31 dicembre – I REMEMBER – E, allora, mi si dica cosa c’è da festeggiare?!?

I REMEMBER
E, allora, mi si dica cosa c’è da festeggiare?!?

A me sembrava strano. Avevo poco più di venti anni. Mezzo secolo fa. Un amico più anziano di noi quando arrivava il Natale e negli ultimi giorni, e ore, dell’anno, spariva rinchiudendosi nel suo “studio” a fare i conti, il resoconto dell’anno che si concludeva. Non un resoconto economico, come accade negli istituti bancari, ma un reset dell’anima. Non ne coglievamo il senso, anche perché in tutto il resto dell’anno riusciva ad illuminarci con le sue amene invenzioni, con il suo frenetico attivismo, con facezie ed arguzie inconsuete. Geniali.  Non so dove annotasse le tappe del suo lunario e non ci è dato di saperlo, visto che ci ha lasciato per sempre più di venti anni fa. Ma in alcune delle sue “produzioni”  si trovano alcuni indizi.

Sembrava strano, ma poi con la consapevolezza esistenziale nel corso del tempo ho avviato una personale revisione analitica della realtà che mi ha fatto comprendere come si possano contemperare aspetti contraddittori nel corso della propria vita. Occorre però avere ben presente che quel che noi chiamiamo Natale, al di là del riferimento alla tradizione “cristiana” è un giorno come l’altro inserito convenzionalmente in una data che è a sua volta introdotta in un complesso che noi chiamiamo “anno”. Ed è così anche per gli ultimi convenzionali giorni dell’anno ed il primo di quello che segue. Per alcuni tra noi la “vita” è una sequenza di giorni, e i giorni sono una sequenza di fasi imposte da movimenti ciclici naturali, esistenziali.

Ecco perché questa smania di “festa” è solo una consuetudine. Il Natale è dunque per me un giorno comune, nel quale non mi dispiace fare quello che quotidianamente faccio, nè più nè meno.

Non lo era del tutto quando avevo “venti anni o poco più”. Anche se, ad osservare quel tempo, mi sono accorto in età matura che già allora non avevo poi questo grande desiderio di fare “mucchio” in assembramenti informi, in luoghi fumosi e chiassosi. In realtà non condividevo quell’ansia di sommare solitudini collettivamente; mi accontentavo di molto meno, anche se nel corso dei giorni “da giovane” non ho mai smesso di “organizzare gruppi” e creare momenti di condivisione sociale. Ma non in momenti, per così dire, “canonici”, nei quali addirittura mi perdevo, smarrivo le mie certezze e diventavo un malinconico depresso.

Ecco dunque perché non condivido questa smania di festeggiare, e di scambiarsi doni, solo in prossimità di particolari “eventi” ciclici.

Si festeggi quando si vuole, non solo quando le convenzioni sociali quasi quasi sembrano imporcelo. E, tra l’altro, queste riflessioni potrebbero essere utilissime proprio in un tempo come questo nel quale gli impedimenti alla socializzazione “diffusa” sono necessari per un possibile futuro durante il quale potremo festeggiare come e quando, oltre che quanto, vogliamo.

E, poi, in una condizione come questa, dovremmo avere un pensiero in più verso chi ha ben poco da festeggiare: qualsiasi siano i motivi che li abbiano condotti a non poter gioire. Ho pensato, infatti, in queste ultime ore prima e dopo quel giorno convenzionale del “Natale”, alle persone care a me ed a tanti altri che hanno perduto amici e parenti, a coloro che hanno perso il lavoro ed il sostentamento che questo procurava alla loro famiglia; ed ho pensato anche ai tanti amministratori onesti che vorrebbero affrontare e risolvere i problemi sanitari ed economici e non sanno come poter portare avanti questo loro impegno.

E, allora, mi si dica cosa c’è da festeggiare?!?

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