reloaded mio post del 14 marzo 2015 – in ricordo di Franco Giraldi un gentiluomo del cinema italiano

Lo scorso 2 dicembre il Coronavirus ci ha portato via un altro amico: Franco Giraldi. Ebbi la fortuna di incontrarlo e di intervistarlo qui a Prato nel 1990. Franco Giraldi era stato tra i protagonisti di una delle esperienze più importanti del Cinema militante della Sinistra: la realizzazione nel 1955 qui a Prato del film “Giovanna” di Gillo Pontecorvo. Su questo Blog nel 2015 ho postato tutta una serie di documenti su quell’opera. Giraldi, giovanissimo, era aiuto regista di Pontecorvo e nel film interpreta anche un piccolo ruolo, quello di un carabiniere al quale viene dato l’incarico di portare un neonato alla madre che è impegnata ad occupare una fabbrica tessile. Nel video qui sotto ne trovate un frame ma potete vedere il film intero su youtube digitando Giovanna storia di una donna oppure https://www.youtube.com/watch?v=T816yOHIvAQ&t=43s

Qui di seguito il reloaded dell’intervista

in ricordo di Franco Giraldi un gentiluomo del cinema italiano  

reloaded di un mio post del 14 marzo 2015

PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SUL FILM “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO PARLA FRANCO GIRALDI – PENULTIMA PARTEI

PRATO – alcune strutture di archeologia industriale

PERCHE’ GIRAI UN DOCUMENTARIO SUL FILM “GIOVANNA” DI GILLO PONTECORVO
parla Franco Giraldi

Franco Giraldi

Franco Giraldi, regista

Sono stato aiuto regista di Gillo Pontecorvo quando nel 1955 venne realizzato a Prato il film Giovanna. Di quell’esperienza pratese mi è rimasta l’immagine, prima di tutto, di una cittadina molto diversa dalla città che è oggi, una cittadina più raccolta in cui erano presenti molti elementi architettonici ottocenteschi. Parlo soprattutto dell’ambiente in cui lavoravamo, che era la fabbrica di una famiglia che si chiamava Vannini, i cui membri erano gentilissimi con noi e ci favorirono in ogni modo. Era una vecchia fabbrica di quelle ‘mitiche’, che si vedono in certe illustrazioni del mondo del lavoro dell’800, con le finestre un po’ carcerarie, i muri grigi, cupi, il cortile che ricordo così desolato, le macchine da tessitura che facevano un frastuono terribile. La fabbrica era circondata da una roggia , da cui si entrava sotto una specie di portico dove c’era l’abitazione dei proprietari. Anche l’albergo Stella d’Italia, in cui io soggiornavo, in una stanzetta, mi ricordo che aveva un sapore ancora antico, molto diverso da oggi.
Pensando a Giovanna mi viene naturale pensare all’epoca in cui fu girato: eravamo nell’ottobre del 1955, non c’era stato ancora a Mosca il ventesimo congresso, Stalin era morto da meno di due anni, eravamo in un clima abbastanza chiuso, c’era la guerra fredda, questo film era fuori dei processi commerciali, in quanto era realizzato per l’organizzazione internazionale della donna. C’era insomma qualcosa di allegramente clandestino in quello che facevamo. Per quanto mi riguarda, avevo fatto il critico cinematografico, ero allora il vice di Tommaso Chiaretti all’Unità di Roma, e collaboravo assieme ad altri con l’intento di organizzare un’associazione di amici del cinema, un associazione di appassionati di cinema, che nei nostri intenti doveva creare il presupposto per avvicinare il pubblico al cinema migliore. Io vivevo in quegli anni a casa di Gillo Pontecorvo e c’era già in me l’idea di fare il cinema. Ma quasi me la nascondevo, per pudore, per modestia un po’ autoimposta.
Quando Gillo ha cominciato a preparare il film io ho assistito alla preparazione e gli ho dato una mano. Mi ricordo che andavamo in giro per le borgate a Roma a cercare le donne con le facce giuste per interpretare il film. Devo dire che già allora Gillo aveva una specie di culto dell’autenticità del volto umano. A lui più che un attore interessava una faccia che esprimesse una luce, un segreto. Questa è una cosa che ho subito imparato da lui nelle ricerche nei mercatini rionali e per strada. Il culto della magia che c’è nel volto umano, una magia che consiste nell’autenticità.
Quindi dopo una lunghissima preparazione, che è stata anche per me una grande scuola, siamo venuti a Prato. Io ero emozionatissimo perché era la prima volta che prendevo parte alla lavorazione di un film; avevo le titubanze di uno che comincia. Eravamo quasi tutti giovani. Pontecorvo era alla prima esperienza come regista, ed anche l’operatore Erico Menczer. Giuliano Montaldo faceva l’organizzatore, forse era il più pratico di noi, perché aveva fatto l’attore in Achtung banditi e Cronache di poveri amanti. Ricordo Mario Caiano ed Elena Mannini, giovanissima, alla sua prima esperienza come costumista. Vi era un grande calore ed entusiasmo e i miei ricordi sono vivissimi, anche se sono passati tanti anni. Ricordo il clima molto simpatico che si stabilì tra le donne che partecipavano al lavoro. Era la storia della fabbrica occupata, che coinvolgeva pertanto la loro esperienza personale. Ricordo la meticolosità con cui si giravano i primi piani delle donne, e l’attenzione di Pontecorvo nel rapire una sorpresa, un lampo in quei volti. E’ per me un ricordo straordinario, perché è stata l’esperienza forse più vicina ad un certo tipo di cinema che allora come oggi sogno di fare, cioè un cinema assolutamente autentico, senza compromessi, senza diaframmi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *