PUBBLICA E’ SUA) A MENO CHE NON VI SIA CHIARAMENTE SCRITTO IL COGNOME ED IL NOME DEL PROVVISORIO COLLABORATORE O LA FONTE DA CUI LO SCRITTO DERIVI

 

Cara amica e caro amico questo BLOG può essere anche “tuo”! Si occuperà di CULTURA in tutte le sue declinazioni: CULTURA scientifica, CULTURA ambientale, CULTURA economica, CULTURA sociale, CULTURA letteraria, CULTURA storica, teatrale, cinematografica… CULTURA POLITICA in ogni senso. L’Italia, il nostro Paese ha vissuto e sta vivendo una profonda crisi per mancanza di CULTURA, per l’incapacità e la rapacità di una classe dirigente politica ed imprenditoriale che ha generato i populismi di Berlusconi, Grillo e Renzi che sono stati e sono i profondi persuasori di un popolo che non riesce più a decifrare i processi storici e politici per una profonda mancanza di riferimenti culturali.E’ chiaro che non posso nascondere la profonda delusione che provo nel conoscere la caratteristica di una parte dei “riciclati” e degli “imbucati” nelle diverse “squadre” che sostengono a livelli diversissimi il nuovo leader del Partito Democratico. Ed è anche per questo che non mi ci riconosco più! Punto

Questo Blog è dunque uno dei tentativi di fare “resistenza” a questo appiattimento generalizzato che si va diffondendo all’interno di una mutazione antropologica peggiore di quella di cui parlava Pasolini. Passi indietro in un baratro di ignoranza.

 

 

 

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L’ASSENZA DI UNA VISIONE COMPLESSIVA GENERA ULTERIORI DANNI ACUENDO LA CRISI – L’assenza di un progetto di decentramento

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L’ASSENZA DI UNA VISIONE COMPLESSIVA GENERA ULTERIORI DANNI ACUENDO LA CRISI – L’assenza di un progetto di decentramento

Uno dei bersagli contro cui ci si scaglia nelle ultime ore sono i protagonisti delle “movide”. Mi va un po’ stretta questa “indicazione” per sottolineare il bisogno di tanti – e di tutte le età – di poter venir fuori dal chiuso delle asfittiche stanze e respirare semmai a pieni polmoni (che è il massimo per poter sbeffeggiare il malèfico “virus”) l’aria buona degli spazi aperti. Anche perché poi non sono gli spazi “aperti” ad essere utilizzati ma locali angusti e stradine strette del centro storico, rese ancora più tali dall’afflusso unidirezionale delle masse e dalla scarsa capacità imprenditoriale di tanti che, di fronte alle difficoltà, hanno dovuto alzare bandiera bianca, chiudendo i loro esercizi commerciali. Per cui sta accadendo che nelle ore tarde della sera e fino a notte vi sia una eccessiva concentrazione in poche zone, e soprattutto nel “centro storico”. Era così già prima della pandemia. E non era facile dover sgomitare tra la folla, quando vi ci si trovava a passare, dopo qualche riunione o per aver assistito a spettacoli teatrali e cinematografici.
Bisognerebbe in primo luogo rendersi conto una buona volta che dire “Tutto andrà bene” non significhi che “Tutto sarà come prima”. Anche se è dura spiegarlo; ma è il compito di chi amministra le Regioni e le Città e di chi governa il Paese il dover essere chiari anche quando ciò che si va a dire può non essere piacevole. E sarebbe una ottima cosa, se – prima di annunciare delle scelte – i nostri amministratori mettessero in funzione le sinapsi. A Prato, dove vivo, il Sindaco ha voluto incoraggiare la ripresa, preoccupandosi in maniera esclusiva del “Centro storico” con la proposta di concessioni di spazi e chiusura per quattro giorni su sette, nelle ore serali, di una larga parte del territorio “centrale”. Buttata là, l’idea è stata abbracciata dai difensori dell’allargamento della ZTL, sostenitori di una idea che può funzionare se ad usufruirne fossero in primo luogo i suoi abitanti e non le masse indistinte non sempre rispettose e ben educate. L’idea avrebbe potutto essere accettabile se a sostanziarla fossero state chiamate tutte le categorie professionali, a partire ad esempio da quelle collegate al mondo dell’arte e dello spettacolo che stanno ancora oggi attendendo segnali concreti da parte del Governo e degli amministratori locali. Ritorno a due mie “fissazioni”, una recente che è quella della “complessità” di cui non si vede traccia nelle azioni amministrative anche di Biffoni; la seconda è quella del “decentramento”, una mia antica ubbìa, un punto di riferimento costante nella mia vita politica.
Una scelta che facesse perno soprattutto sulla “centralità” degli interventi potrebbe rivelarsi pericolosa, ben al di là dei problemi sanitari. Impoverirebbe le periferie ed accrescerebbe una forma di cultura rivolta essenzialmente al consumismo esasperato, rendendo più arido il panorama culturale. Una notazione “a margine” della mia antica fisima: probabilmente tutto sarebbe stato “migliore” in questa città se le Circoscrizioni fossero state mantenute in piedi. E sarebbe stata – e sarebbe – ottima cosa se se ne riparlasse all’interno di questi nuovi bisogni.

Trovo che sia miope ed incapace una visione così ristretta della realtà, quella vecchia e quella nuova che potrebbe essere – e forse lo è già – ben peggiore della precedente. Sarebbe opportuno aprirsi a valutazioni complessive che d’altra parte nelle chiacchiere scritte sui “programmi politici” erano molto presenti. Rilanciare gli spazi delle periferie potrebbe garantire una migliore “convalescenza” per tutti. E già, non lo dimentichiamo: abbiamo ancora bisogno di mantenere alta la guardia.

Joshua Madalon

L’UOMO E’ CIO’ CHE MANGIA – LA CULTURA E’ IL NUTRIMENTO DELL’ANIMA per cui SE SIAMO COSI’ ( MESSI MALE ) E’ PERCHE’ NON ABBIAMO NUTRITO LA NOSTRA ANIMA

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(l’illustrazione è di Roberta Oriano, Illustratrice di altissima sensibilità)

L’UOMO E’ CIO’ CHE MANGIA – LA CULTURA E’ IL NUTRIMENTO DELL’ANIMA per cui SE SIAMO COSI’ ( MESSI MALE ) E’ PERCHE’ NON ABBIAMO NUTRITO LA NOSTRA ANIMA

Parlavo di “complessità” l’altro giorno e d’altra parte è una sorta di “uovo di Colombo” un inno al Lapalisse doversi rendere conto che siamo di fronte ad un marasma, una confusione indescrivibile, un vero e proprio “caos” dopo mesi di profonde “turbative” reali, frutto di ricerche serie, o indotte attraverso le fin troppe fake fatte circolare su basi di credibilità. Abbiamo straparlato di diritti violati, ma forse dobbiamo ringraziare, noi che non siamo stati per ora colpiti dal virus, la responsabilità di tanti che hanno saputo rinunciare ad un pezzo di libertà per il bene collettivo. Abbiamo dovuto ascoltare elucubrazioni politiche insensate che non hanno avuto il merito di contribuire realmente a migliorare la nostra situazione economica: questo è accaduto a livello nazionale dove la scelta da parte delle opposizioni di Destra è stata quella di frapporre un vero e proprio muro. Questa è la dimostrazione del livello culturale del nostro quadro politico, in primis quello conservatore e reazionario, falsamente democratico. Aggiungevo nell’altro post che quel livello culturale è purtroppo la cartina di tornasole di una gran parte della nostra società, ripiegata su se stessa non solo per colpa della crisi pandemica ma soprattutto per una carenza di conoscenza ed istruzione, tout court di “Cultura”. E’ ovvio che non sia facile auto-riconoscersi come bisognosi non solo di aiuti e sostegni economici ma anche di una rialfabetizzazione democratica, capace di affrontare i disagi in modo solidale e cooperante.
Occorrerebbe però mettere a confronto con altri, semmai esperti di Antropologia, quel che io affermo sulla base di una conoscenza pluriennnale dei livelli scolastici sempre più attaccati da evasione ed abbandono scolastico, quella “mortalità” scolastica di cui il nostro Paese, dopo un periodo di ripresa negli anni Settanta con i corsi delle 150 ore e dell’Educazione degli Adulti diffusi su tutto il territorio, ha sempre più sofferto, perchè c’è un dato strano che riguarda uno dei Paesi europei che in tema di “Accesso e partecipazione alla Cultura” sta peggio di noi ma esprime – a livello governativo – dal punto di vista della solidarietà e dell’apertura mentale – un vero e proprio “faro nella notte buia e tempestosa”. Si tratta del Portogallo, dove, all’apertura della pandemia ci si è impegnati ad “Assicurare l’accesso ai cittadini migranti alla salute, alla sicurezza sociale e alla stabilità occupazionale e abitativa” riconoscendo che questo fosse “ un dovere di una società solidale in tempi di crisi”. Sono state queste le parole espresse lo scorso 28 marzo da Eduardo Cabrita, ministro dell’Interno del Portogallo.
Ma non è finita qui; pochi giorni or sono il leader dell’opposizione lusitano, Rui Rio, è intervenuto in un dibattito parlamentare che aveva come tema la ricerca di affrontare al meglio la crisi economica indotta dalla pandemia ed ha profferito le seguenti parole: “Abbiamo una minaccia da combattere e questo esige unità. In questa lotta il Governo non è un avversario, è il Governo del Portogallo e tutti dobbiamo aiutarci in questo momento.”

https://www.facebook.com/watch/?v=1037295706669588

In Italia però non è che manchi soltanto all’Opposizione (che in questo momento è la Destra) la capacità di comprendere la “complessità”. Lo stesso Governo, che avrebbe bisogno di essere sostenuto – in questo periodo – dagli altri, non è in grado di procedere in modo adeguato. E non solo il Governo del Paese ha questo “gap”; sono anche le Regioni e le città in preda all’ansia di primeggiare con scelte assurde e non meditate, frutto di “isteria” congenita. Ne ri-parleremo. Necessariamente.

Joshua Madalon

I CONTI NON TORNANO – ottava parte

I CONTI NON TORNANO ottava parte (per la settima vedi 13 maggio)

Riprendendo il “Rapporto” dell’allora Preside del Liceo “Copernico”:
“Dunque, l’edificio appariva sovradimensionato per le esigenze del solo Dagomari al punto da risultare sulla carta idoneo a recepire anche un altro Istituto, il “Gramsci”, tendenzialmente volto alla perdita del parametro di dimensionamento…. Questa fu la prima decisione…Il nostro Liceo…sarebbe stato trasferito negli edifici lasciati liberi dall’ITC Gramsci nel nuovo lotto scolastico denominato “Secondo lotto del Keynes in via di Reggiana. Fu costituita per questo scopo una commissione composta dal Provveditore, dall’Assessore alla Pubblica Istruzione della Provincia di Prato, dai Presidi, rispettivamente del Gramsci e del Dagomari, sostenuta da tecnici della Provincia, con lo scopo di studiare la fattibilità concreta del passaggio del Gramsci nello stesso edificio del Dagomari, come appariva effettuabile sulla carta….(il 23.11.98) tale commissione relazionò che l’operazione non era possibile in quanto, pur esistendo spazi per contenere anche le classi del Gramsci dentro l’edificio ospitante il Dagomari, la funzionalità dei due Istituti, relativamente alla disponibilità dei laboratori, sarebbe risultata compromessa. A questo sacrificio dei due Istituti avrebbe fatto riscontro, viceversa, l’eccesso di spazi disponibili per il Liceo Copernico collocato in via Reggiana (per dare un’idea, parlando solo delle aule: 76 aule per 48 classi).”
L’elaborazione aveva un profondo “difetto”: veniva privilegiata la pretesa del Liceo Copernico di trasgredire rispetto a quelli che erano i parametri previsti per tutti di un dimensionamento ottimale per una gestione complessiva dal punto di vista amministrativo e didattico. In realtà lo stesso Gramsci, che era destinato ad una parabola discendente collegata alla specificità del suo ordinamento (per “geometri”), avrebbe potuto essere inglobato nel “Dagomari”, utilizzando semmai temporaneamente gli spazi che erano stati costruiti in un primo tempo per ospitare il “Keynes” e che venivano utilizzati dall’Ufficio Scolastico Provinciale (sezione amministrativa). In realtà, andando a vedere quel che è poi accaduto e che avrebbe dovuto essere nelle previsioni, il Gramsci si sarebbe ridotto progressivamente (già nell’anno scolastico 1997 gli allievi iscritti a quei corsi erano 565 e si erano ridotti di 113 unità nell’anno successivo 1998, arrivando a 452) fino ad essere conglobato. La qual cosa – mi ripeto – è poi realmente accaduta a vantaggio del Keynes. Tra l’altro, sempre con lo sguardo lungo che noi avevamo – e che è stato confermato dai fatti – lo stesso Copernico avrebbe potuto crescere “meglio” in spazi nuovi (quelli del secondo lotto, non di certo quelli – che poi vedremo – raffrescati alla buona dell’ex Gramsci, dove sarebbe stato destinato il “Dagomari”).
Riprendo il testo del “Rapporto”:
“Tenuto conto che assunto di base della conferenza dei Presidi e dell’Assessore Provinciale alla Pubblica Istruzione era stato il principio di programmare il dimensionamento numerico ottimale degli Istituti mediante controllo delle iscrizioni e non mediante tagli traumatici di classi da spostare ad altro Istituto….la rinione dei Presidi decise di adottare l’unica alternativa prospettata dall’Assessore alla Pubblica Istruzione della Provincia di fronte al fallimento della prima ipotesi. Tale alternativa prevedeva lo spostamento del Gramsci nel secondo lotto Keynes, del Dagomari nell’edificio ex-Gramsci e del Copernico nel contenitore lasciato libero dal Dagomari…”.

PROGETTO DI ATTIVITA’ dell’ UCCA Prato Firenze martedì 23 aprile 1985 – seconda parte (per la prima vedi il 14 maggio)

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PROGETTO DI ATTIVITA’ dell’ UCCA Prato Firenze martedì 23 aprile 1985 – seconda parte

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Il Congresso Nazionale di San Miniato certamente passerà alla storia per avere espresso l’intenzione di operare un profondo rinnovamento nell’apparato direttivo, adeguanfolo al corrispondente adeguamento emerso nella nostra società, e di estendere l’intervento dell’UCCA, con una maggiore attenzione, al sistema di realizzazione elettronica, riconoscendo inoltre che il corpo sociale si era fondamentalmente trasformato e non si poteva più fare esclusivo riferimento al vecchio Circolo di Cultura Cinematografica (UCCA senza puntini non significa più Unione dei Circoli Cinematografici dell’ARCI, ma è comunque una sigla che permane per consolidato storico ed affettivo), nè essenzialmente al vecchio tipo di sala, seppure “d’essai”.
Anche lo spettatore e l’operatore culturale hanno assunto in questi ultimi anni caratteristiche molto diverse, i primi diventando più esigenti e rivendicando molto aspesso un ruolo sempre meno passivo, i secondi organizzandosi in società, in cooperative per poter corrispondere sempre meglio alle richieste ed alle necessità del mercato ed anche per poter intervenire in maniera più diffusa sul territorio. E così dal vecchio tipo di sala unica e grande si è passati alla concezione di sale multiple anche se piccole, con l’uso non contemporaneo di più mezzi in sale diversificate a seconda del loro utilizzo (cinema – sala video – bar – ristorante – sale giochi etc…).
Nella realtà toscana il vecchio, anche se costantemente sospinto dal nuovo, resiste e nella maggior parte del territorio ancora predomina: quasi inesistente per ora il fenomeno delle multi mini sale, così come mancano strutture destinate specificatamente all’ “elettronico”; qualche novità la si ritrova nell’organizzazione degli operatori culturali in cooperative di gestione e di servizio.
E’ in questa realtà che va inserita la nostra proposta che, a parer mio, non poteva e non doveva partire da un allargamento precostituito dell’organismo dirigente (direttivo e coordinamento: si ricorderà che nell’assemblea di Prato ci fu un acceso dibattito su questo aspetto), anche se la riduzione di questo a cinque elementi è apparsa di fatto eccessiva ed ha visto spesso i lavori del Coordinamento in qualche difficoltà.
D’altronde un allargamento del Coordinamento in quella occasione creato, a mio modeto modo di vedere, difficoltà diverse e più complesse da gestire, dovendo procedere più che altro in questo periodo ad un inventario della realtà toscana e ad un’analisi dei problemi. Ritengo comunque che la proposta che faremo oggi debba servire ad un successivo – anche se possibilmente ravvicinato – ampliamento dell’organismo direttivo che peraltro è già stato avviato formalmente con una prima verifica sulla disponibilità effettiva alla partecipazione dei vari compagni che deve essere poi vagliata con attenta serietà, pur garantendo in ogni caso che si mantenga un contatto politico e culturale – anche molto diretto e costante – con le realtà più decentrate della Regione, che hanno oggettivamente più problemi a partecipare agli incontri che si svolgono a Firenze.
D’altra parte, occorrerà meglio delineare quello che deve essere il ruolo di questo organismo, i cui membri sono chiamati a rappresentare istanze dai contorni ben precisati e ad avere caratteristiche che li facciano sentire e rendano responsabili di settori particolari.

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UN MIO AMPIO INTERVENTO quinta parte (per la quarta parte vedi 19 maggio 2020)

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UN MIO AMPIO INTERVENTO quinta parte (per la quarta parte vedi 19 maggio 2020)

20 OTTOBRE 1995 (nell’aprile del 1995 ero entrato a far parte del Consiglio Comunale di Prato ed ero membro della Commissione Cultura e coordinatore della Commissione Scuola e Cultura del PDS provinciale; la legislatura in corso era la prima con la quale applicavamo la legge 142. 8 giugno 1990, quella intitolata Ordinamento delle autonomie locali che rivedeva nel profondo le prerogative del Consiglio e del Sindaco).

5.

C’è in ogni caso qualche segnale positivo di risveglio negli ultimi giorni, e questo ci conforta.
Ma altri problemi che attengono al mondo culturale, nel senso più vasto del termine, ci preoccupano. Non ultima la questione ambientale con le scelte decisive relative allo smaltimento dei rifiuti. E’ necessario, dopo aver assunto impegni nella maggioranza (e questo è formalmente in parte già avvenuto) fornire le dovute garanzie alla popolazione, trattando, nel limite delle possibilità anche vantaggiose contropartite.
In ogni caso bisogna dire a qualche alleato di governo che non si può sottoscrivere un accordo e recedervi in meno di 24 ore per puri calcoli personali o per amene bizzarrie.
Si può essere ambientalisti in una realtà come la nostra costruendo uno o più impianti, garantendone tuttavia lo stretto controllo quanto ad impatto ambientale e verificando oculatamente già in anticipo costi e ricavi non solo di tipo economico.
Non è neanche trascurabile il problema generale dei giovani, le ragioni del cui disagio sono complessivamente assenti dalle nostre analisi politiche, mentre dedichiamo più tempo ed energie ad altri argomenti più tattici e solo in apparenza più urgenti; senza affrontare le questioni si creano così sorprendenti miscele esplosive che si evidenziano in atteggiamenti di frustrazione, di violenza, di nichilismo, in scelte complessivamente negative (alcool, droga, superstizione, ecc…) dalle quali è molto difficile tornare indietroe che determinano un generale disorientamento nella società che, incapace di affrontare i problemi, si avvia a sua volta verso forme di frustrazione o, quel che è peggio, di cinismo, creando un circolo vizioso. Occorre, anche nel nostro piccolo, affrontare le questioni della disoccupazione giovanile e dare risposta soprattutto alla richiesta di nuove opportunità, connesse in particolare al settore della cultura, dell’ambiente, del turismo e del tempo libero.
In questa direzione mi è apparsa personalmente molto interessante la scelta della General Video e di Cecchi Gori di impiantare a Prato un’attività avanzata di produzioni video, particolarmente nel settore didattico. Allo stesso modo e nella stessa direzione è stato indicativo qualche tempo l’intervento della Casa Editrice Giunti.
Tantissimi altri problemi attendono una soluzione e fanno di Prato un’isola non del tutto felice: dai problemi della casa a quelli sociali, che sono in attesa anche di una scelta di tipo istituzionale forte che garantisca il proseguimento del lavoro che era stato avviato in particolare nella passata legislatura.
Sarebbero veramente tante le questioni checoncernono le problematiche culturali, e non ci sarebbe il tempo per elencarle ed esporle tutte, figuriamoci per analizzarle! Un altro argomento che tuttavia ci coinvolgerà pienamente e ci costringerà a discutere sin dalle prossime settimane sarà il Piano Regolatore Generale. Noi tutti sappiamo quale importanza rivesta per la nostra città e quanta importanza vi ripongano in ogni senso numerose categorie professionali (più che gli stessi politici ed amministratori nel loro complesso).

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