DENTRO UN LOCKDOWN che sia l’ultimo(!)– I giovani

DENTRO UN LOCKDOWN che sia l’ultimo – I giovani

Le stagioni della vita sono una “convenzione” più o meno realistica, a seconda del punto di vista. La vita scorre dentro e fuori di noi ed è un flusso molto diverso a seconda delle esperienze che a ciascuno di noi è dato di percorrere. Quando gli altri mi vedevano “giovane” avevano di me un’idea molto variegata relativa non univoca. A qualcuno potevo apparire un giovane di età ma già vecchio per tutta una serie di motivi; per altri un eterno bambino ingenuo ancora inesperto. I primi a tutta evidenza osservavano quella sorta di saggezza dottrinale meramente scolastica e l’assenza di palesi pulsioni passionali; i secondi si facevano forti delle loro esperienze più “pratiche e materiali”. Anagraficamente ero “giovane”; per alcuni poi ho continuato ad esserlo anche dopo il matrimonio, che da molti è considerato un passaggio dall’età giovanile a quella adulta.

Ad ogni buon conto la conquista della mia autonomia ha prodotto in me, da giovane, una forte propensione all’organizzazione di eventi ed alla scrittura di testi, oltre che la volontà di sperimentare percorsi nuovi, molto spesso originali, il più delle volte collegati a tematiche non precedentemente praticate, con uno scopo ben preciso legato alla “conoscenza” che può partire da ciò che sai fare ma che, per me, deve offrire nuovi stimoli.

Perché, oggi, scrivo queste frasi? Ho desiderio di autocelebrarmi? Può darsi di sì, ma vi dico anche che non è così! anche se a voi potrà sembrarlo!  Tra le altre cose, leggendo il titolo del post avrete anche notato un riferimento all’attualità con un richiamo nel sottotitolo ai “giovani”. Ecco già una parte della risposta alla vostra possibile domanda. Ad ogni buon conto, se vi darò l’ impressione di voler essere al centro di questo mio ragionamento, fate pure: cominciate a segnare che “non ho mai smesso di sentirmi giovane”. Anche se ho una certa età (verso i 73), ritengo di poter confermare che si è “giovani” dentro e per me non è un modo di dire, tanto così per caso. Basterebbe leggere quel che ho riportato in corsivo.

Ma come mai quel richiamo al “lockdown”? in questi giorni, come tantissimi altri, sono confinato nella mia torre d’avorio casalinga. Esco poco, non vedo quasi nessuno, sento pochi amici, interloquisco sui social. Potrei dire che sopporto con grande sofferenza queste limitazioni e condivido il moto represso di ribellione di quelli che “anagraficamente” sono giovani. Pur tuttavia, ci è stato concesso di vivere questa esperienza ed è necessario armarsi di santa pazienza, preparandosi semmai a quei momenti migliori che verranno soprattutto per coloro che hanno un’aspettativa di vita ben superiore a quella che hanno i “giovani” come me. Confesso che anche io attendo quei “giorni”, fossero anche ben pochi, che ci permetteranno di mettere a frutto le idee e i progetti che avremo saputo sognare.

Non bisogna rammaricarsi di nulla. Viviamo in un tempo molto diverso e lontano da quello in cui abbiamo trascorso, noi settantenni, la nostra gioventù. Abbiamo potenzialità comunicative di cui “allora” leggevamo sui libri di fantascienza; ma se ci si limita oggi all’ “hic et nunc” senza una visione storica ampia sul passato sarà ancora più difficile per le nuove generazioni di “giovani” superare le difficoltà dei nostri giorni per potersi meglio preparare al loro futuro.

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29 novembre – STATI GENERALI – una variazione di CTS – parte 7 (per la 6 vedi 8 novembre)

STATI GENERALI una variazione di CTS (per la 6 vedi 8 novembre)

Parte 7

Molte infatti sono le questioni irrisolte che in quell’occasione furono poste in evidenza e che sono state completamente e colpevolmente disattese: a partire dalla questione delle Biblioteche decentrate a finire con la richiesta di aumentare in percentuale l’intervento del Comune sulla Cultura e la Formazione “diffusa” sul territorio avanzato dall’allora Assessore alla Cultura, Massimo Luconi.

Potrei dunque interrompermi ma mi tocca testimoniarel’impegno che i Presidenti delle Commissioni Cultura e Formazione delle cinque Circoscrizioni hanno profuso all’interno del Coordinamento da me presieduto.

E’ infatti dal 17 gennaio 2000 che, proprio in riferimento a quel Documento, che esemplificamente come è stato fatto oggi, allegai alla prima lettera di convocazione, ha preso il via il Coordinamento (relativo a questa seconda legislatura 1999 – 2004) delle Commissioni Cultura delle Circocrizioni di Prato. Quel Coordinamento è stato l’unico dei possibili Coordinmenti a lavorare, pur tra momenti di slancio e soste a volte prolungate dovute sia a problemi personali del Coordinatore sia a difficoltà gestionali legate anche all’assenza di una specifica normativa regolamentare, sia ad una evidente sottovalutazione del suo ruolo.

Il Coordinamento ha avviato i suoi lavori, chiedendo la più ampia cooperazione interistituzionale che, a parole, non è mai stata negata, ma – nei fatti – non si è mai concretamente verificata.

Bisogna ammettere d’altra parte che abbiamo creato a volte delle forzature, come è avvenuto, ad esempio, per la ricorrenza del 30 novembre 2000, nel quale per la prima volta si svolgeva la Festa della Toscana: le Circoscrizioni coordinate tra loro hanno svolto un ruolo da protagoniste.

Ma abbiamo anche ufficialmente chiesto più volte di avviare un Coordinamento stabile soprattutto con l’Assessorato alla Cultura del Comune, la qual cosa è avvenuta organicamente solo in un paiodi occasioni da noi fortemente sollecitate, dopo di che il raccordo che pur era stato riconosciuto come valido si è interrotto, continuando in un modo che io, e me ne assumo a pieno la responsabilità di affermarlo, definisco inaccettabile. Vale a dire che il raccordo avveniva o con un incontro nel quale ci venivano comunicate le iniziative “centrali” in programma oppure, ancora peggio, il tutto avveniva in modo freddo e burocratico nel contatto tra un istruttore amministrativo dell’Assessorato che chiedeva, spesso con urgenza, affinchè potessero essere pubblicizzate tutte insieme accorpate le une alle altre, di sapere quali fossero le iniziative delle varie Circoscrizioni, in modo svincolato le une dalle altre, ad esempio quelle del Natale o dell’Estate, ad uno degli istruttori amministrativi a ciò delegati nelle diverse Crcoscrizioni. L’utilizzo di questa modalità ci può anche avvantaggiare per la condivisione “secca” di una maggiore e migliore conoscenza delle iniziative cittadine che, insieme alle nostre, contribuiscono a creare una “programmazione” corposa ed invidiabile (ma esse, le nostre, per le scarse risorse di cui disponiamo – faccio presente che un’iniziativa dell’Assessorato costa molto di più di tutte le iniziative culturali di una Circoscrizione e non ottengono molto spesso gli stessi buoni risultati – risultano comunque “soffocate” dai “grandi” maxi eventi), ma non ci può interessare se non è il frutto di un coinvolgimento che parta sin dall’inizio della “progettazione”.

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DENTRO IL LOCKDOWN – La “capricciosa” ed alcuni “servi sciocchi”

La “capricciosa” ed alcuni “servi sciocchi”

Avrebbe potuto far parte esclusiva del “bestiario politico” dei nostri tempi: purtroppo però siamo anche entrati in uno “spazio” che è occupato da una terribile pandemìa

Le è stato offerto un “giocattolo” e, quando le è stata tolta una parte di questo, ha messo il broncio ed avviato a far capricci.

E, quindi, proprio in quanto siamo in un periodo davvero pieno di incognite verso il futuro (il “futuro” è perennemente incognito, ma noi abbiamo imparato anche a distrarci, a non pensare a quello che di negativo ci attende), c’è poco da giocherellare, trastullarsi nel volersi sentire “grandi statisti”.

Riprendo un ragionamento accennato in altro post: nei rapporti dialettici bisogna mantenere una “correttezza” formale e mi piacerebbe che la mia analisi critica non sia oggetto di equivoci: poco hanno a che vedere i miei ragionamenti con la casualità per cui il Ministro della Pubblica Istruzione sia una figura femminile. Le “rape” sono tali a prescindere dal loro genere. Ed è molto bene che io assegni patenti negative anche a tutti coloro che ritengono che la Scuola, a prescindere dalle condizioni in cui si è fatta trovare allo scoppio dell’evento pandemico, sia il luogo più sicuro del mondo (vorrei far notare, giusto per dire, che l’Onorevole Santanchè, in agosto si lanciava a proclamare che le “discoteche” fossero molto più sicure delle quattro mura domestiche).

Su questa idea potrei anche essere d’accordo: a patto che negli ambienti scolastici, i cui spazi siano meglio adeguati al numero complessivo dei fruitori e del personale tutto, si permanga per larga parte della giornata in una sorta di “campus” dove si sviluppano tutte le potenzialità (non solo lo studio teorico, ma anche le applicazioni pratiche, lo sport, le attività culturali generali, la socializzazione). Dico ciò perché il problema principale che può provocare altri danni sanitari, riaprendo le scuole, sta nel transito non tanto nella permanenza.

Fare i capricci, di fronte a posizioni criticabilissime come la volontà espressa da parte di imprenditori vari del turismo e della ristorazione nel voler a tutti i costi riaprire le loro attività, e pretendere che “a questo punto si riaprano anche le scuole”, è davvero puerile! Come per dire “Muoia Sansone con tutti i Filistei!” o “abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno!”. Ma di che cavolo andiamo parlando?!? Con questa smania di voler riprendere a muoversi più o meno come prima, con questa “gara” dell’insipienza non si va da nessuna parte, si va a sbattere! Ho scritto dai primi momenti che le strutture scolastiche “non certo per responsabilità” di questo Governo non potevano essere sicure in un tempo di pandemìa come quello che ci sta capitando. In più ho sempre scritto (“lo so perfettamente, chi cavolo sono io!?!”) che sarebbero occorsi interventi specifici per tamponare l’emergenza (un’emergenza che poteva durare tre mesi come un anno) ed invece ci si è baloccati con i “banchi a rotelle” praticamente inutili rispetto alla maggior parte dei banchi esistenti “monoposti”, con il brillante risultato di aver portato al macero banchi ancora funzionali e aver costretto alcune classi (dico “alcune” perché ne ho conosciute “solo” alcune) a far lezione all’avvio senza banchi e senza sedie.

Che dire? Ne riparleremo: eh sì che ne riparleremo!

Le motivazioni di chi vorrebbe ritornare a scuola sono sacrosante, ma le condizioni “invariate” rispetto alla prima parte di quest’anno non possono consentirlo.

27 novembre – PER UNA STORIA DEL PARTITO DEMOCRATICO – una serie di documenti del Comitato di Prato per il Partito Democratico parte 12 (per la 11 vedi 7 novembre)

PER UNA STORIA DEL PARTITO DEMOCRATICO – una serie di documenti del Comitato di Prato per il Partito Democratico


12.

Abbiamo bisogno di un rinnovamento, il partito democratico, che risvegli il bisogno di discutere con consapevolezza sulle necessità primarie di cittadini che vogliono esprimere il proprio pensiero, abbiamo bisogno di coinvolgere nel dibattito le competenze di cittadini che quotidianamente lavorano ed affrontano problemi per i quali hanno in mente soluzioni, abbiamo bisogno di una grande forza politica che dia slancio e fiducia a cittadini che vogliano costruire il futuro per sé e per i propri figli.

Da un anno a questa parte nella nostra città si è notata la presenza di un gruppo di cittadine e di cittadini impegnati, in un primo tempo, a sostenere la candidatura di Romano Prodi nelle Primarie, e successivamente a supportare, nella fase più calda della campagna elettorale, il Governo dell’Unione e la prospettiva di formare un Partito Democratico “nuovo” – non un nuovo Partito, ma un Partito “nuovo”.

Alcuni si sono impegnati a mettere in piedi dei momenti di dibattito, di confronto sul “Programma”, in particolare intorno alle tematiche della Formazione. Allo stesso tempo in Prato sono stati organizzati incontri pubblici intorno al tema del Partito Democratico. Il tutto è stato realizzato con la partecipazione delle forze politiche, in primo luogo dei DS e della Margherita (ma si è notata la presenza dello SDI, dei repubblicani Europei e dell’Italia dei Valori), quasi sempre (interessante è stato il dibattito organizzato dai giovani della Margherita o quello organizzato da Baroncelli e Tomada al Palazzo Novellucci) su nostra sollecitazione.

Già al ritorno dalle ultime vacanze estive (ma l’idea era stata già espressa più volte prima di allora) alcuni di noi avanzavano la proposta di costruire una struttura leggera del Comitato perché superasse parte dei limiti creati dal volontarismo, quali ad esempio l’impossibilità di essere riconoscibili (al di là di quei due, tre leaders), l’assenza di un punto di riferimento concreto nella città e fuori di essa sia per le forze politiche che per la cosiddetta “società civile” cui si ritiene ci si debba prioritariamente rivolgere e proporre.

Abbiamo coltivato l’idea di aderire ad una delle Associazioni che agiscono sul territorio nazionale e siamo entrati in contatto con esse in più occasioni: volevamo organismi leggeri che assomigliassero poco o niente alla forma Partito ed alla fine abbiamo optato per la Rete dei Cittadini per l’Ulivo, fortemente consolidata in Toscana, soprattutto a Lucca, Livorno, Pistoia, Fiesole, Firenze e Grosseto.
Abbiamo costituito un’Associazione che aderisce alla Rete e, come tutti sapete, abbiamo avuto il tempo di partecipare con due delegati all’Assemblea Nazionale, riuscendo ad ottenere un riconoscimento insperato, che sa tanto per noi tutti di investimento per il futuro.

A Montecatini siamo andati a portare soprattutto due messaggi:

1) il rinnovamento della politica e della democrazia (lo slogan della manifestazione era infatti “RINNOVIAMO LA POLITICA”) si ottiene anche con un rinnovo generazionale e noi vogliamo puntare soprattutto sui giovani;

2) la questione dell’equilibrio dei generi è fortemente collegata al rinnovamento della politica, perché si riesce a portare più donne a partecipare direttamente alla politica se si costruiscono nuove regole per la selezione delle classi dirigenti politiche ed amministrative del nostro Paese.

“DENTRO IL LOCKDOWN I rischi per la tenuta democratica: non solo inutili allarmismi” parte 3 (per la parte 2 vedi 24 novembre)

“DENTRO IL LOCKDOWN    I rischi per la tenuta democratica: non solo inutili allarmismi” parte 3

Quel che pavento in questi “post” deve essere utile a scongiurare simili scenari apocalittici.

Non basterà che qualcuno lo scriva, che lo dica e che uno sparuto gruppo di supporter lo confermi; bisognerà lavorare sodo per recuperare un “volgo disperso” sofferente al di là di quanto sia oggi possibile immaginare, oltre le privazioni oltre i lutti ben oltre le sofferenze fisiche e morali, psicologiche e reali. Se rimane in noi un lievito di serenità con il quale poter riuscire a concretizzare un pensiero complesso non piegato sulle proprie miserie, dovremo ricostruire il nostro tempo e rimettere in ordine il tutto per il futuro, che non potrà essere del tutto uguale a quel recente passato che in tanti sembrano voler rapidamente, il più velocemente possibile, recuperare.

In questi giorni ferve con intensità il dibattito sulla necessità di riaprire, in qualsiasi modo, molte tra le attività commerciali e turistiche; si rischia di rimettere in moto la circolazione del virus con una velocità ben superiore a quella finora espressa nelle due fasi, la seconda ancora in corso seppur in lieve flessione. C’è in una parte degli imprenditori – come quelli che si occupano delle località turistiche sulla neve – la “giusta” idea che si corrano rischi di impresa cui essi tengono in modo molto netto e specifico e temono “giustamente” per il loro futuro. Hanno tutte le buone ragioni da portare avanti; ma non intendono, ed in realtà non possono nemmeno del tutto, assumersi la responsabilità, considerarsi colpevoli, dei danni altrettanto gravi e oggettivamente incommensurabili che potrebbero provocare, ridando forza alla diffusione della pandemìa. In linea di massima si sarebbe anche potuto mantenere aperte tante altre realtà operative (ristoranti, alberghi, musei, teatri, cinema, centri commerciali, impianti sportivi, ecc…) già nella prima fase; ma sarebbero occorsi alcuni elementi che oggettivamente sono mancati: a questo punto sarebbe stato stato utile una sollecitazione “virtuosa” da parte delle Opposizioni (che in questa fase qui nel nostro Paese afferiscono in modo esclusivo alle Destre) ad utilizzare metodi severi ed energici per tutti con la scelta di regole prescrittive rigorose sia nella fase teorica propositiva sia in quella immediatamente successiva attuativa ed applicativa. Le Destre dovrebbero possedere dentro il loro DNA questa potenzialità; ma in questo Paese purtroppo (! – lo dico a forte ragion veduta) la Destra è semplicemente caratterizzata da una parte dalla voglia di essere “contrari” a prescindere con lo scopo di rosicchiare un po’ alla volta consensi alle forze di Governo, dall’altra parte sostengono posizioni negazioniste oscurantiste, dall’altra ancora si ergono a paladini esclusivi delle parti produttive che, in gran numero, hanno usufruito di vantaggi di carattere economico. E questo modo di essere delle Destre in definitiva “non collaborativo”, in un momento in cui è opportuno  e – forse anche “vincente”,  finisce per  ingenerare un “corto circuito” che sospinge, in un drammatico gioco delle parti, il Governo a produrre scelte ambigue non così forti da poter rapidamente, dopo un periodo di difficoltà, consentire una ripresa dignitosa per l’intero Paese.

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IL MOTIVO DI MANUTENERE UN BLOG – il mio Blog parte terza (per la parte 2 vedi 4 novembre)

IL MOTIVO DI MANUTENERE UN BLOG – il mio Blog Parte terza

Ho pubblicato a volte più post quotidiani; non sempre ho programmato gli interventi, ed in alcuni momenti ho abbandonato per lunghe giornate la pratica. Negli ultimi mesi, invece, l’emergenza pandemica ha condizionato il ritmo della mia presenza, più sul Blog che sull’account e la pagina Facebook che “curo” e le uscite sono state più regolari. Pochi “buchi” nei mesi da febbraio ad oggi in quest’anno bisestile (il 23 ed il 28 febbraio, il 4 e il 9 marzo, il 17 maggio, il 20 giugno sono state le uniche 6 giornate in cui non è apparso un mio intervento). In generale, in questo periodo, per l’appunto, ho progettato “recuperi” della memoria ed in questo momento ho già più di venti post già pronti per essere pubblicati. A dilatare lo spazio contribuiscono gli eventi “contemporanei” che non mancano mai. Inevitabilmente in un Blog come questo c’è il rischio di ripetizioni involontarie; e qui mi ripeto: scrivere di me non ha molto a che vedere con una sorta di egocentrismo; avessi voluto farlo, avrei potuto allargare il mio plafond di followers (così si chiamano coloro che – in qualche modo – seguono le peripezie di un “blogger”) acquisendo spazi e dando il consenso ad inserzioni pubblicitarie. L’ho fatto e continuerò a farlo fin quando mi sarà possibile, soprattutto perché – alla fin fine – ci deve essere un ruolo nella “microstoria” per ciascuno di noi: è l’ “insieme” che fa il “tanto”.

24 novembre – “DENTRO IL LOCKDOWN I rischi per la tenuta democratica: non solo inutili allarmismi” parte 2

“DENTRO IL LOCKDOWN    I rischi per la tenuta democratica: non solo inutili allarmismi” parte 2

Mi sono fermato perchè era giusto che si comprendessero meglio le mie preoccupazioni. In realtà non sono solo mie: occorre mantenere alta la guardia. Non sarà tutto vero ma non bisogna mai sottovalutare qualche dubbio; non si può far prevalere una sorta di correttezza istituzionale mentre qualcuno sotto traccia potrebbe meditare reazioni e rivincite antidemocratiche, liberticide. Potrebbe! E se può, utilizzando la sua “libertà” contro quella dei tanti, fiaccando le menti, colpendole ai fianchi quotidianamente con bollettini di guerra continuativi, bisogna attrezzarsi. Questa pandemìa furiosa sta piegando le forze, indebolendo le energie, mortificando le forme associative, limitando il dibattito civile se non quello che si va svolgendo sui social. Cosa devo raccontarvi, cosa aggiungere che non sappiate già?!

Ritornando al primo gruppo dei “no vax” o assimilati ai quali come ho scritto non credo nella maniera più assoluta sono qui anche a spiegare il motivo per cui ne ho parlato e poi apparentemente ho svicolato sul tema. La mia preoccupazione maggiore è sulla qualità dei vaccini e sui suoi costi effettivi, quelli che andranno a carico delle popolazioni. Penso di essere ancora abbastanza fortunato, insieme a tante persone che vivono in questa parte del Mondo che si chiama Occidente, in quanto vi è la certezza della disponibiità delle necessarie dosi di quel prodotto, che con il passare dei giorni, delle settimane e probabilmente di qualche mese potrà far emergere anche gli aspetti meno positivi, laddove – come ci si preoccupa – questi esistessero davvero. Ho accostato il tema della non disponibilità per tutti – pensando ai paesi poveri dove i dati del contagio non sono mai stati attendibili e stimolano gli osservatori a congetturare scenari davvero cupi e pericolosi per il resto dell’umanità (“il virus non si è modificato” è quel che si dice, ma ciò non toglie che non possa in seguito accadere, finendo per provocare accanto ad una devastazione di tipo ecologico ambientale un’ecatombe di tipo planetario).  Questo è lo scenario apocalittico che dobbiamo esemplarmente tenere d’occhio; se la scelta della produzione di massa dei “vaccini” non si pone l’obiettivo della gratuità a vantaggio del fruitore finale, soprattutto i più deboli e poveri, i diseredati della Terra, non farà altro che destinare il Pianeta ad una autodistruzione.

Non avrà alcun valore il livello di Civiltà raggiunto nè il grado di Governo del Mondo.

Non potremo raccontarcelo.

E ritorno a trattare dei “secondi”, ovvero quegli “alcuni che hanno alzato forte il loro allarme sul rischio che corre la Democrazia”. Abbiamo subito pensato che fossero “fuori luogo”, ed in realtà lo erano, perché scendevano in piazza, negando fossero reali i numeri delle vittime, quelle scene strazianti delle “camere di terapia intensiva” dove esseri ormai irriconoscibili lottavano tra il poco di vita che rimaneva e la morte che avanzava, e quelle lunghe file di camion militari con salme che non potevano essere accompagnate dagli affetti più cari. Visionari, dunque? Forse soltanto inopportuni; anche perché con tutto quello che sta ancora oggi accadendo e tutto quello che si annuncia per le prossime settimane e forse mesi e mesi ancora una preoccupazione io la manterrei ben desta.

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DENTRO IL LOCKDOWN I rischi per la tenuta democratica: non solo inutili allarmismi parte 1

DENTRO IL LOCKDOWN    I rischi per la tenuta democratica: non solo inutili allarmismi 

In questi giorni ho trattato in modo quasi quotidiano i temi del lockdown e le mie riflessioni hanno oscillato tra pessimismo ed ottimismo, anche se i miei punti cardinali di riferimento sono stati e rimangono Gramsci e Pasolini.

Non mi ripeto e per questo oggi il pendolo si piega verso il negativo, il pessimismo.

A indurmi in tale impantanamento hanno contribuito un virologo ed una “compagna” di avventure politiche.

Mi spiego meglio, superando il cripticismo.

Esistono pochi, anche se a volte ci appaiono in tanti, che hanno veementemente professato il loro rifiuto verso l’utilizzazione di vaccini; allo stesso tempo esistono alcuni che hanno alzato forte il loro allarme sul rischio che corre la Democrazia. Ai primi non ho mai dato credito, perchè forte è stato il controllo sugli esiti dalla somministrazione dei prodotti a salvaguardia di alcune diffuse e terribili patologie e non vi è stato alcun riscontro intorno alla loro pericolosità. Ai secondi ho riservato invece una forma di scetticismo, motivato dalla consapevolezza dell’esigenza di interventi pur temporanei che fossero rigorosi energici e risoluti ancor più di quanto non sia poi stato attuato.

Questo, in sintesi, quel che ho creduto fino a pochi giorni fa: verso i secondi sono stato molto più prudente di quanto non abbia fatto con i primi, ai quali proseguo ad assegnare degradanti patenti.

Pur tuttavia, quando l’altro giorno un autorevole virologo ha cominciato a nutrire qualche dubbio sull’efficacia dei vaccini così rapidamente a quasi-diretta disponibilità delle masse, ho avviato una riflessione, che va oltre: mi sono chiesto e non trovo risposte adeguate se fossero state attivate da parte dei ricercatori le opportune necessarie verifiche su fasce di età diversificate scientificamente ed in particolare su possibili interazioni nocive tra vaccino antinfluenzale e quelli che dovranno contrastare il Covid19.

Collegato a quel che potrà significare, con esiti positivi, l’inoculazione del vaccino contro il Coronavirus19, ho allargato la mia visione “pessimistica” al fatto che, dovendosi trattare di un prodotto estremamente necessitato per la “vita” di tutti, nessuno escluso  – a partire dai più anziani e più deboli (che notoriamente sono categorie affini), la disponibilità potrebbe variare a seconda della qualità economica del mercato.

Apparentemente quel che ho scritto qui sopra è di una eccezionale gravità e si potrebbe ascrivere ad uno stato di prostrazione pessimistica eccezionale. Ma di tanto in tanto mi è capitato di sentire di peggio e di sentirlo non in modo furtivo ma con dichiarazioni esplicite. Spero siano solo mie “voci di dentro” malevoli. Ma quando fuori ai nosocomi nelle grandi città ci sono file di ambulanze in attesa e nei corridoi gli ammalati attendono di poter essere collocati a seconda della gravità delle loro condizioni allorquando non vi sono alternative logistiche a disposizione ed è assai urgente intervenire, si procede ad una scelta drammatica.

….a questo punto  interrompo il mio “scriptum” e riporto uno degli articoli dai quali si rileva che le mie parole non sono personali “ubbìe” di vecchio decrepito:

https://www.corriere.it/cronache/20_marzo_09/coronavirus-scegliamo-chi-curare-chi-no-come-ogni-guerra-196f7d34-617d-11ea-8f33-90c941af0f23.shtml

Questa è una “situazione di guerra”.

…. prosegue “DENTRO IL LOCKDOWN    I rischi per la tenuta democratica: non solo inutili allarmismi”

22 novembre – DENTRO IL LOCKDOWN – il “dopo” è già “oggi”

Dentro il LOCKDOWN – il “dopo” è già “oggi”

Nella prima fase della pandemìa all’inizio abbiamo faticato a convincerci che occorreva rigore e sacrificio per riuscire a ridurre i danni “umani” (che poi significano anche “economici”). Il mondo della Politica, quasi tutto, si ostinava a mantenere aperte le strutture produttive e quelle commerciali, facendo prevalere gli interessi economici su quelli della salute. E’ una prassi molto cruda che può sorprendere gli sprovveduti, ma che in questo mondo reso ancor più meschino dalla rincorsa all’arricchimento sta divenendo molto comune. Lo stesso settore della Sanità pubblica nel corso dei decenni passati ha visto ridursi in modo molto rapido e deciso i suoi spazi a vantaggio dell’intervento privato. In modo particolare si è visto venir meno progressivamente al ruolo della medicina di base e delle strutture intermedie, la qual cosa ha colpito drasticamente le parti più deboli della popolazione, che a causa di redditi bassissimi ed una scarsissima capacità di sviluppare competenze moderne, come l’uso dei mezzi tecnologici, è stata costretta a ridurre l’accesso alle cure ed alle terapie preventive. Uno degli aspetti su cui è più urgente avviare una seria e profonda riflessione è su come affronteremo il problema delle disuguaglianze che sono la conseguenza non solo di questa “crisi” ma in modo particolare degli errori che l’hanno resa più difficile da superare.

Un Blog, come questo, serve anche a raccogliere giorno dopo giorno la memoria anche se da un punto di vista assolutamente individuale senza pretesa di essere nel vero ma con la cognizione di poter contribuire a ricercare possibili necessarie vie d’uscita.

Anche per questo, devo ripetere che uno sguardo equilibrato non può volgersi solo al contingente ma deve essere in grado di procedere ad una revisione degli errori singoli e collettivi che hanno preceduto questo stato che oggi chiamiamo emergenza e, come tale, affrontiamo solo per riportare il tutto indietro nel tempo ma solo a un minuto prima che questa si svelasse. In realtà molti dei responsabili di quel che se non ha prodotto ma di certo ha favorito la crudezza della crisi, sono tra noi, senza escludere chi oggi denuncia questa stato delle cose. E questo non deve condurre ad un colpo di spugna teso a cancellare ma ad una revisione severa da parte di tutti dei modelli sui quali abbiamo formato la nostra vita.

Se ne vogliamo davvero uscire migliorati, se vogliamo davvero riprendere in mano il destino dell’umanità intera, se davvero amiamo la vita, dobbiamo cominciare da subito a costruire un nuovo progetto. Sarà una vera e propria impresa, anche perchè siamo certi che in altre parti del nostro pianeta, forse anche molto vicini a noi altri si stanno organizzando per riconfermare il loro Potere, accrescendolo e puntando non solo a riprendere le vecchie abitudini ma a costruire altra diversa progettualità per rendere maggiore l’ingiustizia sociale ed accrescere le disuguaglianze.

21 novembre DENTRO il lock down – la lezione di Gramsci

Sarebbe quantomeno opportuno in questo tempo in cui siamo maggiormente portati alla riflessione andare alla riscoperta di alcuni valori che, durante il lungo periodo dell’edonismo sfrenato cui ci siamo lentamente abituati (in realtà chi più chi meno ne ha usufruito) avevamo tralasciato di praticare. Sarà molto difficile una veloce e rapida presa di coscienza complessiva della nostra società, ma si rischia di dover fare i conti con le trasformazioni in modo molto più severo e drammatico man mano che si procederà giorno dopo giorno, settimane e mesi.

Dobbiamo renderci conto che da questo passaggio in poi nulla potrà essere come prima. E se dobbiamo anche continuare a far nostro quell’imperativo camuffato da “futuro” o futuro con desiderio di “imperativo” – “andrà tutto bene!” – che nella prima fase aveva accompagnato le nostre giornate, dobbiamo anche accogliere come prospettiva un profondo cambiamento del nostro stile di vita.

Verifichiamo quotidianamente (anche stamattina leggo un post  tristanzuolo pessimistico di una nostra amica) che non si accettano queste trasformazioni e si paventano in modo inappellabile privazioni accessorie del tutto superflue quasi inconsapevoli dei rischi profondi che si stanno correndo, quasi come si dovesse assistere ad una forma occidentale di Harakiri, un autolesionismo alla maniera dei lemming.

Troviamo davvero disdicevole che, soprattutto persone che posseggono doti intellettuali non comuni, non abbiano acquisito la consapevolezza dei propri limiti umani; lo trovo ancor più inaccettabile se si tratta poi anche di persone che posseggono una fede religiosa chiaramente espressa in tempi “normali”. Ecco! Certamente questi non sono tempi normali: ma nel “mondo” non ci sono stati dappertutto tempi “normali” come qui da noi. In altri luoghi hanno sofferto privazioni estreme: guerra, distruzioni, morti, carestie, epidemie. E’ come se i quattro cavalieri dell’Apocalisse abbiano voluto risparmiarci la loro visita “fino ad ora”.

Forse potrebbe anche bastare questa capacità di volgere lo sguardo sul resto del mondo, hic et nunc, oltre che heri nudius tertius, a renderci conto che siamo ancora tra i più fortunati. Dopo di che occorrerà affrontare tutto il prossimo futuro, facendo tesoro di una parte delle idee espresse da un nostro grande intellettuale, forse il più grande al quale alcuni di noi – a volte immeritatamente (a partire da me) – fanno riferimento: Antonio Gramsci. Forse sarà improprio ma applicare il motto, che Gramsci ricava da Romain Rolland, “Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”, può oggi essere utile, soprattutto se si condivida l’idea che i tempi che stiamo vivendo sono destinati a segnare un profondo mutamento nei costumi nello stile di vita nei modelli di sviluppo.

Scrive Antonio Gramsci in una nota del primo dei “Quaderni del carcere”:

“Ogni collasso porta con sé disordine intellettuale e morale. Bisogna creare gente sobria, paziente, che non disperi dinanzi ai peggiori orrori e non si esalti a ogni sciocchezza. Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”  ed a noi sembra straordinariamente utile ad accompagnarci in questi giorni in cui possiamo impegnarci anche ad aiutare gli altri a sopportare le privazioni e ad attivare una ripresa consapevole per quello che troppo spesso solo in modo pedissequo chiamiamo “sviluppo sostenibile”. Quest’ultimo contiene invece proprio quegli esiti, diversi e lontani dagli stili di vita che abbiamo mantenuto in questi ultimi anni.